Femminismi futuri
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Teorie Poetiche Fabulazioni

Lidia Curti

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Teorie Poetiche Fabulazioni

Lidia Curti

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Tra letteratura, scienza, arte e attivismo digitale, dal cyber allo xeno-femminismo, fino alla nuova ecologia di Donna Haraway: una lunga cavalcata tra i romanzi fantastici e di fantascienza speculativa femminile, da Ursula K. Le Guin a Octavia Butler, Nnedi Okorafor, fino alle artiste afrofuturiste che stanno disegnando un nuovo scenario, reale e immaginario, del futuro che ci aspetta. Una ricerca del gruppo "Femminismi futuri" – coordinata dalla decana di Anglistica Lidia Curti – che propone una serrata interrogazione sulle molte domande che vengono dal femminismo del nuovo secolo in una società insidiata dai fantasmi e mostri dell'antropocene e attraversata dal progresso digitale e tecnologico che stabilisce chi siamo e come viviamo, caratterizzando sviluppo economico e politico e vita quotidiana. Temi di assoluta attualità nel dibattito culturale e politico a livello internazionale.

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Information

In copertina:
Wangechi Mutu, Chocolate Nguva, 2015
© 2019 iacobellieditore
Prima edizione elettronica: Dicembre 2019
Prima edizione stampa: Dicembre 2019
Tutti i diritti riservati
www.iacobellieditore.it
ISBN 978-88-6252-625-8 (elettronico)
ISBN 978-88-6252-482-7 (stampa)
Femminismi futuri
Teorie | Poetiche | Fabulazioni
a cura di
Lidia Curti
con
Antonia Anna Ferrante | Marina Vitale
iacobellieditore
Il gruppo di lettura e di ricerca “Femminismi futuri”, nato nell’ambito del Centro di studi postcoloniali e di genere dell’Università Orientale di Napoli, composto da studiose di diverse generazioni e interessi, è prima fonte e ispirazione di questo libro. Le letture affrontate dal gruppo sono partite dai testi teorici e critici del femminismo recente, dal cyber- e xeno-femminismo alla nuova ecologia di Donna Haraway, non disgiunta dalle svolte antropologiche e biologiche degli ultimi decenni. Sono quindi proseguite con i romanzi fantastici e di fantascienza speculativa femminile: Joanna Russ e Angela Carter, Ursula Le Guin, Octavia Butler e Nnedi Okorafor, fino all’arte afrofemminista.
Il lavoro di ricerca del gruppo ha trovato un primo spazio in Pensare il futuro (Leggendaria 124/2017), con gli interventi, accanto al mio introduttivo, di Stamatia Portanova sul pensiero evolutivo da Darwin a Grosz e Barad, per “polverizzare la freccia del tempo”; di Marina Vitale sugli aspetti speculativi della fantascienza femminile sin dalle sue origini; di Silvana Carotenuto nell’analisi delle figure stringa nella narrativa afrofuturista di Nnedi Okorafor, e infine, ma forse dovrei dire all’origine, la svolta queer come “potenziale del futuro” analizzata da Nina Ferrante nella narrativa televisiva.
Il mio ringraziamento va alle sorelle speculatrici e include le altre compagne di strada che hanno contribuito con i loro scritti a questo volume.
Lidia Curti
Introduzione. Frontiere femministe, ecologie future
Lidia Curti
Per le donne, la poesia non è un lusso [...]
è un modo di dare nome all’innominato
così che possa esser pensato […]
non è solo sogno e visione, è architettura scheletro delle nostre vite.
Getta le fondamenta per un futuro di cambiamento,
un ponte attraverso la nostra paura di ciò
che non è mai stato prima.
(Audre Lorde)
Le scritture che seguono si interrogano sulle molte domande che vengono dal femminismo del nuovo secolo in una società insidiata dai fantasmi e mostri dell’antropocene e attraversata dal progresso digitale e tecnologico. Le devastazioni ambientali e le crescenti disparità ed esclusioni sociali sul nostro pianeta spingono a vivere politicamente in relazione agli altri, nell’atto di assumersi la responsabilità di un futuro collettivo. L’intreccio di globalità tecnologica e sfera personale legata a modi di vita e di sentire psichici e corporei, venuti da un passato non lontano, si unisce alla consapevolezza dei danni causati da imperialismo e neo-capitalismo. Nel lavoro femminista recente, i fantasmi diventano quelli dei panorami terrestri annichiliti dallo sfruttamento (post) industriale, e i mostri si tramutano in esseri che occupano una nuova possibile socialità.
