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L'utopia sostenibile
Enrico Giovannini
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- 176 pages
- Italian
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L'utopia sostenibile
Enrico Giovannini
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Per costruire un futuro migliore ci serve un'utopia. Un'utopia sostenibile. Ă la via maestra che Enrico Giovannini indica per il raggiungimento entro il 2030 degli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dall'ONU. Fame, salute, acqua, povertĂ , energia, infrastrutture, occupazione, disuguaglianze, clima, pace, istruzione sono questioni che si affrontano solo con un pensiero integrato e il concorso di forze politiche, economiche e sociali. Continuare a pensare e ad agire come nel passato vuol dire far precipitare il nostro mondo in una profonda crisi ambientale, economica, sociale. Ă richiesto l'impegno di tutti e un profondo cambiamento del modo in cui leggiamo e affrontiamo i problemi che ci circondano.
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Sujet
EconomicsSous-sujet
Economic PolicyLâItalia del 2030: unâutopia sostenibile
Mettere lo sviluppo sostenibile al centro dellâazione politica
Come abbiamo visto, il nostro Paese non Ăš in una condizione di sviluppo sostenibile. E gli italiani sembrano abbastanza consci del problema, almeno sul piano emotivo. Secondo i risultati descritti nel 10° Rapporto dellâOsservatorio Europeo sulla Sicurezza, realizzato da Demos & Pi e Osservatorio di Pavia per la Fondazione Unipolis71, le principali paure dei cittadini italiani riguardano molti dei temi al centro dellâAgenda 2030: tra le paure generali, il 58% indica âla distruzione dellâambiente e della naturaâ e il 55% âlâinquinamentoâ, mentre tra le insicurezze economiche prevalgono quella di ânon avere o perdere la pensioneâ (38%) e âla perdita del lavoro, la disoccupazioneâ (37%).
Dâaltra parte, sentire ogni giorno parlare degli effetti negativi sulla vita dei cittadini derivanti dalla globalizzazione e dal cambiamento tecnologico, del rischio che il debito pubblico rappresenta per i mercati finanziari e quindi della possibilitĂ di nuove crisi finanziarie, dellâelevatissima incidenza della disoccupazione giovanile e della povertĂ che si riducono marginalmente o per nulla anche in presenza di una ripresa dellâattivitĂ economica, del flusso dei migranti dallâAfrica e di possibili conflitti basati sullâuso di ordigni nucleari, metterebbe a dura prova chiunque, senza considerare il fatto che gli italiani hanno sperimentato la piĂč grave crisi economica dellâintera storia del nostro Paese, la quale ha cambiato per sempre la vita di milioni di persone. Peraltro, anche il resto dâEuropa sembra abbastanza spaventato da un futuro incerto: secondo la rilevazione Eurobarometro, il 29% dei cittadini Ăš preoccupato dalla disoccupazione, il 22% dallâimmigrazione, il 20% dallo stato dei sistemi sanitari e della sicurezza sociale, il 19% dal terrorismo, mentre il 40% degli intervistati ritiene che il peggio della crisi economica debba ancora arrivare72.
Se questa Ăš la situazione attuale, la domanda cruciale alla quale dobbiamo rispondere riguarda il tipo di futuro che vogliamo costruire per rispondere alle preoccupazioni odierne e a quelle di domani, nonchĂ© la scelta della giusta combinazione di âsoluzioniâ immediate e di âvisioniâ per il futuro in grado di realizzare il cambiamento richiesto dai cittadini e necessario per assicurare a tutti un benessere sostenibile. Per rispondere Ăš indispensabile, in primo luogo, dichiarare apertamente in quale dei paradigmi elencati nel precedente capitolo crediamo. Se, cioĂš, crediamo in un paradigma nel quale un poâ piĂč di risorse economiche in tasca alle persone e alle imprese (magari elargite aumentando il deficit e il debito pubblico) sia in grado di far ripartire un processo di sviluppo economico analogo a quello del (non recente) passato; o se riteniamo che tale modello abbia sostanzialmente esaurito la sua capacitĂ di assicurare lâaumento del benessere delle persone e risolvere le disuguaglianze tra ricchi e poveri, tra uomini e donne o tra Nord e Sud del nostro Paese.
