Neodada e pop: il paradigma del «pianale».
[Leo Steinberg, Altri criteri, 1972]
Due volte in dieci anni â anni ricchi di avvenimenti per la pittura americana â «Fortune», la rivista «dedicata a coloro che debbono pensare e agire nel lungo periodo», si Ăš occupata degli affari dellâarte. Entrambi i pezzi sono ora parecchio datati, ma entrambi erano articoli di fede, e quel che resta interessante Ăš il cambio di stile, il mutamento di tono (in parte inconsapevole) dal primo al secondo, dal settembre 1946 al dicembre 19551.
Lâautore del primo articolo, messo in imbarazzo da un argomento che considera lontano, sceglie il racconto di viaggio come registro stilistico adatto. Descrivendo la 57a Strada di New York, scrive come uno che abbia visitato luoghi stranieri e ritorni con una valigia colma di storie esotiche. «Tra gli abitanti dei quartieri dellâarte si possono osservare molte usanze bizzarre», cosĂŹ inizia. Conclude con un avviso a stare attenti a quello che Ăš «uno dei bazar piĂč infidi e misteriosi del mondo».
Il registro stilistico del secondo pezzo Ăš quello del rapporto borsistico. Il linguaggio dellâautore non Ăš rivolto a sottolineare la distanza psichica dellâargomento; tende invece ad avvicinarlo. La metafora che lo attraversa Ăš quella «dellâarte come moneta contante»; lo scopo quello di salire al di sopra del sentimentalismo stupido, tagliare le trite associazioni dellâarte bella con la cultura, gli stranieri, la filantropia e i circoli femminili. Apprendiamo che in un certo periodo «la General Motors ha fatto un poâ meglio di CĂ©zanne, ma non cosĂŹ bene come Renoir». Un Vermeer venduto di recente Ăš stato valutato «493 dollari al centimetro quadrato», mentre il terreno su cui sorge la House of Morgan a Wall Street vale soltanto 82 centesimi al centimetro quadro.
Gli autori distinguono fra tre tipi di opportunitĂ dâinvestimento: i titoli di Stato e cioĂš i Maestri del passato, che sono circa duecentocinquanta; le blue chip, e cioĂš quei quadri che stanno immediatamenÂte sotto i Maestri del passato (in questo caso, come in quello delle azioni delle imprese industriali, «ci sono titoli che possono andare su o giĂč»); e, in terzo luogo, le emissioni speculative o «di crescita». Ma come non tutte le imprese «di crescita» crescono, cosĂŹ â ci viene ricordato â su questo piano il mercato dellâarte e il mercato azionario comportano entrambi dei rischi. Segue una lista di quarantaquattro artisti attivi al momento; la loro «posizione storica definitiva non si puĂČ prevedere [âŠ]. Ma Ăš su un materiale siffatto, data una crescente convergenza del gusto e dellâaccettazione dei loro obiettivi, che si fanno investimenti per il futuro» [il corsivo Ăš nellâoriginale].
Un cambiamento incoraggiante! Mentre il primo articolo era stato distante e retrospettivo («[âŠ] i giorni dei collezionisti favolosi sono finiti», ecc.), il secondo guarda avanti al profitto e allâintrapresa: «La proprietĂ dellâarte offre una combinazione unica di attrattive finanziarie [âŠ]. Dal piĂč ampio punto di vista lâarte Ăš un investimento».
Nella misura in cui tali esortazioni riguardano lâarte dâavanguardia, il nuovo atteggiamento segna una svolta storica nella cultura moderna. Lâarte dâavanguardia, americanizzatasi di recente, per la prima volta Ăš associata ai soldi, e tanti. E questo perchĂ© si Ăš riusciti a tradurre in termini semplici i suoi scopi occulti e il suo futuro incerto. Il modernismo piĂč spinto possiamo leggerlo adesso come «investimento speculativo»; la qualitĂ apparente diventa «attrattiva di mercato» e un cambiamento sfavorevole del gusto «obsolescenza tecnica». Bella impresa linguistica per giustificare un cambio di atteggiamento. Lâarte non Ăš, dopo tutto, quel che pensavamo fosse; nel senso piĂč vasto Ăš denaro contante. Lâinsieme dellâarte, ivi compresa la sua punta emergente, Ăš assimilato a valori familiari. Altri dieci anni e avremo fondi dâinvestimento basati su titoli sotto forma di quadri conservati nei caveau delle banche.
Ma questo Ăš soltanto il modo gradevole dellâuomo pratico di assimilare quel che per lungo tempo era stato proibito. Gli puĂČ Âpiacere o non piacere lâarte; il problema Ăš possederla senza colpa. Gli americani sono sempre stati diffidenti e a disagio nei riguardi dellâarte. Tradizionalmente lâidea dellâarte ha avuto molte associazioni disdicevoli: con lâalta cultura e la religione dellâalto clero, con lâaristocrazia e lâattrazione snobistica, con il piacere, la perversione, la malizia. Per le menti americane, la parola «arte» Ăš la radice colpevole da cui derivano «artificioso» e «artificiale»2. Di qui il costante bisogno di chiamare lâarte con qualche altro nome. «Investimento» â eufemismo per il finanziere â Ăš solo uno dei casi particolari, e sotto certi aspetti il meno significativo. PiĂč interessanti, perchĂ© creativamente coinvolti, sono quegli americani che assimilano lâarte cambiandola attivamente, facendola muovere da dove la trovano per trasportarla sul terreno locale e adattarla ai criteri natii. Il loro Ăš lâopposto del gioco dellâinvestitore. Questâultimo, nel cercare di rendere lâarte accettabile, prende il prodotto finito e lo dichiara diverso da quel che Ăš. Il sogno dellâartista Ăš di prefiggersi qualcosa di diverso e ciononostante produrre arte. Ma il carattere pervasivo della cultura artistica americana, nel bene o nel male, per divertimento o sul serio, deriva da una posizione iniziale di rifiuto.
