Leviathan. La trilogia
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Leviathan. La trilogia

Leviathan. Behemoth. Goliath

Scott Westerfeld, Tiziana Lo Porto

  1. 1,064 Seiten
  2. Italian
  3. ePUB (handyfreundlich)
  4. Über iOS und Android verfĂŒgbar
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Leviathan. La trilogia

Leviathan. Behemoth. Goliath

Scott Westerfeld, Tiziana Lo Porto

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Über dieses Buch

Sarajevo, 1914: dopo l'attentato all'arciduca d'Austria scoppia la Prima guerra mondiale. Ma se a combattersi fossero bestie e macchine? Allora sareste nel mondo di Leviathan, Behemoth e Goliath.
Sareste nel mondo di Alek e Deryn. È come una guerra tra universi differenti. Da una parte, le potenze Cigolanti e le loro macchine. Dall'altra, gli alleati Darwinisti e le loro creature di sintesi. Carburante contro cibo, metallo contro pelle. Alek contro Deryn.
Aleksander Ăš il figlio dell'arciduca assassinato, in fuga da un impero di cui nessuno lo vuole erede. Deryn Ăš una ragazza arruolata in vesti maschili nell'Aviazione britannica, decisa a vivere come vuole. Si incontrano per caso ma si alleano per scelta e affrontano il conflitto insieme: da Istanbul a New York, tra battaglie aeree e rivoluzioni, Alek e Deryn impareranno che cosa sono il caos e l'odio, ma anche l'amicizia e la speranza - forse addirittura l'amore.
In una trilogia steampunk che incalza il lettore con colpi di scena e scontri all'ultimo sangue, Scott Westerfeld ci regala un viaggio appassionante nelle infinite possibilitĂ  della storia: che sia quella del mondo o di ciascuno di noi.

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Information

Verlag
EINAUDI
Jahr
2012
ISBN
9788858407097

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a tutti quelli che amano i romanzi
con dentro un segreto che alla fine viene svelato

