Il 28 giugno 1914 lâarciduca Francesco Ferdinando e sua moglie Sofia, duchessa di Hohenberg, furono uccisi da un attentatore di nazionalitĂ serba di nome Gavrilo Princip mentre lâerede al trono asburgico dâAustria-Ungheria attraversava in reale parata la capitale bosniaca Sarajevo. Almeno un altro assassino coinvolto nel complotto, anchâegli di nazionalitĂ serba (ma come Princip bosniaco, e quindi suddito austro-ungarico), aveva lanciato una bomba al corteo automobilistico reale circa unâora prima che fossero esplosi i colpi fatali (in realtĂ , come si sarebbe scoperto in seguito, i cospiratori erano in tutto sette). Proclamando che «i fili del complotto si erano intrecciati a Belgrado», il ministro degli Esteri asburgico Berchtold, fino a quel momento titubante, dopo aver ricevuto un «assegno in bianco» di sostegno diplomatico da Berlino, elaborĂČ con parole molto dure un ultimatum di quarantotto ore alla Serbia, che fu consegnato a Belgrado il 23 luglio. Quando due giorni piĂș tardi la Serbia, dopo aver ricevuto il suo «assegno in bianco» dalla Russia, a sua volta rassicurata riguardo al sostegno francese a una linea dura contro lâAustria-Ungheria, si rifiutĂČ di rispettare i termini dettati da Berchtold, la macchina europea dellâapocalisse si mise metodicamente in moto. Serbia e Austria-Ungheria si mobilitarono lâuna contro lâaltra, mentre in segreto partiva una premobilitazione russa a sostegno della Serbia, diretta non solo contro lâImpero austro-ungarico, ma anche contro il suo alleato tedesco. Quando lo zar decretĂČ la mobilitazione generale russa il 30 luglio 1914, sembrava che solo un miracolo potesse evitare una guerra europea che avrebbe portato con sĂ©, nelle parole pronunciate dallo stesso zar la sera prima mentre si tormentava per la decisione, «una strage mostruosa»2.
Considerando la centralitĂ degli affari ottomani nella prima crisi bosniaca del 1908-909, nella guerra tripolitana del 1911-12 e nelle guerre balcaniche del 1912-13, Ăš strano che, a prima vista, la Turchia abbia giocato un ruolo cosĂ contenuto nella crisi del luglio 1914. Non piĂș tardi della terza settimana di giugno, il chiacchiericcio diplomatico in Europa si era concentrato sulla minaccia di una terza guerra balcanica tra la Grecia e lâImpero ottomano. Ma lâincidente di Sarajevo e la conseguente prova di forza diplomatica tra le grandi potenze sembrarono sopraffare tutti i recenti drammi avvenuti nei Balcani, rendendo la Turchia e la Grecia meri attori di secondo piano nelle capitali delle grandi potenze quando iniziĂČ il conto alla rovescia per la guerra.
Se guardiamo con maggiore attenzione, perĂČ, possiamo vedere tracce del fatto che la questione ottomana era ancora al centro della strategia delle grandi potenze quando la crisi di luglio raggiunse il suo terribile culmine, in particolare a San Pietroburgo e Berlino. GiĂ il 30 giugno, appena due giorni dopo i fatti di Sarajevo, il ministro degli Esteri russo chiese informazioni aggiornate al ministero della Marina riguardo ai tempi necessari alla flotta del Mar Nero per entrare in azione. Sazonov stesso aveva presieduto la conferenza di pianificazione di febbraio durante la quale i capi militari russi avevano promesso di anticipare lâarrivo del primo «scaglione» di truppe anfibie inviate a Costantinopoli (che comprendeva circa 30 000 uomini, pari allâincirca a un corpo dâarmata, tra cui la componente artiglieria di una divisione) dal decimo al quinto giorno dopo la mobilitazione. Come ricordĂČ in seguito il ministro degli Esteri nelle sue memorie, la ragione di tanta urgenza era che tutti i presenti «consideravano inevitabile unâoffensiva contro Costantinopoli, anche al costo di far scoppiare una guerra europea». Il 15 giugno 1914, allâapice delle tensioni tra la Turchia e la Grecia, lâambasciatore Girs aveva avvertito Sazonov che la Russia doveva tenersi pronta a lanciare «contromisure immediate» per conquistare gli Stretti se fosse scoppiata una terza guerra balcanica. Ora, dopo Sarajevo, in vista della possibilitĂ , se non della probabilitĂ , di un conflitto europeo allargato, Sazonov domandĂČ al ministro della Marina russa, Ivan K. GrigoroviÄ, con una «richiesta molto segreta e urgente», se fosse possibile far sbarcare sul Bosforo le prime truppe russe nel giro di «quattro o cinque giorni» dalla mobilitazione3.
