Un cavallo per la strega
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Un cavallo per la strega

Agatha Christie, Lidia Ballanti

  1. 196 pages
  2. Italian
  3. ePUB (adapté aux mobiles)
  4. Disponible sur iOS et Android
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Un cavallo per la strega

Agatha Christie, Lidia Ballanti

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À propos de ce livre

In una sera nebbiosa, qualcuno ha seguito e assassinato il povero reverendo Gorman, recatosi a portare gli ultimi conforti a una moribonda. Chi puĂČ essersi macchiato dell'omicidio di un generoso sacerdote apparentemente amato e stimato da tutti? La polizia avanza l'ipotesi che l'omicidio sia legato a una strana lista ritrovata in una scarpa del cadevere, un elenco di persone che perĂČ non sembrano avere alcun elemento in comune fra loro. Venuto a conoscenza della cosa, lo scrittore Mark Easterbrook, ricordandosi di una strana lite di cui era stato testimone, collega i fatti e comincia a indagare.

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Informations

Éditeur
Mondadori
Année
2015
ISBN
9788852064937

1

La macchina per l’espresso, alle mie spalle, fischiava come un serpente arrabbiato. Il rumore che ne usciva aveva un che di sinistro, per non dire infernale.
Girai lentamente il cucchiaino nella tazza fumante, dalla quale saliva un gradevole aroma.
«Che cosa desidera ancora? Un delizioso tramezzino con banana e pancetta affumicata?»
Mi parve uno strano connubio, quello. Le banane mi riportavano alla mia infanzia; tutt’al piĂč potevo concepirle, una volta ogni tanto, con zucchero e rum. Quanto alla pancetta affumicata, poi, nella mia mente si associava alle uova. Comunque, quartiere che vai usanze che trovi. Mi trovavo in quello londinese di Chelsea e dovevo adattarmi ai suoi usi. Accettai il delizioso tramezzino di banana e pancetta affumicata.
BenchĂ© abitassi a Chelsea da tre mesi, mi sentivo ancora un estraneo, in quel quartiere. Stavo scrivendo un libro su certi aspetti dell’architettura mongola, ma, per quanto riguardava il mio lavoro, avrei potuto alloggiare in qualsiasi altro quartiere di Londra e sarebbe stata esattamente la stessa cosa per me. Ignoravo del tutto quello che mi circondava, eccettuati gli arnesi del mestiere, e il luogo in cui abitavo mi era indifferente: vivevo in un mondo tutto mio.
Quella sera, perĂČ, ero stato preso da una di quelle improvvise reazioni che tutti gli scrittori conoscono.
L’architettura mongola, gli imperatori mongoli, il sistema di vita mongolo e tutti gli avvincenti problemi di quel popolo mi divennero, all’improvviso, indifferenti. Che cosa me ne importava? PerchĂ© mi ero messo in testa di scrivere su quell’argomento?
Sfogliai varie pagine, rileggendo quello che avevo scritto. Mi parve tutto scadente, sciatto e privo d’interesse. Allontanai da me il manoscritto con un senso di disgusto, mi alzai e guardai l’orologio. Erano quasi le undici. Cercai di ricordare se avevo cenato
 Dalle mie sensazioni interne giudicai di no. Ero stato a pranzo, quello sì, all’Athenaeum. Ma era passato molto tempo.
Andai a dare un’occhiata nel frigorifero. C’era un piccolo avanzo di lingua affumicata. La guardai senza simpatia. Fu così che uscii in King’s Road e, poco dopo, entrai nel bar Caffù Espresso col nome “Luigi” scritto in rosso, al neon, sopra la porta. E ora stavo contemplando un panino imbottito con banana e pancetta affumicata.
La macchina per l’espresso mi fischiĂČ di nuovo nelle orecchie. Chiesi un’altra tazza di caffĂš e mi guardai in giro. Una mia sorella mi accusava sempre di non essere un osservatore, di non notare mai quello che accadeva intorno a me. “Tu vivi in un mondo tutto tuo” mi diceva in tono di rimprovero. A quel punto, facendomene consciamente un merito, cominciai a osservare ciĂČ che avveniva nel locale. Era quasi impossibile non leggere ogni giorno sui giornali qualcosa a proposito dei bar di Chelsea e dei loro frequentatori; quella era la buona occasione per farmi un’idea personale sulla vita contemporanea.
Faceva piuttosto buio, nel bar, perciĂČ non potevo vedere molto bene. La clientela era composta quasi completamente da giovani. Le ragazze, come molte della nuova generazione, davano, secondo me, un’impressione di sporcizia. Mi sembravano anche vestite con indumenti troppo pesanti. Questo l’avevo notato anche poche settimane prima, quand’ero andato a cena con degli amici. La ragazza che sedeva vicino a me doveva avere una ventina d’anni. Nel ristorante faceva molto caldo, ma lei indossava un maglione giallo di lana su una gonna nera e calze di lana pure nere; per tutto il pasto il sudore le colĂČ lungo il viso.
Secondo i miei amici quella ragazza era molto attraente. Ma non per me! Io le sentivo addosso un odore disgustoso di lana intrisa di sudore, e di capelli non lavati. Se avessi potuto seguire il mio istinto, l’avrei tuffata in un bagno caldo, le avrei dato una saponetta e le avrei detto di strofinarsi bene. Il che dimostrava, immagino, come fossi poco adeguato ai tempi. Forse, ciĂČ dipendeva dal fatto che avevo vissuto molto all’estero. Ricordavo con piacere le donne indiane coi loro bei capelli neri raccolti, i morbidi sari a tinte vivaci che le avvolgevano con grazia, l’andatura ritmica e ondeggiante dei loro corpi

