Ivanhoe
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Ivanhoe

Walter Scott, Marco Papi, Clara Ghibellini

  1. 608 Seiten
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Ivanhoe

Walter Scott, Marco Papi, Clara Ghibellini

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Über dieses Buch

Edito nel 1820, Ivanhoe fu un autentico bestseller ante litteram, destinato a incidere in modo profondo sui gusti e sull'immaginario dell'intero Ottocento: Alexandre Dumas padre, Victor Hugo e Alessandro Manzoni - per fare solo i nomi più celebri - gli sono profondamente debitori. In questo libro avvincente e pittoresco Scott realizza infatti una mirabile fusione tra il realismo del romanzo storico e la fantasia del racconto di avventure. Ambientato a cavallo tra XII e XIII secolo, all'epoca della Terza Crociata, il libro racconta le vicende del valoroso cavaliere sassone Wilfred di Ivanhoe, che solo dopo infinite peripezie riesce a sposare la sua amata Rowena. Con le sue foreste popolate da nobili fuorilegge e signori arroganti, sullo sfondo del sanguinoso conflitto tra Sassoni e Normanni, Ivanhoe costituisce ancora oggi una delle rappresentazioni letterariamente più vive dell'Inghilterra di Riccardo Cuor di Leone, di Giovanni Senzaterra e di Robin Hood.