A Berlino, nel frattempo, lâaccordo non ratificato con la Sublime Porta acquisĂ unâimportanza inestimabile quando il livello di isolamento diplomatico della Germania cominciĂČ a definirsi verso la fine di luglio. VenerdĂ 24, il giorno dopo lâultimatum inviato dallâAustria-Ungheria alla Serbia, Guglielmo II ordinĂČ al suo ambasciatore a Costantinopoli, Wangenheim, di riaprire i negoziati sullâalleanza. La prima bozza ottomana di un accordo militare bilaterale fu inviata a Berlino per cablogramma martedĂ 28 luglio; ma rimase soffocata nel clamore causato dalla dichiarazione di guerra austro-ungarica alla Serbia, annunciata a mezzogiorno di quello stesso giorno. VenerdĂ 31 luglio, con la Russia ormai in mobilitazione generale e chiari segnali del fatto che la Gran Bretagna propendesse per la guerra contro la Germania, la situazione sembrava cosĂ disperata che a Berlino il cancelliere Bethmann Hollweg inviĂČ un cablogramma a Costantinopoli, chiedendo a Wangenheim se la Turchia, in cambio della firma della Germania sulla sua bozza di trattato di alleanza, fosse pronta a «intraprendere qualche azione degna di questo nome contro la Russia»4. Sabato 1° agosto, quando scadde lâultimatum con cui la Germania chiedeva alla Russia di interrompere la mobilitazione, la resistenza di Bethmann Hollweg si sgretolĂČ ulteriormente: ora avrebbe firmato il trattato ottomano basandosi semplicemente sulla rassicurazione di Liman che lâesercito turco era «pronto a combattere», senza alcuna garanzia di unâazione contro la Russia5.
Nel frattempo, gli statisti russi si stavano preparando per uno scontro armato con la Turchia, che presumevano sarebbe seguito immediatamente allo scoppio della guerra in Europa. Il 27 luglio, due giorni dopo che la Serbia ebbe respinto lâultimatum di Vienna, ma un giorno prima che lâAustria-Ungheria le dichiarasse guerra, il capo di stato maggiore dellâesercito russo, Nikolaj N. IanuĆĄkeviÄ, diramĂČ ordini top secret a Nikolaj N. IudeniÄ, capo di stato maggiore al comando dellâarmata russa del Caucaso a Tbilisi, di mobilitarsi contro lâImpero ottomano6. Lo stesso giorno, Girs inviĂČ un memorandum segreto a Sazonov avvertendolo che, se la Russia avesse fatto marcia indietro contro gli austro-tedeschi in Europa, avrebbe inviato un segnale di debolezza a Costantinopoli e in tutto il Medio Oriente tale che «[noi] potremmo trovarci costretti a prendere lâiniziativa direttamente e dichiarare guerra [alla Turchia]»7. Il 29 luglio, mentre Nicola II esitava, amletico, sulla possibilitĂ di dare lâordine finale e irreversibile di mobilitazione generale (lo emise intorno alle 21.00, salvo poi cambiare idea e revocarlo meno di unâora dopo), IanuĆĄkeviÄ stava convincendo IudeniÄ che doveva procedere alla mobilitazione dellâarmata del Caucaso in base alla variante 4, per una guerra europea in cui «la Turchia inizialmente non prenderĂ parte»8. Il 30 luglio, dopo che lo zar ebbe infine superato i suoi scrupoli e dato il fatidico ordine generale di mobilitazione, Sazonov inviĂČ con urgenza un cablogramma al suo ambasciatore a Londra, il conte Benckendorff, affinchĂ© intervenisse per interrompere la consegna imminente delle corazzate Sultan Osman I e ReĆadiye allâImpero ottomano (prevista per il 2 agosto). A maggio, Benckendorff aveva chiesto di intervenire in proposito al ministro degli Esteri di Sua MaestĂ , Edward Grey â con molta, moltissima cautela â, ma Grey e il Primo Lord dellâammiragliato, Winston Churchill, si erano opposti con la motivazione che il governo della Gran Bretagna non aveva il diritto di interferire in contratti di lavoro privati. Ora che la guerra europea sarebbe scoppiata entro pochi giorni, se non ore, Sazonov non poteva piĂș permettersi di rimanere fermo. «Queste navi», diceva, premendo su Benckendorff perchĂ© ammonisse Churchill e Grey, «devono essere trattenute in Inghilterra»9.
