Per un pugno di conchiglie
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Per un pugno di conchiglie

L'Africa occidentale dall'inizio della tratta degli schiavi all'Età delle rivoluzioni

Toby Green, Luigi Giacone

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Per un pugno di conchiglie

L'Africa occidentale dall'inizio della tratta degli schiavi all'Età delle rivoluzioni

Toby Green, Luigi Giacone

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Alla fine del XIX secolo, ai tempi della «corsa verso l'Africa», il continente era già da molti secoli connesso globalmente. Il suo oro alimentava le economie dell'Europa e del mondo islamico da circa mille anni, e i suoi sofisticati regni commerciavano con gli europei lungo le coste, dal Senegal fino all'Angola, a partire dal XV secolo. Fino almeno alla metà del Seicento fu un commercio tra eguali, basato su diverse valute, soprattutto conchiglie: le conchiglie di ciprea importate dalle Maldive e le conchiglie nzimbu importate dal Brasile. Toby Green ricostruisce il mondo dei regni africano, la cui esistenza, non diversamente dall'Europa, ruotava intorno a guerre, tasse, commercio, diplomazia, complesse credenze religiose, ostentazioni e stravaganze regali e produzioni artistiche. Nel corso del tempo, le relazioni tra Africa ed Europa s'incentrarono sempre piú sul commercio degli schiavi, danneggiando il relativo potere politico ed economico dell'Africa, mentre i valori di scambio monetario si spostarono drasticamente a vantaggio dell'Europa. Nonostante i crescenti squilibri di capitale, relazioni di lunga data assicurarono cospicue connessioni tra l'Età delle rivoluzioni d'Europa e America e la nascita di un xix secolo rivoluzionario in Africa. La storia sociale, economica e culturale degli antichi regni dell'Africa occidentale dal Trecento all'Età moderna. Un'indagine appassionata che trasforma la nostra visione e che finalmente ripristina delle verità storiche per troppo tempo negate. «È il Braudel dell'Africa occidentale»
Tyler Cowen, «Marginal Revolution» «Un libro che dà uno scossone alla comune percezione della storia»
Ben Okri, «Financial Times» «Straordinariamente scritto e documentato, un libro che dipinge un affresco enorme e complesso, ricco di singoli dettagli»
Julia Lovell, «The Observer»

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Información

Editorial
EINAUDI
Año
2022
ISBN
9788858438831
Categoría
History
Categoría
African History
PARTE SECONDA