Uno

– Siberia, – disse Alek. La parola gli scivolĂČ fredda e dura sulla lingua, ostile come il paesaggio che stavano sorvolando.
– Non saremo in Siberia prima di domani –. Dylan sedeva al tavolo, a divorare la colazione. – E ci vorrà quasi una settimana per attraversarla. La Russia ù schifosamente grande.
– E fredda, – aggiunse Newkirk. Se ne stava accanto ad Alek all’oblĂČ della mensa cadetti, con tutte e due le mani strette intorno alla tazza di tĂš.
– Freddo, – ripetĂ© Bovril, e con un brivido artigliĂČ piĂș forte la spalla di Alek.
A inizio ottobre non c’era ancora neve. Il cielo perĂČ era di un azzurro gelido e senza nuvole. L’oblĂČ era incrostato di ghiaccio, retaggio di una notte polare.
Sorvoleremo questa terra desolata ancora per una settimana, pensĂČ Alek. Sempre piĂș lontani dall’Europa e dalla guerra, e dal destino che lo attendeva. Il Leviathan continuava ad andare verso est e probabilmente verso l’Impero Giapponese, anche se nessuno glielo avrebbe confermato. A Istanbul aveva aiutato la causa britannica, eppure gli ufficiali del dirigibile continuavano a considerare lui e i suoi uomini poco piĂș che prigionieri. Lui era un principe Cigolante e loro erano Darwinisti, e la Grande guerra tra le due tecnologie si espandeva ogni giorno di piĂș.
– Appena vireremo a nord farĂ  anche piĂș freddo, – disse Dylan a bocca piena. – È meglio se finite le patate, voi due. Vi terranno caldi.
Alek si girĂČ. – Ma siamo giĂ  a nord di Tokyo. PerchĂ© cambiare rotta?
– Ma ù questa la rotta! – disse Dylan. – La settimana scorsa il signor Rigby ci ha fatto tracciare una grande rotta circolare, e arriveremo fin su a Omsk.
– Una grande rotta circolare?
– Un trucchetto da ufficiali di rotta, – spiegĂČ Newkirk. AlitĂČ sul vetro dell’oblĂČ, poi disegnĂČ con un dito un sorriso capovolto. – La Terra Ăš rotonda, ma sulla carta Ăš piatta, giusto? Per cui una rotta dritta se la disegni sulla mappa risulta curva. Finisci sempre per andare piĂș a nord di quello che pensi.
– Tranne quando sei sotto l’equatore, – aggiunse Dylan. – Lí ù all’incontrario.
Bovril ridacchiĂČ, come se le grandi rotte circolari fossero divertenti. Ma Alek non ci aveva capito una parola. Non che s’aspettasse altrimenti.
Roba da matti. Due settimane prima aveva aiutato a guidare una rivoluzione contro il sultano ottomano, e adesso a bordo del Leviathan era un peso morto: uno spreco di idrogeno, come quelli dell’equipaggio chiamavano le cose inutili. Poteva passare tutte le giornate che voleva accanto a Dylan e Newkirk, ma non era un cadetto. Non sapeva usare un sestante, fare un nodo come si deve, nĂ© calcolare l’altitudine del dirigibile.
E il peggio era che non avevano piĂș bisogno di lui alle carlinghe dei motori. Nel mese in cui aveva organizzato la rivoluzione a Istanbul, gli ingegneri Darwinisti avevano imparato parecchio sulla meccanica Cigolante. Hoffman e Klopp non venivano piĂș chiamati per dare una mano, per cui non occorreva praticamente piĂș qualcuno che traducesse.
Dalla prima volta che era salito a bordo, Alek aveva sognato di servire in qualche modo il Leviathan. Ma tutto ciĂČ che poteva offrire – guidare un camminatore, tirare di scherma, parlare sei lingue ed essere nipote di un imperatore – sembrava non valere nulla a bordo di un dirigibile. Di certo lui era molto piĂș prezioso come giovane principe che aveva pubblicamente cambiato bandiera che come aviatore.
Era come se tutti stessero cercando di trasformarlo in uno spreco di idrogeno.
In quel momento gli venne in mente una cosa che diceva suo padre: l’unico modo per porre rimedio all’ignoranza ù ammetterla.
RespirĂČ lentamente. – Lo so che la Terra Ăš rotonda, signor Newkirk. Ma continuo a non capire questa storia della «grande rotta circolare».
– È facilissima da vedere con un mappamondo davanti, – disse Dylan, scostando il piatto della colazione. – Ce n’ù uno nella timoniera. Appena gli ufficiali non ci sono, ci intrufoliamo di nascosto.
– Fantastico –. Alek tornĂČ a guardare fuori dall’oblĂČ e intrecciĂČ le mani dietro la schiena.
– Mica c’ù da vergognarsi, principe Aleksander, – disse Newkirk. – Io ci metto ancora secoli a studiare una rotta come si deve. A differenza del signor Sharp, qui, che sapeva già tutto dei sestanti prima ancora di arruolarsi.
– Non tutti siamo cosí fortunati da avere un pilota per padre, – disse Alek.
– Padre? – Newkirk distolse lo sguardo dall’oblĂČ, aggrottando la fronte. – Non era tuo zio, signor Sharp?
Bovril emise un verso lieve, affondando i suoi piccoli artigli nella spalla di Alek. Dylan perĂČ non disse nulla. Era raro che parlasse del padre. L’incidente in cui era morto bruciato davanti ai suoi occhi continuava a tormentarlo, e il fuoco era l’unica cosa che lo terrorizzava.
Alek si diede del Dummkopf, chiedendosi perchĂ© avesse evocato quell’uomo. Ce l’aveva con Dylan perchĂ© era sempre cosĂ­ bravo in tutto?
Stava per scusarsi quando Bovril si spostĂČ nuovamente, chinandosi in avanti per guardare fuori dall’oblĂČ.
– Bestiola, – disse il lori perspicace.
Una macchiolina nera era entrata nel loro campo visivo, roteando nel vuoto cielo blu. Era un uccello gigante, molto piĂș grande dei falchi che qualche giorno prima avevano accerchiato il dirigibile sulle montagne. Aveva dimensioni e artigli da predatore, ma la forma era diversa da qualsiasi animale Alek avesse mai visto.
Puntava dritto sul dirigibile.
– Quell’uccello non ti sembra strano, signor Newkirk?
Newkirk tornĂČ a guardare fuori dall’oblĂČ e sollevĂČ il binocolo che aveva ancora appeso al collo dalla guardia mattutina.
– Già, – disse un istante dopo. – Credo sia un’aquila imperiale!
Sentirono una sedia raschiare frettolosamente per terra alle loro spalle. Dylan si materializzĂČ accanto a loro, riparandosi gli occhi con le mani.
– Per tutti i ragni, hai ragione
 due teste! Ma le aquile imperiali portano solo messaggi dello zar in persona

