Alle origini dell'opera d'arte contemporanea
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Alle origini dell'opera d'arte contemporanea

Claudio Zambianchi, Giuseppe Di Giacomo

  1. 252 pages
  2. Italian
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  4. Disponible sur iOS et Android
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Alle origini dell'opera d'arte contemporanea

Claudio Zambianchi, Giuseppe Di Giacomo

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Nove saggi che sono pietre miliari della riflessione internazionale sull'arte, alcuni dei quali alla loro prima pubblicazione in Italia, delineano confini e nodi teorici del dibattito artistico nel XX secolo.

Il volume ha l'obiettivo di fornire al lettore una mappa autorevole per comprendere i punti di snodo essenziali dell'arte del Ventesimo secolo. I temi toccati delineano i confini e i luoghi 'caldi' del dibattito: l'abbandono dell'idea dell'arte come riproduzione delle apparenze del mondo visibile, a vantaggio di una proposta dell'opera come espressione di una specifica qualitĂ  d'emozione; il richiamo a non dimenticare le basi sociali dell'arte anche quando, come nell'astrazione, sarebbe facile perderle di vista; la riproducibilitĂ  tecnica, la perdita dell'aura e il rapporto tra l'arte moderna e le masse; l'avanguardia come unica possibilitĂ  di sopravvivenza della cultura di Ă©lite; la definizione e la critica al Modernismo; il new dada, l'arte pop, la definizione di un'arte postmoderna. Chiudono la scelta antologica alcune pagine dalla Teoria estetica di Theodor W. Adorno, che affronta la questione dell'arte moderna nel suo rapporto di autonomia e insieme di non autonomia nei confronti della realtĂ .

Alcuni dei saggi proposti in queste pagine sono del tutto inediti per il pubblico di lingua italiana.

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Informations

Éditeur
Editori Laterza
Année
2018
ISBN
9788858134641
Sujet
Art

Neodada e pop: il paradigma del «pianale».
[Leo Steinberg, Altri criteri, 1972]

Due volte in dieci anni – anni ricchi di avvenimenti per la pittura americana – «Fortune», la rivista «dedicata a coloro che debbono pensare e agire nel lungo periodo», si Ăš occupata degli affari dell’arte. Entrambi i pezzi sono ora parecchio datati, ma entrambi erano articoli di fede, e quel che resta interessante Ăš il cambio di stile, il mutamento di tono (in parte inconsapevole) dal primo al secondo, dal settembre 1946 al dicembre 19551.
L’autore del primo articolo, messo in imbarazzo da un argomento che considera lontano, sceglie il racconto di viaggio come registro stilistico adatto. Descrivendo la 57a Strada di New York, scrive come uno che abbia visitato luoghi stranieri e ritorni con una valigia colma di storie esotiche. «Tra gli abitanti dei quartieri dell’arte si possono osservare molte usanze bizzarre», cosĂŹ inizia. Conclude con un avviso a stare attenti a quello che Ăš «uno dei bazar piĂč infidi e misteriosi del mondo».
Il registro stilistico del secondo pezzo Ăš quello del rapporto borsistico. Il linguaggio dell’autore non Ăš rivolto a sottolineare la distanza psichica dell’argomento; tende invece ad avvicinarlo. La metafora che lo attraversa Ăš quella «dell’arte come moneta contante»; lo scopo quello di salire al di sopra del sentimentalismo stupido, tagliare le trite associazioni dell’arte bella con la cultura, gli stranieri, la filantropia e i circoli femminili. Apprendiamo che in un certo periodo «la General Motors ha fatto un po’ meglio di CĂ©zanne, ma non cosĂŹ bene come Renoir». Un Vermeer venduto di recente Ăš stato valutato «493 dollari al centimetro quadrato», mentre il terreno su cui sorge la House of Morgan a Wall Street vale soltanto 82 centesimi al centimetro quadro.
