Africa bazaar
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Un banchetto per l'ingordigia del mondo

Angelo Ferrari, Raffaele Masto

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Un banchetto per l'ingordigia del mondo

Angelo Ferrari, Raffaele Masto

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«Le dichiarazioni secondo cui l'Africa è stata esplorata sono avventate come le notizie della sua morte imminente. Un'indagine davvero illuminante sull'Africa deve ancora avere luogo». Sono parole amare pronunciate da Wole Soyinka, scrittore e poeta nigeriano, primo intellettuale africano a ricevere il Premio Nobel per la letteratura. Sono in tanti a pensarla allo stesso modo: l'immagine di questo continente è tuttora deformata dal pietismo, dall'esotismo, dal qualunquismo, dal pressappochismo… Lo sguardo miope con cui l'Occidente guarda all'Africa alimenta stereotipi e luoghi comuni. E non permette di vedere come e quanto il «mondo nero» stia cambiando. Eppure l'Africa è sempre in grande movimento; lo dimostra questo stesso volume che risponde all'esigenza di rifare completamente l'edizione pubblicata solo due anni fa con nuovi eventi e fenomeni; situazioni inusitate o incancrenite; sviluppi inediti di processi geopolitici.

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L’implosione del gigante nigeriano

Ataviche divisioni religiose Nord vs Sud all’origine di Boko Haram

Per comprendere il Nord della Nigeria, non si può prescindere, ancora una volta, dalla storia. Le popolazioni haussa e fulani sono storicamente musulmane. Anzi, qui l’islam che si irradiava dalla città di Sokoto in tutto il Sahel ha vissuto una sua età dell’oro, dal punto di vista politico, militare e culturale. Il Califfato di Sokoto fu uno degli stati più potenti dell’Africa del xix secolo, nacque per effetto di una dinamica interna locale di carattere politico-religioso all’inizio dell’Ottocento per opera di un predicatore, Usman Dan Fodio che divenne in breve un leader che sconfisse una serie di piccoli regni saheliani e instaurò un califfato costituito da una serie di emirati indipendenti, ognuno con un emiro e una amministrazione propria. Con questa organizzazione e con la missione religiosa di purificare l’islam e i fedeli il Califfato di Sokoto acquistò una forte coesione interna e divenne fonte di direttive politiche, amministrative, religiose. Insomma una grande potenza continentale che dette del filo da torcere alle truppe coloniali inglesi che volevano mettere sotto la corona britannica il territorio. Ci vollero cento anni perché il Califfato cadesse militarmente, avvenne solo nel 1903. Fu sconfitto ma non si arrese mai. L’ultimo Califfo, Attahiru I, morì combattendo. Nella battaglia finale la forza militare inglese era composta principalmente da truppe coloniali della Nigeria del Sud.
