Mappe, basi di dati, abachi, atlanti: introduzione allâuso degli strumenti indiretti
Da alcuni anni in Italia il settore della prevenzione del rischio sismico del patrimonio culturale ha visto la nascita di gruppi provenienti da numerosi enti e discipline che, attraverso una collaborazione piĂč o meno sinergica tra loro, hanno prodotto in alcuni casi risultati di grande rilevanza sotto il punto di vista teorico e metodologico. In questo quadro, la recente pubblicazione da parte del Ministero per i Beni e le AttivitĂ Culturali delle Linee Guida per la Valutazione e Riduzione del Rischio Sismico del Patrimonio Culturale (MIBAC 2010 e 2011) Ăš stato un importante passo verso la regolamentazione e le definizione di criteri metodologici dâintervento nellâottica della tutela e della prevenzione dellâedilizia storica situata in zona sismica. Intervenire su un manufatto, ad esempio attraverso un restauro o mediante opere di manutenzione, significa perĂČ in molti casi andare a modificare, e talvolta a cancellare, i segni che gli interventi antropici e/o i fenomeni naturali hanno lasciato sulla sua struttura materiale nel corso del tempo. Gli edifici sono infatti caratterizzati da una serie di azioni distruttive e costruttive che li hanno portati a trasformarsi, modificando di volta in volta il loro aspetto. Gli eventi che si sono succeduti, impressi come tracce ancora oggi in gran parte visibili sui paramenti murari, costituiscono fra i segni piĂč evidenti della storia evolutiva dei Complessi Architettonici e dellâintero contesto di studio nel quale essi si situano e devono perciĂČ essere correttamente registrati, analizzati ed interpretati. Tale operazione risulta di fondamentale importanza nellâottica della conoscenza del manufatto da indagare e di tutti gli aspetti sociali, economici e politici che nei diversi periodi storici hanno ruotato intorno ad esso.
Fra gli elementi che maggiormente aiutano nella definizione della storia costruttiva delle strutture architettoniche ubicate in zone a rischio sismico ci sono tutte quelle azioni distruttive (crolli, dissesti, fessurazioni, deformazioni della superficie ecc.) e costruttive (restauri post-sisma, elementi costruttivi messi in opera per la mitigazione e riduzione dei meccanismi di danno ecc.) strettamente correlate alla sismicitĂ storica del contesto di studio. Lâinterpretazione delle dinamiche che si instaurano fra un Complesso Architettonico ed i terremoti storici che hanno interessato la sua zona di pertinenza permette infatti di delineare una âstoria sismicaâ dellâedificio offrendo, a sua volta, spunti di riflessione inediti alla conoscenza delle caratteristiche sismiche dellâarea analizzata. Per questo motivo, cosĂŹ come proposto dalle linee guida ministeriali, risulta quindi indispensabile prevedere in fase progettuale, preliminarmente allâintervento diretto, unâattenta conoscenza del manufatto architettonico. Questa operazione, basata su una serie di analisi fra le quali occupa un posto rilevante lâanamnesi dellâedificio, non puĂČ perĂČ prescindere da tutte quelle operazioni tese allo studio e allâinterpretazione del processo costruttivo ed evolutivo dello stesso. Una metodologia dâindagine che deve quindi considerare un punto centrale della sua linea operativa il processo archeologico di analisi dellâedilizia.
In Italia lâindagine archeologica degli elevati in aree a rischio sismico Ăš ad oggi una disciplina âgiovaneâ ed eterogeneamente trattata. I progetti editi si pongono attualmente fra esempi applicativi empirici effettuati su singoli contesti e studi teorici ancora non del tutto concretizzati. Il punto di vista archeologico risulta essenziale nei progetti sul rischio sismico; valutare i sistemi costruttivi e le trasformazioni subite da un Complesso Architettonico rappresenta infatti un primo passo verso la progettazione e lâesecuzione di una vera e propria prassi operativa che, partendo dalle consuete analisi proprie della disciplina (ricognizione, lettura stratigrafica, analisi cronotipologica ecc.), potrebbe ottenere una sua caratterizzazione, mettendosi in relazione con tutte quelle professioni che si occupano di terremoti da molto tempo. Lâarcheologia dellâarchitettura in particolare, attraverso le metodologie dâindagine sviluppate e raffinate dalla fine degli anni Settanta ad oggi, puĂČ concretamente contribuire alla prevenzione del rischio sismico del Patrimonio Culturale.
