II.
Un fantasma si aggira
1. La voce dellâinnocenza
Lâanno che precede il grande annuncio Ăš disseminato di spie: indizi allora indecifrabili, oggi perfettamente chiari di quel che covava sotto la cenere. Il primo, destinato a rimanere oscuro fino a eventi compiuti, Ăš quello manifestatosi in un giorno di marzo del 1993. Ce ne informa tra gli altri il «Corriere della Sera»:
Piano piano stanno tappezzando in questi giorni i muri di tutta Milano. Sono i visi di dieci paffuti bambinoni dallâaria innocente e pacioccona. Ce nâĂš uno che ha lo sguardo un poâ confuso di chi sâĂš appena ripreso dalla nanna, mentre un altro, rovesciatosi la scodella di spaghetti sulla testa, sembra voler chiedere perdono dellâinfantile marachella. Il loro messaggio? Sintetico: «Fozza, Itaia». Lâuso della lingua, come si vede, non Ăš ancora perfezionato a puntino. Le idee, comunque, sono abbastanza chiare, anche se presumibilmente si tratta di soggetti piĂč a contatto con le problematiche del ciuccio e della pappa che con quelle dellâattuale marasma sociopolitico. Sul significato recondito dello slogan sâinterrogano invece dubbiosi i passanti. Una curiosa campagna per lanciare lâultimo prodotto di Chicco o di Prenatal? Oppure lâultima provocazione di Benetton? CosĂŹ, suscitando qualche comprensibile incertezza di carattere interpretativo, Ăš partita la nuova campagna pubblicitaria della Fispe, la Federazione italiana sviluppo pubblicitĂ esterna.
La campagna Ăš massiccia e si dispiega su tutto il territorio nazionale, quindi comporta un investimento economico notevole. Si tratta â secondo una fonte successiva â di 11.300 poster murali, 11.000 cartelloni su tram e autobus, 3.000 pannelli nelle stazioni di servizio. Stando alle spiegazioni fornite al momento, Ăš volta alla difesa degli spazi pubblicitari esterni minacciati da nuove regole del codice della strada. Lo riferisce a sua volta «la Repubblica»:
Ma che cosa promuovono quei dieci bambini under three che sorridono, ammiccano, strizzano gli occhi, fanno smorfie dalle fiancate degli autobus, dai tabelloni giganti, da poster metropolitani 6 metri per 3? Ancora una volta la pubblicitĂ fa pubblicitĂ a se stessa, in questo caso ai suoi spazi allâaperto, messi in pericolo dal nuovo codice della strada. Si tratta della piĂč grande campagna mai realizzata per promuovere le affissioni, «la piĂč grande pubblicitĂ esterna mai realizzata al mondo». Scopo dellâoperazione modificare quelle nuove regole del codice che cancellerebbero lâ80-90 per cento della cartellonistica mettendo a rischio 25 mila posti di lavoro.
La spiegazione non convince del tutto anche perchĂ© le dichiarazioni del presidente della Fispe sulle ragioni della scelta si allargano allo stato dâanimo del Paese dopo Tangentopoli, alludono a una condizione di disorientamento e sfiducia che occorrerebbe sconfiggere e quindi alla necessitĂ di lanciare un messaggio di ottimismo:
«CâĂš venuto spontaneo e immediato il pensiero di lanciare un messaggio ottimista al paese, un invito a tener duro e ad andare avanti anche in questo momento di generale demoralizzazione», spiega Marco Testa [...] «Ci siamo posti una domanda: chi puĂČ oggi lanciare un messaggio ottimista al paese? La risposta Ăš stata immediata: o la voce piĂč autorevole, una voce super partes, come ad esempio quella del presidente della Repubblica, o la voce piĂč pura ed onesta, quella dei bambini. Devo confessare che abbiamo fatto un tentativo per offrire al presidente questa grande affissione per parlare agli italiani, ma considerando il periodo particolarmente delicato, abbiamo ricevuto un gentile rifiuto. Abbiamo quindi puntato sui bambini».
CâĂš qualcosa che suona strano in questa ricostruzione. Se si tratta di difendere degli spazi pubblicitari, comâĂš possibile pensare di coinvolgere la massima carica dello Stato? E perchĂ© questa difesa pur legittima di interessi privati viene associata al progetto di un messaggio generale al Paese, per giunta lanciato da una figura autorevole, super partes, come si richiede nel caso di un solenne messaggio politico-istituzionale? A chi puĂČ essere venuto in mente di usare il presidente della Repubblica come icona di una campagna mediatica di questo genere? Cosa significa questa mescolanza tra pubblicitĂ commerciale e potere politico? Sono associazioni e sospetti che oggi risultano perfettamente evidenti, allora sarebbero apparsi ingiustificati alla luce delle poche informazioni circolanti sui segreti preparativi del magnate. Secondo ricostruzioni accreditate, lâidea di una forza politica denominata «Forza Italia» Ăš «covata fin dal 1992» ma non si puĂČ dire matura che nellâaprile del 1993, viene pianificata solo in giugno e diventa pubblica il 29 di quel mese quando
uomini vicini a Berlusconi (Marcello DellâUtri, Cesare Previti, Antonio Martino, Mario Valducci) costituiscono lâ«Associazione per il buon governo» presso lo studio del notaio Roveda a Milano. Le nove sezioni tematiche dellâAssociazione raccolte in un libretto (Alla Ricerca del Buongoverno) diventano «riferimento ideologico» dei nascenti club di Forza Italia. Il 6 settembre Berlusconi inaugura il primo. Il 25 novembre viene fondata a Milano da Angelo Codignoni, ex direttore di La Cinq, il network francese di Fininvest, lâAssociazione nazionale del [dei?] Club di Forza Italia.