Conseguenze: politica, pensiero e rivoluzioni dal basso

Cronologia della Parte seconda

Storia politica dell’Africa occidentale, 1680-1850.
1680-1700Serie di guerre tra diversi piccoli stati della Costa d’Oro prima dell’ascesa dell’impero Ashanti nei primi anni del 1700.
1685-1703A causa dell’aumento della domanda, il prezzo dei prigionieri sale di ben il 200 per cento in tutta l’Africa atlantica.
Anni novantaI conflitti armati devastano Gwatón, il principale centro commerciale atlantico del Benin. Sulla scia delle guerre condotte da Nasir al-Din nella valle del Senegal, il religioso Malik Sy fonda Bundu. La scoperta di giacimenti d’oro nel Minas Gerais (Brasile) incide profondamente sulla domanda del metallo prezioso sulla Costa d’Oro.
1701Cresce la potenza dell’impero Ashanti, con capitale Kumasi
1704Beatriz Kimpa Vita guida nel Congo il movimento Antoniniano di rinnovamento religioso.
1709Un regno del Congo ormai molto indebolito viene riunito sotto il manikongo Pedro IV.
1712Ascesa del regno di Segu sotto Biton Kulubali.
1724-27Il Dahomey sconfigge la potenza costiera di Ouidah e diventa la principale forza politica nella regione della «Costa degli Schiavi».
1727-28Migranti Fula di Fuuta Tòòro fondano l’imamato (almamato) di Fuuta Jaalo (Guinea-Conakry) sotto Karamoko Alfa.
1730Lo stato di Oyo inizia ad attaccare il Dahomey.
Anni trentaKatsina supera Kano come polo commerciale dello Hausaland (Nigeria settentrionale); dal Sud inizia l’importazione di moschetti negli stati Hausa.
Anni quarantaTerribile siccità nell’Africa occidentale. Aumento in Angola delle comunità di schiavi fuggiti, conosciuti come quilombo.
1740-70Ascesa e diffusione del movimento riformista salafita in Arabia.
1747Viene firmata la pace tra il Dahomey e Oyo. Il Dahomey accetta di divenire un regno tributario.
1750Il Dahomey invia un ambasciatore nella città portuale di Salvador in Brasile.
1754Sale al potere a Oyo il basorun Gaha (capo dell’Oyo-Mesi).
1747-71Regno di Babba Zaki a Kano, che vede l’espansione della cavalleria e del potere statale.
1758, 1771Incursioni dei Tuareg a Timbuctu.
1766Ascesa della dinastia Jara-Ngolosi a Segu, dopo dieci anni di guerra civile in seguito alla caduta dei Kulubali; la dinastia mantiene il potere fino al 1861.
1774Guerra civile a Oyo dopo che Gaha si rifiuta di cedere il potere; alla fine viene sostituito da un nuovo alafin, Abiodun.
1776Caduta della dinastia Denyaanke di Fuuta Tòòro (valle del Senegal), che governava dal 1510; subentra una teocrazia guidata prima dallo studioso islamico Ceerno Suleyman Baal e poi dal suo successore Abdul Qader.
Anni ottantaIl tallero d’argento di Maria Teresa comincia a inondare l’Africa occidentale.
1785Tentativo di ribellione degli schiavi contro la teocrazia Fula di Fuuta Jaalo.
1788In seguito alla costituzione e alla crescita di una grande comunità di eruditi musulmani a Degel, nello Hausaland, il re di Gobir tenta di assassinarne il leader Uthmān dan Fodio, noto come lo shehu; il fallimento del re di Gobir lascia presagire l’ascesa del jihād dei Fula.
1790Le guerre civili hanno cosí indebolito lo stato di Oyo che diventa tributario dei Nupe.
1791-1804Scoppia la Rivoluzione haitiana, che si conclude con la dichiarazione d’indipendenza di Haiti il 1º gennaio 1804.
1792Fondazione di Freetown.
1795Alle porte di Freetown nasce una comunità di maroons, composta da prigionieri fuggiti originari di Freetown e da profughi arrivati da Timbo, capitale del Fuuta Jaalo, dopo la fallita ribellione. Sull’ansa del Niger la ciprea chiamata annulus sostituisce le vecchie conchiglie usate come moneta.
1795-1818Il regno del Dahomey si impegna in una diplomazia concertata con il Brasile e il Portogallo, inviando quattro ambasciate; Allada invia una propria legazione nel 1809; Onim (Lagos) ne invia tre entro il 1823.
1801La Danimarca abolisce la tratta degli schiavi oltreoceano.
1801Sale sul trono di Gobir il nuovo re Yunfa, che guida lo scontro con i seguaci dello shehu Uthmān dan Fodio.
1804-808Con la guerra tra Gobir e i seguaci dello shehu ha inizio il jihād dei Fula nel Nord della Nigeria. Kano cade nel 1807; i ribelli sottomettono i regni Hausa nel 1808.
1807Il Parlamento britannico approva l’Act for the Abolition of the Slave Trade.
1808I maroons della Giamaica fondano la chiesa di St John a Freetown.
1808-12Guerre tra Sokoto e Borno dopo la vittoria del jihād dei Fula.
1817Morte dello shehu a Sokoto. La ribellione guidata da Afonja, un capo militare di Oyo, porta al collasso l’impero di Oyo.
1820L’ascesa del governo teocratico nel Borno sotto al-Kanemi segna la scomparsa dei mai.
Anni trenta-cinquantaLe guerre tra Soninké e seguaci dei marabutti a nord e a sud del fiume Gambia segnano il crollo dei piccoli regni della regione.
1835Rivolta di Malé a Salvador da Bahia, Brasile, ispirata alle rivoluzioni dell’Africa occidentale.
1836Caduta dell’impero di Oyo.
Regni dell’Africa occidentale, 1600 - 1900 circa.
Regni dell’Africa occidentale, 1600 - 1900 circa.