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Information

Verlag
Mondadori
Jahr
2014
ISBN
9788852058189

Capitolo XL

Fatevi avanti, ombre!
Riccardo è di nuovo se stesso.
W. SHAKESPEARE, Riccardo III, V, 2
È ora necessario riprendere il filo delle avventure del Cavaliere Nero: lasciato l’albero del convegno degli intrepidi fuorilegge, il cavaliere si diresse verso il priorato di St Botolph,1 un vicino luogo di culto di piccole dimensioni e scarse rendite, dove Ivanhoe ferito era stato trasportato dopo la conquista del castello, sotto scorta del fedele Gurth e del generoso Wamba. È inutile per ora raccontare ciò che avvenne nel frattempo tra Wilfred e il suo liberatore: basti dire che, dopo una lunga e grave conversazione, il priore inviò suoi messi in diverse direzioni e che, il mattino seguente, il Cavaliere Nero si mise in viaggio accompagnato dal giullare Wamba che gli faceva da guida.
«Ci incontreremo a Coningsburgh» disse a Ivanhoe «il castello del defunto Athelstane, dove tuo padre Cedric parteciperà al banchetto funebre per il suo nobile amico. Vorrei vedere lì riunita la vostra gente sassone, Wilfred, per conoscerla meglio. Anche tu sarai lì, e farò del mio meglio per riconciliarti con tuo padre.»
Detto ciò, si congedò affettuosamente da Ivanhoe, che espresse il vivo desiderio di accompagnarlo, ma il Cavaliere Nero rifiutò la proposta.
«Oggi riposa» rispose «e domani avrai appena le forze per metterti in viaggio. La mia sola guida sarà il buon Wamba, che può fare la parte del monaco o del giullare a seconda del mio umore.»
«E io vi assisterò con tutto il cuore» promise Wamba. «Mi piacerebbe partecipare al banchetto funebre, perché, se non sarà abbondante, Athelstane sarebbe capace di alzarsi dalla tomba per rimproverare cuochi, camerieri e coppieri, e sarebbe un bello spettacolo da vedere. Comunque, signor cavaliere, spero che il vostro valore servirà a giustificarmi presso il mio padrone Cedric, nel caso che il mio spirito non vi riesca.»
«E come potrebbe riuscirvi il mio modesto valore, caro giullare, se fallisce il vostro bello spirito? Spiegatemelo.»
«Lo spirito, signor cavaliere» rispose il giullare «può fare molto. È come un servitore pronto e solerte, che sa vedere il lato debole del prossimo e tenersi a galla, quando le passioni soffiano più forte. Ma il valore è un personaggio robusto che non conosce ostacoli: sa remare contro il vento e la marea e farsi sempre strada. Quindi, buon cavaliere, se io approfitto dell’umore del mio nobile padrone quando il tempo è bello, spero che voi facciate del vostro meglio quando minaccia tempesta.»
«Signor cavaliere del chiavistello, se è così che vi piace essere chiamato» intervenne Ivanhoe «temo che vi siate scelto come guida un buffone troppo loquace e importuno. Tuttavia conosce ogni pista e sentiero dei boschi quanto i cacciatori che li frequentano, e poi, come avete avuto in parte occasione di vedere, la sua fedeltà è temprata come l’acciaio.»
«Certamente» replicò il cavaliere «e se ha anche il dono di conoscere la strada, non brontolerò di certo se vuole renderla più piacevole. E ora ti saluto, mio buon Wilfred, e ti ordino di non metterti in viaggio prima di domani al più presto.»
Così dicendo, tese la mano a Ivanhoe, che la portò alle labbra, poi si congedò dal priore, salì a cavallo e partì in compagnia di Wamba. Ivanhoe li seguì con lo sguardo finché scomparvero nelle ombre della foresta circostante, poi ritornò dentro il convento.
Poco dopo il canto del mattutino, chiese però di vedere il priore, e l’anziano prelato andò subito a informarsi premurosamente della sua salute.
«È migliore di quanto consentivano le più rosee speranze» rispose Ivanhoe. «Forse le ferite non erano così gravi come faceva temere la perdita di sangue, oppure è stato questo prodigioso balsamo a curarle. Sento già di poter indossare l’armatura, ed è un bene, perché ho nella mente pensieri che mi impediscono di rimanere qui inattivo ancora a lungo.»
«No, i santi non vogliono» protestò il priore «che il figlio di Cedric il sassone lasci il nostro convento, prima che le sue ferite siano guarite! Sarebbe davvero una vergogna per la nostra vocazione.»
«Nemmeno io vorrei lasciare il vostro ospitale tetto, venerando padre» replicò Ivanhoe «se non mi sentissi in grado di affrontare il viaggio che sono costretto a intraprendere.»
«E che cosa può costringervi a questa partenza così affrettata?» domandò il priore.
«Non vi è mai successo, padre» rispose il cavaliere «di sentire la premonizione di qualche calamità incombente, alla quale tentate invano di attribuire una causa? Avete mai sentito la mente oscurata, come un paesaggio assolato, da un’improvvisa nuvola che preannuncia un’imminente tempesta? E non pensate che queste premonizioni meritino attenzione, come segnali dei nostri angeli custodi per avvertirci di qualche pericolo in agguato?»
«Non posso negare che ci siano queste cose e che sia il cielo a inviarci questi messaggi» replicò il priore segnandosi con la croce «ma essi hanno allora qualche scopo e una direzione manifestamente utili. E di quale utilità potete essere, ferito come siete, seguendo i passi di un amico che non potreste aiutare, se fosse assalito?»
«Priore, vi sbagliate» lo interruppe Ivanhoe. «Mi sento abbastanza forte per fare a pugni con chiunque voglia sfidarmi, ma anche se non fosse così non potrei forse aiutarlo in altro modo che con la forza del mio braccio, se si trovasse in pericolo? È ben noto che i sassoni non amano i normanni, e chissà che cosa potrebbe succedere, se si trovasse in mezzo a loro, quando i loro cuori sono esacerbati dalla morte di Athelstane e le loro teste infiammate dalle baldorie cui si abbandoneranno? Ritengo molto pericolosa la sua presenza tra loro in questo momento, e sono ben deciso a dividere con lui questo rischio o a scongiurarlo, perciò vi prego di mettermi a disposizione un cavallo che abbia un’andatura più tranquilla di quella del mio destriero.»
