Le Saint-Siège, les eglises et l'Europe. / La Santa Sede, le chiese e l'europa.
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Le Saint-Siège, les eglises et l'Europe. / La Santa Sede, le chiese e l'europa.

Études en l'honneur de Jean-Dominique Durand / Studi in onore di Jean-Dominique Durand

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Études en l'honneur de Jean-Dominique Durand / Studi in onore di Jean-Dominique Durand

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À propos de ce livre

Historien, chrétien, citoyen engagé… Les visages publicsde Jean-Dominique Durand sont divers et, si ce volumed’hommage concerne d’abord sa profession d’historien,le lecteur ne peut pas oublier les autres dimensions del’homme qui se joignent pour dessiner sa personnalitéet porter son itinéraire, sans confusion des objets, maisaussi sans dissociation, en tension féconde. L’Italie, lapapauté, la démocratie chrétienne, l’Europe, ses penseurset ses cultures, le catholicisme français, et surtout sonpôle lyonnais, doté d’une forte identité sociale, les lignesdirectrices de son oeuvre sont fermes, qui n’empêchentpas un renouvellement incessant, débouchant sur unbilan impressionnant. De cette fécondité scientifiquetémoignent les nombreux chercheurs (près de cinquante)qui ont participé à ce volume d’hommage.
Jean-Dominique Durand est Professeur émérite d’Histoire contemporaine àl’Université Jean Moulin – Lyon 3. Il y a fondé à Lyon l’Institut d’Histoire duChristianisme, qu’il a dirigé de 1989 à 1999. Il a enseigné dans des Universitésétrangères, notamment à Rome, à la LUMSA et à l’Université pontificale duLatran. Il a été Conseiller culturel de l’Ambassade de France près le Saint-Siège,et Directeur de l’Institut culturel français de Rome de 1998 à 2002. Il est membrede divers comités scientifiques ou comités de rédaction en France et à l’étranger. Storico, cristiano, cittadino impegnato… I volti pubblici di Jean-Dominique Durandsono molteplici, e se questo volume vuole rendere omaggio in primo luogoalla sua professione di storico, il lettore non può tuttavia dimenticare gli altriaspetti dell’uomo che delineano ulteriormente la sua personalità e che contribuisconoa tracciarne l’itinerario umano e professionale, senza confusioni nécontraddizioni, sempre in tensione feconda. L’Italia, il papato, la DemocraziaCristiana, l’Europa, i suoi pensatori e le sue culture, il cattolicesimo francese
e soprattutto il suo polo lionese, dotato di una forte identità sociale: le lineedirettrici dell’opera di Durand sono solide e al tempo stesso arricchite da unrinnovamento incessante, che porta ad un bilancio impressionante.
Jean-Dominique Durand è Professore Emerito di Storia contemporanea all’Université Jean Moulin-Lyon 3. Ha fondato a Lione l’Istituto di Storia del Cristianesimo,che ha diretto dal 1989 al 1999. Ha insegnato presso numerose università stranierefra cui spiccano, a Roma, la LUMSA e la Pontificia Università Lateranense.Ha ricoperto il ruolo di Consigliere culturale dell’Ambasciata di Francia pressola Santa Sede, e di Direttore dell’Istituto Culturale Francese di Roma dal 1998 al2002. È membro di diversi comitati scientifici e di redazione in Francia e all’estero. En couverture: Gino Severini, Les deux colombes, 1926, Tempera sur carton, 59,5x66,5 cm.Maquette pour un motif décoratif de l’église de Semsales. Cercle d’études Jacques et RaïssaMaritain

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XI. Il mondo cattolico milanese tra pace e guerra (1914-1915), Alfredo Canavero*

* Università degli Studi di Milano.









