Malachite. Le lacrime degli avi
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Malachite. Le lacrime degli avi

Thalia Ganotakis

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Malachite. Le lacrime degli avi

Thalia Ganotakis

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Il Congo ha paesaggi mozzafiato, una natura incontaminata e un sottosuolo ricchissimo di minerali. Ambito dalle più grandi potenze mondiali, è però ridotto oggi a un cumulo di macerie.
Con Malachite l'Autrice propone un'autobiografia intrecciata all'analisi storica dei processi per i quali gli Stati occidentali si sono impadroniti di interi Paesi come il Congo e tutt'ora depredano l'Africa delle ricchezze, facendo ricorso a violenze feroci e usando le rivalità e l'odio delle etnie fino al genocidio, causando l'emigrazione di migliaia di persone. Testimonia inoltre le atrocità subite dagli autoctoni. Perché il genocidio feroce tra etnie rivali? Cosa sta succedendo? Questa edizione digitale inoltre include Note e Capitoli interattivi, Notizie recenti sull'autore e sul libro e un link per connettersi alla comunità di Goodreads e condividere domande e opinioni.

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Informazioni

Anno
2018
ISBN
9788827857175
Introduzione
Le vicissitudini narrate in questo libro coinvolgono vari personaggi che hanno trascorso gran parte della vita in Paesi africani, testimoni della dichiarazione di indipendenza e degli ulteriori sviluppi storici, dal giogo coloniale fino a oggi.
Nel corso di una grande ondata migratoria, moltissimi sono stati i cittadini europei che si sono stabiliti nelle colonie belghe del Congo, Ruanda e Burundi. È di grande importanza per il lettore essere a conoscenza dello svolgimento dei fatti storici di tali Paesi, al fine di comprendere come queste persone hanno affrontato il loro scorcio di vita.
Due storie narrano due diversi percorsi, che finiscono per incrociarsi: la storia di un’autrice di origine greca nata in Congo e di un ragazzo italiano che raggiunge il Congo in cerca di fortuna. Le trame si intrecciano secondo lo svolgimento degli avvenimenti storici, che verranno spiegati nel dettaglio. Si tratta di una testimonianza comune a tutti i figli bianchi del Congo che, a causa degli avvenimenti che hanno scosso questa regione, hanno dovuto lasciarla sradicandosi del tutto per proseguire la loro vita in Europa con, alle spalle, un bagaglio culturale unico, vasto e sconosciuto.
Si vuole pubblicare qui anche la testimonianza della malvagità di poteri oscuri e insospettabili che, con guanti bianchi, pur di raggiungere i propri scopi di lucro hanno causato e tutt’ora causano il massacro di intere popolazioni, fomentando odio e terrore.

Thalia
1960. Il Congo è indipendente
Chi dimenticherà che ci davano del tu perché non eravamo degni delle forme di rispetto dei bianchi?

