PARTE II
TRANSIZIONE REGIONALE
7. L’unione Europea nel 2022:
continuità o trasformazione?
Sonia Lucarelli
Covid-19, pandemia, SARS-CoV-2, varianti, vaccini, No Vax, contagio, immunità di gregge … termini ignoti al largo pubblico fino alla primavera 2020, che oggi hanno assunto assoluta centralità nel dibattito pubblico in Europa (e ben oltre). Il 2021 è stato nuovamente un anno fortemente contrassegnato dalla presenza della pandemia da Covid-19 che ha condizionato il dibattito pubblico, l’agenda politica e la scelta delle priorità sia in Europa sia nel resto del mondo. Il virus – ormai è noto – non ha toccato pesantemente “soltanto” la sfera sanitaria, ma complessivamente la vita di persone e istituzioni. Se la prima fase di risposta dell’Europa alla sfida pandemica era stata incerta e lenta, nel corso dell’anno passato si è assistito a un’accelerazione significativa, nella prospettiva di cogliere la crisi come un’opportunità di rilancio e innovazione.
Tuttavia, il 2021 non ha lasciato in eredità al nuovo anno solo la pandemia e la prospettiva del rilancio, ma anche molteplici incertezze e ambiti di forte tensione, sia a livello intra-europeo sia internazionale. La pandemia ha avuto la capacità di congelare o rallentare alcuni processi, al contempo accelerandone altri. In un anno che si prospetta ancora contrassegnato dalla diffusione di varianti del Covid-19 è quindi difficile immaginare la politica in Europa e nel mondo. Ciò che però è dato ipotizzare è che le sfide non mancheranno. In questo capitolo ci proponiamo di individuare il lascito del 2021 e alcune tra le principali sfide per il nuovo anno. Se queste porteranno a continuità (stagnazione?) o trasformazione dipenderà dalla capacità di risposta dell’Unione e dei suoi Stati membri.
Il lascito del 2021
Molto dell’agenda politica europea del 2021 ha riguardato la continuazione di processi avviati nel 2020 o precedentemente, non soltanto in conseguenza della pandemia.
In primo luogo, dal 1° gennaio 2021, è terminato il periodo di transizione e il divorzio tra Unione Europea e Regno Unito è divenuto effettivo. Il 1° maggio, con la ratifica delle ultime tappe dell’accordo post-Brexit su scambi commerciali e sicurezza delle informazioni, si è completata l’attuazione dell’accordo tra le due parti del dicembre 2020. L’effetto non è parso drammatico per l’Unione, e anzi si sono aperti maggiori margini di avanzamento dell’integrazione, ma certo gli effetti della Brexit sulle due parti devono essere ancora valutati a pieno.
In secondo luogo, nel 2021 è stata avviata l’attuazione del grande piano di rilancio economico-sociale dell’Europa noto come Next Generation EU. L’approvazione dei piani di ripresa e resilienza nazionali e il via libera a 22 paesi per l’uso dei fondi per investimenti e riforme hanno dato un importante contributo all’economia europea, ma hanno anche creato la concreta possibilità di dare avvio a un vasto programma di riforme strutturali di ampia portata con impatto ben al di là della ripresa post-pandemica. Sul fronte sanitario lo sforzo straordinario che ha consentito la vaccinazione alla grande maggioranza dei cittadini europei, il sostegno alla vaccinazione globale, l’adozione del certificato digitale Covid dell’UE per permettere il mantenimento della mobilità intra europea, il rafforzamento del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, sono state misure che hanno mostrato capacità di risposta e investimento per creare un’Unione resiliente. Nella stessa direzione è andata l’adozione da parte della Commissione nel giugno 2021 della proposta di legge europea sul clima (che ha ufficialmente fissato il duplice obiettivo di rendere l’UE climaticamente neutra entro il 2050 e di ridurre le emissioni di CO2 di almeno il 55% entro il 2030) e la proposta della Commissione per il decennio digitale europeo. Sul piano politico interno, il 2021 è stato caratterizzato da uno sforzo da parte delle istituzioni comunitarie di monitorare lo stato della democrazia nei Paesi membri.
