1. Lâinvenzione della Libia
Il deserto della Sirtica dove nasce Muammar Gheddafi â in un luogo e in un giorno imprecisato della primavera del 1942 â Ăš uno dei teatri cruciali della Seconda guerra mondiale. Nei pressi delle tende di pelli di capra che danno riparo alla qabila dei Gadadfa sfilano i cingolati protagonisti delle prime grandi battaglie della storia con mezzi corazzati. A quel tempo le cose sembrano ancora poter volgere al meglio per le forze dellâAsse. Dopo aver ricacciato i britannici dalla Cirenaica, la Panzer-Division dellâAfrika Korps guidata dal generale Erwin Rommel, inviato da Adolf Hitler a soccorrere gli alleati italiani in affanno, entra in profonditĂ nellâEgitto britannico. Lâavanzata della volpe del deserto si ferma perĂČ in estate a un centinaio di chilometri da Alessandria. In autunno, la sconfitta nella seconda battaglia di El Alamein contro lâOttava armata britannica, comandata dal generale Bernard Law Montgomery, costringe le forze italo-tedesche a lasciare prima la Sirtica, poi tutta la Libia.
Il piccolo Muammar ha giusto il tempo di nascere cittadino italiano. Con la caduta di Tripoli, il 23 gennaio del 1943, si conclude anche quella sorta di Guerra dei trentâanni â spesso a bassa intensitĂ e con una letale pacificazione prima della resa dei conti finale â iniziata nel 1911, quando lâesercito dellâItalia giolittiana sbarca sulle coste della Tripolitania per ritagliarsi lâagognato «posto al sole» nel corpaccione agonizzante dellâimpero ottomano.
Quando Roma passa allâattacco, la Sublime Porta controlla quelle terre da circa trecento anni â Tripoli da metĂ del Cinquecento, Bengasi un secolo dopo â e le ha almeno formalmente accorpate, creando una prima, incerta e labile unitĂ tra regioni che hanno poco o nulla in comune e una storia diversa alle spalle. Regioni che a lungo â prima che la modernitĂ , in parte coincidente con la scoperta degli idrocarburi, ne alteri lievemente la fisionomia â si presentano piĂč o meno cosĂŹ.
La Tripolitania Ăš la piĂč grande e popolata, il punto non solo di sbarco ma anche di stanziamento dei tanti aspiranti conquistatori, che si limitano poi a incursioni nellâinterno. Poche oasi verdi interrompono la monotonia del deserto. A ovest di Tripoli, la pianura di Jafara permette quel minimo di pastorizia necessaria alla sopravvivenza, mentre la montagna occidentale Jabal al-Gharbi Ăš pressochĂ© lâunica zona dove Ăš possibile coltivare olivi e cereali. La zona piĂč fertile, quella del Sahil, a est di Tripoli, si spinge fino al Golfo della Sirte, che tradizionalmente divide la Tripolitania dalla Cirenaica.
La cosmopolita costiera che arriva fino in Tunisia Ăš il primo lembo del Paese a essere toccato dalla modernizzazione, generando un ceto urbano mercantile interessato a quanto accade dallâaltra parte del mare. Questa storica linea di faglia tra i cittadini sedentari e i nomadi del deserto, su cui si Ăš poi innescata la resistenza dellâinterno contro i colonizzatori â culla di un proto-nazionalismo sui generis â si sovrappone alle altre divisioni che frammentano la Libia di ieri e di oggi.
Se la Tripolitania o Tripolis, «terra delle tre città », era romana, comâĂš evidente ancora oggi dalle rovine di Leptis Magna, Oea e Sabrata, la Cirenaica Ăš greca per origine, o comunque investita dallâinfluenza ellenica fin dal IV secolo a.C., secondo il padre della storia Erodoto, e fino ai giorni nostri o quasi, come testimonia la piccola comunitĂ di pescatori greci che ancora in tempi recenti si trovava a Bengasi e dintorni.
Una divisione cruciale, quella tra Tripolitania e Cirenaica, che si approfondisce nel 395 d.C., quando dal deserto della Sirtica passa la linea di confine tra lâimpero romano dâOccidente e quello dâOriente. Qualcosa di piĂč di un reperto storico: se i Tripolitani guardano al Maghreb, i Cirenaici orientali entrano presto nellâorbita del Mashreq, Egitto in testa. PiĂč tardi Muammar Gheddafi per i suoi sogni unionisti si volgerĂ sia a est sia a ovest â oltre che a sud, negli anni della svolta panafricana â alternando i punti cardinali o combinandoli nel panarabismo.
