Pensare le istituzioni
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Pensare le istituzioni

Scienza e filosofia del vivere insieme

Fancesco Guala

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Scienza e filosofia del vivere insieme

Fancesco Guala

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Le istituzioni sociali - dalle norme costituzionali, al denaro, all'amicizia e ai rapporti personali - regolano il nostro comportamento in qualsiasi contesto. Sono un elemento essenziale della vita umana, addirittura piĂč importante delle risorse naturali: un gruppo ben organizzato puĂČ prosperare in un ambiente ostile, mentre una societĂ  mal gestita puĂČ andare in rovina anche in un ambiente ricco e fertile. Ma cosa sono, in realtĂ , le istituzioni? Questo libro mostra che non sono altro che credenze e che sono, peraltro, piuttosto precarie: quando Mario Draghi, al culmine della crisi europea, dichiarĂČ pubblicamente che la BCE avrebbe fatto "tutto il necessario" per risolvere la crisi, queste parole da sole furono sufficienti a tranquillizzare i mercati. Vent'anni prima, nell'agosto del 1991, Boris Eltsin venne ripreso dalla tv russa mentre arringava la folla stando in piedi su un carro armato: questa immagine convinse i cittadini che i generali avevano fallito il colpo di stato, e lo fece fallire veramente. Attraverso una serie di esempi e fatti concreti, Francesco Guala offre una nuova teoria su cosa sono le istituzioni sociali, come funzionano, e cosa possano fare per noi

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Informations

Année
2018
ISBN
9788861053250

Parte prima

Unificazione

Capitolo primo

Regole
Le istituzioni sono le regole del gioco di una societĂ  o, piĂč formalmente,
i vincoli che gli uomini hanno definito per disciplinare i loro rapporti

