Sbagliando non si impara
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Sbagliando non si impara

Perché facciamo sempre le scelte sbagliate in amore, sul lavoro e nella vita quotidiana

Sara Garofalo

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Perché facciamo sempre le scelte sbagliate in amore, sul lavoro e nella vita quotidiana

Sara Garofalo

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Se comprare o meno il biglietto del treno, se andare o meno a un concerto, se tenersi il proprio lavoro o lasciarlo per inseguire la propria passione. E ancora, per chi votare, se vaccinare o meno i propri fi gli, se perdonare o meno la persona amata. La nostra vita è composta dalle scelte che facciamo, scelte piccole o grandi, scelte che determinano chi siamo e orientano il nostro futuro. Scelte che, nella maggioranza dei casi, sono sbagliate. La nostra mente, infatti, ci inganna in continuazione, facendoci apparire del tutto razionali e scontate decisioni basate su trappole, scorciatoie, bias cognitivi e pregiudizi: il nostro processo decisionale ci apparirà sempre semplice e lineare, quando invece scegliere tra due tipi di pasta al supermercato può essere complesso quanto mandare un astronauta in orbita.Sara Garofalo, psicologa e ricercatrice, invita il lettore a mettersi alla prova: ognuno dei capitoli di questo libro contiene test, indovinelli ed esercizi in cui si è chiamati a prendere delle decisioni apparentemente semplici e scontate, ma che in realtà mettono in luce i nostri errori e ci aiutano a capire come funziona il nostro cervello. Un libro che aiuta a imparare dagli errori e insegna ad azzeccare la prossima scelta.