Prologo alla Parte seconda

Il XVIII secolo sarebbe stato diverso.
I flussi valutari tra l’Africa e l’Occidente continuarono ad avere un ruolo importante e plasmarono l’equilibrio economico globale, soprattutto attraverso l’uso diffuso di conchiglie di ciprea e stoffe, ma non mancarono neppure cambiamenti determinanti. L’espansione industriale delle economie di piantagione dei Caraibi, Brasile e Nord America portò all’apice la tratta transatlantica di prigionieri trasferiti sia da società europee da poco istituite (l’olandese Geoctrooieerde Westindische Compagnie, la Royal African Company, la Compagnie Française des Indes Occidentales) sia da imprese private. Il valore capitale del lavoro degli schiavi nel Nuovo Mondo era cosí elevato che il picco della domanda determinò un cambiamento nei rapporti tra le economie africane e quelle atlantiche. Il plusvalore maturato grazie alla manodopera schiavizzata divenne un capitale potenzialmente uguale o superiore a quello monetario. Negli anni novanta del XVII secolo, le immense vene aurifere del Brasile fecero sí che l’oro dell’Africa non fosse piú cosí importante per l’accumulo di capitale delle economie occidentali, sicché alcuni stati africani, anziché esportarlo, iniziarono a conservarlo e addirittura a importarlo insieme con l’argento. Ciò che essi tuttavia persero in termini di valore con l’esportazione di manodopera fece sí che le disuguaglianze tra l’economia africana e quella mondiale continuarono a crescere1.
Il passaggio alle transazioni valutarie fu marcato. I regni Akan della Costa d’Oro iniziarono a vendere prigionieri attraverso l’impero Ashanti, che tratteneva per sé i guadagni in oro. Il Dahomey importava il metallo prezioso di contrabbando dal Brasile, mentre i regni del Senegambia importavano argento messicano. In molte regioni dell’Africa le importazioni di altra valuta (barre di ferro e rame) furono sostituite da quelle di manufatti, alcol e armi. Le importazioni di conchiglie, tuttavia, subirono un incremento, con un valore di scambio indissolubilmente legato a quello dei prigionieri esportati.
Con il XVIII secolo, pertanto, gli scambi di valore capitale in Africa si ridussero in gran parte al solo valore dei prigionieri, trovando la loro base nella sistematica crudeltà delle piantagioni, nella produzione mineraria e nella logica di mercato.
Il potere, in Africa ma anche altrove, si gravò di paradossi: per gli imperi europei, l’accumulo di valore aggiunto dipendeva dalla disumanizzazione dei prigionieri, ridotti a «marchi» commerciali – al tempo stesso, tuttavia, si faceva affidamento sulla loro umanità e intelligenza affinché rendessero redditizie le piantagioni applicandovi le competenze che possedevano in agricoltura, lavorazione del metallo e pratiche di guarigione. In Africa, il potere si accentrò sempre piú nelle mani del sovrano, ma con tale potere centralizzato sorsero nuove strutture sociali che presto criticarono gli abusi di autorità. La divisione tra governanti e sudditi, stato e società, crebbe in un modo che, visto a posteriori, non poteva che essere inevitabile. Nella sua opera fondamentale del 1972, How Europe Underdeveloped Africa (Come l’Europa rese l’Africa sottosviluppata), Walter Rodney sostiene che il passaggio alla decolonizzazione degli anni Cinquanta del XX secolo fu generato dalle contraddizioni del sistema coloniale africano; duecento anni prima, analoghi paradossi e contraddizioni avevano portato al rovesciamento delle aristocrazie guerriere sviluppatesi in Africa grazie alla tratta degli schiavi atlantica e sahariana2.
L’esempio della Costa d’Oro è quello che meglio illustra tali cambiamenti. L’attenzione delle navi che perlustravano inesorabilmente le coste tra Axim a ovest e il fiume Volta a est si spostò dal commercio dell’oro a quello dei prigionieri, che dovevano essere trasportati a remi verso le galere sfidando frangenti implacabili, tanto che le barche spesso si rovesciavano durante il trasbordo.