Solo molto dopo sono comparse testimonianze provenienti dallâinterno dellâambiente berlusconiano che retrodatano precisamente al 30 marzo «il primo indizio chiaro della volontĂ di Berlusconi di creare un partito». Ma a quella data nessuno al di fuori di quellâambiente sapeva nulla di quei progetti, nĂ© conosceva «Forza Italia» come nome del futuro partito nĂ© poteva immaginare che proprio questo ci fosse dietro la campagna pubblicitaria, anche se â stando a una testimonianza â avrebbe dovuto porre qualche sospetto la lettura della sigla Publitalia â80 (la concessionaria di pubblicitĂ fondata e presieduta da Berlusconi) nellâangolo in basso a destra dei cartelloni e dei pannelli.
BisognerĂ attendere circa un anno, e precisamente lâaperta irruzione e lo sfondamento di Berlusconi nella vita politica, per svelare il mistero di quelle voci infantili o almeno per fare su di esse unâipotesi attendibile.
«Erano prove tecniche per la formazione di un partito: nessuno aveva capito che cosa propagandassero, un anno fa, quei 10 paffuti ragazzini che da migliaia di cartelloni gridavano âFozza Itaiaâ. Ora, siccome sono convinto da altri indizi che Berlusconi aveva in mente da tempo il suo ingresso in politica, tutto mi Ăš piĂč chiaro». BastĂČ una «erre» al posto della prima «zeta», piĂč una «elle» e, oplĂ , lâItalia, anzi «Forza Italia» fu fatta. Berlusconi Ăš andato al potere grazie a uno slogan storpiato dai bambini? Ecco un anno dopo rivelato lâarcano segreto che ha dato la vittoria al Cavaliere. La scoperta, con il beneficio del dubbio, Ăš di Franco Bassanini, 53 anni, milanese (e milanista), deputato Pds.
Una forma di propaganda politica subliminale e anticipata, insomma, che usava modelli e strumenti della pubblicitĂ commerciale, che si affidava alla curiositĂ su un prodotto sconosciuto atteso sul mercato. Ma perchĂ© adottare lâimmagine dei bambini e la relativa storpiatura delle parole? A prima vista si tratta di un espediente classico della pubblicitĂ : il ricorso allâimmagine di un cucciolo. «Che sia cucciolo di cane (carinissimo mentre srotola la carta igienica), o cucciolo dâuomo (hai visto come mangia lo yogurt?) non importa, quel che conta Ăš che catturi lâattenzione, faccia tenerezza».
Ă dallâinizio del secolo che bambine e bambini hanno cominciato a essere usati in questo modo, per suscitare sentimenti di affettuoso e compiaciuto divertimento intorno a prodotti del nuovo mercato, dai ricostituenti agli articoli per lâigiene ai giocattoli: un uso che si Ăš intensificato fino a divenire parossistico nella propaganda di guerra durante il primo conflitto mondiale. In quegli anni i bambini sono stati fotografati accanto ai proiettili degli obici per misurarne lâaltezza e celebrare la potenza delle acciaierie, sono stati rappresentati da famosi cartellonisti a sventolare bandiere, a sognare imprese eroiche, a indossare berretti militari incamminandosi verso il fronte quando ancora non hanno finito di succhiare il latte materno. Vittime della barbarie nei territori occupati, hanno contribuito potentemente alla costruzione dellâimmagine del nemico. Orfani di padri combattenti, hanno drenato risorse per i prestiti di guerra. Icona dal richiamo irresistibile, hanno conquistato gli spazi pubblicitari e propagandistici dellâimmaginario occupandoli per tutto il secolo, in pace e in guerra.
Ma non si tratta solo di questo. Alla luce della storia successiva, possiamo interpretare la comparsa in forze dei bambini sui muri e sulle fiancate degli autobus nel pieno della crisi politica italiana degli anni Novanta anche come indizio di una speciale strategia comunicativa. Come si vedrĂ presto, nellâottica politico-pubblicitaria e televisiva di Berlusconi, bambini e adolescenti sono strumenti ma sono anche un target. Sono il modello del pubblico a cui si rivolge per trovare ascoltatori, fan e seguaci: un pubblico di massa indistinguibile di adulti e minori in grado di comprendere e di apprezzare il suo linguaggio come comprendono e apprezzano lâeloquio semplice e accattivante di Mike Bongiorno. Se lo capiscono loro, lo capiscono tutti. Sta qui la chiave di volta di quella destrutturazione del linguaggio della politica che sarĂ parte cospicua del suo successo. Come dirĂ nel corso di un dibattito alla fine del 2004 e in altre occasioni: «Uno studio corrente dice che la media del pubblico rappresenta [sic] lâevoluzione mentale di un ragazzo che fa la seconda media e che non sta nemmeno seduto nel primo banco». Di qui lâimperativo metodicamente applicato di inseguire questi standard di comprensione con un linguaggio adeguato, insomma di parlare a un popolo bambino: «Qualcu...