Di solito si dice: noi non studiamo la vita in base alla consapevolezza che abbiamo della nostra vita, ma in generale, al di fuori di noi. Questo però equivale a dire: noi non osserviamo gli oggetti con gli occhi, ma in generale, al di fuori di noi.
Vediamo gli oggetti fuori di noi perchÊ li vediamo nei nostri occhi e conosciamo la vita fuori di noi solo perchÊ la conosciamo in noi. E cosÏ vediamo gli oggetti solo come li vediamo nei nostri occhi, e definiamo la vita fuori di noi solo come la conosciamo in noi. Ora, in noi conosciamo la vita come aspirazione al bene. E pertanto, senza definire la vita come aspirazione al bene, non la si può non solo osservare, ma neppure vedere.
Il primo e principale atto della nostra conoscenza degli esseri viventi consiste nellâincludere molti elementi diversi nel concetto di un singolo essere vivente, e nellâescludere questo essere vivente da tutto il resto. E facciamo entrambe le cose sulla base della definizione (che tutti troviamo nella nostra coscienza) della vita come aspirazione al bene per noi stessi in quanto esseri distinti dal resto del mondo.
Riconosciamo che un uomo su un cavallo non è una pluralitĂ di esseri e non è un essere solo non perchĂŠ osserviamo tutte le parti che compongono lâuomo e il cavallo, ma perchĂŠ nĂŠ nella testa, nĂŠ nelle gambe, nĂŠ nelle altre parti dellâuomo e del cavallo vediamo unâaspirazione al bene distinta, come quella che conosciamo in noi stessi. E riconosciamo che lâuomo sul cavallo non è un solo essere ma due, perchĂŠ vi riconosciamo due distinte aspirazioni al bene, mentre in noi stessi ne conosciamo una sola.
Solo da questo riconosciamo che câè vita nellâunione del cavaliere e del cavallo, che câè vita in una mandria di cavalli, che câè vita negli uccelli, negli insetti, negli alberi, nellâerba. Se invece non sapessimo che il cavallo desidera il proprio bene e cosĂŹ lâuomo, che lo stesso desidera ogni singolo cavallo della mandria, che quel bene lo desidera ogni uccello, moscerino, albero, filo dâerba, non vedremmo gli esseri distinti lâuno dallâaltro, e non vedendo questa singolaritĂ non potremmo mai capire nulla di vivo: un reggimento di cavalleggeri, un gregge, gli uccelli, gli insetti e le piante â tutto sarebbe come le onde del mare, e tutto il mondo si fonderebbe per noi in un unico moto indifferenziato, in cui non potremmo mai trovare la vita.
Se so che il cavallo, e il cane, e la zecca nascosta nel suo pelo sono esseri viventi, e posso osservarli, è solo perchÊ il cavallo e il cane e la zecca hanno ciascuno il proprio scopo distinto: lo scopo, per ciascuno, del proprio bene. E lo so perchÊ la stessa aspirazione al bene la conosco in me.
In questa aspirazione al bene consiste il fondamento di qualsiasi conoscenza della vita. Nessuno studio, nessuna osservazione della vita è possibile, se non si ammette che lâaspirazione al bene che lâuomo sente in sĂŠ è vita e segno di ogni vita. Perciò lâosservazione comincia quando la vita è giĂ nota, e non è osservandone le manifestazioni che si può (come suppone la falsa scienza) definire la vita stessa.
Gli uomini non ammettono che si definisca la vita come lâaspirazione al bene che trovano nella loro coscienza, ma ammettono la possibilitĂ di conoscere questa aspirazione nella zecca, e sulla base di questa ipotetica, infondata conoscenza del bene a cui aspira la zecca, fanno osservazioni e traggono conclusioni sullâessenza stessa della vita.
Qualsiasi mio concetto della vita esterna è basato sulla consapevolezza della mia aspirazione al bene. E perciò solo dopo aver appreso in che cosa consistono il mio bene e la mia vita sarò in grado di apprendere anche che cosa sono il bene e la vita degli altri esseri. Mentre non potrò mai conoscere il bene e la vita degli altri esseri, senza aver conosciuto la mia.
Osservare gli altri esseri, i quali tendono ai loro scopi che mi sono ignoti e che presentano analogie con il bene al quale sento dentro di me di aspirare, non solo non può chiarirmi niente, ma probabilmente può ostacolare la mia vera conoscenza della vita.
Infatti, studiare la vita negli altri esseri senza avere una definizione della propria è come tracciare una circonferenza senza conoscerne il centro. Solo dopo aver fissato un punto fermo come centro si può tracciare la circonferenza. Ma qualunque figura disegniamo, senza un centro non sarà una circonferenza.
Studiando i fenomeni che accompagnano la vita e supponendo di studiare la vita stessa, la falsa scienza con questa supposizione travisa il concetto di vita; e perciò, quanto piÚ a lungo studia il fenomeno di ciò che chiama vita, tanto piÚ si allontana dal concetto di vita che vuole studiare.
