Alessandro Magno e gli imperi ellenistici
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Alessandro Magno e gli imperi ellenistici

Claudia De Luca, AA.VV., Giorgio Rivieccio, Franca Landucci, Franca Landucci

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Alessandro Magno e gli imperi ellenistici

Claudia De Luca, AA.VV., Giorgio Rivieccio, Franca Landucci, Franca Landucci

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Dominò la Grecia intera e poi estese le sue conquiste all'Asia, creando in poco più di dieci anni un impero sconfinato che andava dall'Egitto all'India: Alessandro Magno fu il più grande conquistatore e stratega dell'antichità. Nobile d'animo e violento allo stesso tempo, solo la morte, a trentatré anni, gli impedì di completare il sogno di un impero universale. Il suo non fu però un assoggettamento totale dei popoli conquistati: con lui si verificò il primo caso di sincretismo tra la civiltà egemone, occidentale, e quelle sottomesse, orientali, che generò una fusione tra culture differenti, senza che nessuna risultasse dominante. Ebbe così inizio l'età ellenistica (ingiustamente oscurata dagli storici fino a poco tempo fa), che nel corso dei secoli trasformò la civiltà del Mediterraneo in un crogiolo di saperi e religioni frutto dell'assimilazione e rielaborazione dei reciproci influssi di Oriente e Occidente.

