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Nelle mani giuste
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Giancarlo De Cataldo
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Nelle mani giuste
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Giancarlo De Cataldo
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Ă propos de ce livre
Dall'autore di Romanzo criminale un romanzo-affresco che getta una luce nera sull'epoca in cui siamo tuttora immersi. L'epoca segnata dalle stragi di mafia. Sotto il segno della convenienza, persone diverse, con progetti diversi, si ritrovano a essere le pedine di un disegno folle. O forse no. Si tratta di consegnare l'Italia nelle mani giuste. Delitti e passioni si intrecciano con bombe e affari. Una donna che doveva solo tradire trova il coraggio di amare. Mentre le vite e i destini si consumano, e la speranza si rifugia nel cuore stesso dell'inferno.
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Sujet
LiteraturaSous-sujet
Literatura de crĂmenes y misterioDieci anni dopo
Autunno 1992
Cose di Cosa nostra
Qualche giorno dopo lâuccisione dellâesattore Salvo, âu zuâ Cosimo aveva preso possesso di un bungalow a due passi dal mare. Aveva scelto il posto perchĂ© era sicuro, e perchĂ©, sosteneva, lo iodio Ăš una mano santa, a una certa etĂ . Ufficialmente era autunno, anche se la Sicilia non se nâera accorta, e il sole come sempre bruciava e accecava campi cittĂ cristiani e animali. âU zuâ Cosimo non scendeva mai in spiaggia. Un collaudato sistema di staffette gli consentiva rapiditĂ di spostamenti e riparo da incontri sgradevoli. Di tanto in tanto, qualche famiglio di assoluta fiducia gli faceva omaggio dei cannoli dei quali il vecchio era golosissimo.
â Mangia, mangia, figghiu. Sono fatti col fiore della ricotta, quella di cavagna⊠roba cosĂ non ne trovi nel continente!
GiĂ . Il continente. Proprio da lĂ veniva, quel pomeriggio, Angelino Lo Mastro. Era stato âu zuâ Cosimo in persona a convincere i membri riluttanti della commissione provinciale a richiamarlo per lâammazzatina del capomandamento di Resuttana. A stretto rigor di logica, non ci sarebbe stato nessun bisogno di scomodare, per una simile bagattella, il brillante giovanotto, lâincensurato che portava la parola della Cosa nostra in certi ambienti che amavano definirsi «rispettabili» (aggettivo che a zuâ Cosimo cagionava furiosi scatarramenti). Ma quando un paio di membri della commissione avevano posto lâaccento su quellâevidente spreco di energia e di talento, âu zuâ Cosimo li aveva liquidati con unâalzata di spalle.
â âU zuâ TotĂČ dice che un poco di movimento ci fa bene!
Vale a dire: a volere il ragazzo sul campo Ăš Riina in persona. E gli ordini di Riina non si discutono. Lâinserimento di Angelino nel commando era stato approvato allâunanimitĂ .
Che si trattasse di una specie di prova era stato immediatamente chiaro allo stesso Angelino. E immediato era stato il disagio che aveva provato nellâinventare su due piedi scuse farraginose per mandare a monte una serie di appuntamenti giĂ programmati da tempo. Un disagio che lâaveva accompagnato con il suo persistente tanfo di cose vecchie e marcite per tutta la durata del viaggio, nel corso dei preparativi, nel bel mezzo del fatto e dopo. Un disagio che ora la presenza del vecchio rendeva insostenibile.
âU zuâ Cosimo, come primo comando, lo aveva spedito a comperare una bottiglia di acqua minerale non gassata al vicino centro commerciale La Vampa.
Solo dopo aver avuto la sua bottiglia il vecchio aveva trovato pace.
E ora attendeva, paziente, la fine del rito della degustazione del cannolo. Attendeva la spiegazione. Non aveva mai fretta, âu zuâ Cosimo.
Angelino Lo Mastro mandĂČ giĂș lâultimo boccone e si schiarĂ la voce. âU zuâ Cosimo non aveva fretta ma detestava le divagazioni oziose. E ci sentiva poco da un orecchio.