Un impegno, quello del 2021, che ha anche suggerito le parole chiave per individuare le priorità del 2022. Sviluppo eco-sostenibile, digitalizzazione e democrazia sono anche le parole con cui la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha aperto l’anno academico all’Università Cattolica di Milano il 19 dicembre 2021. Infine, il 2021 è stato l’anno di avvio della Conferenza sul futuro dell’Europa, un coraggioso – forse troppo coraggioso – passo fatto congiuntamente da Consiglio Commissione e Parlamento europeo, nella speranza di rilanciare il processo di integrazione con il coinvolgimento dei cittadini europei, pur in un momento di gravi difficoltà legate alla pandemia da Covid-19.
Il grande Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) dell’Europa avviato lo scorso anno non ha avuto solo lo scopo di rispondere a sfide interne, sostenere la ripresa dell’Europa e depotenziare gli animi eurocritici, ma anche quello di sostenere la capacità per l’UE di svolgere un ruolo internazionale di rilievo, un ruolo che la stessa von der Leyen aveva chiamato “geopolitico”. A questo fine, per ovviare al maggior limite della capacità dell’Unione di utilizzare le proprie risorse di potere economico per finalità politiche – le divergenze e il potere di veto degli Stati membri – l’8 dicembre 2021 la Commissione europea ha presentato una serie di misure che le consentiranno di avere un ruolo più incisivo in politica estera (che pure è ambito intergovernativo) utilizzando le proprie competenze in materia di commercio. Infatti, attraverso il “Nuovo strumento anticoercizione”, la Commissione potrebbe decidere di prendere in autonomia una serie di misure in ambito di commercio internazionale nel caso in cui un Paese terzo si stia comportando in modo scorretto verso l’Unione o un singolo Stato membro, potendo così imporre dazi, sospensione di collaborazioni scientifiche, limitazione di accesso al mercato unico ecc., con effetto immediato. L’esito della proposta lo si potrà apprezzare soltanto nell’arco del 2022, ma al momento la nuova presidenza di turno francese si è detta favorevole ad appoggiare la proposta. Se così fosse, si tratterebbe di un grosso potenziamento delle competenze della Commissione in politica estera.
Inoltre, sul versante della politica di difesa, nel 2021 sono stati fatti ulteriori passi avanti nella realizzazione della Cooperazione strutturata permanente (Pesco) ed è divenuto operativo il Fondo europeo per la Difesa. Inoltre, l’alto rappresentante per la politica estera, Joseph Borrell, ha lavorato nell’arco dell’anno al cosiddetto “Strategic Compass”, “una proposta politica per prevenire il principale rischio che l’UE sta affrontando: quello della ‘riduzione strategica’, ovvero di essere sempre guidata da principi ma raramente rilevante”. In un mondo sempre più complesso e ad alta competizione geopolitica, caratterizzato da minacce crescenti, sviluppo tecnologico accelerato, crisi climatica e instabilità globale, lo Strategic Compass si propone come lo strumento per aumentare la coesione interna in questioni di sicurezza e difesa dell’Unione, rafforzare la presenza e incisività dell’Unione nello scenario internazionale, approfondire i partenariati e stimolare l’innovazione. Nell’ottica dei proponenti, un passo nella direzione di una “Unione Europea della difesa”.
Purtuttavia, il futuro dell’Europa e del ruolo internazionale dell’UE restano caratterizzati da incertezza ed elementi di preoccupazione. Il 2021 è stato contrassegnato da persistenti divisioni interne su democrazia e stato di diritto a est, nazionalismi vaccinali, divergenze rispetto alla politica verso l’ingombrante vicino russo, difficoltà a raggiungere la programmata parità strategica o anche solo a dimostrare rilevanza sulla scena internazionale hanno minato la credibilità dell’UE come attore internazionale. La scarsa presenza dell’UE nelle vicende di Bielorussia, Ucraina, Afghanistan e Kazakistan nell’arco del 2021 non hanno fatto che rafforzare l’immagine di un vecchio continente debole e frastagliato. Non solo, la capacità di Cina e Russia di utilizzare al meglio lo strumento della diplomazia vaccinale ha messo in ombra il grande sforzo del “Team Europa” (UE e Stati membri) sul fronte del sostegno alla vaccinazione dei paesi più bisognosi.
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