«Certamente» rispose il degno ecclesiastico «vi darò da cavalcare all’ambio la mia cavallina spagnola, e mi auguro che la sua andatura sia tranquilla come quella del cavallo dell’abate di Sant’Albano. E vi dirò questo di Malkin, come la chiamo: che con l’eccezione del cavallo del giocoliere, che sa cavalcare sulle uova, non potreste viaggiare su una creatura più mansueta e ben educata. Ho composto molte omelie viaggiando sulla sua sella, a edificazione dei fratelli del mio convento e di molte anime cristiane.»
«E allora vi prego, reverendo padre, di farmi preparare subito Malkin» disse Ivanhoe «e di chiedere a Gurth di seguirmi con le armi.»
«Tuttavia» soggiunse il priore «vi prego di ricordare, mio signore, che Malkin ha poca pratica delle armi quanto il suo padrone, e non posso assicurarvi che sopporti la vista e il peso di tutta la vostra attrezzatura. Sì, vi garantisco che Malkin è un animale giudizioso e non sopporterà mai carichi eccessivi. Quando mi feci prestare il Fructus Temporum2 dal parroco di San Bee, vi assicuro che non ha voluto muoversi dal cancello, finché non ho sostituito quel pesante tomo con il mio piccolo breviario.»
«Credete a me, reverendo» assicurò Ivanhoe «non la graverò con troppo peso, ma se vuole contendere con me, avrà pane per i suoi denti.»
Mentre Ivanhoe rispondeva, Gurth era già affaccendato ad assicurare ai suoi talloni un paio di grossi speroni dorati, capaci di convincere anche il cavallo più riottoso che per proteggersi doveva sottomettersi alla volontà del cavaliere.
Quelle grosse e affilate rotelle con cui Ivanhoe aveva armato i suoi talloni indussero infine il buon priore a pentirsi della sua cortesia, e allora esclamò: «Ora che mi sovviene, cavaliere, la mia Malkin non sopporta gli speroni, e fareste meglio ad attendere l’arrivo della giumenta del nostro economo, là alla fattoria, che può essere disponibile tra poco più di un’ora, e non può che essere docile, perché è abituata a trasportare la nostra legna per l’inverno e non mangia grano».
«Vi ringrazio, reverendo, ma preferisco la vostra prima offerta, perché vedo che Malkin è già stata condotta al cancello. Gurth porterà la mia armatura, e in quanto al resto vi prometto che non sovraccaricherò la groppa di Malkin, e perciò non avrà motivo di farmi perdere la pazienza. E ora vi saluto!»
Poi Ivanhoe scese le scale più rapidamente e agilmente di quanto promettessero le sue ferite, e salì in groppa alla cavalla, impaziente com’era di sfuggire alle insistenti proteste del priore che, per quanto impacciato dall’età e dalla sua grossa mole, lo inseguiva, ora tessendo le lodi di Malkin, ora raccomandandogli di trattarla con cura.
«È nell’età più pericolosa per le fanciulle come per le puledre» soggiunse il vecchio priore ridendo della sua battuta «perché ha da poco passato i quindici anni.»
Ivanhoe, che aveva cose più importanti da fare che discutere del passo di un equino con il suo proprietario, non prestò ascolto ai gravi consigli e alle facezie del priore, ma saltò in groppa alla cavallina, ordinando al suo scudiero, quale ora Gurth si definiva, di seguirlo, poi si avviò per il sentiero preso dal Cavaliere Nero nella foresta, mentre il priore lo seguiva con lo sguardo dalla porta del convento, borbottando tra sé: “Per la santa Vergine! come sono lesti e baldanzosi questi guerrieri! Ora vorrei non avergli affidato Malkin, perché impacciato come sono dai reumatismi, sarei un uomo finito se le capitasse qualcosa! Eppure” soggiunse tra sé nel ricordarsene “così come non risparmierei le mie vecchie ossa malandate per la causa della vecchia Inghilterra, anche Malkin deve correre qualche rischio nella stessa avventura, e magari, se quelli pensano che la nostra povera casa merita qualche generoso premio, può anche darsi che facciano dono di un docile ronzino a questo vecchio priore. E comunque, anche se ciò non accadesse, perché i grand’uomini dimenticano spesso i favori di quelli piccoli, mi sentirei sempre ripagato per aver fatto ciò che è giusto. Ah, è quasi ora di chiamare i confratelli a colazione nel refettorio, e non dubito che risponderanno più lietamente a questo appello che al suono delle campane della prima e del mattutino.”
Poi il priore di St Botolph andò zoppicando nel refettorio per presiedere al pasto di stoccafisso e birra che veniva servito ai frati. Corpulento e imponente, si mise a sedere al tavolo, lanciando molti oscuri accenni ai benefici che si aspettava per il convento grazie agli importanti servigi da lui resi, e in un altro momento le sue parole avrebbero richiamato l’attenzione generale. Ma le mandibole dei suoi confratelli erano troppo avidamente occupate con lo stoccafisso molto salato e con la birra piuttosto forte per consentire l’uso delle orecchie, e nessun membro della confraternita era quindi interessato a fare congetture sulle arcane allusioni del loro superiore, tranne padre Diggory che, afflitto com’era da un doloroso maldidenti, poteva masticare soltanto con una parte della bocca.
Nel frattempo, il Cavaliere Nero percorreva senza fretta con la sua guida i recessi della foresta, canticchiando tra sé i lai di qualche trovatore innamorato e stimolando talvolta con qualche domanda la loquacità del suo compagno, così che il loro dialogo era composto da un bizzarro miscuglio di canzoni e di facezie, di cui vorremmo dare un’idea ai nostri lettori. Dovete quindi immaginare questo cavaliere quale l’abbiamo descritto, alto, robusto, largo di spalle e di corporatura, in...