Fui distolto da quei piacevoli ricordi dall’accentuarsi improvviso del rumore. Due ragazze, sedute al tavolino vicino al mio, si erano messe a litigare. I giovanotti che erano con loro cercavano di calmarle, ma senza successo.
A un tratto, le due contendenti cominciarono a insultarsi ad alta voce. Una diede uno schiaffo all’altra e questa la sollevĂČ violentemente dalla sedia. Si presero a botte come due pescivendole, urlando in tono isterico. Una aveva la testa rossa e scarmigliata, l’altra era bionda, coi capelli lunghi e lisci.
Escluso il poco che potevo dedurre dagli insulti che le due si lanciavano, non riuscivo a capire quale fosse la ragione del litigio.
Urla e fischi si levarono dagli altri tavolini.
«Dai, picchia sodo, Lou!»
Il proprietario, che stava dietro il banco, un tipo smilzo che mi pareva italiano e che, da quanto avevo capito, doveva essere Luigi, si avvicinĂČ alle due contendenti e intervenne con accento tipicamente londinese:
«Su, finitela
 finitela! Attirerete qui tutti i passanti. ArriverĂ  la polizia. Smettetela, vi ho detto!»
Ma la bionda aveva preso la rossa per i capelli e glieli stava tirando furiosamente. «Non sei che una schifosa ladra di uomini!» urlava.
«Schifosa sarai tu!»
Luigi e i cavalieri delle due ragazze riuscirono a stento a dividerle. Nelle mani della bionda c’erano abbondanti ciuffi di capelli rossi. La ragazza li mostrĂČ fiera, e poi li lasciĂČ cadere sul pavimento.
La porta sulla strada si aprĂŹ e l’AutoritĂ , in uniforme blu, comparve sulla soglia e formulĂČ dignitosamente la domanda di rito:
«Che cosa sta succedendo, qui dentro?»
Subito un fronte unico si formĂČ contro il nemico.
«Solo un po’ d’allegria» rispose uno dei giovani.
«Proprio cosÏ» confermĂČ Luigi. «Solo un po’ d’allegria fra amici.»
Con un abile movimento del piede, il proprietario del locale nascose i ciuffi di capelli sotto il tavolo piĂč vicino. Le due avversarie si sorrisero, simulando la piĂč cordiale armonia.
Il poliziotto guardĂČ tutti con aria sospettosa.
«Noi dobbiamo proprio andare» disse la bionda, con dolcezza. «Vieni, Doug.»
Per una strana coincidenza, molti altri clienti del bar dovevano andarsene proprio allora. Il poliziotto li osservĂČ con aria severa mentre uscivano. Il suo sguardo diceva che lasciava correre le cose per quella volta, ma li avrebbe tenuti d’occhio. Poi si ritirĂČ lentamente.
Il giovane che accompagnava quella dai capelli rossi pagĂČ il conto.
«Si sente bene?» domandĂČ Luigi alla ragazza, che stava riaggiustandosi la sciarpa. «Lou l’ha conciata per le feste, strappandole i capelli in quel modo.»
«Non ho sentito nessun male» rispose lei con noncuranza. Poi gli sorrise: «Le chiedo scusa per la brutta scena, Luigi».
Il gruppetto uscĂŹ. Il bar rimase praticamente vuoto. Misi una mano in tasca per cercare degli spiccioli.
«È veramente una ragazza di spirito» commentĂČ Luigi con aria d’approvazione, mentre osservava la porta che si richiudeva. Poi prese una scopa e spazzĂČ via le ciocche di capelli, facendole andare dietro il banco.
«Dev’essere stato un dolore terribile» osservai.
«Io avrei urlato come un’aquila» dichiarĂČ lui. «Ma Tommy Ăš davvero una ragazza in gamba.»
«La conosce bene?»
«Oh, viene qui quasi tutte le sere. Si chiama Tuckerton; Thomasina Tuckerton, se vuole sapere nome e cognome. Ma da queste parti la chiamano Tommy Tucker. È anche ricca sfondata. Suo padre le ha lasciato un patrimonio, e sa come vive? Abita in una squallida stanzetta fra Chelsea e Wandsworth Bridge, e passa il tempo andando a zonzo con altri tipi come lei. Io non capisco; quasi tutti quei ragazzi hanno un sacco di quattrini; potrebbero avere qualsiasi cosa, potrebbero abitare al Ritz, se volessero. Ma pare che se la godano un mondo a vivere cosÏ. Davvero non li capisco.»
