Storia della politica internazionale (1957-2017)
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Storia della politica internazionale (1957-2017)

Dalle conquiste spaziali al centenario della rivoluzione d'ottobre

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Storia della politica internazionale (1957-2017)

Dalle conquiste spaziali al centenario della rivoluzione d'ottobre

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Questo terzo volume di Storia della politica internazionale valuta l'evoluzione interna ai due blocchi "Est-Ovest" nel periodo 1957-2017. Esclusa la possibilità di prevalere con un confronto militare aumenta lo sforzo dei due competitori per rendere ottimale il proprio modello. Vengono esaminate le alleanze, le unioni economico-sociali, gli impegni umanitari e la presenza all'interno dell'ONU. Emerge il ruolo esercitato dalle grandi potenze sia nel mondo liberal-democratico che in quello marx-lenin-maoista. Gli USA sono impegnati in un ciclopico sforzo nelle Americhe, in Europa, in Asia e anche in Africa sotto la guida di diversi presidenti fra i quali Kennedy, Nixon, Carter, Reagan, Bush, Clinton, Obama e Trump. L'esame del mondo comunista si sofferma sull'evoluzione sovietica fino alla dissoluzione dell'URSS; in questi decenni sono al centro della scena Krusciov,Breznev e Gorbaciov. Negli anni successivi la guida della Russia è assunta da Eltsin e da Putin. Un'attenzione specifica è riservata al lungo dopoguerra tedesco; la Germania, debellata, occupata e divisa persegue con tenacia la riunifcazione. Un rilievo particolare è riservato alla Cina durante gli anni di Mao Tsè-tung, Deng Xiaoping e Xi Jinping; sono esaminate anche la questione tibetana e il dissidio con Formosa. Un breve capitolo conclusivo è dedicato ai Paesi non allineati (PNA) e al loro attuale impegno politico. In questo quadro è avviato il processo integrativo del continente africano prima con l'Organizzazione dell'unità africana (OUA) e, in seguito, con l'Unione africana (UA).

