1.
Una divisione carica di tensione
Se la bomba atomica si fosse dimostrata un oggetto cosĂŹ a buon mercato e cosĂŹ facile da fabbricare come una sveglia,
avrebbe potuto benissimo ripiombarci nella barbarie;
ma dâaltro canto avrebbe potuto significare la fine
della sovranitĂ nazionale e dellâipercentralizzato Stato
di polizia. Se, come sembra stiano le cose, Ăš un oggetto altrettanto costoso e altrettanto difficile da produrre
di una corazzata, Ăš piĂč probabile che metta fine alle guerre su grande scala al prezzo di prolungare indefinitamente
una «pace che non Ú una pace».
George Orwell, You and the Atomic Bomb,
in «Tribune», 19 ottobre 1945
Nel 1950 la fase dellâimmediato dopoguerra andava esaurendosi; e a questo punto era ormai emersa una nuova Europa, tagliata in due sul terreno ideologico, politico e socioeconomico. Era lâinizio di unâepoca del tutto inedita nella storia del continente, caratterizzata da unâinsicurezza senza precedenti. Unâepoca la cui sostanza era stata forgiata dalla spaccatura (il lascito fondamentale della guerra) e dalla spaventosa minaccia dellâannientamento nucleare.
Per piĂč di quarantâanni la Guerra Fredda avrebbe lavorato ad allargare la spaccatura tra le due metĂ dellâEuropa. Le due vicende, in larga misura separate, condividevano perĂČ un elemento cruciale: il primato della potenza militare. Questa potenza militare â il fattore dominante nellâEuropa postbellica al di qua e al di lĂ della Cortina di Ferro â era ora soggetta al controllo di due soli paesi: gli Stati Uniti dâAmerica e lâUnione Sovietica. Entrambi erano preoccupati dal problema sicurezza. Ed entrambi erano decisi a impedire che lâEuropa cadesse sotto il dominio del nemico. In questo rapporto carico di tensione la novitĂ era châesso poggiava in ultima analisi su armi la cui potenza distruttiva era cosĂŹ formidabile che nessuno dei due contendenti osava impiegarle. Una potenza distruttiva che continuĂČ a crescere, fino ad acquisire nel giro di pochissimi anni la capacitĂ di realizzare un annientamento totale. Nel 1949 sia gli Stati Uniti che lâUnione Sovietica â i primi giĂ una superpotenza, la seconda avviata a diventarlo â avevano fabbricato bombe atomiche. Quattro anni piĂč tardi entrambi i paesi avevano sviluppato la bomba allâidrogeno, un ordigno immensamente piĂč potente della bomba atomica, e presto i loro arsenali nucleari sarebbero stati capaci di distruggere piĂč volte la vita civilizzata sulla scala dellâintero pianeta.
Il culmine dâintensitĂ e il massimo di pericolositĂ della Guerra Fredda furono raggiunti durante gli anni tra il 1950 e il 1962. Per buona parte di questo periodo la Guerra Fredda ebbe il suo centro in Europa; ma bisogna tener presente che in unâepoca di arsenali nucleari una qualunque frizione tra le superpotenze, in qualunque punto del globo avvenisse, era suscettibile di ripercuotersi nel modo piĂč terribile sul continente europeo.
Conflitti caldi nellâepoca della Guerra Fredda
Nonostante qualche momento critico, il conflitto emerso nellâimmediato dopoguerra tra gli Stati Uniti e lâUnione Sovietica aveva schivato il disastro. Ma il nuovo decennio era appena cominciato, quando una crisi pericolosa minacciĂČ di produrre gravi conseguenze. Che la crisi fosse scoppiata nella remota Corea era il segno piĂč chiaro che nel caso di un conflitto globale tra le superpotenze lâEuropa non poteva evitare di venire coinvolta. Se prima del 1945 gli Stati Uniti erano stati indotti loro malgrado a intromettersi negli affari europei per combattere due guerre mondiali, adesso lâEuropa diventĂČ in sostanza unâappendice, per quanto indubbiamente importante, della politica estera americana. Intanto il blocco orientale (con lâeccezione della Iugoslavia, che dopo la guerra aveva vinto la sua battaglia per lâindipendenza da Mosca) era ancor piĂč direttamente impegnato ad appoggiare lâURSS nel suo scontro a livello planetario con gli Stati Uniti.