La storia non si cancella, anzi continua a esercitare la sua influenza anche nel tempo, magari solo come percezione nei più giovani ma nei momenti di tensione o di paura, spesso, torna ad agitare le menti degli uomini. Nella Nigeria settentrionale quella storia è tornata più volte a farsi sentire, anche perché sotto il colonialismo poi la Gran Bretagna mantenne le tradizionali strutture sociali, comprese quelle religiose e culturali, dunque tutti gli emiri, privandoli di qualunque potere politico. Anche il Califfo di Sokoto, in quanto autorità religiosa e tradizionale, ha continuato a essere nominato fino a oggi. Di fatto nei nigeriani del Nord è radicata la consapevolezza ed è spiccato l’orgoglio di avere una storia propria e ciò esercita, anche nella Nigeria dei nostri tempi, un influsso per nulla trascurabile. La storia recente ne è stata l’esempio più lampante.
Nel 2000 i governatori di dodici stati del Nord della Nigeria dichiararono di voler applicare la sharia, cioè legge coranica. Nonostante la storia dalla quale provengono, non ne avevano mai sentito il bisogno. Cosa era accaduto per spingerli ad adottare, proprio in quel momento, una decisione di questo tipo, e così gravida di conseguenze? Per comprenderlo bastava guardare ai mesi precedenti, alle elezioni del 1999 che chiusero l’era delle giunte militari espressione delle lobby politiche, militari e religiose del Nord. Di fatto queste perdevano il controllo del paese e delle sue ricchezze, in particolare il greggio del Delta del Niger. I fautori di quella decisione sapevano bene che adottare la sharia avrebbe potuto essere fatale per l’intera federazione. La legge coranica è infatti un insieme di leggi che discendono dal libro sacro, il Corano, e regolano la vita di una comunità che a esso fa riferimento. In sostanza è un sistema giuridico. Ma la Nigeria ha ereditato dal conseguimento dell’indipendenza un sistema giuridico che discende da quello anglosassone, di conseguenza l’applicazione al Nord della sharia avrebbe creato un paese con due sistemi giuridici diversi e inconciliabili. La decisione dei governatori degli stati del Nord di fatto spaccava la Nigeria. Si trattava di un messaggio forte e minaccioso rivolto a chi, dopo le elezioni, era entrato nelle stanze del potere della Federazione Nigeriana: il Nord voleva continuare a partecipare alle ricchezze del paese. Sostanzialmente chiedeva una spartizione del potere.
In quegli anni la Nigeria visse un tacito braccio di ferro. Il Sud, nella persona del vincitore delle elezioni, Olusegun Obasanjo, resisteva e il Nord continuava a sferrare colpi alla credibilità internazionale del paese. Dopo l’applicazione della legge coranica al Nord venne anche trovata una donna, Safiya Hussaini, di Sokoto, da condannare a morte tramite lapidazione, colpevole di adulterio, cioè di avere avuto una figlia senza avere un marito. Per «salvare Safiya» ci fu una campagna internazionale di raccolta di firme mentre il mondo – capi di stato, uomini e donne dello spettacolo e dello sport – protestava con la Nigeria e chiedeva la sua assoluzione. Sempre in quegli anni i governatori di alcuni stati del Nord bloccarono le campagne di vaccinazione per la poliomielite delle agenzie sanitarie delle Nazioni Unite accusandole di trasmettere, attraverso i vaccini confezionati in Occidente da miscredenti, sostanze che spingono al peccato e affievoliscono il sentimento religioso. La poliomielite, che in alcune regioni nigeriane del Nord e del Centro era endemica, riprese a mietere vittime e il mondo tornò a protestare con il paese di Obasanjo.

