Specchio delle mie brame
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Specchio delle mie brame

La prigione della bellezza

Maura Gancitano

  1. 152 páginas
  2. Italian
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Specchio delle mie brame

La prigione della bellezza

Maura Gancitano

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La bellezza oggi è qualcosa di ben preciso a cui adeguarsi: un certo modo di vestire, di mangiare, di parlare, di camminare. Non si tratta di una questione puramente estetica, ma di una tecnica politica di esercizio del potere. In altre parole, di una gabbia dorata in cui non ci rendiamo conto di essere rinchiusi. L'idea che la bellezza sia qualcosa di oggettivo e naturale è una superstizione moderna. Infatti non è mai esistita un'epoca in cui non convivessero estetiche e sensibilità diverse. Il culto della bellezza è diventato una prigione solo di recente: quando le coercizioni materiali verso le donne hanno iniziato ad allentarsi, il canone estetico nei confronti del loro aspetto è diventato rigido e asfissiante, spingendole alla ricerca di una perfezione irraggiungibile. Qui sta il punto: l'idea di bellezza ha subito con la società borghese uno spostamento di significato, da enigma a modello standardizzato che colonizza il tempo e i pensieri delle donne, facendole spesso sentire inadeguate. Il risultato è che viviamo in un tempo in cui le persone potrebbero essere finalmente libere, ma in cui, al contrario, ha valore e dignità solo ciò che risponde a determinati parametri. Ripensare la bellezza al di là dell'indottrinamento e del consumo significa coglierla come percorso di fioritura personale, lontano da qualunque tipo di condizionamento esterno. In questo libro Maura Gancitano racconta la storia di un mito antico quanto il mondo e ci fa vedere come le scoperte della filosofia, dell'antropologia, della psicologia sociale e della scienza dei dati possano distruggere un'illusione che ci impedisce ancora di ascoltare e seguire i nostri autentici desideri e di vivere liberamente i nostri corpi.

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Información

Editorial
EINAUDI
Año
2022
ISBN
9788858438879
Categoría
Philosophy
Capitolo quarto

Bellezza, grasso e decoro

Ho una figlia di undici anni. È la piú alta della sua classe, scrive racconti fantasy, conosce a memoria interi capitoli della saga di Harry Potter e tutti i nomi delle muse della mitologia greca. Ed è in sovrappeso. Il suo grasso è un’ombra che aleggia su di lei e su di me fin da quando era neonata, forse fin da quando ho detto di essere incinta. «Chissà se sarà grassa anche lei come la madre», devono aver pensato molte persone.
L’intelligenza, la sensibilità, l’unicità cosí evidente di mia figlia non contano, perché quando entra in una stanza o si ritrova con un gruppo di coetanee, il suo corpo è già sotto giudizio. Verso mio figlio, che di anni ne ha otto, quella stessa ombra non c’è mai stata. Lui viene visto come robusto, sodo, massiccio al massimo. Lei, al contrario, spesso sembra aggressiva, pigra, goffa, fa paura alle mamme delle bambine piú esili, viene guardata in modo strano perché le misure dei suoi vestiti sono diverse rispetto alla media.
E lo sguardo che tocca lei ricade su di me, sulla mia colpa, sul mio peccato. Cosa hai fatto per renderla cosí? Non ti sei presa cura di lei, non ti sei presa cura di te, le hai trasmesso l’amore per i libri e per la scrittura, ma lei come te ha un corpo sbagliato di cui si vergognerà, una questione irrisolta direttamente collegata alla tua. Da genitori si ha paura di trasmettere ai figli un gene guasto, qualcosa che non funziona, una colpa.
Ho iniziato a vergognarmi del mio grasso proprio alla sua età, e la vergogna era legata alla paura che percepivo intorno a me ogni volta che mi sedevo a tavola, o dovevo provare dei vestiti nei camerini, o frequentavo una lezione di danza o mi trovavo di fronte a estranei.
Non serve che te lo dicano chiaramente, lo percepisci. È una questione di linguaggio non verbale, è il modo in cui ci si avvicina o ci si allontana dal tuo corpo.