Annessa dal Giappone nel 1910, la Corea era stata governata da Tokyo sino alla fine della seconda guerra mondiale. A quel punto americani e sovietici si accordarono su una temporanea scissione dellâamministrazione del paese, e la penisola coreana fu divisa allâincirca a metĂ da una linea di demarcazione che correva lungo il 38° parallelo. Nel 1948 la prospettiva di una Corea riunificata era ormai scomparsa dallâorizzonte. La divisione sâirrigidĂŹ: a nord una repubblica comunista, in effetti un satellite sovietico considerato da Mosca parte integrante della sua sfera dâinfluenza, a sud una repubblica energicamente anticomunista, dominata dagli interessi americani. Ma la vittoria del comunismo in Cina (1° ottobre 1949) dopo oltre ventâanni di acerrima guerra civile contro i nazionalisti di Chiang Kai-shek (tra il 1937 e il 1945 i due partiti avevano altresĂŹ combattuto, ciascuno a suo modo, la guerra terribilmente cruenta contro gli invasori giapponesi) aveva lasciato la penisola coreana in una posizione difficile. Il Sud rimase unâenclave non comunista in unâimmensa regione governata sotto il segno del comunismo. Quando, il 25 giugno 1950, i nordcoreani attraversarono la linea di demarcazione e attaccarono la parte meridionale del paese spaccato in due, lo scontro tra le superpotenze sâintensificĂČ pericolosamente. Agli occhi degli Stati Uniti, impegnati in una politica di contenimento della potenza sovietica e decisamente allergici alla prospettiva di unâulteriore espansione dellâinfluenza comunista â nellâAsia sudorientale come in Europa â lâipotesi di perdere la Corea del Sud, con lâovvia conseguenza della minaccia che ne sarebbe derivata per il Giappone, era assolutamente inammissibile.
Gli americani ritennero che la Corea del Nord non avrebbe attaccato senza lâautorizzazione di Stalin. E avevano ragione: il dittatore sovietico aveva dato il suo via libera qualche settimana prima, benchĂ© non intendesse impegnare truppe combattenti. Se si fosse reso necessario un aiuto militare, ci avrebbe pensato la Cina. La leadership americana era convinta che bisognava assolutamente scongiurare un effetto domino; e quindi lâespansione comunista doveva essere fermata immediatamente. Se non sâimpediva la caduta della Corea, sostenne il presidente Truman, i sovietici avrebbero «fagocitato un pezzo dâAsia dopo lâaltro». E «se lasciamo andare lâAsia crollerĂ il Medio Oriente». A quel punto, nessuno avrebbe potuto prevedere «che cosa ne sarebbe stato dellâEuropa». Era un richiamo alla fallimentare politica di appeasement degli anni Trenta, inteso come un argomento a sostegno di un intervento militare; e nella storia dellâEuropa postbellica non sarebbe stata lâultima volta. Gli appeasers non erano riusciti a fermare Hitler. Se lâavanzata comunista non veniva bloccata subito, il risultato sarebbe stato una terza guerra mondiale.