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Información

Editorial
Pelago
Año
2021
ISBN
9791280714367
FOCUS

GLI EVENTI

LA MACEDONIA, UN PAESE NATO DA UN POPOLO

Dopo la battaglia di Mantinea dell’estate del 362 a.C., il mondo greco era in uno stato di confusione e disordine: né gli Ateniesi, né gli Spartani, né i Beoti erano ormai in grado di costruire un’egemonia salda e duratura. In questa difficile situazione di stallo, in un breve volgere di anni crebbe in maniera irresistibile la potenza del regno di Macedonia, che fino a quel momento era stato una periferia lontana e marginale della Grecia delle città.
Dal punto di vista geografico, la Macedonia è un’ampia regione situata a sud della catena dei Balcani: è attraversata in direzione nord-sud da sistemi fluviali di notevole portata, che costituiscono anche una naturale via di comunicazione tra le montuose regioni dell’interno e la costa del Mar Egeo. La Macedonia, inoltre, si trova lungo la direttrice che dall’Adriatico arriva fino agli Stretti del Bosforo e dell’Ellesponto: direttrice che, in epoca romana, fu interamente percorsa dalla Via Egnatia che da Durazzo, sul Mare Adriatico, giungeva fino a Bisanzio, la futura Costantinopoli, sul Bosforo, attraversando tutto il territorio macedone.
Il “cuore” geografico della Macedonia antica era composto da una grande pianura alluvionale, chiamata indifferentemente Bottiea o Emazia nelle fonti, creata dai depositi dei fiumi Aliacmone, Ludia e Assio, che sfociano nel Mar Egeo: in questa zona si trovavano sia l’antica capitale Ege, sempre rimasta sede delle sepolture reali, sia la nuova capitale Pella, centro politico e amministrativo del regno a partire dall’inizio del IV secolo a.C.
Le montagne che facevano da confine alla Macedonia a nord-ovest, nord e nord-est erano ricche di legname e di giacimenti minerari di rame, ferro, oro e argento, mentre le zone collinari e la pianura centrale, ricche di acqua dolce, con un clima continentale temperato nell’interno e un clima mediterraneo sulla costa, erano tra le aree più fertili della penisola balcanica, surclassando senza alcun dubbio tutta la Grecia. Proprio le grandi risorse naturali avevano attratto l’interesse dei Greci i quali, lungo le coste della Macedonia e dell’Egeo settentrionale, avevano fondato una vasta serie di città, che si erano grandemente arricchite grazie allo sfruttamento delle ricchezze del territorio, i cui proventi solo in minima parte ricadevano sui Macedoni stessi.
In ogni caso, come osserva lo storico greco Miltiades Hatzopoulos,
“CI SONO POPOLI CHE DEVONO LA LORO IDENTITÀ A UN PAESE E PAESI CHE DEVONO LA LORO IDENTITÀ A UN POPOLO. SE I FRANCESI DERIVANO LA LORO IDENTITÀ DALLA FRANCIA, LA MACEDONIA AL CONTRARIO, NON È ALTRO CHE IL PAESE DEI MACEDONI. DI QUI LA DIFFICOLTÀ DI DEFINIRNE I CONTORNI GEOGRAFICI IN MANIERA PRECISA.”
E aggiunge: «nel corso della storia, i confini del paese hanno seguito l’espansione del popolo macedone, dai rilievi montuosi del Pindo, a ovest, fino alla pianura di Filippi, ad est, e dal monte Olimpo, a sud, fino alle gole dell’Assio tra i monti Barno (Kaïmaktsalan) e Orbelo (Beles), a nord».1
I Macedoni, quindi, sono stati i veri protagonisti della storia (e della geografia) del loro Paese: un popolo dalle origini oscure e discusse, che era presente nel territorio già prima del 700 a.C. e che parlava un dialetto di matrice greca, influenzato (e imbarbarito) dai contatti con le popolazioni anelleniche confinanti (Traci e Illiri).
I Macedoni erano guidati da una monarchia di tipo omerico: il re era acclamato dall’assemblea del popolo in armi, era il capo dell’esercito e fungeva da supremo sacerdote della comunità.
Anche se la monarchia era elettiva, di fatto il potere regale ab origine era in mano a un’unica dinastia, in genere indicata dai moderni come dinastia degli Argeadi, la cui storia coincideva con quella del popolo macedone: in effetti, nella ricostruzione di questa storia noi utilizziamo una cronologia basata sulla successione dei vari sovrani, fino ad arrivare a Filippo II, terzogenito di Aminta III, che, dopo la morte di entrambi i fratelli maggiori (Alessandro II e Perdicca III), salì al trono nel 359 a.C., solo tre anni dopo la battaglia di Mantinea, che aveva lasciato tutta la Grecia in balìa degli eventi.
Nel 359 anche la situazione della Macedonia appariva disperata: il re Perdicca III era morto in battaglia combattendo contro gli Illiri che dal nord premevano per scendere in pianura e impadronirsi di un territorio molto fertile; a oriente i Traci tentavano di rafforzare il controllo sulle miniere d’oro del monte Pangeo; sulla costa le colonie greche, aizzate dagli Ateniesi, rifiutavano la legittimità del potere di Filippo, allora appena ventenne: il regno di Macedonia sembrava sull’orlo della catastrofe.