Quasi leggesse nella mente di Sazonov (anche se in realtĂ non sapeva nulla delle piĂș recenti richieste della Russia, che non gli erano ancora arrivate), Churchill si era intromesso nella storia con una delle azioni piĂș controverse di una carriera che ne sarebbe stata piena. VenerdĂ 31 luglio, mentre era in corso la mobilitazione generale in Russia (anche se a quanto pare non sapeva neanche questo) e la Germania era in procinto di rilasciare il suo ultimatum a San Pietroburgo, il Primo Lord dellâammiragliato ordinĂČ agli equipaggi navali inglesi di salire a bordo delle corazzate Sultan Osman I e ReĆadiye, per evitare che gli equipaggi turchi alzassero la bandiera ottomana. Con questa azione palesemente illegale, Churchill garantĂ alla Gran Bretagna unâulteriore assicurazione contro la flotta dâalto mare tedesca nella guerra che ormai appariva inevitabile (almeno ai suoi occhi). Inoltre, in modo del tutto involontario, soddisfaceva uno degli obiettivi strategici primari della Russia â negando alla marina ottomana le tanto bramate dreadnoughts, con le quali avrebbe potuto strapparle il controllo del Mar Nero â, offrendo un dono inestimabile ai falchi del governo ottomano, per non parlare dei leader tedeschi che cercavano disperatamente di trascinare in guerra la Turchia10. Enver PaĆa non era uomo da lasciarsi sfuggire unâopportunitĂ come questa. I termini stabiliti dal cancelliere tedesco Bethmann Hollweg per la firma di unâalleanza formale con la Turchia si erano ammorbiditi, per la sua crescente disperazione, dalla promessa di unâ«azione degna di questo nome» contro la Russia fatta il 31 luglio al semplice «siamo pronti a combattere» del pomeriggio seguente, e il ministro della Guerra ottomano decise di trovare un compromesso. Il sabato mattina Enver apprese che gli equipaggi britannici avevano requisito con la forza le due corazzate ottomane (anche se lâazione di Churchill non era ancora stata approvata dal governo britannico, nĂ© annunciata pubblicamente). Riflettendo in fretta, nel pomeriggio Enver promise allâambasciatore Wangenheim che in cambio di un generoso trattato di alleanza avrebbe consegnato alla Germania la Sultan Osman I (lâidea era di ancorarla in un porto tedesco sul Mare del Nord, anche se non si diceva come sarebbe stata elusa la massiccia flotta britannica giĂ in rotta, nĂ© che la nave, come Enver sapeva, non era piĂș sotto il suo controllo!)11.
Dopo aver confrontato questa offerta con la piĂș recente istruzione di Bethmann Hollweg di insistere solo sul fatto che la Turchia si mostrasse «pronta a combattere», Wangenheim decise che Enver aveva rispettato le condizioni poste dal cancelliere. Alle 4.00 del pomeriggio di domenica 2 agosto 1914, lâambasciatore appose pertanto la sua firma accanto a quella di Said Halim PaĆa, gran visir e ministro degli Esteri ottomano, in calce a un trattato segreto di difesa bilaterale, valido fino al 31 dicembre 1918, in cui la Turchia prometteva di unirsi alla Germania se questâultima fosse entrata in guerra contro la Russia in difesa dellâAustria-Ungheria, in cambio di una promessa con cui «la Germania si obbliga, con la forza delle armi, se necessario, a difendere il territorio ottomano nel caso in cui si trovi a essere minacciato»a12. Wangenheim promise anche di accelerare la richiesta urgente di Enver a Berlino di inviare a Costantinopoli la squadra tedesca del Mediterraneo, composta dallâincrociatore da battaglia Goeben e dallâincrociatore leggero Breslau. Ignaro di essere stato ingannato dal ministro della Guerra ottomano che lo aveva indotto a firmare un trattato subdolo, basato su false premesse, Wangenheim sostenne incondizionatamente lâidea di Enver, facendo notare con convinzione a Berlino che «con il Goeben sarebbe [stato] possibile anche uno sbarco [ottomano] sul territorio russo». Ricevuta la notizia, Liman von Sanders emise allora ordini di mobilitazione agli ufficiali tedeschi nella sua missione militare per lâesercito ottomano, che ora contava 71 unitĂ 13.
