Guardo la costa del nord di lĂ dalla baia â e lĂ , accanto alle betulle lucenti, câĂš una figura scura, in piedi sulla costa che sale, dove non ci dovrebbe essere nessuno.
Due beccacce di mare passano sullâacqua che ci separa con rapide strida di allarme, e il loro volo mi cattura lo sguardo.
Torno a guardare la costa del nord di lĂ dalla baia, ma adesso non câĂš niente accanto alle betulle, nessuno, assolutamente.
Qualche giorno prima. Navigo nel Vestfjorden con il tempo che volge al brutto, con lâidea di approdare a Moskenes unâora prima del tramonto. La luce del sole si raccoglie a sud, prima di essere assorbita dal buio. Piccole raffiche di neve colgono la barca di sorpresa e spariscono alla vista. Nellâaria ronzano burrascosi i fiocchi di neve.
Isole impossibili appaiono a ovest, sempre piĂș grandi. Noto una lunga striscia nera e bianca; dirupi e nevai tra il grigio delle nubi basse e il grigio dellâalto mare. Bagliori di luce sulla neve, nelle gole e nelle pareti poco profonde. Molta piĂș neve di quanta mi aspettassi di trovare â e anche le vette sono piĂș ripide e aguzze di quanto prevedessi. La lunga fascia di terra si allarga via via che ci avviciniamo.
Le montagne prendono lentamente forma ai miei occhi, sviluppandosi dalle raffiche di neve come fotografie. Una manciata di casette con i muri rossi e il tetto nero. Appesi per la gola squarciata, migliaia di merluzzi congelati pendono da telai di legno fatti ad A, sbattendo al vento. Le raffiche sempre piĂș serrate si fondono in una bufera da est e la mia pancia emette un borbottio di preoccupazione.
Successivamente ricorderĂČ i giorni che seguirono come fossero metalli. Lâargento del passo. Il ferro della baia e delle sue nuvole. Il raro oro del cielo. Lo zinco della furia della tempesta. Il bronzo e il rame del mare a sud mentre mi metto in salvo.
â Cercale, â mi dice Hein a Oslo. â LĂ ce ne sono di piĂș, senza dubbio, su quella riva si trovano piĂș figure.
Pausa.
â Ma prima devi superare il Muro senza farti male. Io ci sono sempre andato in barca, facendo il giro lungo, dâestate. Tu invece ci arriverai a piedi, e dâinverno.
Sorriso.
â Hai mai pensato di cominciare a fumare? Non Ăš mai troppo tardi per imparare!
Pausa. E sorriso.
â Fumare puĂČ essere una buona tecnica di sopravvivenza in un posto cosĂ.
La maggior parte delle pitture rupestri preistoriche si trova nelle sale e nei luoghi riparati del sud-ovest della Francia e del nord della Spagna. Da quella zona, piĂș si sale verso nord piĂș la quantitĂ di reperti diminuisce e piĂș diminuisce anche la loro etĂ . Sopra i sessanta gradi di latitudine nord câĂš relativamente poco.
La principale ragione di questa penuria di arte pittorica alle latitudini piĂș alte risiede nel fatto che questi territori rimasero sepolti sotto i ghiacciai fino alla fine dellâultima era glaciale. Ventimila anni fa, mentre nella Sala dei Tori di Lascaux, nellâattuale Dordogna, veniva dipinto lâuro rosso di cinque metri, lâintera Scandinavia e la maggior parte della Gran Bretagna e dellâIrlanda erano ancora ghiacciate. Mentre lentamente si ritirava, il ghiaccio si lasciava dietro un paesaggio sconvolto, spogliato di vita. Verso nord lâuomo colonizzĂČ questa terra brulla solo lentamente.