Gli autori distinguono fra tre tipi di opportunitĂ  d’investimento: i titoli di Stato e cioĂš i Maestri del passato, che sono circa duecentocinquanta; le blue chip, e cioĂš quei quadri che stanno immediatamen­te sotto i Maestri del passato (in questo caso, come in quello delle azioni delle imprese industriali, «ci sono titoli che possono andare su o giĂč»); e, in terzo luogo, le emissioni speculative o «di crescita». Ma come non tutte le imprese «di crescita» crescono, cosĂŹ – ci viene ricordato – su questo piano il mercato dell’arte e il mercato azionario comportano entrambi dei rischi. Segue una lista di quarantaquattro artisti attivi al momento; la loro «posizione storica definitiva non si puĂČ prevedere [
]. Ma Ăš su un materiale siffatto, data una crescente convergenza del gusto e dell’accettazione dei loro obiettivi, che si fanno investimenti per il futuro» [il corsivo Ăš nell’originale].
Un cambiamento incoraggiante! Mentre il primo articolo era stato distante e retrospettivo («[
] i giorni dei collezionisti favolosi sono finiti», ecc.), il secondo guarda avanti al profitto e all’intrapresa: «La proprietĂ  dell’arte offre una combinazione unica di attrattive finanziarie [
]. Dal piĂč ampio punto di vista l’arte Ăš un investimento».
Nella misura in cui tali esortazioni riguardano l’arte d’avanguardia, il nuovo atteggiamento segna una svolta storica nella cultura moderna. L’arte d’avanguardia, americanizzatasi di recente, per la prima volta Ăš associata ai soldi, e tanti. E questo perchĂ© si Ăš riusciti a tradurre in termini semplici i suoi scopi occulti e il suo futuro incerto. Il modernismo piĂč spinto possiamo leggerlo adesso come «investimento speculativo»; la qualitĂ  apparente diventa «attrattiva di mercato» e un cambiamento sfavorevole del gusto «obsolescenza tecnica». Bella impresa linguistica per giustificare un cambio di atteggiamento. L’arte non Ăš, dopo tutto, quel che pensavamo fosse; nel senso piĂč vasto Ăš denaro contante. L’insieme dell’arte, ivi compresa la sua punta emergente, Ăš assimilato a valori familiari. Altri dieci anni e avremo fondi d’investimento basati su titoli sotto forma di quadri conservati nei caveau delle banche.
Ma questo Ăš soltanto il modo gradevole dell’uomo pratico di assimilare quel che per lungo tempo era stato proibito. Gli puĂČ Â­piacere o non piacere l’arte; il problema Ăš possederla senza colpa. Gli americani sono sempre stati diffidenti e a disagio nei riguardi dell’arte. Tradizionalmente l’idea dell’arte ha avuto molte associazioni disdicevoli: con l’alta cultura e la religione dell’alto clero, con l’aristocrazia e l’attrazione snobistica, con il piacere, la perversione, la malizia. Per le menti americane, la parola «arte» Ăš la radice colpevole da cui derivano «artificioso» e «artificiale»2. Di qui il costante bisogno di chiamare l’arte con qualche altro nome. «Investimento» – eufemismo per il finanziere – Ăš solo uno dei casi particolari, e sotto certi aspetti il meno significativo. PiĂč interessanti, perchĂ© creativamente coinvolti, sono quegli americani che assimilano l’arte cambiandola attivamente, facendola muovere da dove la trovano per trasportarla sul terreno locale e adattarla ai criteri natii. Il loro Ăš l’opposto del gioco dell’investitore. Quest’ultimo, nel cercare di rendere l’arte accettabile, prende il prodotto finito e lo dichiara diverso da quel che Ăš. Il sogno dell’artista Ăš di prefiggersi qualcosa di diverso e ciononostante produrre arte. Ma il carattere pervasivo della cultura artistica americana, nel bene o nel male, per divertimento o sul serio, deriva da una posizione iniziale di rifiuto.