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Informazioni

Anno
2019
ISBN
9788838248467
Argomento
Storia

1.1. Un dopoguerra difficile

a) Eisenhower: gli USA, gli alleati e gli amici

Nel decennio 1945-1957 gli equilibri fra Est e Ovest si sono in gran parte consolidati anche se il confronto resta aperto. In Occidente, alla luce della “dottrina Truman”, ha preso corpo un’imponente rete di alleanze difensive e sono avviate iniziative d’assistenza e di cooperazione economico-finanziaria. Un fenomeno analogo si manifesta nel mondo marx-leninista con importanti alleanze europee e asiatiche dopo l’affermazione del comunismo in Cina; né di minore rilievo sono i nuovi vincoli di natura economica. L’Europa appare, in questo periodo, “cristallizzata” sulla base della “carta di guerra” che ha prevalso sulla Dichiarazione sull’Europa liberata sottoscritta a Yalta (1945). Al contrario in Asia e in Africa, s’accentua lo scontro fra forze d’ispirazione nazionalista e comunista nel teatro della decolonizzazione.
Negli anni ’50 Washington conferma gli indirizzi dei presidenti Roosevelt e Truman. Dwight David Eisenhower, all’inizio del secondo mandato presidenziale, ricorda (1957) i principi su cui è stata fondata e si è sviluppata la repubblica: “Rispetto per l’umana libertà, per l’umano benessere e l’umano progresso”. Essi devono trovare applicazione in patria e all’estero. L’esistenza di una “dittatura imperialista fortemente armata” è una minaccia per gli USA e per il “mondo libero”; la stessa sicurezza degli Stati Uniti presuppone la collaborazione con gli Stati che “difendono la libertà”; soltanto una forza militare moderna può garantire la sopravvivenza e scoraggiare il nemico che non esiterebbe di fronte a evidenti debolezze. Il sistema di sicurezza collettiva, creato con le alleanze regionali nell’ambito dell’ONU, deve essere aggiornato di continuo per renderlo solido, durevole e dissuasivo. Queste strutture sono costose e presuppongono economie solide e sviluppate; per questa ragione Washington intende sostenere sul piano militare ed economico gli altri Paesi amanti della libertà. Eisenhower conferma la disponibilità a proseguire nel dialogo per il disarmo, ma esso deve prevedere anche adeguate ispezioni con sentinelle aeree disarmate (“cieli aperti”). La pace nell’era atomica deve essere garantita e sicura. Per questa strategia è indispensabile l’unità del “mondo libero” in America, nell’Europa occidentale e in Asia. Il comunismo, pur disponendo di una possente energia disgregatrice, è scosso dalla forza poderosa degli uomini che amano la libertà come hanno dimostrato i recenti fatti in Ungheria. La pace auspicata non può nascere dalle minacce, dal timore, da servaggi indegni o “dalla pietà del forte verso il debole”.
Eisenhower ricorda (1958) che Mosca aspira a estendere il suo potere in tutto il mondo e che, a questo fine, conduce “una guerra fredda totale”. Essa si trova in momentaneo vantaggio nella missilistica intercontinentale; la forza statunitense è tuttavia in grado di reggere anche a un attacco a sorpresa e di reagire con ritorsioni adeguate (bombardieri strategici, sommergibili, missili, ecc.). Washington è parte di una “comunità mondiale libera e pacifica” che accresce, grazie alle alleanze, la sicurezza di tutti. È in atto inoltre, da parte del Cremlino, uno sforzo propagandistico senza precedenti dopo il lancio di un satellite artificiale (Sputnik) che tende a nascondere la crisi interna del sistema. Comportamenti coerenti aiuteranno l’umanità a comprendere il significato profondo della nostra politica; «il futuro non appartiene allo Stato ateistico irreggimentato, ma ai popoli che onorano Dio e la pace». «La Bibbia marxista, non è nuova, non è il Vangelo del futuro». «L’America trova la sua migliore definizione in una sola parola: libertà. [...]