Anche la geologia ha la sua parte nella raritĂ delle pitture rupestri sopravvissute nelle latitudini settentrionali. Le sale delle grotte costituiscono gli spazi espositivi piĂș sicuri per questo genere di arte, ed Ăš nel calcare che questo tipo di sala o di camera si forma nel modo piĂș naturale: Lascaux, Chauvet, Altamira⊠tutte le opere dâarte piĂș celebri della preistoria furono create nel calcare e sulla sua superficie. Il calcare possiede lâulteriore facoltĂ curativa di emettere spesso sulle pitture parietali una pellicola trasparente di carbonato di calcio che si coagula e agisce come una vernice protettiva, rallentando la degradazione dei pigmenti. LâEuropa settentrionale, tuttavia, Ăš piĂș povera di calcare rispetto alla Francia e alla Spagna, mentre Ăš piĂș ricca di rocce ignee e metamorfiche. In una geologia di questo genere, le grotte e le sporgenze rocciose sono create dalle forze erosive del ghiaccio o dellâacqua di mare e saranno quindi meno profonde e piĂș ruvide. Al loro interno mancheranno quelle invitanti tele calcaree, levigate dallâacqua. Un antro di scabro granito non offre al pittore le stesse opportunitĂ di una camera calcarea adorna di stalattiti. Certo, in Europa, alle latitudini artiche, le incisioni rupestri sono ben rappresentate, ad esempio dalla stupefacente concentrazione di opere rinvenute ad Alta, nellâestremo nord della Norvegia. Qui, tra i settemila e i duemila anni fa, furono scolpite sulle rocce spianate dai ghiacciai piĂș di 6000 immagini â in gran parte petroglifi â raffiguranti renne, orsi, esseri umani, scene di caccia e aurore boreali. Invece le pitture rupestri â molto piĂș esposte ai danni e alle intemperie rispetto alle immagini incise â sono rare.
Alcuni degli esempi piĂș sorprendenti di arte pittorica rupestre provenienti da questi paesaggi nordici si trovano nelle grotte marine decorate della costa occidentale della Norvegia. Fino a oggi reperti pittorici di questo tipo sono stati scoperti in dodici grotte marine, disperse su un raggio di 800 chilometri tra NĂŠrĂžy, a sud, e lâarcipelago delle Lofoten a nord. Le grotte si trovano tutte in zone sperdute, spesso in dirupate coste selvagge a picco sullâoceano. E tutte sono state scavate nelle scogliere o nei dirupi dalla forza martellante del moto ondoso nel corso dei millenni. Al tempo in cui furono realizzati i dipinti, alcune di queste grotte potevano essere raggiunte solo in barca, dopo una perigliosa navigazione lungo le coste esposte di isole e penisole.
Complessivamente queste «grotte dipinte» contengono circa 170 semplici figure stilizzate, a braccia e gambe aperte come se danzassero o saltassero: figure umane per la maggior parte, ma ogni tanto anche di ibridi umano-animali, e in un caso di una mano da sola. Sono state tutte dipinte con un pigmento rosso di ossido di ferro applicato con le dita o con un pennello. La datazione Ăš problematica, ma la creazione delle figure sarebbe da collocare tra duemila e tremila anni fa secondo le stime piĂș sicure. Queste si basano in parte sulla datazione al radiocarbonio di manufatti rinvenuti nelle grotte, tra cui una punta di freccia di ardesia levigata, un osso di zampa di gabbiano con un foro, usato probabilmente come flauto, e un amuleto a forma di alca impenne.
Le figure dipinte, quindi, sono opere dâarte periartiche dellâEtĂ del bronzo eseguite in una delle regioni piĂș inospitali del mondo da popolazioni di cacciatori-raccoglitori-pescatori che si spostavano lungo una costa isolata, sopravvivendo solo grazie al tepore regalato dalla corrente del Golfo. Dovevano condurre vite brevi e difficili, e sembrerebbe ragionevole pensare che unâesistenza cosĂ lasciasse poco spazio alla creazione artistica.
Eppure quelle rosse figure danzanti esistono.