Non arte ma lavoro

Thomas Eakins (1844-1916) Ăš il tipico artista americano3. Nell’accettare il disinteresse dell’America per l’arte (John Sloan ha descritto l’artista americano come «un indesiderato scarafaggio nella cucina di una societĂ  di frontiera»), Eakins provĂČ Â«a convincere la sua coscienza che l’arte fosse lavoro»4. Si paragoni il suo quadro William Rush scolpisce la figura allegorica del fiume Schuylkill [William Rush Carving His Allegorical Figure of the Schuylkill River] con il Pigmalione del suo antico insegnante a Parigi, LĂ©on GĂ©rĂŽme (figg. 1 e 2). Entrambi i dipinti idealizzano l’artista nello studio e il suo modo di trattare un nudo femminile. Ed entrambi hanno a che fare con l’autoproiezione del pittore. Come GĂ©rĂŽme iscrive il suo nome alla base della statua di Pigmalione, Eakins pone la sua firma su uno degli ornamenti architettonici di Rush.
Fig. 1. Jean-LĂ©on GĂ©rĂŽme, Pigmalione e Galatea, 1890 ca.
New York,
© The Metropolitan Museum of Art/Firenze, Archivio Scala.
Il quadro di GĂ©rĂŽme (dipinto dopo il 1881) illustra un antico mito del­l’arte. Ferma il momento della miracolosa metamorfosi, quando la creazione dell’artista, rispondendo al suo appello, si trasforma in carne. BenchĂ© la metĂ  inferiore della statua sia ancora di freddo marmo bianco, la rosea parte superiore Ăš giĂ  abbastanza donna da respingere le sue avances troppo ardite. E la terza presenza vivente Ăš un Cupido in volo che sta prendendo la mira per scoccare la freccia. Il quadro – una fantasia sulla ricompensa spettante all’artista – collega l’arte al desiderio.
L’allievo americano di GĂ©rĂŽme inverte tutti gli atteggiamenti di Pigmalione. Il suo quadro collega l’arte con il lavoro, e con il lavoro inteso come sua propria ricompensa5. Il soggetto Ăš il vecchio scultore americano autodidatta William Rush (1756-1836), noto soprattut­to per il suo capolavoro del 1812 La ninfa del fiume Schuylkill [The Nymph of the Schuylkill River]. Eakins ammirava il naturalismo semplificato di Rush e lo idealizzĂČ in numerosi quadri. Una prima versio­ne del William Rush scolpisce la figura allegorica del fiume Schuylkill (1877, Philadelphia Museum) presentava l’eroe in costume d’epoca. Ma nella versione definitiva del 1908 (Brooklyn Museum) lo scultore Ăš vestito in normali abiti da lavoro, e la ricompensa per la sua fatica Ăš l’abilitĂ  delle sue mani forti e la sua faccia coriacea.
Il nudo nel quadro di Eakins Ăš uno dei piĂč belli nella pittura americana. Ma si puĂČ notare che la figura allegorica per cui la modella sta posando Ăš coperta da un drappeggio; ergo, la nuditĂ  della modella non Ăš lĂŹ per farsi apprezzare, ma per fini di scienza; la nuditĂ , ci accorgiamo, Ăš la struttura che sta sotto al drappeggio. E mentre lo scultore Ăš intento a scolpire accanto a un banco di legno, ogni cosa Ăš distanziata dalla donna nuda, persino il terzo personaggio presente: una matura chaperonne china sul suo lavoro a maglia. Tutta l’attivitĂ  – la pazienza della modella come l’abilitĂ  dello scultore – Ăš redenta dall’assorbimento nel lavoro. L’effetto nobilitante di quest’ultimo prevale sui pregiudizi piĂč inveterati. Il William Rush di Eakins Ăš un valoroso tentativo di tacitare l’obiezione americana nei riguardi dell’arte e della nuditĂ , assimilando entrambe all’etica del lavoro. Ecco perchĂ© ogni cosa nel suo quadro Ăš assorta in se stessa, mentre in quello di GĂ©rĂŽme ogni cosa Ăš rivolta verso il nudo; ecco perchĂ© il formato verticale del quadro di GĂ©rĂŽme si accorda con quest’ultima figura, mentre quello oblungo di Eakins si accorda con lo spazio di lavoro.
Fig. 2. Thomas Eakins, William Rush scolpisce
la figura allegorica del fiume Schuylkill
, 1908. New York, Brooklyn Museum. Dick S. Ramsay Fund.
Delle due immagini, quella di Eakins sembra piĂč sinceramente romantica. Il sentimento e il simbolismo nascosto sono personali, mentre GĂ©rĂŽme esprime una fantasia ben nota e che da lungo tempo ha preso forma. Ma alla fine entrambi i dipinti sono parimenti legati a una cultura. La celebrazione dell’onesto lavoro di Eakins scaturisce dal puritanesimo della societĂ  in cui egli tenta di esercitare la sua arte. E le sue espressioni, a parole o in pittura, sono ossessionate dall’idea della disciplina professionale come valore assoluto. CiĂČ che detesta in Ru...

Table des matiĂšres

  1. Introduzione di Claudio Zambianchi
  2. Fonti
  3. Fondamenti del formalismo
  4. La forma e l’emozione estetica. [Roger Fry, Un saggio di estetica, 1909]
  5. Posizioni non formaliste negli anni Trenta.
  6. Una visione antiformalista dell’arte astratta. [Meyer Schapiro, Natura dell’arte astratta, 1937]
  7. Arte, cinema e fotografia: le masse e la «riproducibilitĂ  tecnica» [da Walter Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilitĂ  tecnica, 1936]
  8. Lo zenith del modernismo
  9. Greenberg prima dell’espressionismo astratto. [Clement Greenberg, Avanguardia e kitsch, 1939]
  10. Il trionfo del modernismo e della pittura americana. [Clement Greenberg, Pittura modernista, 1961]
  11. Dopo il modernismo
  12. Neodada e pop: il paradigma del «pianale». [Leo Steinberg, Altri criteri, 1972]
  13. L’«aboutness». [Arthur C. Danto, Arte e significato, 2000]
  14. La crisi dell’ideologia dell’originalità. [Rosalind E. Krauss, L’originalità dell’avanguardia, 1981]
  15. Conclusione
  16. Arte moderna e avanguardia. [da Theodor W. Adorno, Teoria estetica, 1970]
  17. Postfazione di Giuseppe Di Giacomo
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di Giacomo, G., & Zambianchi, C. (2018). Alle origini dell’opera d’arte contemporanea ([edition unavailable]). Editori Laterza. Retrieved from https://www.perlego.com/book/3460397/alle-origini-dellopera-darte-contemporanea-pdf (Original work published 2018)

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Giacomo, Giuseppe di, and Claudio Zambianchi. (2018) 2018. Alle Origini Dell’opera d’arte Contemporanea. [Edition unavailable]. Editori Laterza. https://www.perlego.com/book/3460397/alle-origini-dellopera-darte-contemporanea-pdf.

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di Giacomo, G. and Zambianchi, C. (2018) Alle origini dell’opera d’arte contemporanea. [edition unavailable]. Editori Laterza. Available at: https://www.perlego.com/book/3460397/alle-origini-dellopera-darte-contemporanea-pdf (Accessed: 15 October 2022).

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di Giacomo, Giuseppe, and Claudio Zambianchi. Alle Origini Dell’opera d’arte Contemporanea. [edition unavailable]. Editori Laterza, 2018. Web. 15 Oct. 2022.