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LâetĂ del sacro
Il populismo, nostalgia di unanimitĂ
Per iniziare un libro sul populismo, seppur âgesuitaâ, meglio precisare come userò la parola. Giusto per capirci: è sulla bocca di tutti e piĂš se ne parla meno ci sâintende. Capita con le parole come coi cibi: lâeccesso stomaca, finchĂŠ lâabuso porta al disuso; basta, non se ne può piĂš. Le scienze sociali fanno il loro mestiere: misurano, teorizzano, definiscono. Spiegano cosâè il populismo. Ma questo è un libro di storia: per capire cosâè, meglio spiegare da dove viene, andare alla ricerca delle radici, del senso profondo, del nucleo piĂš intimo.
A costo di mettere il carro davanti ai buoi, di anticipare lâapprodo del viaggio attraverso il âpopulismo gesuitaâ, lo chiarisco subito: penso che il populismo esprima il rimpianto di unâunitĂ smarrita, unâinnocenza perduta, unâidentitĂ dissolta; e che ambisca a restaurarle. Ă, in breve, una nostalgia di unanimitĂ . So bene che è una formula letteraria: non misura, non calcola, non perimetra. Eppure evocare è talvolta meglio che definire; meno preciso, piĂš profondo.
CosĂŹ inteso, il populismo sâinnesta su un antico e robusto ceppo. Alla caducitĂ dellâuomo e allâimperfezione della storia oppone il richiamo a un popolo mitico, eterno, incontaminato. LâunanimitĂ , lâunitĂ organica del popolo che il populismo evoca non è un patto razionale, ma una comunitĂ di fede che protegge dal peccato e dai pericoli del mondo. In tal senso, il populismo è un fenomeno dâorigine religiosa; o meglio: è un modo religioso dâintendere la vita e la storia.
Come tale, prima ancora che un regime o un movimento, il populismo è un immaginario: una vaga galassia di credenze e valori, pulsioni e aspettative, eterea ma radicata, che si esprime in una mentalitĂ . Assai meno strutturato di unâideologia, tale immaginario richiama un universo morale antico adeguato a nuove epoche, contesti, congiunture, aggrappandosi, come un rampicante sui muri, a ideologie piĂš elaborate. Ă un immaginario semplice, potente, malleabile: invoca la protezione di unâidentitĂ primigenia, il recupero di unâarmonia naturale, il riscatto di una comunitĂ ideale e idealizzata. A tale comunitĂ allude la parola popolo, perno lessicale intorno a cui ruota il populismo.
Nel mondo pervaso dal sacro, tale ambizione di salvare il popolo si chiamava redenzione; nel mondo secolare prende il nome di rivoluzione, parola magica dei populismi. La fede che animava la prima diventa religione politica nella seconda: ideologia eretta a veritĂ divina, a certificato di superioritĂ morale. Tale è lâideologia dei âpopulismi gesuitiâ. La loro crociata contro coloro cui imputano di corrompere il popolo è di tipo morale; è una guerra di religione piĂš che uno scontro politico. Il populismo è dunque il moto redentivo attraverso il quale il popolo eletto ambisce a ritrovare la terra promessa, dove ogni frattura sarĂ sanata ed ogni peccato espiato. Armonia, innocenza, unitĂ ; di piĂš, unanimitĂ : cosĂŹ è il Regno, cosĂŹ stabilisce il piano di Dio, cosĂŹ vuole lo spirito provvidenzialista di cui i populismi latini sono intrisi.
UnanimitĂ di cosa? Di ciò che di volta in volta il populismo eleva a fondamento univoco della comunitĂ , a scrigno esclusivo dellâidentitĂ e della cultura del popolo. Un tempo era unanimitĂ di fede: ogni nazione la sua religione. Nel mondo moderno è unanimitĂ politica, ideologica, morale. Può fondarsi sullâetnia o sulla fede, sulla classe o sulla nazione; perfino su una virtĂš: onestĂ , giustizia, misericordia. Nel caso dei âpopulismi gesuitiâ assume le sembianze del povero, elevato a emblema di purezza spirituale, a immagine di Cristo. Quel che conta è che il popolo del populismo vanti il monopolio della morale collettiva: è la premessa affinchĂŠ incarni il Bene in eterna lotta contro il Male. Lo schema manicheo importa piĂš del suo contenuto: in esso sta lâanima religiosa del populismo, il suo spirito redentivo.
Se lâarmonia cui il populismo aspira sâè spezzata, infatti, qualcuno avrĂ la colpa: il nemico. Il nemico sta al populismo come il demonio al Regno di Dio. Chi è? Quello dei âpopulismi gesuitiâ è la nascita dellâindividuo moderno che minò lâunanimitĂ della comunitĂ organica, la rivoluzione scientifica che infranse lâaura sacra del creato, la razionalitĂ illuminista che incrinò la simbiosi tra fede e ragione, il liberalismo che sciolse la fusione tra sfera spirituale e sfera temporale, il capitalismo che incensando la prosperitĂ esaltò lâegoismo. Tutto ciò causò disordine, conflitto, pluralitĂ : cose che nella visione redentiva del populismo non sono la fisiologia della condizione umana, ma patologie che attentano allâorganismo sano chiamato popolo.
Tutto ciò suonerĂ astratto, ma un poâ di pazienza: questi concetti sono gli strumenti di bordo che useremo durante il viaggio, serviranno a illuminare la strada, a orientarci nella storia.