Una tra le piĂș remote di queste grotte decorate si trova vicino alla punta occidentale dellâarcipelago delle Lofoten, una catena di isole che si estende per quasi 160 chilometri nel mar di Norvegia a una latitudine intorno ai 68 gradi nord. Il nome attuale della grotta Ăš Kollhellaren, traducibile piĂș o meno con «Buco dellâInferno», un antro che si apre quasi allâestremitĂ dellâisola di Moskenes, sulla disabitata sponda nord-occidentale.
Ci sono due modi per raggiungere Kollhellaren. Il primo Ăš a piedi, superando quello che viene chiamato il Lofotveggen, il Muro delle Lofoten: la ripidissima catena di vette che taglia il centro dellâarcipelago, e che in inverno puĂČ essere attraversata solo passando da un ristretto numero di valichi. Il secondo Ăš in barca, doppiando la punta dellâarcipelago e attraversando il famigerato Mosktraumen, uno dei piĂș potenti sistemi di vortici al mondo, protagonista di Una discesa nel Maelström, racconto scritto nel 1841 da Edgar Allan Poe: qui il gorgo Ăš descritto come la soglia di un tunnel che porta al centro della Terra. In antico norreno la parola per maelstrom era molto pragmatica: havs-velg, letteralmente «buco dellâoceano», ovvero una depressione marina in cui si riversava ogni cosa.
Ecco che abbiamo allora due punti di accesso al mondo di sotto a breve distanza uno dallâaltro: una bocca di roccia e una bocca di acqua, cinte da monti e mari selvaggi.
Le persone che piĂș di 2500 anni or sono hanno creato lâarte di Kollhellaren affrontavano considerevoli rischi soltanto per raggiungere il sito di produzione. Ancora prima di entrare nellâantro, dovevano varcare poderose soglie imposte dalla natura.
Quando raggiungo le Lofoten, mi accorgo che lâinverno mi ha preceduto. Per quattro giorni, la settimana scorsa, una tempesta polare ha soffiato da ovest, spazzando via la neve rada dai pendii sopravvento e depositandola in compatti lastroni nelle calanche del Muro rivolte a est. Il rischio valanghe Ăš salito da basso a moderato e si prevede che continui a salire. «Possibili valanghe a lastroni sulle pareti esposte a est e sud-est, probabilmente provocate da ulteriori forti nevicate sopra i 300 metri». Non Ăš il bollettino valanghe che speravo di sentire per il mio progetto di raggiungere a piedi Kollhellaren e le sue figure rosse.
Dâinverno vicino a Kollhellaren Ăš possibile attraversare il Muro soltanto in due punti. In queste condizioni meteo entrambi presentano delle difficoltĂ . Uno Ăš una gola che taglia la montagna sotto una cima a forma di ascia chiamata Mannen. Lâaltro Ăš la spalla squadrata di un monte. Li confronto su una cartina. La gola Ăš molto piĂș ripida, ma probabilmente câĂš meno neve. La spalla ha una pendenza piĂș dolce, ma probabilmente Ăš piĂș a rischio valanghe. Opto per la gola. Le gole mi piacciono. Ti abbracciano. Ti danno lâimpressione che puoi cadere meno lontano. Sono piĂș confortevoli dei crinali o delle cime, anche quando sono piĂș pericolose.
La notte prima di partire per Kollhellaren nevica abbondantemente fin dal tramonto. Sono in un paesino minuscolo chiamato Ă
, esattamente al fondo della strada che serpeggia per lâarcipelago in tutta la sua lunghezza. Dopo Ă
ci sono soltanto laghi, vette e mare. Alloggio a casa di un pescatore in pensione di nome Roy. Sei anni fa, dopo trentotto anni di lavoro in mare, Roy si Ăš rotto il bacino e una gamba nel porto di Ă
, cadendo dal molo sopra un argano. Ha accettato il prepensionamento finanziato dallo Stato e ora fa fotografie.
â Non dovresti andare sul Muro, â mi dice Roy quella sera. â Non Ăš la stagione adatta. Il versante ovest Ăš completamente deserto. Niente case, niente persone, niente campo per il cellulare. Solo scogli e mare. E neve. E poi che ci vai a fare a Kollhellaren?