Anche in Cirenaica, come in Tripolitania, la popolazione si concentra sulla costa, da Bengasi a Tobruk. Voltando le spalle al mare, chilometri e chilometri di deserto corrono verso il Sudan e lĂŹ nulla si puĂČ coltivare. Solo sul Jabal al-Akhdar (la Montagna Verde) piove abbastanza da permettere alcune coltivazioni. Altri sparuti cenni di vita si registrano nei villaggi che hanno trovato lâacqua, come le oasi di Kufra e Jaghbub.
Il Fezzan, infine, Ăš lâarea piĂč isolata, separata dalla costa della Tripolitania da centinaia e centinaia di chilometri di sabbia e roccia. Sono terre di nomadi e di piste da percorrere con le carovane che portano le merci fino allâAfrica subsahariana. Terre neglette fino allâavvento di Gheddafi, che nel capoluogo Sebha si forma politicamente e, una volta giunto al potere, proprio nella immensa distesa di sabbia che apre le porte del grande Sud vede una piattaforma strategica cruciale per coltivare le sue ambizioni continentali.
La popolazione della Libia che verrĂ Ăš costituita a maggioranza da arabi e berberi, con minoranze di ebrei e stranieri, soprattutto nei centri urbani della costa.
La frattura tra regioni e le divisioni tra gruppi etnici si sovrappongono alla piĂč profonda e persistente impronta del sistema tribale nella conformazione politico-sociale del Paese. Lâappartenenza clanica rimane il principale fattore identitario. Sono i rapporti di forza e lâinformale gioco delle alleanze tra le circa centoquaranta tribĂč â come quella dei Warfalla, che oggi conta un milione di persone, o gli Zintan, gli Zuwayya, i Tuareg o i Meqarha â a determinare ieri come oggi gli assetti del potere in Libia e il corso della sua storia. Una potente corrente sotterranea di cui in superficie non sempre si coglie la forza.
2. Breve storia della Libia
Lâoccupazione ottomana si concentra inizialmente nelle zone urbane della Tripolitania e della Cirenaica, poi progressivamente gli emissari del sultano sâinoltrano nellâentroterra per riscuotere tasse e formali atti di sottomissione. Il dominio di Costantinopoli, perĂČ, quando lâimpero diventa una comunitĂ multiculturale, lascia sopravvivere gli assetti sociali ed economici preesistenti. E in un mondo arabo in cui lâappartenenza tribale Ăš il principale fattore dâidentitĂ , piĂč che la fedeltĂ allâimpero Ăš quella al califfato, che ancora rappresenta lâunitĂ della umma musulmana, a tenere insieme i sudditi nella casa comune.
Tramontata lâetĂ dellâoro, lâegemonia di Costantinopoli si fa sempre piĂč fragile, erosa dagli appetiti delle potenze europee e dalle rivolte locali. Gli stessi pasciĂ , che sulla carta governano per conto del sultano, si ritagliano spazi sempre maggiori di autonomia, che a tratti sfociano in prove tecniche dâindipendenza. Tra i primi aspiranti raĂŹs locali spiccano i Karamanli, ambiziosi khoulouglis (letteralmente «figli della serva», come erano chiamati i discendenti delle mĂ©salliance tra ufficiali turchi e donne arabe) che a fasi alterne nel Settecento e Ottocento impongono una monarchia dinastica in ampie fette della Tripolitania e della Cirenaica. Merita una citazione particolare Yusuf Karamanli, alleato di Napoleone nella campagna di Egitto (1799) e primo leader libico ad andare allo scontro militare con gli Stati Uniti.
A quei tempi Washington versava nelle casse di Tripoli somme ingenti per garantirsi lâimmunitĂ dagli attacchi dei corsari della Barberia. Pagare per ottenere protezione dagli sponsor dei pirati era una consuetudine accettata da tutte le potenze occidentali, ma la decisione di Yusuf di alzare il prezzo del «pizzo» provoca la reazione della Casa Bianca, dove nel 1800 John Adams lascia il posto al meno accomodante Thomas Jefferson. Il presidente si rifiuta di negoziare con i terroristi del tempo o con lo «Stato canaglia» ante litteram che li sostiene. Quasi due secoli prima dellâoperazione El Dorado Canyon firmata da Ronald Reagan (1986), nel 1804 Jefferson Ăš il primo presidente degli Stati Uniti a muovere guerra a Tripoli, puntando a sostituire il tiranno con il piĂč malleabile fratello Hassan. La prima operazione militare oltremare della storia statunitense riesce a metĂ : il pizzo viene solo ridotto e Yusuf rimane al potere. Ma dopo lâumiliante conquista della fregata Us Philadelphia da parte dei pirati â che prendono in ostaggio lâequipaggio â i Marines al debutto riescono a espugnare il porto di Derna, dove sventolerĂ per alcuni giorni la bandiera a stella e strisce. Testimonianza della prima sortita dellâimpero che verrĂ voluta dal primo teorico dellâEmpire of Liberty e della promozione della democrazia su scala globale che spetterebbe agli Usa. Dellâimpresa rimarrĂ traccia anche nellâinno dei Marines, in cui «le spiagge di Tripoli» affiancano le «stanze di Montezuma», souvenir della guerra con il Messico del 1846-1848.