Non senza ragione, Liman, assieme a Moltke al comando dellâesercito tedesco, e a Tirpitz allâammiragliato, giunse alla conclusione che Wangenheim avesse ottenuto da Enver un impegno vincolante su unâimminente entrata in guerra dellâImpero ottomano contro la Russia. Questa convinzione errata fu suffragata dal fatto che Enver aveva decretato la mobilitazione generale ottomana contro la Russia sabato 1° agosto (ordine confermato la domenica dal governo turco), e poi aveva ordinato, il lunedĂ 3 agosto (pur senza autorizzazione del consiglio dei ministri), di minare lâaccesso nord del Bosforo e lâaccesso sud dei Dardanelli14. Moltke, con il suo piano di mobilitazione imprevedibile, che richiedeva unâavanzata fulminea su Parigi, giĂ in ritardo a causa della segreta mobilitazione preventiva della Russia e della decisione del Belgio di resistere alla violazione tedesca del suo territorio, iniziĂČ a bombardare Wangenheim di richieste per un intervento ottomano immediato contro la Russia, che, sperava, si sarebbe rivolto anche contro Gran Bretagna e Francia15. Una volta confermato, nel pomeriggio del 3 agosto, lo stato di guerra tra Francia e Germania, divenne imperativo per lâammiragliato tedesco trovare un ancoraggio sicuro per gli incrociatori Goeben e Breslau prima che la Gran Bretagna dichiarasse guerra e la superiore flotta alleata nel Mediterraneo li annientasse. Poco incline a guardare in bocca al cavallo donato da Churchill e a credere nelle promesse di Enver, il grandammiraglio Tirpitz ordinĂČ a Wilhelm Souchon, nelle prime ore di martedĂ 4 agosto 1914, di procedere immediatamente alla volta della capitale ottomana16.
Sembrava che lâammiraglio Souchon fosse nato per questo momento. Lâidea di inviare una potente nave da guerra nel Bosforo per contrastare il controllo russo del Mar Nero non era nuova. Infatti Souchon aveva attraccato lĂ giĂ nella prima settimana di maggio, facendo colpo nella capitale ottomana, tanto che i leader del Cup come Cami Baykut avevano iniziato a chiedere a gran voce che il Goeben fosse arruolato nel servizio ottomano. La calda accoglienza che Souchon aveva ricevuto a Costantinopoli era fortemente in contrasto con il modo in cui era stato ricevuto in altri scali nel Mediterraneo, dove di solito la flotta britannica, da tempo dominante, attraccava non appena lui andava via, cancellando qualsiasi impressione positiva avesse fatto (come amava dire il Kaiser, arrivavano per «sputare nella minestra»). Anche i russi sapevano tutto su Souchon. In seguito alla vicenda Liman avvenuta a gennaio, Sazonov aveva intimato piĂș volte a Berlino di non arruolare il Goeben nel servizio ottomano. Alla flotta russa del Mar Nero mancavano ancora due o piĂș anni al varo della prima dreadnought operativa, quindi lâarrivo di qualsiasi nave della stessa classe in acque territoriali ottomane minacciava di far pendere la bilancia navale sul Mar Nero a favore della Turchia, rendendo pressochĂ© impossibile qualsiasi attacco anfibio russo sul Bosforo17.
Quando Souchon decodificĂČ i suoi ordini da Berlino appena dopo le 3.00 del mattino di martedĂ 4 agosto 1914, si avvicinava al porto algerino francese di Philippeville, dove le truppe coloniali si stavano imbarcando per il fronte occidentale. Dopo aver appreso della dichiarazione di guerra della Germania alla Francia, alle 6.00 del pomeriggio di lunedĂ, mentre un battello a vapore partito dalla Sicilia lo conduceva verso sudovest, si stava finalmente avvicinando al suo obiettivo e poteva giĂ , come avrebbe ricordato in seguito, «gustare quel momento del fuoco che desideravamo tutti cosĂ ardentemente!» Ignorando le convocazioni a Costantinopoli di Tirpitz, Souchon proseguĂ la rotta per Philippeville. Appena passate le 6.00 del mattino, lâSMS Goeben aprĂ il fuoco contro le navi francesi per il trasporto truppe, mentre il Breslau bombardava il vicino porto di Bona. Anche se il bombardamento non provocĂČ perdite significative o gravi danni fisici, nĂ© al trasporto truppe nĂ© al porto, lâattacco tedesco intimorĂ il comandante della flotta francese, il vice ammiraglio Augustin BouĂ© de LapeyrĂšre, abbastanza da indurlo a ordinare alla sua squadra di formare convogli di scorta, un processo laborioso che avrebbe richiesto diversi giorni. In questo modo lâinvio di soldati algerini francesi al fronte fu ritardato e Souchon riuscĂ nel suo obiettivo. Soddisfatto, ritirĂČ le sue navi e si diresse nuovamente verso la Sicilia, nella speranza di rifornirsi di carbone lĂ prima di procedere alla volta di Costantinopoli, distante circa 2000 chilometri18.
Ora iniziava la parte piĂș difficile. Ma se il panico che aveva semin...