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Pragmatica del linguaggio
Claudia Bianchi
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Pragmatica del linguaggio
Claudia Bianchi
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Ă propos de ce livre
Comprendere i meccanismi della comunicazione e indagare il fitto intreccio di rapporti tra parole e parlanti. Uno studio che investe linguistica e logica, diritto e psicologia, sociologia e antropologia.
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Est-ce que Pragmatica del linguaggio est un PDF/ePUB en ligne ?
Oui, vous pouvez accĂ©der Ă Pragmatica del linguaggio par Claudia Bianchi en format PDF et/ou ePUB ainsi quâĂ dâautres livres populaires dans Languages & Linguistics et Communication Studies. Nous disposons de plus dâun million dâouvrages Ă dĂ©couvrir dans notre catalogue.
Informations
Sous-sujet
Communication StudiesFare cose con le parole
Chose Ă©trange que ces mots âdeux ou trois foisâ, rien que des mots, des mots prononcĂ©s dans lâair, Ă distance, puissent ainsi dĂ©chirer le coeur comme sâils le touchaient vĂ©ritablement, puissent rendre malade, comme un poison quâon absorberait. (Marcel Proust)
1. Parole come atti: la dimensione sociale del linguaggio
Nel primo capitolo abbiamo distinto due dimensioni di pragmatica, corrispondenti alle due direzioni che assume la relazione fra linguaggio e mondo. Da un lato, in pragmatica ci si occupa dellâinfluenza che il mondo (o il contesto) esercita sul linguaggio, e si mira a determinare il contenuto proposizionale delle frasi in quanto utilizzate in contesto. Dâaltro lato, una volta determinato il contenuto proposizionale di un enunciato, ci si interessa dellâinfluenza che questo puĂČ esercitare sul mondo (sul contesto), della sua capacitĂ di modificare stati di cose, ma anche lâambiente cognitivo degli interlocutori, di cambiare, rafforzare, o eliminare certe credenze, desideri, conoscenze. Ă della pragmatica in questo secondo senso che tratta questo capitolo.
Ad essere sottolineata Ăš ora la dimensione sociale del linguaggio, e in particolare la varietĂ degli usi discorsivi delle frasi del linguaggio naturale: affermazioni, ordini, domande, minacce ecc. In questa prospettiva parlare significa agire: ogni enunciato serve a compiere un atto, regolato da norme, convenzioni o consuetudini; il linguaggio come tale viene concepito al pari di unâistituzione sociale. La stessa frase â meglio, lo stesso contenuto proposizionale â puĂČ avere interpretazioni sorprendentemente differenti a seconda delle intenzioni con cui viene usata, e delle circostanze in cui viene proferita. Per fare un esempio, la frase
(1) Esci da questa stanza!
puĂČ essere usata come ordine o come supplica, come sfida, come consiglio o come invito, a seconda di chi proferisce (1), rivolto a chi, con che tono, in che circostanze, con quali pensieri, scopi e intenzioni. Allo stesso modo una frase apparentemente descrittiva come
(2) Sono cintura nera di karatĂš
suona come una minaccia se siete un potenziale aggressore di chi la proferisce, ma come una rassicurazione se chi la proferisce vi sta accompagnando in un quartiere malfamato. E ancora la frase
(3) Bea Ăš una vera amica
verrĂ interpretata letteralmente se Bea vi ha appena aiutato in un momento difficile; unâinterpretazione ironica sarĂ piĂč appropriata se lâavete appena scoperta nelle braccia della vostra dolce metĂ . Ancora una volta la semplice interpretazione semantica, da sola, non permette di determinare che tipo di atto Ăš stato compiuto proferendo (1), (2) o (3): in quel che segue vedremo che solo se si tiene conto delle regole che i parlanti seguono nelle loro interazioni verbali, assieme alla conoscenza del contesto in cui gli enunciati sono stati proferiti, Ăš possibile dare di questi ultimi unâinterpretazione completa.