Gli Stati Uniti ottennero lâavallo dellâONU (Organizzazione delle Nazioni Unite), creata nellâottobre 1945, allâimpiego della forza per difendere uno Stato membro sotto attacco. Era la prima volta che ciĂČ accadeva, e la cosa fu resa possibile da un errore sovietico. Quando nel febbraio 1945 la Conferenza di Jalta approvĂČ lâistituzione dellâONU, fu deciso di attribuire allâUnione Sovietica, agli Stati Uniti e agli altri Stati membri del Consiglio di Sicurezza (Gran Bretagna, Francia e Cina) il diritto di veto su ogni deliberazione del Consiglio medesimo. Una cosa che soddisfece sia Stalin che il governo americano. Si pensava che grazie a un Consiglio di Sicurezza controllato dalle grandi potenze lâONU si sarebbe dimostrata un organismo molto piĂč efficiente della sua antenata, la SocietĂ delle Nazioni. Una supposizione ripetutamente destinata a rivelarsi errata durante la Guerra Fredda, quando lâuso del veto da parte dellâuna o dellâaltra superpotenza produsse quasi sempre la paralisi del Consiglio di Sicurezza. Gli eventi del 1950 furono unâeccezione: un temporaneo boicottaggio sovietico del Consiglio (inteso a protestare contro il rifiuto di assegnare un seggio alla Cina comunista) rese possibile lâapprovazione degli aiuti necessari per respingere lâinvasione della Corea del Sud e ristabilire la pace e la sicurezza. Stalin fu lesto a comprendere lâerrore commesso, e lâUnione Sovietica rientrĂČ nel Consiglio di Sicurezza. Ma era troppo tardi per bloccare la nascita di un corpo di spedizione sotto lâegida delle Nazioni Unite e a guida statunitense, con il compito di fornire un aiuto militare alla Corea del Sud. Alla fine della guerra lâUnited Nations Command, che aveva incorporato i sudcoreani, contava qualcosa come 933.000 uomini. Si trattava nella stragrande maggioranza di coreani (591.000 soldati) e americani (302.000). Parecchi paesi europei inviarono truppe combattenti: la Gran Bretagna e, con contingenti molto piĂč modesti, la Francia, il Belgio, la Grecia, i Paesi Bassi e (un contributo minuscolo) il Lussemburgo
Gli americani conquistarono lâiniziativa su tutti i fronti, scacciando i nordcoreani dal Sud del paese, per poi spingersi a nord al di lĂ della linea di demarcazione. Temendo di trovarsi impigliato in un conflitto diretto con gli Stati Uniti, Stalin respinse gli appelli nordcoreani per un intervento sovietico. Ma il leader cinese, Mao Zedong, non era disposto a vedere lâintera Corea cadere sotto il controllo americano, col rischio che il paese diventasse una via di accesso per un futuro attacco contro la stessa Cina (i cui rapporti con lâUnione Sovietica giĂ allora non erano propriamente idilliaci). Nellâautunno del 1950 Mao aveva messo in campo una forza considerevole (sarebbe arrivata a contare circa 300.000 uomini), e costretto lâOttava Armata americana a ritirarsi in preda al panico. Era il primo segnale che lâOccidente avrebbe dovuto fare i conti con una Cina potenza militare di prima grandezza. Nel giro di due mesi lâintera Corea del Nord era di nuovo sotto il controllo comunista, e la capitale sudcoreana, Seul, era caduta. Washington era cosĂŹ allarmata da prendere in considerazione lâipotesi di sganciare una bomba atomica.
Gli Stati Uniti godevano ancora di un vantaggio numerico colossale sullâUnione Sovietica in fatto di bombe atomiche operative (74 a 1, secondo alcune stime). Ma quali sarebbero stati i bersagli? In una guerra combattuta perlopiĂč nelle campagne coreane, si trattava di un punto nientâaffatto ovvio. E non si poteva escludere la possibilitĂ di una massiccia rappresaglia, destinata ad allargare enormemente i confini di quella che era finallora rimasta una guerra regionale, arrivando magari a unâinvasione sovietica dellâEuropa occidentale, o addirittura al lancio di bombe atomiche su cittĂ europee. Verso la fine del 1950 la prospettiva di un ampliamento del conflitto che aprisse la strada a una terza guerra mondiale era qualcosa di molto concreto. La leadership militare americana aveva compilato un elenco di cittĂ russe e cinesi classificate come possibili bersagli, e preso in considerazione lâidea di consegnare alla Cina un ultimatum con la richiesta di ritirarsi al di lĂ del fiume Yalu. Se necessario, si sarebbe fatto «prontamente ricorso allâuso della bomba atomica».