Non arte ma lavoro
Thomas Eakins (1844-1916) Ăš il tipico artista americano3. Nellâaccettare il disinteresse dellâAmerica per lâarte (John Sloan ha descritto lâartista americano come «un indesiderato scarafaggio nella cucina di una societĂ di frontiera»), Eakins provĂČ Â«a convincere la sua coscienza che lâarte fosse lavoro»4. Si paragoni il suo quadro William Rush scolpisce la figura allegorica del fiume Schuylkill [William Rush Carving His Allegorical Figure of the Schuylkill River] con il Pigmalione del suo antico insegnante a Parigi, LĂ©on GĂ©rĂŽme (figg. 1 e 2). Entrambi i dipinti idealizzano lâartista nello studio e il suo modo di trattare un nudo femminile. Ed entrambi hanno a che fare con lâautoproiezione del pittore. Come GĂ©rĂŽme iscrive il suo nome alla base della statua di Pigmalione, Eakins pone la sua firma su uno degli ornamenti architettonici di Rush.
Fig. 1. Jean-LĂ©on GĂ©rĂŽme, Pigmalione e Galatea, 1890 ca.
New York,
© The Metropolitan Museum of Art/Firenze, Archivio Scala.
Il quadro di GĂ©rĂŽme (dipinto dopo il 1881) illustra un antico mito delÂlâarte. Ferma il momento della miracolosa metamorfosi, quando la creazione dellâartista, rispondendo al suo appello, si trasforma in carne. BenchĂ© la metĂ inferiore della statua sia ancora di freddo marmo bianco, la rosea parte superiore Ăš giĂ abbastanza donna da respingere le sue avances troppo ardite. E la terza presenza vivente Ăš un Cupido in volo che sta prendendo la mira per scoccare la freccia. Il quadro â una fantasia sulla ricompensa spettante allâartista â collega lâarte al desiderio.
Lâallievo americano di GĂ©rĂŽme inverte tutti gli atteggiamenti di Pigmalione. Il suo quadro collega lâarte con il lavoro, e con il lavoro inteso come sua propria ricompensa5. Il soggetto Ăš il vecchio scultore americano autodidatta William Rush (1756-1836), noto soprattutÂto per il suo capolavoro del 1812 La ninfa del fiume Schuylkill [The Nymph of the Schuylkill River]. Eakins ammirava il naturalismo semplificato di Rush e lo idealizzĂČ in numerosi quadri. Una prima versioÂne del William Rush scolpisce la figura allegorica del fiume Schuylkill (1877, Philadelphia Museum) presentava lâeroe in costume dâepoca. Ma nella versione definitiva del 1908 (Brooklyn Museum) lo scultore Ăš vestito in normali abiti da lavoro, e la ricompensa per la sua fatica Ăš lâabilitĂ delle sue mani forti e la sua faccia coriacea.
Il nudo nel quadro di Eakins Ăš uno dei piĂč belli nella pittura americana. Ma si puĂČ notare che la figura allegorica per cui la modella sta posando Ăš coperta da un drappeggio; ergo, la nuditĂ della modella non Ăš lĂŹ per farsi apprezzare, ma per fini di scienza; la nuditĂ , ci accorgiamo, Ăš la struttura che sta sotto al drappeggio. E mentre lo scultore Ăš intento a scolpire accanto a un banco di legno, ogni cosa Ăš distanziata dalla donna nuda, persino il terzo personaggio presente: una matura chaperonne china sul suo lavoro a maglia. Tutta lâattivitĂ â la pazienza della modella come lâabilitĂ dello scultore â Ăš redenta dallâassorbimento nel lavoro. Lâeffetto nobilitante di questâultimo prevale sui pregiudizi piĂč inveterati. Il William Rush di Eakins Ăš un valoroso tentativo di tacitare lâobiezione americana nei riguardi dellâarte e della nuditĂ , assimilando entrambe allâetica del lavoro. Ecco perchĂ© ogni cosa nel suo quadro Ăš assorta in se stessa, mentre in quello di GĂ©rĂŽme ogni cosa Ăš rivolta verso il nudo; ecco perchĂ© il formato verticale del quadro di GĂ©rĂŽme si accorda con questâultima figura, mentre quello oblungo di Eakins si accorda con lo spazio di lavoro.
Fig. 2. Thomas Eakins, William Rush scolpisce
la figura allegorica del fiume Schuylkill, 1908. New York, Brooklyn Museum. Dick S. Ramsay Fund.
Delle due immagini, quella di Eakins sembra piĂč sinceramente romantica. Il sentimento e il simbolismo nascosto sono personali, mentre GĂ©rĂŽme esprime una fantasia ben nota e che da lungo tempo ha preso forma. Ma alla fine entrambi i dipinti sono parimenti legati a una cultura. La celebrazione dellâonesto lavoro di Eakins scaturisce dal puritanesimo della societĂ in cui egli tenta di esercitare la sua arte. E le sue espressioni, a parole o in pittura, sono ossessionate dallâidea della disciplina professionale come valore assoluto. CiĂČ che detesta in Ru...