FILIPPO II E UN RINNOVATO IDEALE PANELLENICO

Filippo però si rivelò subito un personaggio eccezionale, che, come ci dice Diodoro Siculo (Biblioteca storica), in un ventennio rese la Macedonia padrona di molti e grandi popoli.
Nei primi anni di regno, tentò di rimettere in sesto il suo Stato, con una serie di azioni che avevano lo scopo di ottimizzare le risorse di cui disponeva: la prima di queste azioni, tesa a utilizzare le grandi risorse demografiche della Macedonia, fu l’invenzione della cosiddetta falange macedone, una formazione di fanteria pesante che, bloccando la fanteria avversaria, permetteva alla cavalleria, arma di elezione degli aristocratici «compagni del re», di sfruttare al meglio le proprie capacità distruttive.
La seconda azione di Filippo fu lo sforzo indefesso di consolidare le frontiere settentrionali, sconfiggendo a uno a uno i popoli barbari che dalle montagne dell’interno da sempre minacciavano i Macedoni, in primo luogo gli Illiri, che nel 359 a.C. avevano sconfitto e ucciso Perdicca. La terza fu quella di porre limiti sempre più severi alle prevaricazioni dei Greci nello sfruttamento delle materie prime macedoni, obiettivo raggiunto nel 348 a.C. quando, con la distruzione della città di Olinto, fu eliminata l’ultima città costiera indipendente e si arrivò a una completa integrazione di queste città nel regno di Macedonia.
Nel frattempo, Filippo cominciò un’opera di penetrazione nella Grecia propriamente detta: prima di tutto si inserì nelle contese che da tempo travagliavano la Tessaglia, la grande regione che separava la Macedonia dalla Grecia a sud delle Termopili, e si fece nominare governatore a vita (tago) dello Stato federale tessalo. Grazie al rapporto con la Tessaglia, riuscì a inserirsi (e a vincere) nella cosiddetta Terza guerra sacra, che tra il 356 e il 346 a.C. vide coinvolto tutto il mondo greco per il controllo del santuario panellenico di Delfi.
Subito dopo, prese di mira Atene, che aveva rifiutato la sua offerta di un’alleanza in cui la città attica avrebbe dovuto essere la longa manus della Macedonia in Grecia: nonostante tutti i tentativi degli Ateniesi di costruire una forte coalizione antimacedone, nella tarda estate del 338 a.C. a Cheronea, in Beozia, si combatté una battaglia decisiva per l’egemonia sulla Grecia. Filippo sbaragliò i suoi nemici e subito dopo, nel 337, impose ad Atene un trattato di pace e amicizia che metteva fine a una pluriennale, reciproca ostilità. Nel 336 Filippo fondò un’alleanza panellenica, la Lega di Corinto, di cui era il supremo comandante, in vista di una grande spedizione contro l’Impero persiano che ormai da duecento anni era padrone di un immenso territorio che andava dall’altopiano iraniano a est fino all’Egitto a sud e all’Anatolia a ovest.
A prescindere dai possibili esiti di questa futura guerra in Asia, Filippo si era ormai impadronito di tutta la Grecia continentale: come re di Macedonia dominava Traci e Macedoni, come tago dello Stato federale tessalo controllava l’intera Tessaglia e il santuario di Delfi, come comandante della Lega di Corinto guidava tutti i Greci delle città.
Per la prima volta, il policentrismo greco si ricomponeva in una unità nuova grazie a un personaggio nel cui carisma sembravano rivivere gli ideali panellenici del passato.
Nella tarda estate del 336 a.C., però, Filippo fu ucciso a tradimento da una delle sue guardie del corpo, mentre nel teatro di Ege si apprestava a festeggiare le nozze della figlia Cleopatra con il re dell’Epiro Alessandro il Molosso.