Prevalsero orientamenti piĂč saggi. E nella primavera del 1951, con lâoffensiva cinese ormai bloccata (pagando un alto prezzo di sangue), gli americani avevano riconquistato lâiniziativa, e le truppe dellâUN Command ricacciato indietro lâesercito comunista. Nel successivo biennio i due contendenti rimasero impantanati in unâorribile guerra di attrito. Con lâarmistizio concluso nel luglio 1953 la fine della guerra di Corea riprodusse in sostanza la situazione di partenza, con i due eserciti attestati da una parte e dallâaltra della linea di demarcazione lungo il 38° parallelo. La guerra, ferocemente combattuta per tre anni, costĂČ quasi tre milioni tra morti e feriti, nella stragrande maggioranza coreani in entrambi i campi. Le perdite americane ammontarono a quasi 170.000 uomini (di cui oltre 50.000 morti), e quelle dei contingenti europei superarono le 8000 unitĂ , in maggioranza militari britannici.
BenchĂ© lontanissima, e benchĂ© non riguardasse in maniera diretta gli europei, la guerra di Corea ebbe conseguenze importanti per lâEuropa, dovute alla spettacolare crescita della spesa americana per la difesa. Il primo test atomico sovietico era avvenuto nellâagosto 1949, prima del conflitto coreano, nel poligono nucleare di Semipalatinsk, nellâodierno Kazakistan, e aveva giĂ avuto lâeffetto di concentrare lâattenzione degli americani sulla necessitĂ di accelerare lo sviluppo della tecnologia nucleare, in modo da conservare il vantaggio sui sovietici. Il presidente Truman aveva non solo chiesto di accrescere la produzione di bombe atomiche, ma anche autorizzato la costruzione di una «superbomba» (31 gennaio 1950). La spesa militare era giĂ avviata a crescere quando a farla impennare giunse lo scoppio della guerra in Corea. Nel giro di un anno il bilancio della difesa aumentĂČ di oltre quattro volte. Nel 1952 la spesa militare arrivĂČ quasi a sfiorare il 20 per cento del prodotto interno lordo degli Stati Uniti (solo tre anni prima era stata pari a meno di un ventesimo del PIL). Il 1° novembre di quellâanno gli americani effettuarono il primo test della loro «superbomba»: una bomba allâidrogeno che «oscurĂČ lâintero orizzonte» e cancellĂČ dalla faccia della terra lâisola del Pacifico (lâatollo di Eniwetok) in cui era avvenuta lâesplosione. Dopo soli nove mesi, il 12 agosto 1953, i sovietici pareggiarono il conto con un test effettuato in una zona desertica dellâAsia centrale. In seguito Winston Churchill parlĂČ con ragione di un «nuovo terrore che porta un certo elemento di paritĂ nellâannientamento», aggiungendo: «Per quanto strano possa sembrare, Ăš allâuniversalitĂ della potenziale distruzione che ritengo possiamo guardare con speranza e addirittura con fiducia».
Non sorprende che nel quadro di una politica di contenimento globale della minaccia sovietica, percepita come un pericolo in rapida crescita, gli americani si sentissero costretti a riesaminare non soltanto il loro bilancio, ma anche i loro impegni oltremare. Il che coinvolgeva naturalmente lâEuropa. In America si pensava sempre di piĂč alle possibili forme di un aiuto militare allâEuropa. Il Piano Marshall, lanciato nel 1948 allo scopo di stimolare la ripresa economica dellâEuropa postbellica mettendo a disposizione circa 13 milioni di dollari in quattro anni, chiuse gradatamente i battenti. Ma alla fine del 1951 gli aiuti militari allâEuropa avevano raggiunto la cifra di quasi 5 miliardi di dollari. Con la crescita degli arsenali sulla scia della guerra di Corea, la quota degli aiuti americani allâEuropa occidentale destinata a scopi militari anzichĂ© a opere di ricostruzione civile toccĂČ lâ80 per cento.