La forza dei Karamanli rimane perĂČ quella del mezzadro che strappa temporaneamente poteri al padrone negligente. Ad avere un significato e un impatto piĂč profondo Ăš piuttosto lâemergere di unâopposizione realmente autoctona al dominio straniero, che si manifesta in parallelo alla caduta dei pasciĂ troppo indipendenti e, soprattutto, allâingresso nel campo di gara delle potenze europee.
Nel 1835 gli ottomani depongono lâultimo monarca e riprendono il controllo diretto della costa mediterranea. Minacciato su piĂč fronti, lâimpero prova a consolidare la sua presenza rafforzando lâapparato burocratico e militare anche allâinterno, ma perde inesorabilmente terreno di fronte allâavanzata delle potenze europee in cerca di terre da colonizzare. Il primo ad affacciarsi in Africa Ăš Napoleone, che, alla testa dellâArmata dâOriente, nel 1798 piega i Mamelucchi e conquista per breve tempo lâEgitto. SarĂ poi la Francia orleanista a fondare la prima vera colonia africana, in Algeria, nel 1830.
Stimolata dalla seconda Rivoluzione industriale e dal nuovo nazionalismo, la corsa verso sud delle potenze europee accelera il declino del vecchio impero. La competizione sâintensifica dopo lâapertura del Canale di Suez (1869), che restituisce centralitĂ strategica al Mediterraneo. Londra si prende lâEgitto e il Sudan (1882), la Germania il Camerun e il Togo (1884). Il Belgio conquista il Congo, le cui enormi risorse vengono incamerate dal re Leopoldo come patrimonio personale dal 1885 al 1908. La Francia, dopo lâAlgeria, allarga i suoi possedimenti nel Maghreb in Tunisia (1881), una conquista subita come uno schiaffo dallâItalia, che aveva avviato da tempo una colonizzazione dal basso. Qualche anno dopo, la disfatta di Adua (1896) congela anche le ambizioni di Roma nel Corno dâAfrica. In cerca di «un posto al sole», gli italiani iniziano una lenta penetrazione della Tripolitania e della Cirenaica: entrano nei traffici commerciali, nellâindustria leggera, nellâagricoltura e nel sistema creditizio, con lâapertura di filiali del Banco di Roma,1 motore dellâiniziativa libica. Ă una nuova colonizzazione dal basso, che prepara la strada allâintervento militare.
La disgregazione progressiva del tutore ottomano e la sua arrendevolezza di fronte agli invasori infedeli, che dispiegano tutta la forza di uno Stato moderno centralizzato, accendono i primi fuochi di rivolta nella popolazione araba. Accade anche allâinterno della Libia, dove prendono le armi alcuni leader tribali, come Abdel Jalil Seif al-Nasr, che conquista il Fezzan e unisce le tribĂč della Tripolitania e quelle della Sirte (inclusa la qabila dei Gadadfa) nella lotta contro Costantinopoli. La resistenza allâinvasore, perĂČ, va incontro alla dura repressione orchestrata dal generale Ahmet Pasha Izzet.
AvrĂ unâinfluenza molto piĂč duratura sulla storia nazionale la nascita della confraternita della Senussia, espressione nella prima metĂ dellâOttocento del risveglio religioso e politico delle genti della Cirenaica. Oltre un secolo dopo, i senussi daranno alla Libia indipendente il suo primo e unico re, ma il capostipite della famiglia, Muhammad ibn Ali al-Sanusi, era originario di un villaggio dellâAlgeria. Il gran senusso, come viene presto ribattezzato per il suo baraka (carisma), allarga progressivamente la propria influenza prima alla Mecca â dove fonda il primo zawiya (monastero sufi) ma viene cacciato dai wahhabiti â, poi a Beida, in Cirenaica, dove si ferma e fonda lo Zawiya Bayda (Monastero Bianco).
A fare presa sui beduini della regione Ăš la religiositĂ ascetica praticata dallo sceicco e dai suoi seguaci, disadorna come ai tempi del Profeta, che ispira anche un embrione di governo in un territorio de facto autonomo, attorno alla «capitale» Giarabub. La confraternita sostiene i suoi adepti attraverso un equo sistema di tassazione e crea cosĂŹ una nuova identitĂ sociale che si sovrappone ai legami tribali. DallâAlgeria caduta in mano ai francesi, i senussi esporteranno idealmente in Cirenaica â e in misura molto piĂč limitata in Tripolitania e Fezzan â anche lo spirito di resistenza nei confronti dellâinvasore.
