capitolo secondo
CosâĂš la genetica?
La genetica ha invaso tutta la biologia. E pretende di fornire una spiegazione a tutti i fenomeni del vivente. Allâinizio si trattava di una teoria dellâereditarietĂ con la vocazione di spiegare la trasmissione delle caratteristiche degli esseri da una generazione allâaltra; poi Ăš arrivata fino al punto di spiegare il loro stesso funzionamento attraverso lâazione dei geni. Eppure la genetica ha fallito in quanto teoria esplicativa, malgrado lâenorme aumento delle conoscenze fattuali ottenuto dal xix secolo, e malgrado le possibilitĂ biotecnologiche che ha generato. Questo fallimento non Ăš cosa nuova. La genetica ha incontrato difficoltĂ insormontabili ben prima dellâavvento della biologia molecolare. Il riduzionismo genetico Ăš giĂ stato criticato da parecchi ricercatori, compresi alcuni genetisti, che hanno mostrato fino a che punto sia una semplificazione ridurre i fenomeni biologici allâazione dei geni. Questi ricercatori hanno messo in evidenza il ruolo dellâambiente, cosĂŹ come quello dellâessere vivente considerato nella sua totalitĂ , facendo anche emergere le difficoltĂ poste dal concetto di «gene»1. CâĂš perĂČ un aspetto che non Ăš stato analizzato a sufficienza e sul quale porteremo la nostra attenzione. Nellâanalisi che segue si mostrerĂ che in ultima istanza i problemi della genetica derivano da unâontologia essenzialista che paralizza la vita postulando che sia al tempo stesso in ordine e governata da un principio dâordine originario.
2.1. La costruzione della genetica
2.1.1. Il mito fondatore. Il racconto abituale della storia della genetica comincia con Gregor Mendel (1822-1884), che avrebbe scoperto il gene e le sue leggi fondamentali. Si tratta di un mito che vuol farci credere che i geni sono entitĂ materiali scoperte per via empirica: contestarne lâesistenza sarebbe quindi altrettanto assurdo che contestare lâesistenza della luna. Per la veritĂ , anche se Ăš possibile far risalire a Mendel lâinizio della genetica, essa rimane pur sempre il risultato di una costruzione durata una cinquantina dâanni. Tale costruzione, come accade per ogni disciplina scientifica, poggia su progressi sperimentali e teorici. Il concetto di «gene» Ăš stato inventato quarantaquattro anni dopo la pubblicazione dei lavori di Mendel per descrivere un insieme di risultati sperimentali; a tali risultati non Ăš mai stato possibile associare in maniera definitiva alcuna entitĂ materiale chiaramente definita2.
Mendel era un monaco austriaco. Abitava a Brno, nel territorio dellâattuale Repubblica Ceca. Aveva studiato scienze allâuniversitĂ di Vienna. Mentre si interessava allâibridazione delle piante, aveva analizzato la trasmissione dei caratteri qualitativi dei piselli (Pisum sativum), i cui tratti sono riconoscibili a occhio nudo. Si tratta ad esempio della forma dei semi, che possono essere lisci o rugosi, o della lunghezza del fusto, che puĂČ essere corto o lungo3. Per realizzare i suoi esperimenti Mendel selezionĂČ in primo luogo delle linee pure di piselli secondo uno di questi caratteri. Una linea pura Ăš una popolazione di esseri viventi che non mostrano mai variazioni del carattere studiato quando si riproducono fra loro. Ad esempio, la progenie di due piselli di linea pura a seme liscio presenta sempre semi lisci. Poi Mendel incrociĂČ queste diverse linee pure e ne studiĂČ la discendenza. CominciĂČ a incrociare piselli di linea pura dal seme liscio con piselli di linea pura dal seme rugoso. Tutti gli ibridi derivati da questo primo incrocio presentavano semi lisci. Da questo risultato concluse che il tratto «liscio» si impone sul tratto «rugoso». ChiamĂČ il primo un carattere (tratto) dominante e il secondo un carattere (tratto) recessivo. LasciĂČ poi che gli ibridi si riproducessero fra loro e osservĂČ che nella loro progenie i tratti dominante (liscio) e recessivo (rugoso) erano presenti in proporzione costante, rispettivamente di tre a uno. La ricomparsa del tratto recessivo «rugoso» provava che non era espresso ma si trovava latente, e intatto, negli ibridi derivati dal primo incrocio, e che poteva essere trasmesso alla generazione successiva. A questo punto Mendel suppose che i piselli dai semi lisci che aveva ottenuto da questo secondo incrocio potevano essere di due tipi: simili a piselli dai semi lisci della linea pura con cui aveva iniziato lâesperimento, oppure simili agli ibridi dai semi lisci derivati dal primo incrocio. Per differenziarli li lasciĂČ autofecondare. La sua ipotesi