Penso a come spiegarglielo, a come dirgli che quelle figure mi hanno affascinato fin dalla prima volta che ne ho sentito parlare, anni fa; e che sto cercando di capire che cosa avesse attirato gli autori di quelle immagini in quel luogo formidabile e ostile, perchĂ© fossero andati fin lĂ a lasciare la loro impronta. Ma lâargomentazione mi sembra troppo debole per rischiare di esporla, specialmente ora che ho bisogno di proteggere al massimo la mia autostima.
â Voglio solo vedere la grotta e le figure, e passare un poâ di tempo sul versante occidentale, â rispondo.
Roy si stringe nelle spalle. â Gli inglesi hanno sempre fatto questo genere di cose, fin dai tempi di Slingby, â commenta.
Parliamo invece delle sue vacanze in Indonesia, e della storia che ha avuto laggiĂș con una donna indonesiana, una relazione iniziata molto bene e finita molto male. Mi fa vedere un video del piccolo palazzo in marmo nero e stucco rosa che lui le aveva costruito perchĂ© ci facesse il suo centro estetico per la manicure. Guardiamo delle fotografie: Roy in sella a un motorino davanti al palazzo con classiche corna di bufalo color pastello e tetto spiovente di ardesia; Roy con la sua compagna in un ristorante, mentre mangia a torso nudo, sorridente.
La notte non riesco a dormire. Apro le tende e resto alla finestra a guardare i fiocchi di neve che, come scintille infuocate, attraversano il cono di luce dellâultimo lampione dellâarcipelago. Ă una scena stranamente serena, ma so bene cosa significa: la neve sulle cime e nelle gole si sta accumulando e il rischio di valanghe aumenta.
Il mattino dopo, di buonâora, mentre mi preparo a partire, Roy fruga nel feezer e tira fuori un sacchetto di plastica.
â Sono sei crocchette di pesce, fatte con lo skrei che ho pescato due giorni fa dalle parti di Helle, non lontano da dove stai andando tu.
Lo zaino Ăš giĂ troppo pesante, ma le infilo nel tascone esterno.
Quando ripenso a posteriori, e dallâaltra parte del Muro, alla traversata â anche se non Ăš stato lâunico momento pericoloso di quellâavventura e tanto meno lâunica meraviglia â la ricordo principalmente come un vortice bianco, come una combinazione disarmonica di processi decisionali precisi al millimetro e di caotica foschia.
Poco dopo lâalba mi lascio alle spalle la casa di Roy e Ă
lungo una strada senza sbocchi. Sotto gli scarponi scricchiola la neve fresca. Ă caduta piano piano per tutta la notte e ha formato uno strato di quindici centimetri. I rumori sono ovattati. Il paese Ăš ancora addormentato. A parte le mie, non ci sono altre orme sulla strada.
La gola inizia da un lungo lago dalle sponde basse chiamato Ă
gvatnet, che da Ă
si estende verso ovest, in mezzo a una corona di monti che lo circondano a nord, a ovest e a sud. La marcia lungo la sponda del lago si fa difficile fin da subito: neve che cade e rocce scivolose sotto i piedi. Lâacqua del lago, ghiacciata e color dellâacciaio quasi ovunque, Ăš limpida soltanto allo sbocco, dove la corrente la mantiene in movimento. I venti recenti hanno ammucchiato sulle rive della baia cataste di lastre di ghiaccio. Appollaiata sul dirupo sottovento di un isolotto roccioso in mezzo al lago, câĂš una colonia di gabbiani. Gli strepiti e gli schiamazzi mi sono di conforto nellâausteritĂ della valle: Ăš il rumore conviviale della vita sociale. Davanti a me, in lontananza, una nube nera nasconde i monti fin quasi alla base. La situazione mi preoccupa. SarĂ difficile individuare la gola giusta.
Oltrepasso lentamente i massi coperti di neve e le rocce scivolose. Salto, scivolo, cado, mi rialzo a fatica con lo zaino. Quattro volte trovo piccoli dirupi da scalare,...