Magro è buono, grasso è cattivo.

Lo sguardo sociale sul corpo è meno pressante se in famiglia il tuo corpo non viene giudicato, ma non può essere completamente assente se vivi in una società che alimenta la paura verso tutto ciò che non considera normale. In questi mesi il corpo di mia figlia è cambiato e lei ha iniziato a indossare felpe larghe, cerca di coprirsi, replicando una reazione che milioni di persone hanno avuto prima di lei. Chiude la porta quando è in bagno, non si mostra piú come faceva prima. La bambina che ho lavato e ispezionato per dieci anni, che ho allattato per due, che ho portato nella pancia per 42 settimane sta osservando il proprio corpo cambiare a una grande velocità. Anche quando nasci in una famiglia in cui il contatto fisico è sempre stato essenziale e la nudità non è mai stata un tabú, lo sguardo sociale può farti sentire un mostro e spingerti a sottrarre il tuo corpo alla vista degli altri senza neanche capire bene perché. Sai solo che sei troppo alta, hai già il seno, i vestiti delle tue compagne di classe non ti entreranno mai. Sei diversa da loro, e allora cerchi di nascondere qualcosa che, in realtà, non si può davvero nascondere. Ti senti sempre mille occhi puntati contro, e se metterti in mostra non è ciò che desideri, provi in tutti i modi a diventare invisibile.
Lo stigma nei confronti delle persone grasse è stato oggetto di vari studi, tra cui quello condotto dal Williams College, che ha sottoposto un gruppo di bambini tra i 3 e i 5 anni a quattro diverse misure di stigma delle dimensioni corporee. I ricercatori hanno prima raccontato al gruppo delle storie in cui un bambino si comportava male, e poi hanno chiesto di scegliere, tra varie immagini di bambini di corporatura diversa, quella che secondo loro corrispondeva al bambino cattivo. La ricerca ha evidenziato che anche in bambini molto piccoli è già presente l’idea che il grasso abbia un valore negativo, e che quindi la persona grassa sia piú facilmente colpevole di gesti violenti e maleducati. Addirittura, bambine e bambini sono meno inclini a giocare con bambine e bambini grassi. L’aspetto incredibile, poi, è che lo stigma del grasso si è rivelato piú presente in bambine e bambini in sovrappeso1.
Può sembrare un risultato paradossale, eppure è facile da spiegare se si osserva quanto lo stigma del grasso sia piú una questione sociale che biologica. Bambine e bambini in sovrappeso vengono probabilmente guardati in modo diverso, e dunque educati a guardare a propria volta il grasso presente sui corpi delle persone e a giudicarlo; per loro, il grasso corporeo è già oggetto di sapere, è già un discorso che alimenta stigma e vergogna, qualcosa che suscita preoccupazione nei genitori, che li fa sentire in colpa e che vengono spinti a giudicare sporco e sbagliato.
Lo stigma del grasso è una paura sociale mascherata spesso da preoccupazione per la salute, e chi viene educato ad ascoltare espressioni e insulti riguardanti il grasso acquisisce quello stesso sguardo prima su di sé, ma in seguito anche su tutte le altre persone. Non si tratta di qualcosa di naturale, ma del frutto dell’educazione familiare, della rappresentazione televisiva (la persona grassa è spesso pigra e quasi sempre gregaria, difficilmente leader di un gruppo, a meno che non sia un gruppo di persone cattive) e delle dinamiche sociali che si ritrovano in tutti i contesti in cui i bambini vivono (scuola, parco giochi, altre famiglie).
Bambine e bambini percepiscono la paura dei genitori riguardo al loro grasso, legata spesso al timore che non abbiano opportunità pari a quelle dei coetanei normopeso e che siano oggetto di riprovazione sociale. Questo, in realtà, come vedremo, aumenta i comportamenti disordinati e gli effetti nefasti sull’identità personale e sull’autostima.
Del resto, è vero che una persona grassa ha meno possibilità a livello sociale. Nei colloqui lavorativi, molto spesso alle caratteristiche fisiche dei candidati vengono associate qualità o difetti dal punto di vista professionale2. In uno studio degli anni Novanta, per esempio, a un gruppo di 320 responsabili delle risorse umane è stato chiesto di valutare, in video, alcune persone. I candidati erano in realtà attori e attrici che, in un primo caso, hanno recitato il discorso motivazionale presentandosi con il proprio corpo normopeso, mentre in un secondo video hanno indossato delle protesi teatrali che li facevano apparire grassi. Nei due video, il discorso, l’indole, l’intonazione erano gli stessi, eppure i risultati hanno evidenziato un grande pregiudizio nei confronti dell’assunzione di candidati in sovrappeso, specialmente se donne3.
Gli stessi pregiudizi riguardano le relazioni sentimentali4. Una ricerca condotta su 554 studenti universitari ha evidenziato che le donne grasse hanno meno probabilità di uscire con qualcuno rispetto alle coetanee normopeso, mentre nel caso degli uomini il peso non è una discriminante. Un altro dato interessante emerso dallo studio è l’effetto che i commenti dei partner hanno sull’autostima delle persone esaminate: per le donne, il peso è un fattore importante nelle relazioni. Poiché è qualcosa di cui il partner maschile parla spesso, magari per chiedere alla compagna un cambiamento, il peso è diventato una fonte primaria di insoddisfazione corporea5. Quando si parla di bellezza e grasso, si parla sempre di qualcosa che dovrebbe essere privato, e invece è un fatto pubblico.