Quando si studiano il pensiero e gli atteggiamenti dei cattolici relativamente a un determinato argomento, è necessario distinguere e precisare. Si deve tener conto del pensiero ufficiale della Santa Sede, di quello dei vescovi, che non sempre segue fedelmente il primo, del clero, dell’associazionismo cattolico e del popolo di Dio, dei battezzati più o meno impegnati nella vita politica e sociale del paese. Ciò è necessario anche per indagare l’atteggiamento dei cattolici milanesi di fronte allo scoppio della Prima guerra mondiale. Milano è un centro importante per il cattolicesimo, anche se i cattolici milanesi hanno avuto spesso posizioni che non sono sempre state coincidenti con quelle ufficiali. Si direbbe che ci sia un “rito ambrosiano” anche nell’impegno politico e sociale.
Alla vigilia della guerra il quadro del mondo cattolico milanese era composito, vario, articolato. A Milano agiva Filippo Meda, uno dei più autorevoli “cattolici deputati”, e vi si pubblicava il quotidiano «L’Italia», erede dei due storici giornali dell’intransigentismo e del transigentismo («L’Osservatore Cattolico» e «La Lega Lombarda»), e formalmente diretto da Paolo Mattei Gentili (ma de facto da Meda) e parte, dal 1912, del trust giornalistico del conte Grosoli. Ma a Milano vi era anche «Vita e Pensiero», la rivista di Agostino Gemelli, futuro fondatore dell’Università Cattolica, e poi anche gli aderenti all’Unione Popolare, l’organizzazione dei cattolici erede dell’Opera dei Congressi. Vi era un arcivescovo, il cardinal Ferrari, che nonostante le ricorrenti accuse di modernismo avanzate da Pio X, godeva di un prestigio notevole di fronte ai suoi confratelli lombardi e ne influenzava il pensiero. C’era poi un clero impegnato socialmente, e tante iniziative guidate da laici o da ecclesiastici, in campo culturale, sociale o assistenziale, coordinate dalla Direzione Diocesana.
Alla notizia dell’attentato di Sarajevo la reazione dei cattolici milanesi fu di orrore per il delitto e pietà per Francesco Giuseppe, di cui si ricordavano tutti i lutti familiari, dal suicidio del figlio Rodolfo all’assassinio della moglie [1] . Per tre giorni l’assassinio di Sarajevo occupa la prima pagina de «L’Italia», ma poi altri problemi sono ritenuti più importanti: l’ostruzionismo socialista alla Camera e i provvedimenti del governo per i ferrovieri paiono di maggior momento e conquistano la ribalta. D’altra parte il contenzioso austro-serbo originato dall’attentato sembra destinato a finire in nulla, come tante altre crisi verificatisi dagli anni Settanta dell’Ottocento in avanti. Più che ai commenti, il giornale cattolico si affida ad ampi riassunti della stampa nazionale e soprattutto estera. Ernesto Vercesi da Vienna, Domenico Russo da Parigi e Giuseppe Sacconi da Berlino offrono un quadro abbastanza informato di cosa avviene nelle capitali estere. L’opinione pubblica cattolica segue la vicenda senza appassionarsi particolarmente, e solo al momento dell’ultimatum austriaco alla Serbia mostra qualche preoccupazione [2] , che cerca però di esorcizzare illudendosi subito dopo di cogliere lievi miglioramenti nel panorama internazionale [3] . Anche al momento della dichiarazione di guerra, «L’Italia» scrive che le speranze di una soluzione pacifica della crisi non sono tutte perdute [4] .
Solo a guerra scoppiata ci si comincia a interrogare sul ruolo dell’Italia: Carlo Augusto Fratta polemizza coi socialisti che vogliono insorgere contro la guerra, ma anche con Bissolati che manifesta simpatie francofile e conclude che l’Italia, in caso di attacco della Russia alla Germania, avrebbe dovuto tener fede agli accordi presi con la Triplice Alleanza e scendere in campo a fianco di Vienna. «Se i cosacchi passano la frontiera, il caso obbligante dell’alleanza si presenta» [5] .