. Noi combattiamo per la più nobile delle cause: la libertà dell’uomo». La dittatura comunista non può prevalere di fronte alla potente nazione statunitense che ha assunto “una riconosciuta posizione di guida del mondo libero”. Eisenhower annuncia (1959) che progressi importanti sono stati compiuti per la sicurezza occidentale (forze aeree di rapido intervento, missili a media e lunga gittata, aerei ultrasonici, satelliti artificiali, sommergibili atomici, ecc.) anche se occorre tenere presente i risultati “brillanti” ottenuti da Mosca in campo spaziale e missilistico. Gli Stati Uniti, «hanno stipulato accordi collettivi di sicurezza con circa cinquanta nazioni» disposte a sostenere oneri difensivi proporzionati alle rispettive possibilità economiche. Gli USA restano al centro di questo sistema; esso può vivere e adempiere ai suoi compiti se l’economia resta florida e si espande grazie ai fattori che ne hanno permesso la crescita: iniziativa privata e libera concorrenza. D’altra parte la difesa dell’America può essere garantita soltanto nell’ambito di una comunità mondiale di nazioni forti, stabili, indipendenti, animate da concetti di libertà, giustizia e umana dignità. Non ci può essere una “fortezza America” poiché sarebbe il frutto dell’isolamento cioè “una prigione”. Per questa ragione Washington deve continuare ad aiutare, come fa dal 1947, con propri mezzi, i popoli che vogliono difendere la propria libertà ma necessitano di aiuti. «Il nostro destino, precisa Eisenhower, è legato a quello di questi Paesi e manterremo i solenni impegni presi nei loro confronti; è necessario pianificare l’assistenza militare agli alleati, per il più valido sistema di difesa collettiva».
Gli USA non sono diventati grandi con la debolezza o l’indulgenza verso se stessi; al contrario i successi attuali sono dovuti all’adesione a principi e metodi religiosi, alla soddisfazione per “il duro lavoro”, alla capacità di sacrificarsi per cause degne, al coraggio d’affrontare prove ardue per il progresso. Washington intende aiutare, con le sue eccedenze produttive, anche i popoli meno sviluppati che cercano con fatica di uscire dall’indigenza e dalla povertà. È un cammino faticoso di lunga durata («non si passa in fretta dal carro trainato dai buoi all’aereo a reazione») ma può essere portato a termine con successo. Entrambe le parti del pianeta posseggono armi di straordinaria potenza che possono determinare uno sterminio reciproco; è bene affiancare alle garanzie di sicurezza disponibilità e aperture per perseguire la pace. Queste preoccupazioni sono manifestate anche dai sovietici che, a più riprese, hanno sollecitato misure per il disarmo; occorre confermare la disponibilità statunitense al dialogo e ad accordi chiari che devono prevedere in ogni modo ispezioni reciproche; «esse sono condizioni essenziali di qualsiasi misura estensiva di disarmo». Un primo passo è stato compiuto. La sottoscrizione del trattato plurilaterale per l’Antartide che ne consente l’utilizzo a scopi pacifici, è garantito da un sistema di ispezioni; si tratta di un’esperienza nuova del riconoscimento di interessi dell’intera umanità meritevoli di tutela (cfr. Storia della politica internazionale, vol. II, pp. 523 e ss.).