Inizialmente si studiano i mammiferi, poi gli altri vertebrati, i pesci, le piante, i coralli, le cellule, gli organismi microscopici, e si arriva al punto di non distinguere piĂš fra viventi e non viventi, fra organico e inorganico, fra i confini di un organismo e quelli di un altro. Si arriva al punto che lâoggetto piĂš importante dâindagine e di osservazione sembra essere ciò che non è piĂš osservabile. Sembra che il mistero della vita e la spiegazione di tutto stia in virgole, in esserini non giĂ visibili, ma piuttosto ipotizzabili, oggi scoperti e domani dimenticati. Si suppone di trovare la spiegazione di tutto in organismi che sono contenuti in organismi microscopici, e in altri a loro volta contenuti in quelli⌠e cosĂŹ via allâinfinito, come se lâinfinita divisibilitĂ del piccolo non fosse anchâessa infinitĂ , come quella dellâinfinitamente grande. Il mistero si svelerĂ quando tutta lâinfinitĂ del piccolo sarĂ indagata fino in fondo, cioè mai. E gli uomini non si accorgono di come lâidea che il quesito trovi soluzione nellâinfinitamente piccolo sia la prova inconfutabile che il quesito è mal posto. E proprio questâultimo stadio di follia â che mostra chiaramente la totale perdita di senso delle indagini â è ritenuto trionfo della scienza; lâestremo grado di cecità è creduto suprema acutezza visiva. Gli uomini sono entrati in un vicolo cieco e cosĂŹ hanno toccato con mano quanto fosse sbagliata la via per la quale procedevano; ma non câè comunque limite ai loro entusiasmi. Basta potenziare ancora un poco i microscopi e comprenderemo il passaggio dallâinorganico allâorganico e dallâorganico allo psichico, e ci si svelerĂ tutto il segreto della vita.
Studiando le ombre invece degli oggetti, gli uomini si sono completamente dimenticati dellâoggetto di cui studiavano lâombra, e immergendosi sempre di piĂš nellâombra sono arrivati alle tenebre assolute, e si rallegrano che lâombra sia totale.
Il senso della vita è rivelato nella coscienza dellâuomo come aspirazione al bene. Lo scopo principale e il lavoro della vita di tutta lâumanitĂ consiste nellâapprofondire questo bene, nel definirlo in modo sempre piĂš esatto, ed ecco, poichĂŠ questo lavoro è difficile, cioè non è un gioco ma un lavoro, gli uomini decidono che la definizione di questo bene non si può trovare dove è depositata, cioè nella coscienza razionale dellâuomo, e perciò bisogna cercarla ovunque, tranne dove ci viene indicata.
CosĂŹ farebbe chi ricevesse un biglietto con lâesatta indicazione di ciò che gli serve e, non sapendolo leggere, gettasse via il biglietto e domandasse a tutti quelli che incontra se non sanno che cosa gli serve. La definizione della vita come aspirazione al bene, che a lettere indelebili è scritta nellâanima dellâuomo, viene cercata ovunque, fuorchĂŠ nella sua coscienza. Ciò è tanto piĂš strano in quanto tutta lâumanitĂ , nella persona dei suoi piĂš saggi rappresentanti, a cominciare dalla massima greca che recita ÂŤConosci te stessoÂť, ha detto e continua a dire lâesatto contrario. Tutte le dottrine religiose non sono altro che definizioni della vita come aspirazione al bene reale, non ingannevole e accessibile allâuomo.
La voce della ragione si fa sentire sempre piĂš distintamente; lâuomo ascolta sempre piĂš spesso questa voce, e viene lâora, anzi è giĂ venuta, che questa voce diventa piĂš forte di quella che chiama al bene personale e a un dovere ingannevole. Diviene sempre piĂš chiaro, da una parte, che la vita individuale con le sue seduzioni non può dare alcun bene, e dallâaltra che lâassolvimento di qualsiasi dovere prescritto dagli uomini è solo un inganno che priva lâuomo della possibilitĂ di assolvere il suo unico dovere â verso quel principio razionale e buono dal quale proviene. Lâantico inganno che esige la fede in ciò che non ha una spiegazione razionale si è ormai logorato, e non vi si può ritornare.
Prima dicevano: ÂŤNon discutere, ma credi al dovere che noi prescriviamo. La ragione ti ingannerĂ . Solo la fede ti rivelerĂ il vero bene della vitaÂť. E lâuomo cercava di credere e credeva, ma i contatti con i suoi simili gli hanno mostrato che altri uomini credono in qualcosa di molto diverso e affermano che questo qualcosa dĂ allâuomo un bene piĂš grande. Ă diventato inevitabile risolvere il problema di quale fra le molte fedi sia la piĂš giusta; e risolverlo può solo la ragione.
Lâuomo conosce sempre tutto attraverso la ragione, e non attraverso la fede. Si poteva cercare di ingannarlo, affermando che conosce attraverso la fede, e non attraverso la ragione; ma non appena conosce due religioni e vede uomini che professano unâaltra religione cosĂŹ come lui professa la propria, egli è inevitabilmente costretto a risolvere la faccenda con la ragione. Se il buddista che ha conosciuto lâislamismo rimarrĂ buddista, non sarĂ piĂš per fede, ma per ragione. Non appena gli si presenta unâaltra religione, il problema se respingere la propria o la nuova che gli propongono si risolve inevitabilmente con la ragione. E se, dopo aver conosciuto lâislamismo, rimane buddista, la precedente cieca fede in Buddha si fonda ormai inevitabilmente su basi razionali.
Gli attuali tentativi di infondere nellâuomo un contenuto spirituale attraverso la fede, prescindendo della ragione, sono come tentativi di nutrire un uomo prescindendo dalla bocca.
I contatti fra gli uomini hanno mostrato loro il fondamento universale della conoscenza, ed essi non possono piĂš tornare agli errori precedenti â lâora viene, anzi è giĂ venuta, che i morti udranno la voce del Figlio di Dio; e avendola udita, vivranno.1
Questa voce non si può soffocare, perchĂŠ non è una voce isolata, ma è la voce di tutta la coscienza razionale dellâumanitĂ , che parla sia in ogni singolo uomo, sia negli uomini migliori dellâumanitĂ , e oggi, ormai, nella maggioranza degli uomini.