Il corpo civilizzato.

Solo nell’Ottocento si diffuse l’idea che il grasso fosse qualcosa da cui si era affetti, associato a un’identità primitiva e non civilizzata. Nel 1893, Cesare Lombroso e Guglielmo Ferrero pubblicarono La donna delinquente: la prostituta e la donna normale, in cui spiegavano, sulla base dei tratti fisici, come riconoscere, appunto, una donna perbene da una socialmente depravata. La tesi del libro era che sul corpo delle donne potevano essere rintracciate le «stimmate della degenerazione», cioè segni corporei della natura, dell’atavismo e della primitività. La donna delinquente lo era quindi per natura, per tratti distintivi innati, che rappresentavano il «ritorno agli stadi evolutivi precedenti, di carattere atavico». La loro natura primitiva condannava questi individui a violare le leggi della civiltà in cui si trovavano inconsapevolmente.
Gli autori classificarono la struttura e il colore dei capelli, la mascella, la forma degli occhi, la dimensione e la forma del seno e l’aspetto della vulva, i lobi delle orecchie e le cosce, confrontando quelli delle donne «delinquenti» con quelli delle donne «normali». Dal momento che era difficile convincere le donne benestanti a farsi esaminare, lo studio contiene il risultato degli esami forzati su donne detenute e prostitute. Lombroso e Ferrero valutarono anche il peso corporeo, arrivando a sostenere che «le donne criminali sono piú basse delle donne normali; e in proporzione alla loro statura, le prostitute e le assassine pesano piú delle donne oneste». E ancora: «Il peso esagerato delle prostitute è confermato dalla famigerata obesità che compare quando invecchiano nel loro sfortunato mestiere e diventano gradualmente dei chiari mostri di tessuto adiposo».
In generale, per Lombroso una delle prove principali che le donne fossero inferiori agli uomini era proprio la loro «maggiore ricchezza di tessuto connettivo e adiposo». Inoltre, dato che le prostitute, le assassine e le selvagge erano piú grasse di quelle che chiamava «donne normali», significava che erano ancora piú «infantili». Sebbene Lombroso fosse già stato criticato per le sue teorie controverse, ad esempio per l’identificazione dei criminali in base alla forma del loro cranio, queste tesi ebbero ampia diffusione, condizionando moltissimo la cultura dell’ultimo secolo e mezzo.
Il grasso femminile, in questo modo, costituiva una questione di sanità pubblica e di sicurezza dell’ordine sociale, innescando il senso di colpa nelle «donne perbene» che non riuscivano a raggiungere l’ideale di magrezza suggerito. I loro corpi non erano piú privati e personali, ma un fatto pubblico, e dunque le pratiche che dovevano farle tornare alla normalità trovavano sempre piú spazio nei discorsi, nelle riviste, nei libri, diventando un’«ossessione normativa», come l’ha definita la psicologa Judith Rodin.