Filippo Meda sposa invece subito la causa della neutralità: «Alla guerra – scrive il 2 agosto – un paese non si conduce se non quando lo esigano o l’ interesse nazionale o il dovere internazionale». Entrambe queste due condizioni non sussistono. Certo la Serbia si è dimostrata un paese di assassini, ma a punirla bastano l’Austria-Ungheria. La conclusione è netta: «Sembra a noi che la neutralità a questo punto del conflitto sia non solo giustificata ma doverosa» [6] . Tuttavia quella di Meda non era una dichiarazione di neutralità assoluta, ma relativa, contingente. Non si escludeva, in altre parole, un futuro intervento, ma solo se le circostanze avessero obbligato l’Italia a un tale passo . La sera stessa, parlando a Cerro Maggiore, Meda ribadiva il concetto: «Incalcolabile danno sarebbe per noi la guerra: ma danno ancora maggiore […] la nostra svalutazione come Potenza europea» [7] .
Mentre Pio X indice preghiere per la pace [8] , Meda, da buon realista, si chiede quale atteggiamento avrebbe assunto l’Inghilterra [9] . Se Londra scende in campo a fianco dell’Intesa, l’Italia non può uscire dalla neutralità. L’amicizia con la Gran Bretagna, fin dal tempo della “clausola Mancini”, è un punto fermo. Fratta, dal canto suo, insiste sull’inopportunità «della tattica assenteista», giudica che il governo, che ha dichiarato la neutralità il 2 agosto, non ha fatto bene i suoi conti e non ha ponderato tutte le conseguenze. «La neutralità ad ogni costo lascerà isolati ed indifesi i nostri interessi» [10] . Ma quando entra in guerra la Gran Bretagna, anche Fratta diviene più cauto e invita alla prudenza di fronte a tutti coloro che invocano la discesa in campo [11] .
Dall’alto della sua autorevolezza Meda ritorna sul problema della neutralità in un discorso al Consiglio provinciale di Milano, di cui è presidente. Di fronte alle critiche di coloro che lamentavano la violazione degli accordi con l’Austria e la Germania, Meda sottolinea che l’Italia aveva «felicemente» scelto la neutralità «senza mancare alla lealtà dei nostri patti internazionali», e invoca la concordia nazionale riscuotendo perfino l’assenso dei socialisti al suo discorso neutralista [12] .
«L’Italia» ammette apertamente lo stato d’incertezza dominante sull’atteggiamento da prendere, loda il governo che ha proibito ogni manifestazione, polemizza con i radicali per il tono antitedesco dei loro giornali e con i socialisti per la loro francofilia. Gli italiani dovevano solo prepararsi ad andare dove sarebbe servito «per la salvezza della patria». «Ad est? Ad ovest? Chi fa oggi questione di punti cardinali non è buon italiano» [13] .
La morte di Pio X, il 20 agosto, sposta l’attenzione dell’opinione cattolica sul conclave che si sarebbe svolto a breve. «L’Italia» respinge le voci che circolavano sulla successiva entrata in guerra dell’Italia non appena fosse terminato il conclave, che anzi, si diceva, «accresce importanza e quindi saldezza alla neutralità» [14] . Meda, scherzando sulla compattezza dell’«internazionale rosso porpora» dei cardinali riuniti a Roma (contrapposta allo sfaldamento dell’Internazionale socialista ai primi venti di guerra) si lasciava andare alla profezia: quando l’Europa, «estenuata» dalla guerra, avrebbe voluto tornare alla civiltà, «dovrà pure volgersi all’uomo bianco del Vaticano, e ascoltarne la parola di salute» [15] . E quando l’appena eletto Benedetto XV, l’8 settembre 1914, con l’esortazione Ubi primum in beati [16] , invita a pregare perché Dio «depon...