«Lei non vivrebbe cosÏ?»
«Ah, io ho del buon senso!» affermĂČ Luigi. «Comunque, ci guadagno.»
Mi alzai per andarmene e domandai quale fosse la ragione del litigio.
«Oh, Tommy ha soffiato il ragazzo alla bionda. Ma lui non Ú un tipo per cui valga la pena di fare a botte, creda a me!»
«Direi che la ragazza non la pensa come lei.»
«Oh, Lou Ú molto romantica» ribatté Luigi con indulgenza.
Quella ragazza non rispondeva affatto al mio ideale di fanciulla romantica, ma non lo dissi.
Doveva essere passata una settimana, quando il mio sguardo fu attratto da un nome fra gli annunci funebri del «Times»:
TUCKERTON. Il 2 ottobre, alla clinica Fallowfield, ad Amberley, ù deceduta Thomasina Tuckerton, di vent’anni, unica figlia del defunto Esquire Thomas Tuckerton di Carrington Park, Amberley, nel Surrey. Esequie private. Niente fiori.
Niente fiori per la povera Tommy Tucker, e niente piĂč bella vita a Chelsea. Sentii improvvisamente una profonda compassione per tutte le Tommy Tucker di quei giorni. Eppure, in fondo, mi dissi, come potevo sapere, io, se il mio modo di vedere le cose era quello giusto? Chi ero, per giudicare la vita di quella ragazza? Forse era sprecata la mia vita, la mia esistenza solitaria da intellettuale, che mi teneva sempre immerso nei libri, tagliato fuori del mondo. Sinceramente, sapevo trarre godimenti ed emozioni dalla vita? Un’idea davvero insolita! La veritĂ  era, naturalmente, che non desideravo nulla del genere. E se sbagliavo anche su questo punto? Altra domanda insolita, e niente affatto gradita.
Scacciai Tommy Tucker dai miei pensieri e mi dedicai alla corrispondenza. La lettera piĂč importante era quella di mia cugina Rhoda Despard che mi chiedeva di farle un favore. Decisi di accontentarla subito poichĂ© non ero assolutamente in vena di lavorare, quella mattina, e la sua richiesta mi dava un’ottima scusa per rimandare l’inizio del lavoro.
Scesi in King’s Road, chiamai un taxi e mi feci portare da una mia amica, una certa signora Ariadne Oliver.
La signora Oliver era una nota scrittrice di romanzi gialli. La sua cameriera, Milly, era un agguerrito gendarme che proteggeva la sua padrona dagli assalti del mondo esterno.
Inarcai le sopracciglia con aria interrogativa, esprimendo cosĂŹ, in silenzio, la mia domanda. Milly annuĂŹ con un cenno del capo.
«Sarà meglio che salga direttamente, signor Mark» suggerÏ. «La signora ha la luna di traverso, questa mattina. Forse lei riuscirà a farle cambiare umore.»
Salii due rampe di scale, bussai delicatamente a una porta ed entrai senza aspettare risposta. Lo studio della signora Oliver era una stanza spaziosa con le pareti rivestite di carta raffigurante uccelli esotici annidati tra foglie tropicali. La signora Oliver, in uno stato che sembrava rasentare la pazzia, vagava per la stanza, borbottando fra sĂ©. Mi lanciĂČ un breve sguardo indifferente e continuĂČ a vagare. I suoi occhi, dall’espressione assente, correvano lungo le pareti, guardavano nel vuoto, oltre la finestra, e ogni tanto si chiudevano in ciĂČ che sembrava uno spasmo acuto.
«Ma perchĂ©, perchĂ© quell’idiota non dice subito d’avere visto il cacatoa?» chiese la signora Oliver, rivolgendo la domanda all’universo intero. «PerchĂ© non avrebbe dovuto vederlo? Non avrebbe potuto farne a meno! Ma se lo dice, si rovina tutto. Dev’...