Alek guardĂČ Dylan, chiedendosi se avesse sentito bene. Due teste?
L’aquila ormai era vicina, e sfrecciĂČ davanti all’oblĂČ in un ammasso di piume nere, mentre la sua bardatura dorata scintillava al sole del mattino. Al suo passaggio Bovril scoppiĂČ in una risata isterica.
– Sta volando verso il ponte di comando, giusto? – chiese Alek.
– GiĂ  –. Newkirk abbassĂČ il binocolo. – I messaggi importanti vanno dritti al capitano.
Un briciolo di speranza si fece strada nell’umore tetro di Alek. I russi erano alleati degli inglesi, amici Darwinisti che sintetizzavano mammuteschi ed enormi orsi lottatori. E se lo zar avesse bisogno d’aiuto contro le armate Cigolanti e quello fosse un invito a invertire la rotta? Anche combattere sul gelido fronte russo sarebbe stato meglio che sprecare tempo in una landa desolata.
– Devo sapere cosa dice quel messaggio.
Newkirk sbuffĂČ. – PerchĂ© allora non vai a chiederlo direttamente al capitano?
– Giusto, – disse Dylan. – E giĂ  che ci sei, chiedigli di darmi una cabina piĂș calda.
– Che male c’ù? – disse Alek. – Ancora non mi ha mandato in gattabuia.
Quando due settimane prima era tornato a bordo del Leviathan, un po’ s’era aspettato di finire in catene per essere scappato dal dirigibile. Ma gli ufficiali lo avevano trattato con rispetto.
Forse non era poi un male, se finalmente tutti sapevano che era figlio del defunto arciduca Ferdinando e non un semplice nobile austriaco che cercava di evitare la guerra.
– Che scusa potrei avere per fare un salto sul ponte? – chiese.
– Non hai bisogno di scuse, – disse Newkirk. – Quell’uccello arriva da San Pietroburgo. Ci chiameranno per farlo riposare e dargli da mangiare.
– E voi non avete mai visto la voliera, vostra principitudine, – aggiunse Dylan. – PerchĂ© non venite con noi?
– Grazie, signor Sharp, – disse Alek, e sorrise. – Mi piacerebbe molto.
Dylan tornĂČ al tavolo e alle sue preziose patate, grato forse che il discorso su suo padre fosse stato interrotto. Alek decise che prima di sera si sarebbe scusato.
Dieci minuti dopo una lucertola messaggera fece capolino da un tubo sul soffitto della mensa cadetti. Con la voce del maestro timoniere disse: – Signor Sharp, vi prego, venite sul ponte. Signor Newkirk, a rapporto sul ponte di carico.
I tre si precipitarono verso la porta.
– Sul ponte di carico? – disse Newkirk. – Di che diamine si tratta?
– Magari ti chiedono di rifare l’inventario delle scorte, – disse Dylan. – PuĂČ darsi che il nostro viaggio si sia appena allungato.
Alek si rabbuiĂČ. «Allungato» significava tornare verso l’Europa o allontanarsi ancora di piĂș?
Mentre si dirigevano verso il ponte, ebbe l’impressione che l’aeronave intorno a loro si fosse animata. Non era suonato nessun allarme, ma l’equipaggio era indaffarato. Quando Newkirk si staccĂČ dal gruppo per scendere la scala centrale, una squadra di attrezzisti in divisa da volo li oltrepassĂČ e si precipitĂČ giĂș per i gradini.
– Dove diamine vanno? – chiese Alek. Gli attrezzisti lavoravano sempre sopra la bestia d’aria, alle corde che reggevano le gigantesche membrane d’idrogeno.
– Ottima domanda, – disse Dylan. – A quanto pare, il messaggio dello zar ci ha rivoltati come un calzino.
Davanti alla porta del ponte c’era una guardia e una dozzina di lucertole messaggere se ne stavano incollate al soffitto, in attesa di ordini da trasmettere. L’abituale brusio di uomini, creature e macchine era piĂș intenso che mai. Bovril si spostĂČ sulla spalla di Alek, che attraverso gli stivali sentĂ­ i motori cambiare marcia: il dirigibile sarebbe presto andato alla massima velocitĂ .
Al timone principale, gli ufficiali se ne stavano accalcati intorno al capitano, che aveva in mano una custodia cilindrica decorata. Nel gruppo c’era il dottor Barlow, col suo lori in spalla e il tilacino accanto.
Sentendo un verso rauco alla propria destra, Alek si girĂČ. E si ritrovĂČ faccia a faccia con la piĂș strabiliante delle creature