b) Dulles: sicurezza collettiva, “rappresaglia massiccia”, disarmo, Mutual Security Fund. Misure d’embargo verso Mosca, Pechino e Corea del Nord

Di fronte alle numerose iniziative sovietiche sul disarmo, il segretario di Stato John Foster Dulles mette in guardia (1957) sulla necessità moscovita di ridurre le spese degli armamenti per rispondere alla domanda crescente di benessere da parte della popolazione. Un progetto credibile deve prevedere: ispezioni per prevenire attacchi a sorpresa in specifiche aree strategiche (America settentrionale, Canada, Alaska, Aleutine, Siberia orientale, penisola della Kamchatka, Curili, Europa, ecc.); blocco di produzione di materiale fissile per armi nucleari e loro destinazione per l’utilizzo pacifico; temporanea sospensione degli esperimenti nucleari; utilizzo non militare dei missili spaziali.
In diversi ambienti statunitensi cresce la paura; si domanda l’abbandono della teoria del “contenimento” suggerita da George Frost Kennan di operare per far regredire l’avanzata minacciosa del bolscevismo.
Eisenhower rassicura (1957) sul potere di «rappresaglia, massiccia e immediata, capace di annientare il potenziale bellicista di ogni Paese»: «Si dispone di armi adatte ad ogni genere di distanza, di lancio e di utilizzazione (la marina ha una bomba atomica di profondità)». Questa forza permette agli USA e ai loro alleati di disporre di mezzi di deterrenza idonei a impedire un nuovo conflitto mondiale; Mosca è in temporaneo vantaggio in alcuni settori, ma è possibile raggiungerla e superarla in breve tempo grazie a una più stretta cooperazione con i nostri alleati.
È bene tuttavia non sottovalutare i risultati conseguiti dall’URSS in campo scientifico e tecnico, anche se questi successi mettono in ombra il benessere e la libertà del popolo russo. Lo Sputnik che gira attorno alla terra, osserva il vicepresidente Nixon (1957), non ha alterato gli equilibri militari; Mosca ha soltanto dimostrato di possedere missili potenti e di saper inviare un satellite artificiale nello spazio. L’importanza del fatto non va ignorata, ma neppure esagerata. Il Cremlino proclama che l’economia statale può superare quella basata sull’economia privata. I fatti smentiscono questa ipotesi; l’URSS ha ottenuto un enorme successo perché ha concentrato enormi risorse su pochi settori, mentre ha lasciato in disparte la crescita dei consumi della popolazione. Al contrario, i Paesi liberi hanno perseguito diversi obiettivi con importanti successi; «il contrasto tra la prosperità record della Germania occidentale e la squallida povertà di quella orientale ne è la prova evidente».
John Foster Dulles sottolinea (1957) l’importanza delle strutture militari. Non è possibile, assicurare con forze difensive statiche la sicurezza «di più di 20 nazioni disseminate lungo i trentaduemila chilometri del sipario di ferro»; è necessario concentrare le forze per contrattaccare l’aggressore. Questo compito può essere assolto soltanto con l’aviazione strategica statunitense che costituisce l’arsenale dissuasivo per eccellenza. Esiste la possibilità di evitare la “rappresaglia nucleare massiccia” con reazioni “flessibili”, cioè locali e limitate, ove la minaccia di aggressione bolscevica si manifesti. In realtà, tale teoria è messa in discussione dalla crescente forza sovietica (missilistica e atomica), dalla mancanza di precisi progetti aggressivi moscoviti e dal convincimento di non poter assestare un “colpo nucleare decisivo”, cioè risolutivo come risposta a un attacco a sorpresa. Questo “stallo militare” indebolisce le speranze di vittorie belliche e rende evidente l’“equilibrio del terrore”; la parità distruttiva esistente non assicura il successo di azioni belliche mentre garantisce distruzioni devastanti neppure calcolabili. La rete delle basi militari statunitensi in tutti i continenti testimonia tale debolezza o la rende credibile soltanto nel caso di un’azione nucleare contro gli Stati Uniti.
Eisenhower sostiene (1958) la necessità di aumentare le risorse al Programma di sicurezza reciproca; una sua cessazione o riduzione comporterebbe un cospicuo incremento delle spese nazionali per la difesa con aumento delle tasse. L’America sarebbe, di fatto, assediata da un mondo sempre più dominato dal comunismo internazionale. Le nazioni, che sono oltre quaranta, associate in questo programma, nato nel 1950, hanno goduto di protezione sicura e hanno speso cinque volte la somma elargita. C’è preoccupazione per l’estensione degli aiuti sovietici in altri Paesi, specie in quelli “neutralisti” (forniture di crediti, di tecnici, di armamenti, acquisto di surplus agricoli). Questi ultimi sono considerati con sospetto da Washington ove si preferisce sostenere gli “Stati di prima linea” (Formosa, Corea, Turchia, Vietnam del Sud, ecc.); il Mutual Security Fund conferma (1958) queste priorità. È noto l’enorme potenziale distruttivo dei comunisti; essi pensano di utilizzarlo, precisa (1959) Eisenhower, per minacciare e incombere sul mondo libero con l’intenzione di “inghiottire una dopo l’altra le nazioni nella loro orbita”.