Dopo le note esecuzioni dei giudici, câera stato un poâ di allarme dovuto ai soliti tragediatori. Come prima misura dâurgenza, si era provveduto a strappare certi cadaveri dalla madre terra e a fornire loro degna e definitiva sepoltura nellâacido. Per la bisogna erano stati impiegati picciotti di Belmonte Mezzagno. Avevano fatto un buon lavoro. I migne fecero il sopralluogo nel podere indicato dai tragediatori e non ci trovarono una beneamata minchia. Ai picciotti era stata elargita una gratifica.
âU zuâ Cosimo annuĂ.
Lâammazzatina del capofamiglia di Resuttana si era rivelata piĂș problematica del previsto. Lâesecutore incaricato, Nino Fedele, non si era dimostrato allâaltezza del compito. E cosĂ Angelino aveva dovuto rimediare di persona.
â Vai avanti!
Quando con Nino Fedele erano andati a prelevarlo, il capofamiglia non aveva avuto motivo di sospettare alcunchĂ©. Angelino aveva un messaggio della commissione, dovevano parlarne in luogo sicuro. Appena montati in macchina, Nino Fedele aveva tirato fuori il laccio e glielâaveva stretto attorno al collo. Era stato in quellâistante che Nino Fedele si era trasfigurato. Le vene del collo gonfie, gli occhi iniettati di sangue, il sudore che colava copioso. Un attimo prima sembrava normale, e si era trasformato in una specie di diavolo. Aveva cominciato a latrare insulti contro la vittima. Sputava e offendeva la madre e il padre di quel disgraziato, i suoi fratelli, la sua gente tutta. Chiacchiere tante, fatti zero. Il capofamiglia scalciava e cercava di afferrare il laccio. Con una gomitata aveva mandato in frantumi il deflettore destro. PiĂș Nino Fedele si gonfiava, piĂș la stretta sâallentava.
â E allora?
â E allora gli ho sparato proprio qui, alla nuca.
âU zuâ Cosimo, palpebra pesante, labbra agitate da moto continuo, fece cenno di proseguire nel racconto.
Di colpo, nel vedere il suo ex capofamiglia afflosciarsi privo di vita, Nino Fedele sâera sgonfiato. Avevano trasbordato il cadavere nel bagagliaio di unâaltra macchina, piĂș sicura, e bruciato con la benzina quella usata per la mattanza. Poi avevano raggiunto il bar dellâAlbergheria e consegnato il tutto a Vittorio Carugno, che, preavvertito, aveva giĂ provveduto allâacido.
âU zuâ Cosimo sospirĂČ.
â E Nino Fedele?
â Si Ăš preso lâorologio dâoro, il portafogli, la cintura, la catenina con lâimmagine della Vergine e il braccialetto, e poi se nâĂš andato per la sua stradaâŠ
âU zuâ Cosimo sorrise.
â Ci dovevi sparare pure a lui. A quel cane rognoso lâabbiamo punciuto apposta per questo incarico. Ma Ăš uomo senza fegato e senza cervello. Ci dovevi sparare!
Angelino impallidĂ. âU zuâ Cosimo sembrava essersi appisolato di colpo. Ma Angelino lo conosceva fin troppo bene. Era stato lui a introdurlo nella famiglia. Lui a disegnare il suo destino cosĂ diverso dallâordinaria carriera dellâuomo dâonore. Il suo mentore e la sua dannazione. âU zuâ Cosimo stava riflettendo. Doveva decidere se la prova era stata superata. Se gli anni al Nord lâavevano infiacchito o se era ancora degno di un ruolo nella Cosa nostra. Se ci si poteva fidare di lui sino in fondo. Per questo era stato coinvolto in quello stupido omicidio di secondâordine. E lui non era stato allâaltezza del compito!
Ma âu zuâ Cosimo pensava che, in fondo, il peccato era veniale, perchĂ© comunque câera stata convenienza. Lâobiettivo era stato raggiunto. Il ragazzo era stato pronto e di sangue freddo. La critica lâaveva ferito e impaurito. Non si era montato la testa. Il ragazzo rispettava le regole. Anche se viveva a mille chilometri, si vestiva come un iarrusu, profumava di iarrusu e magari sâera pure scordato il dialetto delle campagne⊠il ragazzo restava sempre cosa loro.
Questo doveva dimostrare, e questo aveva dimostrato.