Sono una guida per i rapporti sociali e quando vogliamo salutare degli amici per strada,
guidare un’automobile, comprare un’arancia, chiedere un prestito,
seppellire i nostri morti, fare un affare o qualsiasi altra cosa,
sappiamo come comportarci (o possiamo impararlo facilmente).
(North 1997: 23-24)
La definizione di istituzione sociale piĂč famosa e piĂč citata si trova all’inizio di un libro di Douglass North, intitolato Istituzioni, cambiamento istituzionale, evoluzione dell’economia. North Ăš stato un grande storico, famoso per il suo lavoro sul commercio e la crescita in Europa all’inizio dell’epoca moderna. I suoi scritti hanno influenzato molti studiosi anche al di fuori del suo ambito di specializzazione, e per questo motivo nel 1993 Ăš stato insignito del premio Nobel per l’economia. Sicuramente la concezione delle istituzioni come regole non Ăš un’invenzione di North: si trovano definizioni analoghe negli scritti di altri grandi scienziati sociali del ventesimo secolo, come Max Weber, Talcott Parsons e Friedrich Hayek. Le teorie basate sulle regole peraltro sono diffuse anche fra i filosofi: una versione originale, proposta da John Searle, sarĂ  discussa piĂč avanti nel corso del libro.
La concezione delle istituzioni come regole ù intuitiva e si adatta alla nostra comprensione pre-teorica di molti casi paradigmatici. Prendiamo per esempio il matrimonio: essere sposato comporta vari diritti e doveri. Nella maggior parte dei paesi occidentali, sia il marito che la moglie hanno la responsabilità di procurare le risorse necessarie al mantenimento della famiglia e di provvedere al benessere e all’educazione dei figli. I coniugi condividono, inoltre, un obbligo reciproco di fedeltà e di assistenza in caso di bisogno.
In ogni singolo matrimonio, questi principi generali si traducono in regole di comportamento piĂč specifiche che governano la suddivisione del lavoro tra i coniugi nel loro mĂ©nage quotidiano. Alcune regole disciplinano le faccende domestiche (“Io cucino, tu lavi i piatti”), altre la cura dei figli (“Io gli cambio i pannolini, tu gli dai da mangiare”). Alcune regole hanno a che fare con la gestione delle finanze, altre con il comportamento sessuale e cosĂŹ via.
Queste regole esistono per una ragione piuttosto ovvia: aiutano marito e moglie a raggiungere degli obiettivi che difficilmente essi riuscirebbero a realizzare se agissero in modo indipendente. Se entrambi dedicassero molto tempo a cucinare, ma nessuno desse da mangiare ai figli, i figli morirebbero di fame. Se entrambi accudissero i bambini ma nessuno andasse a lavorare, non ci sarebbe nulla da cucinare. Per analogia, pensiamo a una squadra di calcio: se i giocatori eseguono gli ordini dell’allenatore (lui corre, tu passi la palla; lei difende, tu attacchi), possono sperare di vincere molte partite, mentre in assenza di regole finiranno per perdere quasi sempre. Un altro esempio ricorrente nei dibattiti sulle istituzioni ù quello del codice stradale: le istituzioni regolano le azioni individuali in modo tale che ciascuno possa trarne vantaggio, così come rispettare le regole del codice stradale ù generalmente conveniente per gli automobilisti. Se tutti seguono le regole, si evitano eventi spiacevoli – come incidenti, ingorghi, litigi – o quanto meno se ne riduce la frequenza.
Prima di procedere, Ăš bene chiarire due punti. Primo, l’idea che le istituzioni siano vantaggiose Ăš dubbia e forse anche priva di senso se non si specifica un termine di paragone: le istituzioni sono vantaggiose rispetto a che cosa? Secondo, che le istituzioni siano vantaggiose in generale non significa che tutti gli individui ne godano i vantaggi allo stesso modo. È facile trovare esempi di istituzioni inique o ingiuste: nei matrimoni tradizionali, per esempio, le donne sono spesso gravate da piĂč doveri e godono di meno diritti degli uomini. Allo stesso modo, nell’istituzione della schiavitĂč, i servitori stanno decisamente peggio dei padroni.
Quest’ultimo esempio Ăš particolarmente controverso: come puĂČ la schiavitĂč essere considerata “vantaggiosa” dal momento che l’istituzione stessa Ăš la causa principale delle disgrazie degli schiavi? La risposta Ăš che non dobbiamo confrontare il benessere degli schiavi in questa terribile condizione con il benessere di cui potrebbero godere in un assetto istituzionale piĂč umano. Il confronto corretto Ăš con il benessere di cui potrebbero godere in un assetto non istituzionale. Storicamente, la schiavitĂč ha avuto la tendenza a svilupparsi quando l’asimmetria di potere tra due gruppi sociali era cosĂŹ grande che uno di essi avrebbe potuto facilmente sterminare l’altro. L’asservimento degli indigeni americani nel Sedicesimo secolo, per esempio, Ăš stato una conseguenza della superioritĂ  militare, dell’organizzazione e della resistenza alle malattie dei conquistatori europei. La schiavitĂč Ăš stata quindi “vantaggiosa” solo nel senso molto sgradevole che l’alternativa per gli indigeni americani sarebbe stata il genocidio. Dunque, la morale Ăš semplicemente che l’istituzione migliora la vita delle persone rispetto a una situazione priva di istituzioni, in cui ci si comporta in modo del tutto indipendente, senza farsi guidare dalle regole. In breve, le istituzioni sono meglio del caos.