ALESSANDRO MAGNO E LA CONQUISTA DELL’ORIENTE

Di fronte al cadavere di Filippo II, fu acclamato re Alessandro, il figlio nato nel 356 a.C. dal matrimonio con la principessa epirota Olimpiade e educato dal padre all’esercizio del potere: pur essendo giovanissimo, si era già distinto nella battaglia di Cheronea, mostrando grande coraggio e abilità. Con l’appoggio della madre, cui era molto legato, e di alcuni dei collaboratori di suo padre, si liberò di tutti i possibili oppositori interni ed esterni: per incutere timore ai Greci, che anelavano a sottrarsi al controllo macedone, nel 335 a.C. rase al suolo la città di Tebe, che aveva osato ribellarsi al suo potere.
Alessandro III di Macedonia, oggi universalmente noto come Alessandro Magno, nella primavera del 334 a.C. diede inizio alla spedizione contro la Persia già progettata da Filippo II; sbarcato nella Troade, affrontò e sconfisse sul fiume Granico le truppe persiane di stanza in Anatolia e nel giro di un anno raggiunse il primo obiettivo della sua impresa: liberare tutte le principali città greche dell’Asia Minore dal giogo persiano, come aveva sicuramente pensato di fare suo padre.
A questo punto, però, Alessandro continuò ad avanzare in direzione sud-est e, giunto alla catena del Tauro, attraversò il passo montano cosiddetto delle Porte Cilicie (Gülek Boğazı in turco): nel novembre del 333 a.C., arrivato nella pianura di Isso, in Siria, inflisse una dura sconfitta a una grande armata persiana guidata dallo stesso re Dario III, che fuggì verso oriente, e si impadronì dell’accampamento nemico, con tutta la famiglia reale, che trattò con rispetto e considerazione.
Padrone della Siria, il giovane sovrano macedone occupò la costa fenicia, conquistando tutte le basi navali della zona: l’ultimo porto a cadere nelle sue mani fu quello di Tiro, nell’agosto del 332 a.C., e fu così raggiunto l’obiettivo di escludere la Persia dal bacino del Mediterraneo. Subito dopo avanzò verso l’Egitto, dove da tempo la popolazione locale era insofferente al dominio persiano: accolto trionfalmente come un vero e proprio liberatore, nell’inverno del 332/31 a.C. Alessandro si recò nell’oasi di Siwa, per consultare l’oracolo del santuario del dio Ammone (identificato dai Greci con Zeus). Giunto al tempio, fu salutato dal sacerdote come figlio di Zeus.
Questo episodio ha suscitato infinite discussioni tra gli antichi e i moderni: alcuni ritengono che il sacerdote intendesse semplicemente riconoscere Alessandro come successore dei faraoni, da sempre considerati incarnazioni divine, e che il re ne abbia approfittato per motivi propagandistici. Altri, invece, sostengono che Alessandro credesse davvero di essere figlio di Zeus (e non di Filippo II), in base al racconto della madre Olimpiade su una sua ierogamia con il dio, giunto da lei sotto forma di serpente, e che abbia considerato il responso dell’oracolo come una conferma di questa sua convinzione.
In ogni caso, è certo che da quel momento il re, in grazia di questa sua (presunta) origine divina, cominciò a “orientalizzare” la sua sovranità, con una svolta autocratica che con il passare del tempo diventò sempre più evidente.
Tornato sulla costa, Alessandro, a ovest del delta del Nilo, fondò Alessandria, destinata a diventare una delle più grandi e famose metropoli del mondo antico. Solo nella primavera del 331 a.C., il re lasciò l’Egitto e riprese l’avanzata verso oriente, penetrando in Mesopotamia: riuscì ad attraversare il fiume Eufrate e il fiume Tigri senza incontrare nessuna opposizione.
Nella pianura assira, a est della moderna città di Mosul, nell’Iraq settentrionale, tra le località di Gaugamela e Arbela, nell’ottobre del 331 a.C., Alessandro, per la terza volta, sconfisse l’esercito persiano, numericamente di gran lunga superiore al suo: dopo la disfatta di Dario III, fuggito verso le satrapie più orientali del regno, le grandi capitali dell’impero (Babilonia, Susa, Persepoli, Pasargade, Ecbatana) caddero una dopo l’altra nelle mani del re macedone, acclamato come nuovo re dell’Asia.
Pochi mesi dopo la sconfitta di Gaugamela, Dario III fu ucciso dal satrapo della Battriana Besso, che pensava così di ingraziarsi Alessandro; quest’ultimo, invece, lo punì con la morte e diede sepoltura regale al re defunto a Pasargade, indicando così chiaramente la propria volontà di presentarsi come suo legittimo successore sul trono imperiale degli Achemenidi (la dinastia fondata da Ciro I, che regnava dalla metà del VI secolo a.C.). In quest’ottica, Alessandro accentuò sempre di più l’orientalizzazione della sua monarchia, sia nel processo di divinizzazione della sua persona, sia nella gestione del potere, in vista di una piena integrazione tra Macedoni, Greci e Persiani.
Questo suscitò grande scontento tra i Macedoni che vivevano alla sua corte, i quali da sempre consideravano il sovrano un primus inter pares (primo tra uguali) e che ritenevano l’obbligo della proskynesis (inchinarsi davanti a lui fino a toccare il pavimento con la fronte) un insulto intollerabile alla loro dignità di uomini liberi. Alessandro però decise di ignorare le proteste dei suoi uomini, continuò a proclamarsi erede dei Gran Re dei Persiani e, nell’autunno del 330 a.C., diede inizio alla conquista delle satrapie più orientali del loro impero (Ircania, Areia, Drangiana, Aracosia, Battriana e Sogdiana), nei territori che oggi corrispondono all’Iran orientale, all’Afghanistan e al Pakistan, fino al fiume Indo.
Ma già nei primi mesi di questa spedizione il campo macedone fu sconvolto dalla scoperta di una congiura contro il sovrano, in cui fu coinvolto anche Filota, il giovane e valoroso comandante della cavalleria dei «compagni del re». Filota era figlio del generale Parmenione, che era stato uno dei più fedeli collaboratori di Filippo II, aveva seguito Alessandro nella sua avventura in Asia e, in quel momento, si trovava a Ecbatana dove era rimasto come governatore della satrapia della Media. Accusato di tradimento dal re davanti ai soldati, fu riconosciuto colpevole e giustiziato; l’accusa di tradimento fu ribaltata anche su Parmenione, che fu a sua volta giustiziato a Ecbatana da un gruppo di uomini appositamente inviati da Alessandro.
La marcia verso est dei Macedoni continuò comunque senza sosta, tra il 329 e il 327 a.C., segnata da molte vittorie, difficoltà logistiche e numerose fondazioni di città, gran parte delle quali omonime della prima e più famosa Alessandria d’Egitto: da Alessandria d’Aria (odierna Herat, nell’Afghanistan occidentale), ad Alessandria d’Aracosia (odierna Kandahar, nell’Afghanistan meridionale), da Alessandria del Paropamiso (odierna Kabul, capitale dell’Afghanistan, nel nord-est del Paese), ad Alessandria Eschate (letteralmente Ultima) in Sogdiana, sulla sponda meridionale del fiume Iassarte (odierno Syr Darya), sul luogo dell’odierna città di Chujand, in Tagikistan, antico confine tra l’Impero persiano e gli Sciti nomadi, base avanzata settentrionale dei Macedoni in Asia centrale.
Dopo la capitolazione della Sogdiana, nel 327 a.C., Aless...