Nonostante le trattative per arrivare a un’intesa sul disarmo nucleare e il fitto scambio di lettere fra i vertici di Mosca e di Washington, i rapporti restano difficili e la tensione elevata. Foster Dulles ricorda (1958) che Lenin ebbe a dire che «le promesse sono come la crosta dorata di una torta, che è fatta per essere rotta»; sarebbe un imperdonabile errore porsi in condizione di debolezza e fidarsi delle promesse sovietiche. Per queste ragioni non è possibile accettare molte delle proposte moscovite in quanto sono destinate a indebolire l’Occidente. Alcuni accordi, di reciproco interesse, sono stati raggiunti (armistizio in Corea, indipendenza dell’Austria, limitati scambi culturali) mentre in materia di disarmo poco è stato fatto, in quanto è necessario attivare ispezioni adeguate per impedire attacchi a sorpresa dalle zone artiche. Washington comunica (1958) che il sommergibile a propulsione atomica, Nautilus, è transitato in immersione sotto la calotta polare, cioè il Polo Nord. L’Artico deve essere utilizzato per scopi pacifici, precisa (1959) Dulles, con opportune ispezioni internazionali perché non diventi «una scorciatoia da utilizzare per improvvise e massicce distruzioni». Il mondo libero deve rimanere “fermo e unito”, disposto ai sacrifici necessari per impedire nuove espansioni del comunismo che è ora alle prese anche con rivolte interne in diversi Paesi. Finché le procedure di sicurezza delle Nazioni Unite non saranno “universali e sicure”, il sistema collettivo di sicurezza del “mondo libero” è essenziale.
Le difficoltà nei rapporti politici frenano anche lo sviluppo commerciale fra le due potenze. Mosca lamenta l’anomalia in atto per cui gli USA sono l’unico grande Stato a non avere un accordo commerciale con l’URSS. Quest’ultima potrebbe esportare metalli pregiati (manganese, cobalto) e minerali (ferro e cromo); potrebbe importare rilevanti quantità di macchine industriali, di lavorati metallici e di apparati produttivi per la petrolchimica. Washington mantiene, però, nei confronti della Cina popolare e della Corea del Nord un “embargo quasi assoluto” per limitare la loro influenza. Più elastica è la politica commerciale con i Paesi dell’Europa orientale ai quali è possibile vendere, con garanzie di pagamento, prodotti non strategici per non rafforzare la loro potenza militare. L’attuale sviluppo sovietico è squilibrato nonostante i successi spaziali; molti settori sono arretrati o fermi e adottano sistemi “quasi primitivi”. Mosca deve compensare gli errori e gli insuccessi delle pianificazioni con importazioni regolate dagli organi statali che scelgono le priorità non solo per motivi economici ma anche politici. In diverse occasioni ha offerto condizioni diverse ai Paesi occidentali per creare diffidenze, divisioni e rivalità. Verso i Paesi di recente indipendenza offre crediti a lunga scadenza in cambio di materie prime e di “offerte di aiuti” in concorrenza con l’azione statunitense. Tuttavia il mondo cino-sovietico non è in vantaggio. USA, Europa occidentale e Giappone dispongono di economie dinamiche e in espansione, di attrezzature di ricerca senza precedenti, vivono in un regime di concorrenza interna ed esterna, operano per abbassare le barriere doganali, incrementare gli scambi mondiali, godono di buona reputazione sia come fornitori che come acquirenti di prodotti di qualità. Eisenhower ribadisce (1960) la validità del liberismo che valorizza il settore privato “vera fonte della validità dell’economia statunitense”; già Abraham Lincoln aveva precisato che il governo deve fare soltanto ciò che la popolazione non può fare da sola. Il governo non può essere la fonte principale del progresso e deve rifiutare le ideologie che spengono “ogni scintilla d’iniziativa in un’atmosfera soffocante” e inducono l’individuo a perdere la fiducia in se stesso e nella libertà di esprimere ogni giorno la sua volontà e il suo spirito. La responsabilità della “guerra fredda” ricade su quello che Krusciov definisce il “monolitico movimento internazionale comunista”; esso controlla, osserva (1959) Dulles, novecento milioni di persone e quindici Stati, una parte dei quali in passato era indipendente; esso aspira, e lo dichiara, a estendere il suo dominio in tutto il mondo e ricorre abitualmente a “metodi di forza e di frode”. In queste condizioni non si possono esportare prodotti strategici, fornire capitali ingenti o elargire prodotti a prezzi di favore.