Detto questo, Ăš del tutto possibile che molte persone starebbero meglio in un assetto istituzionale alternativo. È raro che ci sia un unico modo di regolamentare le nostre vite. In una squadra di calcio io potrei fare il terzino e tu il centravanti, oppure il contrario. In una famiglia, il marito puĂČ stare a casa mentre la moglie va al lavoro, o viceversa. Ogni istituzione ripartisce gli oneri in modo diverso – specificando chi fa cosa, chi svolge quale ruolo – e di conseguenza Ăš normale che alcuni preferiscano un tipo di istituzione a un altro. PuĂČ anche accadere che un assetto istituzionale diverso sia meglio per tutti. A volte le persone si trovano intrappolate in cattive istituzioni perchĂ© non riescono a decidere di cambiare le regole in vigore, o perchĂ© non sono sicure che un nuovo sistema di regole verrebbe preso sul serio, o semplicemente perchĂ© non riescono a immaginare l’esistenza di un’istituzione migliore.
Prima di procedere, devo fare un’ultima osservazione riguardo al termine “vantaggioso”: il termine si riferisce solo al gruppo di persone il cui comportamento ù regolato dall’istituzione. Dal momento che le istituzioni spesso escludono parecchie persone, ù possibile che i vantaggi che esse conferiscono ai membri di un gruppo siano controbilanciati dagli effetti negativi che hanno sui membri di un altro gruppo (gli esterni). Un caso tipico ù la mafia, un’istituzione governata da regole di segretezza, cooperazione e obbedienza, che avvantaggia i mafiosi ma nuoce alle loro vittime. Ma anche alcune istituzioni legali, come l’esercito, possono avere simultaneamente conseguenze positive per alcuni (i soldati, le persone che proteggono) ed estremamente negative per altri (i nemici e i civili uccisi in guerra, per esempio).
Detto questo, Ăš difficile negare che in generale la capacitĂ  di disciplinare il comportamento collettivo costituisca una straordinaria risorsa della nostra specie. L’impressionante crescita demografica dell’Homo sapiens e la sua supremazia sulla Terra sono dovute in gran parte alle sue abilitĂ  sociali e alla sua duttilitĂ  organizzativa. Gli storici delle istituzioni come North hanno studiato in particolare il ruolo svolto dalle istituzioni nell’agevolare la crescita economica. L’idea – confermata da una massa di dati empirici – Ăš che le regole possano aiutare a superare gli ostacoli che limitano la produzione, lo scambio, e piĂč in generale intralciano il benessere di una societĂ . (Gli economisti chiamano questi impedimenti “costi di transazione”.) Le nuove regole possono essere create da un gruppo influente, per esempio da un sovrano o un governo illuminato, ma possono anche emergere ed evolversi autonomamente, senza che nessuno in particolare ne pianifichi o preveda gli effetti. Se hanno successo, le istituzioni vengono spesso copiate spontaneamente e disseminate tra diversi gruppi sociali. Ma non possiamo esserne certi: le idee intelligenti talvolta restano trascurate.
Per ragioni storiche e culturali, gran parte della ricerca portata avanti nel secolo scorso tendeva a evidenziare la spontaneitĂ  dell’emergere e del diffondersi delle istituzioni. Si trattava in parte di una reazione a un precedente approccio alle politiche sociali che enfatizzava l’intervento del governo e la pianificazione centralizzata. Gli studiosi interessati all’evoluzione spontanea delle istituzioni di solito introducono una distinzione tra regole istituzionali formali e informali. “Formale” in questo contesto significa formulato esplicitamente, codificato in un insieme di leggi, principi e diritti che vengono resi pubblici e sono conosciuti, o quantomeno sono conoscibili, dai membri della societĂ  in questione. Queste regole possono essere trasmesse oralmente, sebbene nelle societĂ  complesse siano solitamente preservate in forma scritta. Le regole informali, invece, non sono codificate esplicitamente e si manifestano perlopiĂč attraverso i comportamenti individuali.
L’amicizia, per esempio, Ăš interamente governata da regole informali: anche se nessuna norma scritta ti proibisce di baciare il ragazzo della tua amica, si ritiene in generale che non si debba fare, e una trasgressione puĂČ costarti cara.