Índice

  1. Collana
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Indice
  5. Alessandro, il conquistatore che riunì Oriente e Occidente di Giorgio Rivieccio
  6. PANORAMA
  7. FOCUS
  8. APPROFONDIMENTI
  9. Piano dell'opera
Estilos de citas para Alessandro Magno e gli imperi ellenistici

APA 6 Citation

Luca, C. D., & Rivieccio, G. (2021). Alessandro Magno e gli imperi ellenistici ([edition unavailable]). Pelago. Retrieved from https://www.perlego.com/book/3119381/alessandro-magno-e-gli-imperi-ellenistici-pdf (Original work published 2021)

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Luca, Claudia De, and Giorgio Rivieccio. (2021) 2021. Alessandro Magno e Gli Imperi Ellenistici. [Edition unavailable]. Pelago. https://www.perlego.com/book/3119381/alessandro-magno-e-gli-imperi-ellenistici-pdf.

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Luca, C. D. and Rivieccio, G. (2021) Alessandro Magno e gli imperi ellenistici. [edition unavailable]. Pelago. Available at: https://www.perlego.com/book/3119381/alessandro-magno-e-gli-imperi-ellenistici-pdf (Accessed: 15 October 2022).

MLA 7 Citation

Luca, Claudia De, and Giorgio Rivieccio. Alessandro Magno e Gli Imperi Ellenistici. [edition unavailable]. Pelago, 2021. Web. 15 Oct. 2022.