Il primo ringraziamento va a Paola Gallo, che ascoltandomi parlare di etimologia durante una presentazione ha avuto lâintuizione di immaginare questo libro. Senza il suo invito avrei continuato ad accumulare appunti credendoli buoni solamente per i miei studi e per preparare qualche conferenza.
Durante la scrittura ho avuto la fortuna di potermi consultare con scrittori, docenti, specialisti e cultori della materia, oltre che con una serie di amici che da sempre leggono ciĂČ che scrivo prima della pubblicazione. A tutti loro devo critiche, segnalazioni, spunti, correzioni e suggerimenti bibliografici preziosissimi. Li ringrazio in ordine sparso: Eva Cantarella, Luca Serianni, Alberto Rollo, Giancarlo Pontiggia, Andrea Giusti, Piergiorgio Nicolazzini, Andrea Kerbaker, Barbara Giacominelli, Walter Barberis, Davide Gulotta, Viviana Seveso, Anna Canale e Marco Peano. Un grazie piĂș grande va infine a Irene Barichello, che ha seguito il lavoro passo passo e con cui ho scritto lâultimo capitolo.
Alla fine di un libro non si ringraziano gli scrittori che si amano, nĂ© le parole che ci hanno lasciato, ma ci sono due versi di Pasolini che da ragazzo ho letto su un muro di Milano e so per certo che sono stati quei versi ad avvicinarmi in questo modo alle parole. Siccome non esiste nessun altro testo verso cui sia debitore di qualcosa di cosĂ preciso, mi piace ricordarli: «La morte non Ăš | nel non poter comunicare | ma nel non poter piĂș essere compresi»1.
1. H. Bergson, Il riso. Saggio sul significato del comico, Laterza, Roma-Bari 2007, p. 5: «il maggior nemico del riso Ăš lâemozione».
2. Voglio dire che la pura comicitĂ , come spiega Carlo Sini, tende alla rimozione dellâangoscia, obiettivo che non Ăš per forza prioritario nel divertimento. Cfr. C. Sini, Il comico e la vita, Jaca Book, Milano 2003, pp. 30-31.
3. A. Schopenhauer, Il mondo come volontĂ e rappresentazione, Rizzoli, Milano 2002, p. 142. Nella Critica del giudizio, Kant ricorda che «il riso Ăš un affetto che nasce dallâimprovviso risolversi in nulla dâuna attesa spasmodica». Dunque Ăš sempre il cambio di esito, sproporzionatamente superiore o inferiore alle aspettative, che genera effetti umoristici. Cfr. I. Kant, Critica del giudizio, UTET, Torino 1993, p. 306.
4. Il titolo della poesia Ăš E lasciatemi divertire! (canzonetta). Il testo di riferimento Ăš in A. Palazzeschi, Tutte le poesie, Mondadori, i Meridiani, Milano 2002, pp. 236-38.
5. Sono, a questo proposito, molto interessanti le osservazioni di J. Morreall, Filosofia dellâumorismo. Origini, etica e virtĂș della risata, Sironi, Milano 2011, pp. 99-104.
6. I. Calvino, Lezioni americane, Mondadori, Milano 2002, p. 7.
7. H. Bergson sottolinea come il riso abbia sempre una funzione sociale, cfr. Il riso cit., p. 7.
8. «Il comico Ăš quel lato di una persona per cui essa rassomiglia ad una cosa, quellâaspetto degli avvenimenti umani che imita (con la sua rigiditĂ di un genere tutto particolare), il meccanismo puro e semplice, lâautomatismo totale, il movimento senza vita»: ibid., p. 57. Il filosofo a piĂș riprese sottolinea come uno stesso oggetto visto da vicino possa apparirci spaventoso e da lontano ridicolo.
9. Anche il riso, del resto, «si dirige alla pura intelligenza»: cfr. ibid., pp. 5-6.
10. B. Pascal, Pensieri, Mondadori, Milano 1994, n. 168, p. 169, preceduto dal titolo Divertimento. Ancora piĂș interessante il pensiero 142, di poco precedente: «Vedo bene che, per render felice un uomo, basta distrarlo dalle sue miserie domestiche e riempire tutti i suoi pensieri».