Culla di Boko Haram

Sono proprio quelli gli anni in cui nacque Boko Haram, la formazione jihadista che ha sconvolto il Nordest della Nigeria e ha prodotto almeno 20 000 morti e un milione di sfollati interni. La nascita di Boko Haram sembra proprio un evento che rappresenta la logica continuazione dei ricatti che il Nord in quegli anni fece al Sud il quale, dopo trent’anni, era arrivato a estrometterli dal potere. Del resto ci sono le prove che Mohamed Yusuf, l’imam che fondò Boko Haram nel 2002, per costruire la sua moschea e la sua madrassa a Maiduguri, ottenne finanziamenti dal governatore dello stato di Kano e da quello dello stato del Borno. Da lì cominciò uno dei peggiori capitoli della storia recente della Nigeria.
Nel 2009 il predicatore Mohamed Yusuf fu arrestato e ucciso in carcere dopo una presunta insurrezione da lui guidata nella città di Maiduguri, capitale dello stato di Borno. Quell’arresto e quell’uccisione furono un punto di svolta. Fino ad allora Boko Haram era stato un gruppo di fanatici integralisti che protestavano minacciosamente e pubblicamente contro le scuole di tipo occidentale, contro il presunto allentamento dei costumi, contro la polizia che non puniva severamente malavitosi e commercianti di alcol e contro la dilagante corruzione dei politici e dei militari. Facevano paura, ma chiunque li avesse visti comprendeva che non sarebbero potuti andare molto lontano, si sarebbero esauriti col tempo e del resto potevano solo contare su bastoni e machete. Se lo stesso visitatore fosse andato a Maiduguri nel 2014 non avrebbe potuto fare a meno di constatare, con una certa inquietudine, che Boko Haram aveva armi automatiche in quantità, combattenti esperti, una buona capacità logistica, enormi riserve di esplosivo, e militanti in grado di usarlo con perizia. Avrebbe dovuto concludere che qualcuno, evidentemente, aveva investito sul terrore. Certamente ci furono interessi locali, politici ed economici, che traevano un certo profitto dall’esistenza di Boko Haram e dal terrore che i suoi militanti seminavano. Ma altrettanto certamente, a partire dal 2012 si fecero sentire anche pressioni esterne, in particolare quelle provenienti dal jihadismo mediorientale e maghrebino dello Stato Islamico di Abu Bakr al-Baghdadi che avevano tutto da guadagnare dal poter vantare un Califfato mondiale che andasse dall’Atlantico all’Asia Minore, con dei territori nel cuore dell’Africa.
Nel 2014, dopo una evidente e travagliata disputa interna, il leader di Boko Haram, Abubakar Shekau, in un video proclama infine fedeltà allo Stato Islamico ma quando Boko Haram comincia a perdere terreno sotto i colpi dell’esercito nigeriano e di una coalizione militare di nazioni regionali, Abu Bakr al-Baghdadi nomina un altro leader, Abu Musab al-Barnawi, figlio del fondatore Mohamed Yusuf ed evidentemente personaggio più affidabile e più in linea con lo Stato Islamico. Oggi Boko Haram non ha più territori africani da portare al grande progetto dello Stato Islamico mondiale ma continua a essere una formazione jihadista molto attiva nel Borno e con due leader, segno che le vicende politiche nel grande Nord della Nigeria sono tutt’altro che unificanti e lineari. La storia recente lascia al paese un problema enorme e irrisolto nel Nordovest: quasi un milione di sfollati, cioè abitanti dello stato di Borno e di quello di Adamawa che hanno dovuto lasciare le proprie abitazioni per timore degli attacchi di Boko Haram e per timore, allo stesso modo, dell’esercito nigeriano. A queste si aggiungono altre centinaia di migliaia di rifugiati provenienti dai paesi vicini – Camerun, Ciad, Niger – anche questi finiti nel raggio d’azione di Boko Haram. Oggi sono tutti accampati, quasi senza aiuti umanitari, intorno al Lago Ciad che, per effetto anche dei cambiamenti climatici, è diventato poco più che una pozzanghera, 2000 chilometri quadrati rispetto ai 20 000 degli anni Settanta. Si parla in totale di circa 5 milioni di profughi, il più grande serbatoio di potenziali migranti del mondo al quale la Nigeria dà il più importante contributo.

Un gigante dai piedi d’argilla

Ero stato in Nigeria nel 2008, quando ancora Boko Haram era una setta islamica con un raggio d’azione limitato e un seguito inconsistente che ritenevo non avesse futuro. Mi sbagliavo. Sei anni dopo era diventata il principale problema del paese: aveva allargato il suo campo di attività – oltre che negli stati di Borno, Adamawa e Yobe aveva compiuto devastanti attentati a Kano, il principale centro del Nord, e addirittura nella capitale federale Abuja –, aveva intensificato il ritmo degli attacchi, era passata a vere e proprie azioni di guerra e, sull’onda di una sorta di emulazione dei combattenti dello Stato Islamico in Iraq, aveva istituito il proprio Califfato in un territorio al confine con il Camerun e il Ciad e teneva testa militarmente all’esercito federale.
In pochi anni att...

Inhaltsverzeichnis

  1. prefazione
  2. la tentazione di dividersi dell’africa
  3. parte i
  4. Condizioni interafricane
  5. Condizionamenti extrafricani
  6. parte ii
  7. Assassinio del Nilo
  8. Sempre più Sahelistan
  9. L’Africa occidentale scossa da fremiti
  10. L’implosione del gigante nigeriano
  11. Dal Ruvuma allo Zambesi
  12. conclusioni
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APA 6 Citation

Ferrari, A., & Masto, R. (2022). Africa bazaar ([edition unavailable]). Rosenberg & Sellier. Retrieved from https://www.perlego.com/book/3513372 (Original work published 2022)

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Ferrari, Angelo, and Raffaele Masto. (2022) 2022. Africa Bazaar. [Edition unavailable]. Rosenberg & Sellier. https://www.perlego.com/book/3513372.

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Ferrari, A. and Masto, R. (2022) Africa bazaar. [edition unavailable]. Rosenberg & Sellier. Available at: https://www.perlego.com/book/3513372 (Accessed: 25 June 2024).

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Ferrari, Angelo, and Raffaele Masto. Africa Bazaar. [edition unavailable]. Rosenberg & Sellier, 2022. Web. 25 June 2024.