L’apertura a nuovi orizzonti analitici ed epistemologici arricchisce l’ambito politico e filosofico di un insieme di differenze molteplici e non di istanze singole e separate nella lotta alle disparità sociali. L’intersezionalità, termine coniato dalla giurista africana americana Kimberlé Cranshaw all’inizio degli anni Ottanta e ripresa da Angela Davis in tutta la sua opera e militanza, era stata ancor prima sottolineata da bell hooks e Audre Lorde, che avevano descritto il nodo complesso tra diverse identità e oppressioni. Il recente Manifesto Xenofemminista (Laboria Cuboniks, 2016) ricorda che l’attuazione dell’intersezionalità è una modifica dell’universale che non può essere imposta dall’alto ma costruita dal basso, seguendo itinerari laterali e talvolta disagevoli.
Il tema della diaspora, dell’esilio e della fuga – della diversità che ne è origine e conseguenza a un tempo – attraversa molti di questi scritti, con particolare riguardo al tema della schiavitù e del riscatto da quella condizione. Il passato rimosso e rifiutato del mondo delle schiave e degli schiavi – nero, africano, arabo ma non solo – riscrive il senso del presente, disturbando il mondo in cui viviamo. Il pensiero femminista della resistenza abita gli scenari della narrativa fantascientifica o fantastica nella sua lunga storia tra auto-bio-mitografia e fantasia, realtà e arte, istanze sociali e immaginarie, ricordandoci l’importanza di introdurre l’invenzione nell’esistenza (Fanon).
Il confronto con l’alterità si esprime nell’estetica del discontinuo, dell’interruzione, del discorde, dell’asimmetrico; vi si ritrovano innesti e metamorfosi, inversioni di generi e genere, figure androgine in un paradiso di identità contaminate, tra mondo animale, vegetale e umano. La diversità trova un indice nel corpo femminile, dal colore della pelle alla transitività di genere e specie, nella fantascienza come nell’arte visuale. Questi corpi dall’irriducibile materialità, tattili, fluidi, gocciolano e si infiltrano (Elisabeth Grosz), si susseguono come le onde del mare (Hélène Cixous), si riflettono e si rifrangono in mille frammenti di specchio (Luce Irigaray).
Il fantastico, l’immaginario, la poesia sono i sentieri percorsi da questi scritti, popolandoli di una folla di immagini femminili che attraversano due secoli, dall’audace giovinetta creatrice di un mostro pretecnologico alle viaggiatrici ultraplanetarie afro- e arabo-femministe, per affacciarsi ai futuri tecnofuturisti del nuovo millennio nella ricerca delle voci della diversità, della resistenza, dell’opposizione alle pratiche oppressive, razziste e omofobiche del mondo attuale.
La romanziera Mary Shelley e la matematica Ada Lovelace legano il saggio di Marina Vitale a quello di Tiziana Terranova, così come fantastico e tecnologia si intrecciano negli scritti di Stamatia Portanova e Luciana Parisi, sullo sfondo di un itinerario teorico che segue il pensiero femminista radicale degli ultimi quattro decenni dal cyber- e xeno-femminismo alla visione simbiogenetica del nuovo ecologismo. Terranova guarda ai contributi delle scienze antropologiche e biologiche e della cultura digitale per fare e disfare i concetti di tempo e luogo, fino all’afrofuturismo quantico che vede tutte le particelle esistenti correlate in una dimensione senza spazio-tempo che apre nuove vie per l’agentività femminile. Nei suoi scritti, la filosofa giamaicana Sylvia Wynter esorta a non vivere linearmente, a mettere in questione la conoscenza così come la conosciamo.
Marina Vitale disegna i sogni speculativi della fantascienza femminile e femminista, a partire dall’antesignana Mary Shelley fino agli esempi recenti di Le Guin, Atwood e Alderman, nella coesistenza di epistemologia e immaginario. Tale intreccio si ripropone nel lavoro critico di Donna Haraway, dal manifesto cyborg alla sua proposta di una nuova ecologia. L’ultimo capitolo della sua opera più recente ne è un esempio affascinante, con la creazione di creature geneticamente modificate in simbiosi con specie animali che sono a rischio di scomparsa. Fino a immaginare un futuro mondo popolato da simbionti.
Nella serie televisiva Sense8, Nina Ferrante a sua volta individua figure super-empatiche, simbiotiche, simpoietiche le cui capacità trascendono il presente in assemblaggi tecno-ecologici con tutto ciò che ci circonda, ma non rinuncia alla denuncia dei pericoli insiti in queste tecnologie, necessaria per difendersi da un algoritmo più potente e sapiente di noi. Anche piattaforme innovative come Netflix sono parte attiva di un “asservimento macchinico” che influenza vita, gusti, atteggiamenti. Tuttavia la presenza sinestetica delle figure che abitano i luoghi più diversi del pianeta in Sense8, nonostante i pericoli di stereotipia, apre all’utopia, permettendo un passaggio di energie che Ferrante chiama “telepatia di piattaforma”, in richiamo a un inconscio trans-soggettivo che agisce nella macchina e contro di essa...

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