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1. Biglietto? No, grazie!
È molto più facile, oltre che molto più divertente, identificare ed etichettare gli errori degli altri, piuttosto che riconoscere i nostri.
Daniel Kahneman
Apri gli occhi, oggi è un giorno importante. Hai davanti a te il primo colloquio per il lavoro dei tuoi sogni.
Sei in piedi già alle 6.00, hai fatto una doccia, preparato tutti i documenti necessari e ripetuto un paio di volte un elaborato discorso autointroduttivo (nel caso ci fosse bisogno). Il sole è alto nel cielo, la temperatura né troppo calda né troppo fredda e sei in stazione con tutta calma, dieci minuti prima del previsto. Tempismo perfetto! Ti avvicini al tabellone per controllare il binario e l’orario di partenza, ma… qualcosa non quadra. Il treno che ti avrebbe permesso di arrivare in perfetto orario alla sede del colloquio oggi non c’è: sciopero generale; a quanto risulta dal comunicato di categoria, i salari dei dipendenti non sono adeguati alle loro esigenze. Per lo stesso motivo, tutti i treni successivi che vanno nella stessa direzione sono anch’essi cancellati o con un ritardo che oscilla tra i quaranta e i cinquanta minuti.
Scatti in preda al panico in cerca di qualcuno che ti offra una soluzione: parli con il capotreno, con la biglietteria, ti informi su mezzi di trasporto alternativi, ma niente. Arrivare in orario è matematicamente impossibile. Sono già passati circa venti minuti e il ritardo, ormai realtà, inizia a essere un problema secondario rispetto alla effettiva possibilità di riuscire a raggiungere, in qualsiasi modo e in qualsiasi orario, la fatidica sede. La tua rabbia è alle stelle. Poi, la luce in fondo al tunnel: un treno precedente (anch’esso in ritardo) sta per arrivare e ripartire dal binario 5. Perfetto: arriverai in ritardo, ma per lo meno arriverai; basterà avvertire le risorse umane dell’inconveniente. Ti avvii di corsa verso il binario, cercando di attraversare una calca di gente che, come te, ha riposto tutte le sue speranze in quel convoglio della salvezza, quando ecco che si fa strada in te una bruciante consapevolezza: non hai fatto il biglietto. Certo, il tempo per tornare indietro e acquistarlo ci sarebbe, però… un pensiero ti attraversa la mente: e se per questa volta non lo facessi? L’idea ti fa sentire un po’ in colpa, in effetti, ma ci sono molte buone ragioni: la corsa, la folla da riaffrontare, il rischio di perdere il posto… e poi la compagnia ferroviaria ha creato disagi stamattina, non merita il pagamento. Tra l’altro, con tutta questa folla è improbabile che passi un controllore, quindi…
Ok, mi rendo conto di aver dato ottimi motivi per infischiarsene del biglietto in una situazione del genere. Ma, anche se aveste la certezza che oggi il controllore non passerà, la scelta di non pagare il biglietto è davvero la migliore?
Di certo il vantaggio personale appare immediato: non sborso un soldo e arrivo dove devo arrivare. Eppure, magari è proprio questo tipo di scelte, ripetute da tante persone in tante circostanze diverse, ad aver generato poche entrate per la società e quindi stipendi bassi per i suoi dipendenti che poi – giustamente dal loro punto di vista e un po’ meno giustamente dal vostro – hanno deciso di scioperare. Ovviamente, dinamiche del genere sono complesse e dipendono da moltissimi fattori; tra questi, però, anche la scelta di un singolo passeggero di pagare o meno il biglietto gioca un ruolo.
Il cosiddetto free-riding o «giro gratis» è l’eterno problema di tutti i servizi pubblici. Se un bene è pubblico, e quindi a disposizione di tutti, sarà probabilmente possibile trovare il modo di usufruirne senza pagarne – direttamente o indirettamente – il costo. La stessa cosa che avviene con la manutenzione delle strade o la sanità pubblica: che il singolo paghi o meno le tasse, nessuno gli impedirà mai di girare liberamente per le strade o di andare al pronto soccorso. Sono servizi a beneficio dell’intera cittadinanza e quindi, in qualche modo, finiscono per esserlo anche per quei cittadini che non pagano le tasse (o i biglietti dei treni). Il problema è che se tutti non pagano le tasse, quegli stessi servizi smettono inevitabilmente di funzionare come dovrebbero.
E allora siamo proprio sicuri che, anche solo valutando la faccenda dal punto di vista egoistico, sia più conveniente non pagare il biglietto? Per andare a fondo della questione, proviamo a fare un passo indietro analizzando perché ci capita di cadere in questo tipo di tentazioni.
La ragione più ovvia dietro a una scelta di questo tipo è che, almeno a prima vista, non pagando il biglietto si vince su tutti i fronti: risparmiate soldi e ottenete comunque un passaggio verso la vostra destinazione; è sostanzialmente ciò che un economista definirebbe una «massimizzazione dei vantaggi» (soggettivi). Se però un ragionamento simile può allettarvi facendo intravedere un immediato vantaggio economico (sempre a patto di non prendere una multa), la scelta in sé può invece rivelarsi svantaggiosa a lungo termine. È facilmente intuibile: se nessuno pagasse il biglietto per un anno, per esempio, la compagnia di trasporto sarebbe costretta ad aumentare i prezzi per tutti o addirittura a chiudere, e di conseguenza, prima o poi, anche voi sareste costretti a pagare di più o a non avere un mezzo di trasporto per andare al lavoro.
Proviamo a guardarla da un altro punto di vista.
Come descriveresti questa sequenza di immagini?
Prova a descriverla ad alta voce o qui sotto:
La maggior parte delle persone tende a descrivere una pallina grigia che rotola verso una pallina bianca spingendola via. È capitato anche a voi?
Be’, ecco quanto poco basta al nostro cervello per leggere un nesso di causa-effetto:* una semplice serie di immagini che rappresentano due palline poste a diversa distanza tra loro. A guardarle bene, infatti, sono solo questo: quattro gruppi di palline ferme a una certa distanza. Il trucco sta nell’averle posizionate nella giusta sequenza; o meglio, in una sequenza in cui la nostra mente tende a leggere una regolarità e attribuirle un certo significato.** Il cervello umano, infatti, si è evoluto sviluppando una particolare propensione a cogliere connessioni tra elementi vicini nello spazio o nel tempo.
Probabilmente, poste in quest’altro ordine non avreste tratto la stessa conclusione.
Provate a tornare con la mente a un passato molto remoto, quando la razza umana ha iniziato a muovere i suoi primi passi evoluzionistici. Essere particolarmente abili nell’anticipare le conseguenze catastrofiche del rumore di un albero in caduta libera, o dell’arrivo in corsa di un leone dallo sguardo famelico, può aver spesso significato la differenza tra la vita e la morte. Lo scattante sopravvissuto, abile nell’arte della lettura dei nessi di causa-effetto, avrà così aumentato le probabilità di trasmettere alle future generazioni i propri geni, nei quali è inscritta la sua stessa capacità di prevedere rapidamente le conseguenze degli eventi esterni e guadagnare attimi preziosi per mettersi al riparo dai pericoli.
Mentre il nostro cervello era impegnato a massimizzare questa abilità, però, ha purtroppo trascurato la capacità di cogliere nessi di causa-effetto in scenari più complessi. Questi, infatti, seguono regole del gioco totalmente diverse e richiedono la capacità di effettuare rapidamente calcoli complessi, considerare più cause possibili e immaginarne gli effetti in un tempo lontano. A volte, infatti, le conseguenze di un’azione non sono immediatamente successive alla sua messa in atto.
Arrivi giusto in tempo. L’agitaz...

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