La cristianitĂ ispanica
Il viaggio in cerca del filo rosso del âpopulismo gesuitaâ non può che partire dalla cristianitĂ ispanica nelle Americhe. Fu allora, nel 1540, che nacquero i gesuiti; e fu lĂŹ, per mandato pontificio e sotto lâegida dei re cattolici, che la loro fede missionaria e la loro visione del mondo forgiarono un nuovo ordine.
Parlare di populismo a quellâepoca non ha senso: la âsovranitĂ del popoloâ era di lĂ da venire e senza di essa, insegnano gli esperti, non câè populismo. Ma piĂš che del populismo, siamo per ora in cerca delle sorgenti del suo immaginario in America Latina. Ă possibile rintracciarle nellâordine sociale e spirituale della monarchia cattolica spagnola? In fondo durò tre secoli e lasciò in dote lingua e fede: mica poco. Ambiva a creare un ordine cristiano, un âregime di cristianitĂ â; la sua missione era edificare il Regno come i grandi teologi del tempo lâimmaginavano. Per servire Dio e salvare le anime, doveva essere un ordine perfetto come la Chiesa che custodiva la fede. E cosa vâera di piĂš perfetto del corpo di colui che Dio aveva creato a sua somiglianza? Ecco dunque che lâordine cristiano sâispirò allâorganismo umano, fu un ordine organico: cosĂŹ era ovunque, nellâetĂ del sacro.
Quali erano i tratti genetici di quel mondo organico basato sulla fede? Il primo lo conosciamo: era lâunanimismo. Da un lato, lâordine cristiano fu preservato dalla corruzione esterna, da eresie ed altre fedi: suddito e fedele erano una sola cosa. E se cosĂŹ era nella penisola iberica, a maggior ragione in America, laboratorio della CittĂ di Dio al riparo dello scisma protestante. Dallâaltro lato, unanimista fu il principio ordinatore del Regno. Come lâorganismo cui sâispirava, non era una somma di organi, ma un insieme che li trascendeva. Ogni organo della societĂ aveva la sua funzione e tutti insieme un solo fine: la salute del corpo, la salvezza delle anime. Era, per dirlo in una parola, un ordine olistico. Tale principio di unanimitĂ escludeva quello di pluralitĂ . Come concepire un organo indipendente dagli altri? Era implicito che la cellula âinfermaâ, lâindividuo inassimilabile, fosse sacrificabile allâunitĂ del popolo, al âbene comuneâ.
Il secondo tratto era la gerarchia. Lâordine cristiano era un organismo e ogni organo svolgeva la sua funzione, ma non tutti gli organi avevano pari importanza: un dito non vale il cuore, le comunitĂ indiane non valevano le ĂŠlite commerciali. Il flusso dellâautoritĂ e del potere fluiva dal centro alla periferia, dallâalto in basso, dai corpi sacerdotali e militari ai sudditi e fedeli. Tale era la gerarchia di ruoli e funzioni scolpita nel piano di Dio: immota, eterna.
Terzo tratto di quellâordine era il corporativismo. Era un ordine cetuale; ognuno aveva diritti e doveri a seconda del corpo sociale cui apparteneva. Lâindividuo moderno, titolare di diritti universali, era ancora ignoto, lĂŹ come altrove. I corpi davano identitĂ e protezione; in cambio esigevano lealtĂ e conformismo. Lâindividuo era subordinato al corpo e i vari corpi formavano un pueblo, parola che indicava sia il popolo sia il villaggio, entrambi intesi come comunitĂ omogenee per usi e costumi, cultura e religione: comunitĂ di fede, organismi naturali.
Su di esse vegliava lo Stato cristiano. Armato di spada per convertire e di croce per evangelizzare, era uno Stato etico, per quanto lo consentiva la tecnologia dellâepoca. Sua missione era catechizzare e castigare, nei templi e nei tribunali, con la predica e gli autodafĂŠ; suo fine era moralizzare il popolo, spingerlo verso le porte del paradiso agitando la paura dellâinferno.
Tale era, allâingrosso, la cristianitĂ ispanica dâAmerica. Almeno in teoria, negli intenti di teologi e utopisti religiosi. In pratica, tra utopia e realtĂ rimase un profondo fossato: come ogni ordine terreno, fu un edificio imperfetto e caotico. Ma poco importa, ai nostri fini: per trovare le sorgenti del âpopulismo gesuitaâ conta piĂš il mondo come avrebbe dovuto essere che il mondo comâera, la pulsione utopica e redentiva che lâanimava piuttosto che la prosaica realtĂ . Tale pulsione plasmò valori e istituzioni, credenze e socialitĂ ; formò un immaginario pervasivo, una cultura intrisa di religiositĂ , tanto piĂš radicata quanto meno razionalizzata. Non sarebbe valsa la pena farvi cenno se nel populismo di cui cerchiamo le remote radici non spiccassero, secoli dopo, gli stessi attributi della cristianitĂ coloniale: unanimismo, gerarchia, corporativismo, Stato etico. Un caso? O una parentela?
Le missioni gesuite
Dove piĂš lâutopia religiosa della cristianitĂ ispanica sâapprossimò a un compiuto sistema di governo e organizzazione sociale fu, tra il XVII e il XVIII secolo, in Paraguay, nelle missioni gesuitiche presso i guaranĂ: uno Stato teocratico, hanno scritto in tanti, uno Stato etico-cristiano. Non è questione di valutarne pro e contro: la tradizione cattolica le esalta, quella illuminista le demolisce; questo spiega giĂ tante cose. Ă semmai utile esaminarne spirito, contenuto, effetti: mai come in quel caso, infatti, troviamo isolati, come in un laboratorio, gli elementi che, uni...