Nell’entroterra, l’artigianato Akan che aveva permesso la creazione dei famosi pesi per la polvere d’oro rimase attivo anche nel XVIII secolo, come era stato nei due secoli precedenti. Nell’impero Ashanti l’oro costituiva una valuta, e nel XVIII secolo le transazioni in polvere d’oro continuarono a essere una parte importante della vita quotidiana. I castelli-prigione costruiti lungo la costa atlantica erano tuttavia diventati luoghi di sofferenza, in quanto rappresentavano il punto di arrivo dei convogli di prigionieri in marcia verso la costa e delle colonne di schiavi acquistati a Ouidah dagli agenti locali e ora in attesa di essere imbarcati. I prigionieri vi erano tenuti in catene, ridotti in schiavitú per debiti, crimini o perché catturati durante le spedizioni militari inviate dagli Ashanti e dal Dahomey per annientare i propri vicini.
Il piú importante castello inglese sulla costa sorgeva a Cape Coast, a pochi chilometri da Elmina.
Il castello di Cape Coast. I cannoni sulla sinistra sono posti al di sopra del corridoio che dalle segrete conduceva i prigionieri verso le chiatte dirette alle navi. Il piccolo edificio con il tetto in tegole, sulla destra al centro, era la cappella, costruita sopra le celle degli schiavi.
Il castello di Cape Coast. I cannoni sulla sinistra sono posti al di sopra del corridoio che dalle segrete conduceva i prigionieri verso le chiatte dirette alle navi. Il piccolo edificio con il tetto in tegole, sulla destra al centro, era la cappella, costruita sopra le celle degli schiavi.
Intorno al 1700, l’olandese Bosman descrisse il fortilizio, situato presso il villaggio di Ooegwa e «fornito di ottime abitazioni ben costruite; di fronte era stata eretta anche un’alta torretta. […] Il forte è protetto da quattro grandi batterie di artiglieria, oltre a una quinta, su cui sono installati tredici cannoni pesanti». L’artiglieria proteggeva gli interessi inglesi sia dagli intrusi stranieri che arrivavano via mare sia dagli attacchi sferrati via terra dai gruppi rivali Akan e Fante. Gli schiavi erano responsabili della gestione quotidiana del castello cosí come delle case degli alleati degli inglesi, per esempio alcuni intermediari di razza mista come un certo Edward Barter, che disponevano di loro milizie private3.
I viaggiatori inglesi che nel XVIII secolo visitavano Cape Coast, come William Smith, che vi soggiornò nel 1726, restavano ammirati per i suoi «appartamenti e uffici, bellissimi, spaziosi e ordinati, e soprattutto la grande e bella Cappella, costruita sul lato sud». C’erano orti e giardini verdeggianti «con una circonferenza di circa otto miglia […] molto fertili, che producono tutto quello che cresce nella Zona Torrida: aranci, limoni, limette, cedri, guava, papaie, plantanse, bonanas, noci di cocco, cannella, tamarindi, ananas». Il castello, ben difeso e in grado di proteggere gli interessi degli inglesi, emanava un senso di potere, che è forse il motivo per cui i visitatori connazionali lo trovavano cosí bello4.
Al di là delle fiorite descrizioni, la realtà era cupa; riportare solamente queste descrizioni esteriori significherebbe riprodurre una fantasia deliberatamente architettata per nascondere la verità. È questa una delle ragioni per cui lo stile e la struttura di questa seconda parte del libro sono diversi da quelli della precedente.
Cape Coast non era affatto bello. Era il luogo per eccellenza in cui si manifestava concretamente il lato peggiore della natura umana: il luogo dell’esercizio brutale del potere maschile. Gli ufficiali inglesi avevano diverse amanti, scelte tra le loro schiave, e gettavano in «cella di punizione» quelle che si rifiutavano di soggiacere alle loro voglie. Erano abitualmente ubriachi di punch, un distillato ottenuto con rum brasiliano importato, zucchero, acqua e lime (un antesignano della caipirinha brasiliana e del mojito cubano). Erano a capo di un regime di violenza, e la loro cappella e i bellis...

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