Per ottenere tali risultati lâarcheologo deve perĂČ innanzitutto sapersi confrontare con la moltitudine di figure professionali che attualmente operano nel settore del rischio sismico, cercando di valutare gli approcci adottati dai professionisti di altri settori in relazione alle finalitĂ dei progetti di analisi o intervento da loro eseguiti. In particolar modo lâarcheologo deve essere in grado di conoscere gli strumenti utilizzati da questi professionisti, in modo da comprendere quali elementi potrebbero essere utili alle proprie esigenze e, al contempo, elaborare risultati integrabili alle loro specifiche ricerche, nellâottica di costituire unâunica banca dati condivisa, completa ed implementabile.
Fig. 1 â Lo schema mette in evidenza gli strumenti e le metodologie dâindagine utilizzate dalle discipline che si occupano di rischio sismico nellâottica di una loro possibile integrazione nella prevenzione del Patrimonio Culturale (Arrighetti 2013b).
Nei paragrafi seguenti vengono quindi trattati sinteticamente alcuni fra gli elaborati essenziali prodotti ed utilizzati dai professionisti che si occupano di rischio sismico. Un aspetto essenziale dellâanalisi proposta sarĂ quello di cercare di capire quali, quante e in che modo queste metodiche possano risultare utili allâarcheologo e come questâultimo possa a sua volta apportare le proprie competenze in questo tipo di studi. La trattazione risulterĂ in qualche caso didattica ma tale forma Ăš stata scelta per introdurre lâarcheologo verso discipline non comunemente affrontate nel suo percorso di studi e di lavoro.
1. Le mappe di pericolositĂ sismica
1.1. SismicitĂ del territorio italiano
LâItalia Ăš uno dei paesi a maggiore rischio sismico del Mediterraneo, per la sua particolare posizione geografica, nella zona di convergenza tra la placca africana e quella eurasiatica (figura 2).
Il paese, negli ultimi 2500 anni, Ăš stato interessato da piĂč di 30.000 eventi sismici di media e forte intensitĂ (superiore al V grado della scala Mercalli-Cancani-Sieberg), dei quali circa 560 di intensitĂ uguale o superiore allâVIII grado (in media uno ogni quattro anni e mezzo). Solo nel XX secolo, ben sette terremoti hanno avuto una magnitudo uguale o superiore a 6.5 (con effetti classificabili tra il X e lâXI grado Mercalli-Cancani-Sieberg).
Fig 2 â Rappresentazione schematica dei margini di placca per lâarea mediterranea. (Fonte: sito Internet della Protezione Civile)
Considerando quindi i terremoti fino al VI grado della scala Mercalli-Cancani-Sieberg (MCS), cioĂš gli eventi con una intensitĂ tale da produrre solo danni lievi al costruito, tutto il territorio nazionale Ăš stato almeno una volta interessato da effetti di danno causati da terremoti. LâItalia Ăš dunque un paese ad elevata sismicitĂ , caratterizzato da aree nelle quali i terremoti avvengono spesso ma sono di bassa energia (ad esempio Colli Albani a Sud di Roma, area vesuviana e area etnea) e da altre invece dove i terremoti avvengono piĂč raramente ma sono di elevata energia (ad esempio Appennino calabro e Sicilia orientale). La sismicitĂ piĂč elevata si concentra nellâAppennino centrale e meridionale (Val di Magra, Mugello, Val Tiberina, Val Nerina, Aquilano, Fucino, Valle del Liri, Beneventano, Irpinia), nella Calabria, nella Sicilia orientale e in alcune aree settentrionali, come il Friuli, parte del Veneto e la Liguria occidentale.
1.2 Le mappe di pericolositĂ sismica del territorio nazionale
La conoscenza della âsismicitĂ â italiana, ovvero della frequenza e della forza con cui si manifestano i terremoti, Ăš resa possibile dal grande numero di documenti ed informazioni sugli effetti che nel passato i terremoti hanno provocato nelle diverse aree geografiche della nostra penisola. Per ciascuna sappiamo quanti terremoti le hanno interessate, almeno nellâintervallo di tempo per il quale sono disponibili le informazioni, e quanto sono stati violenti.
Le prime considerazioni sullâorigine dei terremoti e sulle caratteristiche sismiche del territorio italiano si rintracciano giĂ nelle opere dei filosofi greci e romani, le cui spiegazioni risultano basate sulle conoscenze, le teorie scientifiche e i quadri descrittivi dellâepoca. Solo nel XIX secolo, con lo sviluppo delle scienze sismologiche, iniziano ad essere pubblicate ricerche sulle cause e sulla distribuzione geografica dei terremoti. La diffusione degli strumenti sismici d...