Table des matières

  1. Copertina
  2. Le Saint-Siège, les eglises et l'Europe. / La Santa Sede, le chiese e l'europa.
  3. INDICE
  4. Philippe Chenaux et Christian Sorrel, Hommage
  5. Oissila Saaidia, Un entretien avec Jean-Dominique Durand
  6. PARTIE I – URBI ET ORBI
  7. I. Le pape et le colonel. Un trafic d’indulgences sous le Premier Empire, Paul Chopelin*
  8. II. Mourir pour Rome et pour le pape. La fabrique d’une hagiographie catholique en France au XIXe siècle, Bruno Dumons*
  9. III. Mgr Merry del Val et la réforme des études de l’Académie des Nobles ecclésiastiques (1900), Philippe Roy-Lysencourt*
  10. IV. Un épilogue romain de l’affaire Le Nordez: le recours auprès de Benoît XV en 1915, Augustin Laffay*
  11. V. Les propositions de reprise des relations entre la France et le Saint-Siège durant la Grande Guerre, Xavier Boniface*
  12. VI. Une lettre de Charles Maurras à Pie XII (31 juillet 1939), Jacques Prévotat*
  13. VII. McKinley, Léon XIII et la guerre américaine contre l’Espagne (1898-1903), Blandine Chélini-Pont*
  14. VIII. «Tisserant l’Américain», Étienne Fouilloux*
  15. IX. La contribution du Saint-Siège à la solidarité entre les Églises des Amériques, Gilles Routhier*
  16. X. Le Saint-Siège et l’Algérie: essai de regard sur la longue durée, Marc Agostino*
  17. XI. Au milieu des inquiétudes. Achille Danset, le BIT, le Saint- Siège et le corporatisme catholique (1934), Aurélien Zaragori*
  18. XII. Vatican II: la première session de Mgr Guerry, archevêque de Cambrai, Christian Sorrel*
  19. XIII. La risposta del Card. Montini al dramma di Rolf Hochhuth «Der Stellvertreter», Piero Doria*
  20. XIV. Paul VI et la mission de l’Église au service de la communauté humaine, Daniel Moulinet*
  21. XV. Agostino Casaroli uomo della Santa Sede, Roberto Morozzo della Rocca*
  22. XVI. Le pape, l’acteur et le psychanalyste. Habemus Papam de Nanni Moretti (2011), Denis Pelletier*
  23. PARTIE II – PARCOURS ECCLÉSIAUX, PARCOURS NATIONAUX
  24. I. Présence de l’art liturgique français à Saint-Pierre et Saint- Jean de Latran, Bernard Berthod*
  25. II. Fourvière avant Fourvière. Le projet d’église votive d’Antoine- Marie Chenevard, Philippe Dufieux*
  26. III. Une catégorie de statues de «grands hommes»: les statues d’ecclésiastiques en France, Jacqueline Lalouette*
  27. IV. Le prémontré Xavier de Fourvière, chantre de Dieu et de la Provence, Bernard Ardura*
  28. V. Les fidélités concurrentes du missionnaire, Claude Prudhomme*
  29. VI. De la religion à l’athéisme et retour: le cas Annie Besant, Régis Ladous*
  30. VII. Alla vigilia del ripristino dell’arcidiocesi di Atene. Alcuni documenti conservati nell’Archivio di Propaganda Fide, Carlo Pioppi*
  31. VIII. Des catholiques français contre le «mouvement vers Rome», Jean-Pierre Chantin*
  32. IX. I santi piemontesi dell’Ottocento e i problemi sociali della prima industrializzazione. Influssi del cattolicesimo francese, Bartolo Gariglio*
  33. X. La Chiesa e il regicidio (29 luglio 1900), Maurilio Guasco*
  34. XI. Il mondo cattolico milanese tra pace e guerra (1914-1915), Alfredo Canavero*
  35. XII. Le cardinal Luçon, archevêque de Reims, ou l’Union sacrée à l’oeuvre, Frédéric Gugelot*
  36. XIII. La Chiesa di Nicola Monterisi all’epoca del delitto Matteotti. Una riflessione fra storiografia e storia locale, Stefano Trinchese*
  37. XIV. La pietà e la guerra: San Francesco patrono d’Italia nel secondo conflitto mondiale, Daniele Menozzi*
  38. XV. Les catholiques bisontins, de l’intransigeantisme au socialisme municipal, Laurent Ducerf*
  39. XVI. Un instantané des relations entre orthodoxes et catholiques en 1924: la rencontre «amicale» de Mgr Euloge et du père Michel d’Herbigny, Laura Pettinaroli*
  40. XVII. Ortodossia russa e universalismo, Adriano Roccucci*
  41. PARTIE III – HORIZONS EUROPÉENS
  42. I. La résistance conservatrice et catholique contre l’omnipotence de l’État. Une esquisse historique, Emiel Lamberts*
  43. II. Attirance, rejet et réaction. Catholicisme et socialisme au XIXe siècle, Jan De Maeyer, Hendrik Moeys*
  44. III. La nostalgie du paradis blanc. L’abbé Journet, les Maritain et La Valsainte, Philippe Chenaux*
  45. IV. La Jeune République et la construction européenne, Jacques- Olivier Boudon*
  46. V. Gabriel Marcel en Guerre froide, Michel Fourcade*
  47. VI. «L’Europe à ne pas faire». Intellectuels catholiques en européisme, Claire Toupin-Guyot*
  48. VII. Le thomisme militant à l’heure du concile: le cas polonais de Stefan Swiez˙awski, Piotr H. Kosicki*
  49. VIII. Giorgio La Pira e la «storiografia del profondo», Andrea Riccardi*
  50. IX. La crise, paradigme du modèle politique italien?, Marc Lazar*
  51. X. Trois hommes politiques de la Transition espagnole vers la démocratie et leur inspiration chrétienne, Pablo Pérez López*
  52. XI. Devenir un Juste parmi les nations: Jan Karski, Annette Becker*
  53. XII. Les «Justes» de France, une mémoire républicaine pour notre temps, Bernard Delpal*
  54. XIII. Éléments pour une histoire de la place de la liberté religieuse dans la construction européenne, Emmanuel Tawil*
  55. XIV. Laïcité et droit des femmes. Retour sur le parcours français, Philippe Portier*
  56. XV. I principi non negoziabili. Una sfida educativa, culturale e politica circa la dignità del vivere e del morire, Enrico dal Covolo*
  57. XVI. L’esprit européen, Card. Paul Poupard*
  58. Bibliographie de Jean-Dominique Durand
  59. Tabula gratulatoria