La diffusione della loro dottrina in un primo tempo Ăš vista con favore dagli ottomani, convinti che possa arginare la crescente presenza francese. Pensiero condiviso dal governo italiano, che a metĂ dellâOttocento fa arrivare alla confraternita un carico dâarmi. La storia vuole che quelle armi verranno poi usate contro gli stessi italiani. La Senussia diventerĂ il fulcro della lotta contro il colonizzatore in Cirenaica.
Attorno al progetto coloniale nellâItalia giolittiana si forma un vasto consenso. Lâoperazione sembra avere una sua ratio strategica: Roma vuole contrastare lâespansione dei rivali europei che hanno occupato ormai quasi tutta lâAfrica del Nord. Punta sulla «quarta sponda» per controllare le vie di comunicazione del Mediterraneo, a cui lâapertura di Suez ha ridato lâantica centralitĂ , aprendo al contempo una porta verso le risorse africane. PiĂč in generale, «lâimpresa libica» puĂČ rialzare il profilo della politica estera italiana senza eccessivi rischi, o almeno di questo sono convinti i vertici militari, confidando nella debolezza dellâanacronistico esercito del sultano. Gli indigeni, immaginano a torto a Roma, non potranno che accogliere gli italiani come dei liberatori dal giogo ottomano.
La campagna di Libia viene promossa dagli ambienti nazionalisti, ma trova sostenitori persino a sinistra. Anche Giovanni Pascoli impartisce ex post la sua benedizione, integrando il suo socialismo umanitario con una robusta dose dâimperialismo proletario. I lavoratori â vaticina il poeta da Barga â troveranno sullâaltra sponda del mare nostrum quegli spazi, quelle terre fertili e quelle opportunitĂ , che nelle sovrappopolate campagne italiane e nei Paesi di migrazione europea sono loro negati.2 CosĂŹ dopo unâaccurata preparazione diplomatica, «la Grande Proletaria» guidata dal titubante presidente del Consiglio Giolitti si muove davvero.
3. Lâavventura italiana in Libia
Il 29 settembre 1911 lâItalia dichiara guerra allâimpero ottomano, lâ11 ottobre prende Tripoli, il 20 Bengasi e il 5 novembre dichiara unilateralmente lâannessione di Tripolitania e Cirenaica, scatenando la rivolta degli arabi, piĂč difficile da sconfiggere delle forze imperiali ottomane. Con Costantinopoli, Roma trova un accordo ambiguo un anno dopo, a Losanna, quando la rivolta della regione balcanica costringe i turchi a firmare la pace. LâItalia ottiene lâamministrazione civile e militare della Cirenaica e della Tripolitania, ma non la sovranitĂ sui due vilayet (provincia ottomana) a cui i turchi rinunceranno formalmente solo nel 1923, quando lâimpero non esiste piĂč, sostituito dalla repubblica nazionalista e laica di Mustafa Kemal AtatĂŒrk, e lâItalia liberale ha lasciato il posto a quella fascista.
La guerriglia araba continua in tutti quegli anni anche se in modo disuguale, comâĂš disuguale la colonizzazione italiana nelle diverse entitĂ che comporranno poi la Libia. Il Fezzan rimane a lungo piĂč cosa francese che italiana, la conquista riguarda Tripolitania e Cirenaica. Lâingresso a Tripoli e dintorni non incontra grandi resistenze: la costa Ăš abituata agli stranieri, pensa agli affari e il ceto mercantile â le potenti famiglie Muntasirs e Suwayhli in testa â non Ăš ostile ai nuovi partner. In Tripolitania, anche negli anni successivi, i contrasti tra berberi e arabi e tra i diversi capi tribĂč agevolano il compito ai colonizzatori. In Cirenaica la penetrazione italiana Ăš piĂč complessa perchĂ© ostacolata dai senussi. Nella zona costiera tra Bengasi e Derna, gli adepti della confraternita sono costretti a capitolare, ma conservano il controllo dellâinterno. Roma conquista lâagognata «quarta sponda», ma poco piĂč. Le ribellioni non mancano.
Nel 1918, in Tripolitania, un pugno di uomini capitanati dallâegiziano Abd al-Rahman Hassan Azzam di concerto con Suleiman al-Baruni proclama lâeffimera Repubblica di Tripolitania. Ă il primo esperimento repubblicano nellâintero mondo arabo, ma dura poco.3 La mancata coesione tra regioni e piĂč ancora tra tribĂč azzoppa ogni tentativo unitario, tanto nellâetĂ del dominio coloniale quanto, e forse piĂč, in quella dellâincerta indipendenza dello Stato nazionale. La stessa insorgenza dei senussi rimane in buona parte un fattore regionale. I contrasti interni impediscono la formazione di un fronte comune contro lâinvasore e favoriscono lâingerenza degli attori stranieri.
Con lo scoppio della Prima guerra mondiale, la situazione si complica per gli italiani. Mancano ri...