2. Atti linguistici
La prima tragedia della vita sono le azioni, la seconda le parole. E forse le parole sono peggio. Le parole sono spietate. (Oscar Wilde)
2.1. Enunciati constativi ed enunciati performativi
Abbiamo giĂ avuto modo di sottolineare come la riflessione filosofica contemporanea sul linguaggio sia nata con lo scopo di costruire uno strumento affidabile di comunicazione scientifica. Ne Ăš scaturita, come inevitabile conseguenza, lâidea che la funzione principale del linguaggio sia quella di descrivere la realtĂ , di rappresentare stati di cose, idea legata alla tesi che il significato di una frase sia dato dalle sue condizioni di veritĂ , dalle condizioni che il mondo deve soddisfare perchĂ© la frase ne costituisca una descrizione appropriata, e perchĂ© sia vera. Eppure Ăš evidente che non tutte le frasi che proferiamo sono usate per fare asserzioni sulla realtĂ , per descrivere stati del mondo. Si pensi a
(4) SĂŹ, lo voglio
proferita dagli sposi durante la celebrazione di un matrimonio; o ancora a
(5) Battezzo questa nave âQueen Elisabethâ
proferita al momento di varare una nave; oppure a
(6) Mi scuso
detto quando urtiamo inavvertitamente qualcuno; o infine a
(7) Scommetto 500 euro che domani pioverĂ .
Quando usiamo gli enunciati (4) e (5) non stiamo descrivendo, rispettivamente, la cerimonia di un matrimonio o il varo di una nave, non stiamo informando qualcuno di un fatto, ma lo stiamo compiendo. In altri termini, pronunciando certi enunciati creiamo fatti nuovi, modifichiamo la realtĂ , contraiamo impegni che possono avere un certo peso: con (5) diamo un nome a una nave e con (4) ci leghiamo per la vita a unâaltra persona. In modo analogo, con (6) o (7) non descriviamo lâatto di scusarci o di scommettere, ma compiamo lâatto di scusarci o di scommettere: usando (6) abbiamo porto le nostre scuse (e nullâaltro ci Ăš richiesto, se la colpa era lieve), e proferendo (7) ci siamo impegnati a pagare 500 euro se lâindomani non piove (e a nulla varrebbe protestare âOh, ma facevo cosĂŹ per direâ).
Sembra allora possibile tracciare una distinzione fra la classe di enunciati il cui scopo Ăš descrivere stati del mondo â gli enunciati constativi come
(8) Il gatto Ăš sul letto â
e la classe di enunciati che servono a fare cose, a compiere atti regolati da norme e istituzioni (come sposarsi e battezzare) o da semplici consuetudini sociali (come scusarsi o scommettere) â gli enunciati performativi (Austin 1962b). A differenza di (8), i performativi non caratterizzano stati di cose, non hanno contenuto informativo, non dicono nulla sul mondo e non hanno dunque condizioni di veritĂ : mentre (8) Ăš vero se il gatto Ăš effettivamente sul letto, e falso altrimenti, rispetto a un enunciato performativo come (6) non ha senso chiedersi se esso sia vero o falso.
Se osserviamo gli enunciati (4)-(7), sembra che la classe dei performativi possa venir isolata seguendo criteri grammaticali e lessicali: negli enunciati considerati compaiono verbi particolari (come âscusarsiâ, âpromettereâ, âordinareâ, âscommettereâ, âcomplimentarsiâ, e cosĂŹ via), alla prima persona dellâindicativo presente. (6), infatti, cessa di essere un enunciato performativo se il verbo âscusarsiâ compare al tempo passato o futuro, o al presente, ma non alla prima persona, come negli enunciati
(9) Mi sono scusato
(10) Mi scuserĂČ
(11) Bea si scusa.
(9)-(11), infatti, sono descrizioni di stati di cose, in particolare descrizioni di atti (e, piĂč in particolare ancora, di atti di scusarsi) che sono stati compiuti o verranno compiuti tramite (6): non ci si scusa annunciando che ci si scuserĂ , o che ci si Ăš scusati. Naturalmente non tutti gli enunciati alla prima persona dellâindicativo presente sono dei performativi; ad esempio
(12) Lavo i piatti
malauguratamente non compie lâatto di lavare i piatti, ma lo descrive. E si noti che mentre non ha senso ribattere âNo, non Ăš veroâ...