Dada & The Revolution
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Paola Bozzi

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L'istituzione della democrazia parlamentare tedesca ha comportato la rapida fine della rivoluzione di novembre (1918-1919) e la brutale repressione dei rivoluzionari. Dada prese allora il posto di Spartaco, continuandone l'ormai fallito progetto rivoluzionario con azioni pseudopolitiche. Attingere al caos, nutrirne l'arte, in modo che diventasse la fonte comune e permanente di una creatività duratura al di là dell'arte stessa e contro la morbosità di un'esistenza amministrata e sfruttata: questo è ciò che Dada voleva offrire al mondo. Il volume riconsidera la rivoluzione dadaista, la sua attualità e il suo significato storico e politico rispetto alla presa del potere da parte dei bolscevichi dopo l'ottobre 1917, agli eventi di cento anni fa a Berlino, alla rivoluzione permanente di Lev Trockij e a quella della vita quotidiana di Raoul Vaneigem. Studiosi italiani e specialisti stranieri di chiara fama indagano con un approccio interdisciplinare l'articolato e complesso rapporto tra rivoluzione e avanguardia storica, fornendo nuove chiavi di lettura e aprendo prospettive inedite.

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Información

Editorial
Ledizioni
Año
2021
ISBN
9788855265645

1. Fatti e finzioni. Dada, la rivoluzione di novembre
e la Repubblica di Nikolassee

Paola Bozzi

I. 1916-1918: Dada prima di Dada?

Per H. Arp «Dada c’era prima di Dada» e così intitola nel 1955 un capitolo delle sue memorie con un tipico gioco di parole e allitterazioni: «Dada war da, bevor Dada da war.»1 La preistoria di Dada a Berlino può essere in realtà ricostruita solo a fatica e sommariamente, perché i resoconti a disposizione generalmente non considerano proprio il periodo precedente al 1918 o sono contradditori. Ciò si deve a diverse ragioni: accanto al fatto che la maggior parte dei dadaisti diventano tali e famosi solo a partire dal 1918 – e dunque interessanti solo da questo momento in avanti – possono aver giocato un certo ruolo anche ragioni politiche, in quanto chi narra la propria storia, come fanno ad esempio R. Huelsenbeck, W. Mehring e H. Richter, ha spesso poi nel corso del tempo preso altre posizioni e di conseguenza non fornisce informazioni dettagliate sull’epoca in cui sosteneva opinioni diverse. La storia del dadaismo è complicata, anche perché ci sono così tante storie su dadaismo: storie che spesso si basano sui ricordi di ex dadaisti o che, più precisamente, sono frammenti dei loro ricordi, finiti nella storiografia dadaista del secondo dopoguerra come resoconti autentici e diventati attendibili attraverso il potere della ripetizione. Le memorie degli esponenti di un tempo non solo cercano di soddisfare le esigenze del pubblico degli anni ’60 e ’70 del XX secolo, interessato a saperne di più su Dada, ma corrispondono anche al loro bisogno di mettersi al centro dell’attenzione nel miglior modo possibile, sottolineando il proprio ruolo e valore storico di mercato quando la canonizzazione e la consacrazione del movimento è in pieno svolgimento. Si arriva così facilmente ad avere deformazioni dei “fatti”.
Può essere però dato per assodato che a partire dal 1916 i futuri dadaisti si raccolgono da una parte intorno alla rivista «Neue Jugend»2 e più tardi con W. Herzfelde, J. Heartfield e G. Grosz intorno alla casa editrice Malik, a cui quasi tutti i dadaisti collaborano, dall’altra intorno a F. Jung e la sua casa editrice Freie Straße. Le difficoltà sorgono quando si vuole analizzare nel dettaglio la costituzione di Dada a Berlino. Oltre che dai summenzionati motivi ciò dipende anche dal fatto che i dadaisti non formano mai un gruppo unitario con un programma preciso. Anche dopo il 1918 i singoli dadaisti sono relativamente indipendenti, formano gruppi più piccoli a seconda dell’individuale inclinazione, partecipano anche ad altri progetti, laddove il gruppo più ristretto intorno alla casa editrice Malik è il più stabile.