Nellâaprile 1949 era stata creata la North Atlantic Treaty Organization (NATO), un patto che impegnava i paesi aderenti â inizialmente dodici: Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna, Francia, Italia, Danimarca, Norvegia, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Portogallo e Islanda, cui nel 1952 si aggiunsero Grecia e Turchia â a difendere lâEuropa occidentale. Ma fu subito chiaro ai leader americani che la forza armata della NATO era inadeguata. Ed erano convinti della necessitĂ che i paesi europei contribuissero in misura maggiore alla loro difesa; che gli Stati Uniti, i quali cominciavano a guardare a se stessi come ai poliziotti del mondo, non potevano continuare ad accollarsi una quota enormemente sproporzionata del costo della difesa dellâEuropa. Ne seguĂŹ che tutti i paesi europei membri della NATO aumentarono la loro spesa per la difesa. La Germania Ovest, cui era vietata la fabbricazione di armi, produceva apparecchiature, equipaggiamento e veicoli militari in quantitĂ sempre crescenti, ricavando al contempo grandi benefici dalla domanda di acciaio; basti pensare che tra il 1949 e il 1953 la produzione siderurgica tedesco-occidentale aumentĂČ di oltre il 60 per cento: un forte stimolo al nascente «miracolo economico». Bisognava orientare la spesa verso la crescita della forza militare. CosĂŹ in una riunione della NATO svoltasi a Lisbona nel 1952 fu deciso di costituire nel giro di due anni almeno novantasei nuove divisioni.
Non si poteva perĂČ ignorare ancora a lungo una realtĂ clamorosamente evidente. Rafforzare la NATO avrebbe contato assai poco senza il riarmo della Germania. Ma il tempo trascorso da quando per abbattere la potenza militare della Germania (una volta per tutte, si pensava) era stata necessaria una potente alleanza era brevissimo, e non sorprende che la prospettiva di una rinascita del militarismo tedesco risultasse poco attraente agli occhi dei suoi vicini europei, oltre che â comprensibilmente â terrificante per lâUnione Sovietica. Gli americani avevano sollevato la questione del riarmo della Germania Ovest giĂ nel 1950, a ridosso dello scoppio della guerra di Corea. Continuarono a premere, e i paesi dellâEuropa occidentale membri della NATO dovettero riconoscere che la posizione di Washington aveva un senso. PerchĂ© mai gli americani dovevano coprire il grosso delle spese per la difesa dellâEuropa se gli europei non erano disposti a contribuire piĂč che tanto? Nellâorizzonte europeo continuava a circolare il timore che gli Stati Uniti potessero addirittura ritirarsi dallâEuropa, come avevano fatto dopo il 1918; unâidea che sâera riaffacciata dopo la fine della seconda guerra mondiale. Era inoltre necessario assicurarsi che la Germania Ovest rimanesse legata allâalleanza occidentale: un terreno che Stalin volle sondare nel 1952 con unâavance molto allettante (seccamente respinta dai leader occidentali): fece cioĂš balenare davanti agli occhi dei tedeschi la possibilitĂ di una Germania unificata e neutrale. In Occidente lâiniziativa di Stalin fu interpretata come un tentativo di spingere gli americani a lasciare lâEuropa. Essa mirava inoltre a scongiurare un piĂč profondo inserimento della Repubblica Federale nellâalleanza occidentale: un obiettivo che il governo della Germania Ovest, sotto la guida del cancelliere Konrad Adenauer, era ansioso di raggiungere, e che a questo punto era strettamente legato alla questione del possesso di una forza armata da parte della Repubblica Federale.
Nel 1950 una prima proposta che sembrava offrire una potenziale soluzione del rompicapo di come fare della Germania una potenza militare senza alienarsi quei paesi europei che si opponevano energicamente a un passo del genere era venuta, curiosamente, dai francesi. La proposta di Parigi, avanzata nellâottobre 1950 dal capo del governo, RenĂ© Pleven, puntava a evitare lâingresso della Germania Ovest nella NATO (fortemente voluto dagli americani) mediante la creazione di unâorganizzazione per la difesa dellâEuropa che avrebbe inglobato (ma anche tenuto sotto controllo) una partecipazione tedesca. Lo schema prevedeva un esercito europeo che avrebbe incluso una componente tedesco-occidentale sotto un comando non tedesco, ma europeo (in effetti, era prevista una supervisione francese). L...