Table des matiĂšres

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Ritratto di Agatha Christie
  4. UN CAVALLO PER LA STREGA
  5. 1
  6. 2
  7. 3
  8. 4
  9. 5
  10. 6
  11. 7
  12. 8
  13. 9
  14. 10
  15. 11
  16. 12
  17. 13
  18. 14
  19. 15
  20. 16
  21. 17
  22. 18
  23. 19
  24. 20
  25. 21
  26. 22
  27. 23
  28. 24
  29. 25
  30. Copyright
Normes de citation pour Un cavallo per la strega

APA 6 Citation

Christie, A. (2015). Un cavallo per la strega ([edition unavailable]). Mondadori. Retrieved from https://www.perlego.com/book/3297153/un-cavallo-per-la-strega-pdf (Original work published 2015)

Chicago Citation

Christie, Agatha. (2015) 2015. Un Cavallo per La Strega. [Edition unavailable]. Mondadori. https://www.perlego.com/book/3297153/un-cavallo-per-la-strega-pdf.

Harvard Citation

Christie, A. (2015) Un cavallo per la strega. [edition unavailable]. Mondadori. Available at: https://www.perlego.com/book/3297153/un-cavallo-per-la-strega-pdf (Accessed: 15 October 2022).

MLA 7 Citation

Christie, Agatha. Un Cavallo per La Strega. [edition unavailable]. Mondadori, 2015. Web. 15 Oct. 2022.