era che la progenie dei piselli di linea pura dai semi lisci avrebbe presentato sempre il carattere liscio, mentre la progenie dei piselli ibridi dal seme liscio sarebbe stata eterogenea, manifestando i tratti liscio e rugoso in un rapporto di 3 a 1, identico a quello che aveva ottenuto con il secondo incrocio. Grazie a questo nuovo esperimento potĂ© constatare che effettivamente erano presenti i due tipi di piselli dai semi lisci, la linea ibrida e la linea pura, in una proporzione rispettivamente di 2 a 1. Per quanto riguarda i piselli recessivi dai semi rugosi derivati dal secondo incrocio, essi avrebbero generato sempre piselli recessivi dai semi rugosi. Da questi risultati Mendel dedusse che il rapporto di 3 a 1 fra i piselli dai tratti dominanti derivati dal secondo incrocio era piĂč precisamente di 1 pisello dai semi lisci simile alla linea pura per 2 piselli dai semi lisci simili agli ibridi derivati dal primo incrocio e 1 pisello dai semi rugosi (ovvero rispettivamente 25%, 50% e 25%, si veda lâequazione alla pagina successiva). Mendel ripetĂ© la stessa serie di incroci con sette diversi caratteri, ottenendo gli stessi risultati. In seguito condusse unâaltra serie di esperimenti nei quali studiĂČ la trasmissione di piĂč caratteri contemporaneamente invece che di un solo carattere alla volta: ad esempio, la forma del seme e la lunghezza del fusto. ContĂČ i diversi tipi di piselli portatori di combinazioni diverse dei tratti di questi caratteri, ottenuti da diversi incroci: potĂ© cosĂŹ dimostrare che i caratteri da lui studiati erano indipendenti fra loro; la trasmissione dellâuno non influiva sulla trasmissione dellâaltro.
Il lavoro di Mendel Ăš rimasto sconosciuto per trentacinque anni dopo la sua pubblicazione; eppure oggi nei manuali ci si riferisce a lui come al padre fondatore della genetica. Si afferma che ha scoperto i geni ma che li ha chiamati «fattori» o «elementi». Si tratta di una formidabile esagerazione, a dir poco. Per quanto i suoi risultati possano essere stati di capitale importanza per la successiva evoluzione della genetica, Mendel non poteva comprenderli nella maniera in cui sono stati compresi durante lâeffettivo sviluppo della genetica, allâinizio del xx secolo. E questo proprio perchĂ© non aveva a sua disposizione il concetto di «gene» per interpretare i risultati ottenuti, un concetto che non esisteva ancora e che era lontano mille miglia dallâintravvedere, persino sotto mentite spoglie.
In tutto il suo saggio Mendel parla di caratteri. Non parla di geni che determinerebbero i caratteri come accadrĂ piĂč tardi, quando la genetica si sarĂ sviluppata davvero. E fa ricorso al termine «carattere» sia parlando di esseri adulti, sia parlando dei loro gameti. Quando nel suo saggio scrive lâequazione che descrive la proporzione dei piselli derivati dal secondo incrocio (equazione 1) parla sempre di caratteri e non di geni, come invece accade oggi (equazione 2):
(1) Lâequazione di Mendel cosĂŹ come lui lâha scritta:
A + 2 Aa + A
(2) Lâequazione di Mendel cosĂŹ come viene scritta oggi:
AA + 2 Aa + aa
Mendel ha utilizzato una lettera, lâA maiuscola, per indicare il carattere dominante di una linea pura, e una lettera, lâa minuscola per indicare il carattere recessivo di una linea pura, accostando le due per indicare il carattere dominante ibrido (Aa). Ha scritto quindi lâequazione (1) per indicare la composizione delle popolazioni di terza generazione dopo aver lasciato che gli ibridi si autofecondassero durante i suoi esperimenti. Oggi invece la linea pura dominante viene indicata con AA, non con A; la linea pura recessiva con aa e non con a; e lâibrido con Aa. Questi nuovi simboli sono destinati a descrivere la composizione genica e non i caratteri come faceva Mendel. I cromosomi si presentano a coppie. Ognuno dei cromosomi di una coppia proviene da un genitore diverso. Di conseguenza, un essere vivente riceve due copie, o alleli, di uno stesso gene: un allele da un genitore e lâaltro allele dallâaltro genitore. AA (detto omozigote dominante) significa avere due alleli che causano il carattere dominante; aa (detto omozigote recessivo) significa avere due alleli che causano il carattere recessivo, e Aa (detto eterozigote) significa averne uno di ciascuno. Secondo la teoria genetica moderna, lâallele A possiede un effetto dominante sullâallele a nellâibrido e impone in questo modo il carattere dominante. CosĂŹ lâequazione (1) Ăš stata trasformata nellâequazione (2).
Questo punto Ăš cruciale perchĂ© lâi...