Personalmente, credo sia onesto dire che il vecchio modello non funziona piĂč, senza per questo dover essere immediatamente classificato tra i fautori della âdecrescita feliceâ, come alcuni amano fare, anche nel dibattito pubblico italiano73. Per sostenere la correttezza della mia posizione si potrebbero invocare le analisi di tanti economisti e di tante istituzioni certamente non riconducibili nĂ© a posizioni politiche âdisfattisteâ rispetto al sistema dellâeconomia di mercato, nĂ© a posizioni ideologiche contrarie alla crescita economica come fattore di benessere del genere umano. Ad esempio, lâOcse e il Fondo Monetario Internazionale parlano ormai chiaramente del rischio di una âstagnazione secolareâ fatta di una graduale riduzione dei tassi di crescita nei Paesi emergenti e in via di sviluppo e di bassi aumenti del Pil per quelli industrializzati (intorno al 2% in media). Inoltre, in questi ultimi si verificherebbe un significativo âdisaccoppiamentoâ tra andamento della produttivitĂ e dellâoccupazione, nel senso che la seconda non dipenderebbe piĂč cosĂŹ automaticamente dalla prima (come Ăš accaduto fino allâinizio degli anni Duemila), e un continuo aumento delle disuguaglianze tra ricchi e poveri dovuto alla continua compressione dei salari da parte delle imprese, impegnate ad aumentare la loro competitivitĂ di prezzo nei confronti delle economie emergenti74.
Ă del tutto evidente che una crescita annuale del Pil del 2%, in presenza della nuova rivoluzione industriale basata su una massiccia introduzione dellâautomazione nei processi produttivi non solo di tipo manifatturiero, non sarebbe in grado di assorbire la disoccupazione e la povertĂ giĂ presente in Italia e in Europa, figuriamoci quella conseguente a un aumento della popolazione derivante dallâimmigrazione. Analogamente, come indicato dallâOcse, concentrarsi sullâaumento di competitivitĂ solo attraverso una riduzione del costo del lavoro, che rappresenta circa il 20% dei costi delle imprese manifatturiere, comporterebbe una contrazione del potere dâacquisto dei consumatori che impedirebbe il formarsi di una domanda sufficiente ad acquistare i beni e i servizi prodotti, con conseguente blocco del circuito del reddito su cui si basa il modello economico standard.
Ora, mi rendo perfettamente conto che non si vincono le campagne elettorali spaventando gli elettori con scenari catastrofici senza indicare possibili soluzioni, ma credo sia altrettanto evidente che vincere una campagna elettorale con promesse mirabolanti basate sul âvecchio paradigmaâ (come quelle che sono giĂ state avanzate da molti leader politici italiani) non seguite da un significativo e duraturo miglioramento della condizione di vita dei cittadini renderebbe estremamente difficile non solo la rielezione, ma la stessa âtenutaâ delle societĂ democratiche: infatti, la sfiducia nelle istituzioni e in chiunque abbia governato in passato, a tutto beneficio di âfacceâ o âstorieâ nuove, comprese quelle basate su messaggi cosiddetti âpopulistiâ o âantisistemaâ, non farebbe che aumentare, con significativi rischi per lâassetto faticosamente costruito in Europa negli ultimi sessantâanni. Se il processo appena descritto Ăš giĂ in atto in Italia, dove la forte diffidenza verso la classe politica Ăš sotto gli occhi di tutti, lo stesso fenomeno si sta verificando in molti altri Paesi europei (Francia, Germania, Spagna, Regno Unito, Austria, Olanda) e anche lâelezione di Donald Trump puĂČ essere interpretata, almeno in termini generali, in questa chiave, segnalando come anche il quarto pilastro dello sviluppo sostenibile, cioĂš quello istituzionale, sia altrettanto âa rischioâ degli altri tre.