Non possiamo pensare, in realtà, che i corpi delle persone non fossero mai stati, prima di allora, oggetto dello sguardo esterno: il grasso era visibile anche prima, solo che non faceva paura e non suscitava cattivi giudizi soprattutto perché non c’erano rigidi parametri da rispettare. Tra Ottocento e Novecento, però, il grasso diventò oggetto di disprezzo, un vizio, il segno di una mancanza di forza individuale. La persona obesa era debole di carattere, volgare e di cattivo gusto, e se non riusciva a dimagrire significava che faceva parte di «coloro che non lottano, o che sono sempre sconfitti». Gli scritti del dottor Watson Bradshaw, del dottor Leon Williams o del dottor Henry Finck – per citare solo tre esempi – indicarono uno stigma del grasso prima inesistente, che venne associato alla classe, all’etnia, al genere e alla sessualità6.
In questo arco di tempo si affermò sempre di piú l’idea che la persona grassa fosse degenerata, incapace di stare in società, di trattenersi, di essere affidabile. La denigrazione dei grassi seguí in questo modo i processi di mappatura di tutte le gerarchie politiche e sociali: essere grassi era un marcatore di inferiorità impossibile da nascondere, che provava l’appartenenza a un basso ceto sociale e la mancanza di governo di sé, di eleganza, di nobiltà d’animo7.
In una società sempre piú complessa, in cui le classi si mescolavano a causa dei processi del lavoro, del turismo e della vita urbana, gli esseri umani davano vita a nuovi mecc...

Índice

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Specchio delle mie brame
  4. Introduzione
  5. Capitolo primo. La prigione della bellezza
  6. Capitolo secondo. La bellezza e l’esercizio del potere
  7. Capitolo terzo. Bellezza, sguardo e pubblicità
  8. Capitolo quarto. Bellezza, grasso e decoro
  9. Capitolo quinto. Bellezza, moda e vecchiaia
  10. Capitolo sesto. Quando la bellezza diventa malattia
  11. Capitolo settimo. Brutte e bellissime
  12. Capitolo ottavo. L’enigma della bellezza
  13. Capitolo nono. Come uscire dalla prigione
  14. Conclusioni
  15. Il libro
  16. L’autrice
  17. Copyright
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APA 6 Citation

Gancitano, M. (2022). Specchio delle mie brame ([edition unavailable]). EINAUDI. Retrieved from https://www.perlego.com/book/3450529/specchio-delle-mie-brame-la-prigione-della-bellezza-pdf (Original work published 2022)

Chicago Citation

Gancitano, Maura. (2022) 2022. Specchio Delle Mie Brame. [Edition unavailable]. EINAUDI. https://www.perlego.com/book/3450529/specchio-delle-mie-brame-la-prigione-della-bellezza-pdf.

Harvard Citation

Gancitano, M. (2022) Specchio delle mie brame. [edition unavailable]. EINAUDI. Available at: https://www.perlego.com/book/3450529/specchio-delle-mie-brame-la-prigione-della-bellezza-pdf (Accessed: 15 October 2022).

MLA 7 Citation

Gancitano, Maura. Specchio Delle Mie Brame. [edition unavailable]. EINAUDI, 2022. Web. 15 Oct. 2022.