Inhaltsverzeichnis

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Introduzione
  4. Cronologia della vita e delle opere
  5. IVANHOE
  6. Capitolo I
  7. Capitolo II
  8. Capitolo III
  9. Capitolo IV
  10. Capitolo V
  11. Capitolo VI
  12. Capitolo VII
  13. Capitolo VIII
  14. Capitolo IX
  15. Capitolo X
  16. Capitolo XI
  17. Capitolo XII
  18. Capitolo XIII
  19. Capitolo XIV
  20. Capitolo XV
  21. Capitolo XVI
  22. Capitolo XVII
  23. Capitolo XVIII
  24. Capitolo XIX
  25. Capitolo XX
  26. Capitolo XXI
  27. Capitolo XXII
  28. Capitolo XXIII
  29. Capitolo XXIV
  30. Capitolo XXV
  31. Capitolo XXVI
  32. Capitolo XXVII
  33. Capitolo XXVIII
  34. Capitolo XXIX
  35. Capitolo XXX
  36. Capitolo XXXI
  37. Capitolo XXXII
  38. Capitolo XXXIII
  39. Capitolo XXXIV
  40. Capitolo XXXV
  41. Capitolo XXXVI
  42. Capitolo XXXVII
  43. Capitolo XXXVIII
  44. Capitolo XXXIX
  45. Capitolo XL
  46. Capitolo XLI
  47. Capitolo XLII
  48. Capitolo XLIII
  49. Capitolo XLIV
  50. Lettera di dedica al rev. dr. Dryasdust, membro della Società di studi storici, residente nel Castle-Gate di York
  51. Prefazione dell’autore a «Ivanhoe»
  52. Copyright
Zitierstile für Ivanhoe

APA 6 Citation

Scott, W. (2014). Ivanhoe ([edition unavailable]). Mondadori. Retrieved from https://www.perlego.com/book/3296037/ivanhoe-pdf (Original work published 2014)

Chicago Citation

Scott, Walter. (2014) 2014. Ivanhoe. [Edition unavailable]. Mondadori. https://www.perlego.com/book/3296037/ivanhoe-pdf.

Harvard Citation

Scott, W. (2014) Ivanhoe. [edition unavailable]. Mondadori. Available at: https://www.perlego.com/book/3296037/ivanhoe-pdf (Accessed: 15 October 2022).

MLA 7 Citation

Scott, Walter. Ivanhoe. [edition unavailable]. Mondadori, 2014. Web. 15 Oct. 2022.