Un’istituzione complessa come il matrimonio, invece, Ăš costituita da regole sia formali che informali. C’ù un’importante asimmetria tra istituzioni informali e formali: mentre le istituzioni “puramente” informali sono piuttosto comuni, Ăš difficile trovare esempi di istituzioni che consistono esclusivamente di regole formali. Perfino i codici giuridici scritti si affidano a pratiche informali per l’interpretazione e l’applicazione delle leggi. Il fatto che una certa regola sia inclusa formalmente nel corpus di principi che costituiscono il diritto di un Paese ha di per sĂ© uno scarso significato pratico. Molte leggi non vengono mai seguite e la loro trasgressione non Ăš mai punita, anche se nessuno si Ăš mai preoccupato di abrogarle formalmente.
Nel maggio del 2010 dieci ministri francesi proposero di abrogare una legge che vietava alle donne di indossare i pantaloni. La legge era in vigore dal 1799, ma per lungo tempo nessuno ci aveva fatto caso. Quando infine, nel 2012, fu riconosciuta come non valida, l’atto ufficiale del Parlamento francese ebbe un significato puramente simbolico. Le regole come il divieto francese sui pantaloni sono non effettive. La distinzione tra regole effettive e non effettive ù molto significativa dal punto di vista teorico, in quanto ù strettamente collegata a un problema profondo della concezione delle istituzioni come regole, che ci terrà occupati per il resto di questo capitolo.
Le regole effettive sono importanti per le riforme sociali, in quanto le istituzioni sono fattori causali che possono essere manipolati per raggiungere determinati obiettivi, modificando il comportamento delle persone. Per esempio, l’introduzione di un’istituzione che fornisca un’assicurazione ai contadini potrebbe cambiare il loro modo di lavorare e migliorare l’efficienza delle loro imprese. L’introduzione di una regola di igiene potrebbe ridurre la mortalitĂ  infantile e migliorare la fertilitĂ  delle donne, e cosĂŹ via. L’approccio basato sulle regole, perĂČ, non spiega perchĂ© le persone si conformino alle regole. PerchĂ© vengono seguite alcune regole e non altre? Non si tratta di una domanda puramente filosofica, ma di una questione pratica estremamente importante: se la ignorassimo rischieremmo di progettare istituzioni fallimentari, sistemi di regole che non saranno seguite da nessuno.
Un altro modo di porre la questione Ăš il seguente: le regole sono asserti linguistici, ma asserire una regola – dire “fai questo” o “fai quello” – non basta per creare un’istituzione. La legge francese Ăš un esempio evidente. In quel caso la legge era stata semplicemente dimenticata, ma il problema Ăš ben piĂč serio, al punto che alcune regole non vengono applicate pur essendo note a tutti. In molti Stati americani, per esempio, il limite di velocitĂ  ufficiale in autostrada Ăš di sessantacinque miglia orarie. Ciononostante, la maggior parte delle automobili viaggia tra le sessantacinque e le settantacinque miglia orarie. Quindi, chiaramente, la regola formale non Ăš effettiva – la regola reale, informale, fissa il limite intorno alle settantacinque miglia orarie. Ma dire che il limite di sessantacinque miglia orarie non Ăš la regola “reale” lascia molte domande senza risposta: che cosa distingue le regole “reali” da quelle “nominali”? Qual Ăš la differenza fra la regola delle sessantacinque e quella delle settantacinque miglia orarie? PerchĂ© la gente applica la seconda e non la prima?
Una spiegazione plausibile potrebbe essere questa: anche se la regola formale fissa il limite a sessantacinque miglia orarie, ci sono dei vantaggi nell’applicarla con una certa tolleranza. Un automobilista che vada a una velocità di sessantacinque miglia orarie potrebbe per esempio dover accelerare rapidamente per evitare un incidente. Se qualsiasi eccezione alla regola fosse multata, per quanto piccola, l’automobilista potrebbe esitare, con conseguenze catastrofiche. Dato che le regole del codice stradale sono state concepite per ridurre il numero degli incidenti e migliorare la sicurezza, ù ragionevole lasciare un piccolo margine di manovra attorno al limite di velocità ufficiale.
In secondo luogo, c’ù un problema di misurazione: gli strumenti di rilevazione sono imprecisi. Questo vale sia per gli strumenti a disposizione degli automobilisti sia per quelli usati dalle forze di polizia. Multare le automobili che vadano a sessantasei miglia orarie genererebbe moltissimi contenziosi, appelli, mugugni, accuse di ingiustizia. PuĂČ quindi essere saggio da parte della polizia sanzionare solo le violazioni evidenti del codice stradale. In pratica, la polizia potrebbe adottare una strategia del tipo: multare tutte le automobili che viaggiano oltre le settantacinque miglia orarie; multare qualche automobile tra le settanta e le settantacinque; non multarne nessuna tra le sessantacinque e le settanta. Questa strategia funzionerebbe abbastanza bene e assicurerebbe che la maggior parte delle persone guidi attorno alle settanta miglia orarie. Al tempo stesso, quelli che venissero beccati ad andare oltre le settantacinque non potrebbero lamenta...

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