L’aquila imperiale era troppo grande per entrare nella gabbia per i messaggeri del ponte, quindi se ne stava appollaiata sulla tavola segnaletica. Passava da una zampa artigliata all’altra, battendo le lucide ali nere.
E Dylan non aveva mentito. La creatura aveva due teste e due colli, attorcigliati come due neri serpenti piumati. Mentre Alek guardava inorridito, una testa si rivolse all’altra, con la lingua rosso brillante che le spuntava dalla bocca.
– Saette divine, – bisbigliĂČ lui.
– Te l’abbiamo detto, no? – fece Dylan. – È un’aquila imperiale.
– Intendi un abominio –. A volte le bestie Darwiniste sembravano essere state create non per usarle, ma semplicemente per spaventare.
Dylan fece spallucce. – È solo un uccello a due teste, come sul c...

Inhaltsverzeichnis

  1. Copertina
  2. Leviathan. La trilogia
  3. Leviathan
  4. Behemoth
  5. Goliath
  6. Postfazione
  7. Copyright
Zitierstile fĂŒr Leviathan. La trilogia

APA 6 Citation

Westerfeld, S. (2012). Leviathan. La trilogia ([edition unavailable]). EINAUDI. Retrieved from https://www.perlego.com/book/3425637/leviathan-la-trilogia-leviathan-behemoth-goliath-pdf (Original work published 2012)

Chicago Citation

Westerfeld, Scott. (2012) 2012. Leviathan. La Trilogia. [Edition unavailable]. EINAUDI. https://www.perlego.com/book/3425637/leviathan-la-trilogia-leviathan-behemoth-goliath-pdf.

Harvard Citation

Westerfeld, S. (2012) Leviathan. La trilogia. [edition unavailable]. EINAUDI. Available at: https://www.perlego.com/book/3425637/leviathan-la-trilogia-leviathan-behemoth-goliath-pdf (Accessed: 15 October 2022).

MLA 7 Citation

Westerfeld, Scott. Leviathan. La Trilogia. [edition unavailable]. EINAUDI, 2012. Web. 15 Oct. 2022.