Dâaltra parte, le analisi dei sistemi politici basate sulle neuroscienze ci dicono che non si vincono le elezioni semplicemente parlando alla parte ârazionaleâ degli elettori75. Come ha scritto Drew Westen76, poichĂ© ânon prestiamo attenzione ad argomenti che non suscitano in noi interesse, entusiasmo, paura, rabbia o disprezzo... piĂč un messaggio Ăš puramente razionale, meno Ăš probabile che attivi i circuiti emotivi che presiedono al comportamento di votoâ. Di conseguenza, il suo messaggio ai politici Ăš estremamente chiaro: âse volete conquistare il cuore e la mente degli elettori dovete partire dal cuore, perchĂ© altrimenti questi ultimi non proveranno grande interesse per il contenuto della vostra menteâ. In altri termini, secondo Westen un politico ha la âscelta tra battersi per occupare quei pochi millimetri di terreno cerebrale che elaborano i dati, le cifre e i programmi politici o puĂČ rivolgere la campagna al piĂč vasto elettorato neurale, reclutando delegati in tutto il cervello e puntando su stati emotivi diversi concepiti per esercitare il massimo richiamoâ.
Supponiamo, dunque, che una forza politica volesse immaginare una piattaforma per il futuro dellâItalia in grado di affrontare le paure delle persone, ma anche di stimolare entusiasmo e voglia di contribuire alla costruzione di un futuro migliore, una piattaforma fatta di obiettivi ambiziosi ma possibili, basata su solide analisi della realtĂ e dei punti di forza e di debolezza del nostro Paese e dei suoi cittadini. Sarebbe lo sviluppo sostenibile un quadro concettuale solido e utile, dal quale trarre ispirazione per costruire una tale piattaforma? La mia risposta Ăš decisamente affermativa. Anche se mi rendo conto delle difficoltĂ derivanti da una tale scelta (compreso il fatto che, nellâimmaginario collettivo, il termine âsviluppo sostenibileâ viene ridotto ad una questione ambientale), non vedo alternative altrettanto convincenti, soprattutto se si volesse cercare di mobilitare le giovani generazioni. I giovani, infatti, mostrano non solo una maggiore consapevolezza dei problemi derivanti dalla situazione ambientale e sociale rispetto alle classi di etĂ piĂč anziane, ma pure una maggiore propensione alla transizione ad un nuovo modello di sviluppo77.
Supponendo, allora, di voler assumere questo approcci...
Table des matiĂšres
- Introduzione
- LâinsostenibilitĂ dellâattuale modello di sviluppo
- Dai âLimiti alla crescitaâ allâAgenda 2030 per lo sviluppo sostenibile
- Modelli di sviluppo a confronto: dallâeconomia lineare allo sviluppo sostenibile
- LâItalia non Ăš su un sentiero di sviluppo sostenibile
- LâItalia del 2030: unâutopia sostenibile
- Conclusione
Normes de citation pour L'utopia sostenibile
APA 6 Citation
Giovannini, E. (2018). Lâutopia sostenibile ([edition unavailable]). Editori Laterza. Retrieved from https://www.perlego.com/book/3517258/lutopia-sostenibile-pdf (Original work published 2018)
Chicago Citation
Giovannini, Enrico. (2018) 2018. Lâutopia Sostenibile. [Edition unavailable]. Editori Laterza. https://www.perlego.com/book/3517258/lutopia-sostenibile-pdf.
Harvard Citation
Giovannini, E. (2018) Lâutopia sostenibile. [edition unavailable]. Editori Laterza. Available at: https://www.perlego.com/book/3517258/lutopia-sostenibile-pdf (Accessed: 15 October 2022).
MLA 7 Citation
Giovannini, Enrico. Lâutopia Sostenibile. [edition unavailable]. Editori Laterza, 2018. Web. 15 Oct. 2022.