La casa editrice Malik è stata fondata nel 1917 per la rivista «Neue Jugend», che Herzfelde pubblica a partire dal 1916. «Neue Jugend» è a sua volta apparsa irregolarmente a intervalli mensili o bimestrali e deve la sua fondazione – secondo quanto dichiarato dallo stesso Herzfelde e confermato dal contenuto della rivista – al rifiuto della guerra e alla decisione di fare “qualcosa” contro di essa. Non diversamente da quanto proponeva «Die Aktion» di F. Pfemfert (1911-1932), anche Herzfelde pensava di poter fare “qualcosa” con poesie e racconti, che fosse sufficiente «ignorare la guerra, semplicemente scrivere, disegnare e dipingere come in tempo di pace», considerando sempre «l’arte come ostile al borghese, dunque rivoluzionaria.»3 Mancano così articoli di attualità e non si può parlare di un profilo politico per gli autori e l’editore. Oltre a Grosz, che Herzfelde conosce nel 1915 e che è rappresentato con poesie espressioniste, vi pubblicano E. Lasker-Schüler, J.R. Becher, A. Ehrenstein, Huelsenbeck, G. Landauer, T. Däubler, K. Edschmid, Mynona (S. Friedländer), G. Trakl, Jung, E. Joel, F. Held, F. Blüher e Herzfelde, anche se di Landauer esce qui solo un saggio su A. Strindberg e una traduzione di W. Whitman. La rivista esprime chiaramente la mancanza di orizzonte politico degli intellettuali tedeschi o – come scrive Herzfelde – «l’isolamento degli artisti e degli scrittori di quel tempo»4, che reagiscono emotivamente agli eventi politicosociali più importanti, ma non prendono una posizione precisa.
Nel 1916 si verificano eventi di straordinaria importanza e carichi di conseguenze. Proprio all’inizio dell’anno i membri più radicali del Partito socialdemocratico tedesco (Sozialdemokratische Partei Deutschland, SPD) formano la Lega di Spartaco, senza tuttavia rinunciare alla loro appartenenza al partito. Diventa così manifesto quello sviluppo che dall’inizio del secolo aveva diviso la SPD in revisionisti, centristi e in un’ala radicale di sinistra5 e che durante la guerra fa emergere i leader rivoluzionari. Si arriva prima alla secessione del Partito socialdemocratico indipendente tedesco (Unabhängige Sozialdemokratische Partei Deutschland, USPD) nel marzo del 1917, che sottrae alla SPD circa un terzo dei membri del partito e a cui aderiscono i rivoluzionari e spartachisti; con la fondazione del Partito comunista tedesco (Kommunistische Partei Deutschlands, KPD) e l’ulteriore secessione del Partito comunista operaio tedesco (Kommunistische Arbeiterpartei Deutschlands, KAPD) si giunge poi alla frammentazione dell’ala di sinistra in risposta all’imborghesimento della SPD, che indebolisce lo slancio rivoluzionario e priva la rivoluzione di una leadership unificata e sicura.6
Nel 1916 ci sono anche le prime manifestazioni contro la guerra, che da un lato portano all’arresto di K. Liebknecht e dall’altro dimostrano ancora una volta come la SPD sia a favore del governo e provveda in tal senso a regolamenti interni ed esclusioni dal partito. Il giorno 8 luglio R. Luxemburg viene condannata a sei settimane di prigione per aver partecipato a un raduno illegale, ma non viene rilasciata fino al novembre del 1918. Gli spartachisti vengono così privati dei loro politici più capaci e più attivi. Le manifestazioni sono tuttavia sempre più numerose, imponenti e degenerano in scioperi di massa e ondate di arresti. La catastrofica mancanza di generi di prima sussistenza e la chiamata alle armi degli uomini obbliga le donne a farsi carico della produzione industriale e del lavoro fisico più duro con un’alimentazione insufficiente e i figli da accudire. Quanto più alti e cinici diventano gli annunci ufficiali, tanto più diventa insopportabile la situazione della popolazione civile; quanto più lontana diventa la speranza in una pace grazie alla vittoria (Siegfrieden), tanto più dura è la reazione del governo nei confronti di manifestanti, scioperanti e leader, presunti o reali che fossero.
Nell’agosto del 1917 ci sono contestazioni di massa a Wilhelmshaven, i due capi della protesta vengono giustiziati e altri cinquanta marinai vengono condannati a pene detentive elevate. Quando tra le forze militari sembra essere stata ristabilita la calma, la ribellione della popolazione civile s’intensifica. Il movimento che porta alla rivoluzione di novembre del 1918 proviene però ancora una volta dalla marina; G. Noske, a capo della reazione, la reprime nel sangue, meritandosi presto la fama di boia (Bluthund). La rivoluzione tedesca fornisce in tal senso un classico esempio della teoria secondo cui una rivoluzione non viene fatta dai rivoluzionari, ma dai reazionari.
Nel frattempo la posizione di tutti i dadaisti va evolvendosi fino al 1919 sulla base della concreta situazione politica, arrivando ad articolare un’aperta protesta contro le condizioni prevalenti de...

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