âU zuâ Cosimo aprĂ gli occhi. Aveva deliberato.
â Va bene. Ă cosa fatta. A Nino Fedele lo teniamo un poco calmo. Ma tu⊠mi devi dire altro?
Prima di soffiare il suo «no», Angelino Lo Mastro esitĂČ. âU zuâ Cosimo sembrava penetrarlo con quei suoi occhi acquosi e vuoti che potevano farsi improvvisamente di ghiaccio e di vulcano. Angelino Lo Mastro abbassĂČ lo sguardo.
â Fammi un caffĂš, â ordinĂČ, secco, il vecchio.
Eh, pure Angelino non lo aveva guardato dritto negli occhi. La piaga del dubbio stava dilagando. Se persino uno come Angelino non lo guardava dritto negli occhi. âU zuâ Cosimo si preparĂČ il messaggio per tutti quelli che non lo guardavano piĂș negli occhi. Si Ăš dovuto agire contro il capofamiglia infedele perchĂ© lâinfame aveva sparso la diceria che Provenzano, âu zuâ Binnu, era entrato in contrasto con la Cosa nostra. In principio avevano soprasseduto. Lo si era lasciato dire, come se la sua voce non fosse altro che un grido lontano portato dal vento di scirocco. E poi, si Ăš mai sentito, metti, che il Padreterno entra in contrasto con tutti i santi? Ma lâinfame non si era mostrato degno di tanta benevolenza. Lâinfame aveva sollevato dubbi sulle decisioni che si stavano prendendo. Lâinfame aveva osato dichiarare pubblicamente che: si stava imboccando una strada senza uscita; la stessa sopravvivenza dellâorganizzazione era a rischio; âu zuâ TotĂČ e âu zuâ Cosimo erano impazziti. La situazione sfuggiva loro di mano. E allora il gioco dellâinfame si era svelato: si dichiarava per tirare dalla sua âu zuâ Binnu. Non esisteva, non poteva esistere nessun contrasto: era lâinfame che cercava di crearlo. E se qualcuno lo avesse seguito? Se la voce nel vento si fosse fatta coro? PerciĂČ, si Ăš dovuto intervenire. Il momento non ammetteva esitazioni. Questa la versione ufficiale. La veritĂ era unâaltra. Dubbi e perplessitĂ li avevano in molti. âU zuâ Cosimo, se arrivava a compilare un elenco, ci doveva mettere dentro almeno un quarto delle teste migliori della Cosa nostra. Un giorno lâavrebbe pure fatto, lâelenco. Ci doveva mettere in cima proprio Angelino Lo Mastro? Che per lui era come un figlio? Si sentivano brutti rumori. Giravano storie tinte. Il dubbio, il dubbio⊠Dove câĂš dubbio câĂš inerzia. E dove câĂš inerzia câĂš morte. Un corpo senza movimento Ăš morte. Per questo bisognava accelerare. Colpire ora, quando le ferite sono ancora aperte e fa piĂș male.
Colpire, finché qualcuno non si farà sotto e dirà : fermatevi. Cosà non si arriva da nessuna parte.
Fermatevi, e mettiamoci dâaccordo. Come ai vecchi tempi.
Angelino Lo Mastro tornĂČ dal cucinotto con due tazze di caffĂš nero a regola dâarte.
âU zuâ Cosimo lo fissĂČ dritto negli occhi.
â Stai tranquillo. State tutti tranquilli. CâĂš convenienza!
Questa volta Angelino sostenne il suo sguardo. Il picciotto non si era guastato. Serviva clemenza, con lui e anche con gli altri, quelli giĂ corrosi dal tarlo. Lâesempio del capofamiglia doveva bastare. Si trattava solo di dare tempo al tempo. Il tempo avrebbe portato la convenienza.
â Torna a Milano. Parla con Giulio Gioioso e dicci che lâamico suo deve mettersi in regola coi pagamenti. E visto che ci ha fatto perdere tempo e piccioli⊠e il tempo sono piccioli⊠dicci che lâamico ci deve aggiungere un piccolo presenteâŠ
â Quanto piccolo?
â Lâ1,5 per cento. Una cosa giusta e conveniente⊠e a proposito di convenienza: quanto la pagasti lâacqua minerale?
â Duecento lir...