11. Sempre B. Pascal, Pensieri cit., n. 129, p. 165: «La nostra natura Ăš nel movimento; il riposo assoluto Ăš la morte». Questa tesi sarĂ ampiamente ripresa da Leopardi nello Zibaldone, che comunque rispetto a Pascal giudica in modo positivo il divertimento perchĂ© distrae dalla noia, mentre per Pascal Ăš contraddittorio: egli riconosce che lâuomo ne ha bisogno, ma nello stesso tempo afferma che Ăš proprio il divertimento ad allontanarci da Dio e ad avvicinarci alla perdizione e alla morte (pensiero 171, significativamente intitolato Miseria).
12. Ad esempio nel V capitolo dei Promessi sposi si legge che don Rodrigo «voleva sempre piĂș divertire la disputa dai due primi contendenti». Cfr. A. Manzoni, I promessi sposi (1840), Mondadori, i Meridiani, Milano 2002, vol. II, a cura di S. Silvano Nigro, p. 94.
1. Esiodo, Teogonia, a cura di G. Arrighetti, Rizzoli, Milano 1994, vv. 736-810. Il confine, oltre a separare i vivi dai morti, il cielo dalla terra e a tenere nellâAde ciĂČ che puĂČ minacciare la vita, garantisce lâesistenza separata e ordinata degli elementi. Ă un confine, come nota Frankel, che Ăš anche unâorigine, proprio perchĂ© dirime il caos primordiale. Cfr. H. Frankel, Poesia e filosofia della Grecia arcaica, il Mulino, Bologna 1997, pp. 170-80.
2. Per il concetto di horos cfr. G. Semeraro, Le origini della cultura europea. Basi semitiche delle lingue indoeuropee, vol. II, Olschki, Firenze 1994, p. 212. Per lâetimologia e la storia di Ă peiron sono imprescindibili le pagine dello stesso autore, raccolte in Lâinfinito: un equivoco millenario, Mondadori, Milano 2001, pp. 43-51.
3. Dante, Inferno, XXVI, v. 109.
4. Sul confine cosĂ inteso ha scritto pagine interessanti M. Murgia, Futuro interiore, Einaudi, Torino 2016, pp. 32-33.
5. W. Benjamin, Di alcuni motivi in Baudelaire, in Angelus Novus. Saggi e frammenti, ed. it. a cura di R. Solmi, Einaudi, Torino 2006, p. 124.
6. A. Leogrande, La frontiera, Feltrinelli, Milano 2015, p. 41.
7. F. Remotti, Contro lâidentitĂ , Laterza, Roma-Bari 1996, pp. 5-7. In particolare: «LâidentitĂ Ăš un fatto di decisioni. E se Ăš un fatto di decisioni, occorrerĂ abbandonare la visione essenzialista e fissista dellâidentitĂ , per adottarne invece una di tipo convenzionalistico. Nella prima visione (che, al solito, puĂČ essere fatta risalire ad Aristotele) lâidentitĂ âcâĂšâ e ha soltanto da essere âscopertaâ; nella seconda visione (quale Ăš stata per esempio illustrata, negli anni Trenta del nostro secolo, dal matematico Friedrich Waismann) non esiste lâidentitĂ , bensĂ esistono modi diversi di organizzare il concetto di identitĂ . Detto in altri termini, lâidentitĂ viene sempre, in qualche modo, âcostruitaâ o âinventataâ» (corsivi nel testo).
8. Ibid., p. 15. Remotti cita C. Geertz, Interpretazione di culture, il Mulino, Bologna 1987, p. 86: «il pensiero umano Ăš fondamentalmente sia sociale sia pubblico [âŠ] il suo habitat naturale Ăš il cortile di casa, il mercato e la piazza principale della città ».
9. Cfr. S. Brevini, I simboli della montagna, il Mulino, Bologna 2018, p. 89.
10. A. Langer, Un nuovo federalismo. Per questo discorso cfr. http://www.alexanderlanger.org/it/32/3536.
1. FelicitĂ raggiunta, si cammina, in E. Montale, Tutte le poesie, a cura di G. Zampa, Mondadori, i Meridiani, Milano 1984, p. 40.
2. J.-J. Rousseau, Emilio, Mondadori, Milano 1997, p. 62...