Patrice Émery Lumumba


Era il 30 giugno 1960, ore 11.35. Pur essendo giovedì, non si trattava di un giorno qualsiasi. In Congo a quell’ora tutti erano fermi davanti alla radio in ascolto delle eccezionali notizie che avrebbero cambiato non solo la sorte del Paese, ma di tutta l’Africa; i nuovi venti che soffiavano non solo erano portatori di libertà, ma avrebbero destabilizzato l’intero continente.
A Elisabethville quel giorno Dimitri, Ritsa e Thalia erano riuniti in sala da pranzo. Sulla tavola apparecchiata, una piccola radio Telefunken color verde giada emetteva il notiziario della celebrazione dell’indipendenza congolese, che sarebbe rimasto nella storia.
Dimitri impose di tacere: «Fate silenzio per favore, è molto importante ciò che sentiremo, sta per parlare re Baldovino in persona! È arrivato ieri da Bruxelles, fra poco farà il suo discorso».
«Dove farà il discorso?» chiese Ritsa.
«Al Palazzo della Nazione, credo. Ora sentiamo però; non sono ancora là, sono in chiesa. Ci sono tutti: Kasa-Vubu, Lumumba, tutte le Autorità…» rispose Dimitri, molto coinvolto.
Ritsa fece segno alla bambina di non parlare. Il giornale radio emetteva le notizie in francese e Ritsa, in silenzio, non riusciva a capire le parole del giornalista; non parlava ancora francese e aspettava che le spiegasse tutto Dimitri. La radio era l’unico mezzo di collegamento con il resto del mondo. L’ascolto quotidiano delle notizie avveniva mattina, mezzogiorno e sera; all’ora di pranzo si doveva fare assoluto silenzio mentre la radio emetteva il giornale.
Ma quel giovedì sarebbe rimasto nella storia. Le notizie erano trasmesse in diretta da Leopoldville. «E ora – disse il giornalista – per la prima volta state ascoltando Debout congolais, il nostro nuovo inno!». Per la prima volta al posto dell’inno nazionale belga si sentì echeggiare l’inno congolese, seguito subito dopo dalla voce del giornalista che commentava vivacemente in francese la cerimonia in corso.
A 1.567 chilometri da Elisabethville, la capitale, Leopoldville era in fervore. Si trattava di un evento straordinario. Giunto in città il giorno precedente, il re del Belgio Baldovino i stava per proclamare solennemente l’indipendenza del Congo belga.
Durante la messa celebrata in pompa magna nella Cattedrale di Sant’Anna, subito dopo il sacro momento del Te Deum, tutte le Autorità e le delegazioni straniere si recarono nella Sala grande del Palazzo della Nazione. Re Baldovino prese per primo la parola, iniziò il discorso con un omaggio solenne a suo padre Leopoldo ii del Belgio decantando il suo genio e le virtù, le sue opere e tutti i progressi compiuti nel corso della dominazione belga. Baldovino però aveva sbagliato, invece di celebrare l’indipendenza del Congo aveva messo il dito in una piaga ancora sanguinante. Nulla di sorprendente, dalla bocca di un monarca che considerava il Congo sua proprietà privata. L’indipendenza che stava per concedere avrebbe dovuto essere di facciata, controllata dall’esercito; tuttavia la storia andò diversamente.
A ricevere le redini del Congo fu Joseph Kasa-Vubu, eletto presidente della Repubblica, e il nazionalista Patrice Émery Lumumba, nominato primo ministro.
Dimitri ascoltava attentamente la radio: «Sta per parlare Kasa-Vubu e subito dopo Patrice Lumumba» spiegò a Ritsa.
Il presidente Joseph Kasa-Vubu si rivolse a Baldovino, ringraziandolo con reverenza: «Sire, la presenza di Vostra Maestà alle cerimonie di questo memorabile giorno è una testimonianza clamorosa e nuova della Vostra sollecitudine per tutte le popolazioni che avete amato e protetto. Oggi, queste popolazioni sono felici di potere esprimere allo stesso tempo la loro gratitudine per i benefici che Voi e i Vostri illustri predecessori hanno profuso e la loro gioia per la Vostra comprensione andando incontro alle loro aspirazioni. Esse hanno accolto il Vostro messaggio di amicizia con tutto il rispetto e il fervore nei Vostri confronti e conserveranno a lungo nei loro cuori le parole che avete appena rivolto a loro, in quest’ora commovente […]». Si rivolse in seguito ai rappresentanti dei Paesi stranieri, ringraziandoli di condividere la gioia dei congolesi, e concluse: «Nel nome della nazione, io Joseph Kasa-Vubu, capo di Stato, proclamo la nascita della Repubblica del Congo».
Ora era il turno del primo ministro Patrice Émery Lumumba. A differenza di Kasa-Vubu, che in quel critico momento di transizione volle attenersi allo stretto necessario tenendo i toni bassi, il nazionalista Lumumba – passionale e profondamente coinvolto dalle vicissitudini del suo popolo – non si accontentò del solito discorso di circostanza. Doveva assolutamente rispondere a Baldovino: Leopoldo non aveva reso alcun servizio ai congolesi, che riprendevano il loro Paese dopo anni di dure lotte e sofferenze! Il mondo intero doveva ricordare i fatti veramente accaduti, non certo dettati dalla magnanimità dei colonizzatori, e che non si potevano cancellare dalla memoria dell’umanità.
Tutto ebbe inizio nel lontano 1876. Con l’incoronazione di Leopoldo ii, padre di re Baldovino, venne fondata l’Associazione internazionale africana, cui nobili finalità erano la lotta contro lo schiavismo e la civilizzazione delle popolazioni indigene del Congo. L’Associazione cambiò presto nome diventando Comité d’études du Haut-Congo e in seguito Associazione internazionale del Congo. Grazie a questo sotterfugio Leopoldo si accaparrò il Congo, che divenne sua personale proprietà. Lo Stato, ricchissimo di risorse naturali, era ora nelle sue mani e avrebbe dovuto affrettarsi per anticipare l’iniziativa di altri Paesi.
La Francia, che aveva già compiuto una spedizione in Africa nel 1875, qualche anno dopo incaricò il nobile friulano Pietro Savorgnan di Brazzà di fondare il “Congo Brazzaville”. Nel 1879 il re belga Leopoldo ii, temendo uno spodestamento da parte dei francesi, incaricò l’esploratore britanni...

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