c) Da Dulles a Herter (1959). Nixon a Mosca, Krusciov a Washington (1959). Le riserve del cardinale Spellman e dell’episcopato statunitense. “Legge affitti e prestiti”: insolvenza sovietica

Foster Dulles lascia (aprile 1959) la segreteria di Stato per gravi motivi di salute. Dotato di forte personalità ha accettato la sfida del mondo comunista e non ha esitato a compiere scelte impegnative. Pur avendo auspicato la decomposizione degli Stati marx-leninisti, non ha abbandonato la precedente politica di Truman e Acheson. Ha accusato Truman di debolezza; auspicato la liberazione dei popoli chiusi dalla “cortina di ferro”; ha cercato di contrapporre al “contenimento” la “riduzione” dell’espansionismo cino-sovietico. Ha dovuto tuttavia prendere atto con realismo che questa eventuale azione avrebbe portato a un confronto militare con Mosca e Pechino. Finisce in tal modo, mentre condanna il bolscevismo e il maoismo, a dover accettare il dialogo con l’URSS. Questo confronto, all’ombra della diffidenza e garantito dalla forza militare, riduce i rischi di un conflitto. Dulles consegue indubbi successi: unità della NATO e delle altre organizzazioni difensive, blocco dell’espansione comunista in Asia, freno dell’ingerenza sovietica nel Medio Oriente e in America Latina e marginalizzazione dei neutralisti considerati “immorali e miopi”. Pur auspicando una presenza nuova più attiva, finisce per continuare, per necessità e per realismo, la politica precedente del logoramento del competitore mondiale. C’è il convincimento di essere dalla parte del “bene” e di combattere un mondo “malefico e insidioso”. In questa crociata ideologico-militare non c’è la speranza che il modello liberaldemocratico occidentale possa prevalere per la sua indiscutibile superiorità ideale, al contrario prevale la certezza che può soccombere di fronte all’espansionismo comunista. Soltanto vigilanza, prevenzione difensiva, capacità di rappresaglia nucleare e unità operativa possono scongiurare la sottomissione al blocco marx-leninista. È la teoria, più volte enunciata dai vertici politici e militari, della doppia verità: “l’ideale e la spada”. Quest’impostazione conferma l’abbandono dell’isolazionismo e della sicurezza continentale basate sull’estensione dei due oceani che circondano il continente americano. Foster Dulles decede poco dopo le dimissioni (maggio 1959).
Il nuovo segretario di Stato Christian Archibald Herter sottolinea (1959) l’unità dei Paesi occidentali europei sul problema di Berlino, in vista della conferenza di Ginevra per discutere il futuro del mondo tedesco. Washington, di fronte alle intenzioni sovietiche di rinunciare alle funzioni esercitate a Berlino Est, di rendere la “città libera” e di fare della Germania una realtà bistatale (RF e RDT), risponde in modo negativo; si allinea alla resistenza di Adenauer e gode del sostegno dell’Alleanza Atlantica. Queste difficoltà non impediscono la prosecuzione del dialogo fra le grandi potenze; Nixon si reca (1959) in visita a Mosca e a Varsavia; il vicepresidente è accolto da manifestazioni di amicizia che evidenziano i legami fra i tre popoli legati alla comune esperienza del conflitto mondiale e a un sincero desiderio di pace. Krusciov si reca (1959) negli USA preceduto dal lancio di un razzo cosmico (Lunik II) sulla Luna. Questi fatti evidenziano la necessità del confronto e del dialogo pur in presenza delle note difficoltà e contrapposizioni.
Il cardinale Francis Joseph Spellman, primate cattolico, esprime riserve sulla visita dell’esponente sovietico; è necessario che “il compromesso non prevalga sulla giustizia” e che non sia dimenticato “il barbaro tradimento di Pearl Harbor (1941)”. I maestri della propaganda, oggi come allora, minacciano l’America; le indegnità commesse dai “tiranni comunisti” contro i popoli delle nazioni più piccole e indifese devono indurre a difendere con coraggio la libertà per fare dell’America “un santuario di giustizia e di pace”. I cardinali e i vescovi cattolici statunitensi emettono (novembre 1959) una dichiarazione sui rischi delle aperture diplomatiche del Cremlino. Le parole “democrazia, repubblica, pace, amicizia” non hanno per i comunisti un significato analogo a quello occidentale; la lotta di classe, la dittatura e le rivoluzioni violente sono per loro strumenti d’uso abituale, i patti e i trattati possono portare tregue precarie, le armi possono scoraggiare gli aggressori, mentre la pace può essere assicurata soltanto dalla “legge morale fissa, immutabile e universale”. Occorre operare per recidere le radici del comunismo anche nei Paesi più poveri con adeguati aiuti resi possibili dalle moderne tecnologie.
C’è un contenzioso ancora aperto fra gli USA e l’URSS a proposito dei debiti sovietici contratti durante il secondo conflitto mondiale in base alla “Legge affitti e prestiti”. Le trattative iniziate a Camp David sono interrotte bruscamente (gennaio 1960). Washington precisa che Krusciov e Andrej Gromyko avevano assicurato che la sistemazione dei conti era un problema “separato e indipendente”; al contrario ora si vuole, a un tempo, risolvere il problema e sottoscrivere un accordo commerciale a precise condizioni (URSS nazione più favorita, crediti a lunga scadenza con tassi ridotti, ecc.). Washington rifiuta questa impostazione e chiede che siano definiti i conti del passato prima di procedere a nuove trattative.


d) La Conferenza di Parigi (1960). Eisenhower all’ONU (1960): “Plebiscito universale per la libertà e l’autogoverno”

La conferenza (USA-URSS-Regno Unito-Francia) di Parigi termina ancor prima d’iniziare per la protesta di Krusciov sui “voli” statunitensi sul territorio sovietico. Eisenhower giustifica i sorvoli “per difendere gli USA e i loro alleati da un attacco a sorpresa”; il dialogo con l’URSS non può mettere in secondo piano la sicurezza nazionale. «Pearl Harbor ci ha insegnato, osserva (1960) il presidente, che anche i negoziati possono servire per nascondere i preparativi di un attacco a sorpresa». È bene tuttavia proseguire nonostante questo incidente nelle trattative con i sovietici, in collaborazione con le nazioni libere di tutto il mondo. Herter conferma (1960) la vocazione pacifica della politica estera statunitense e la volontà di operare con i popoli liberi per dar vita ad un mondo governato dal diritto. Washington, per evitare un nuovo conflitto fra le grandi potenze, mantiene «un deterrente strategico invulnerabile, una capacità di far fronte a minacce minori, accordi di sicurezza collettiva e un credibile impegno per una graduale e garantita diminuzione degli armamenti». Una comunità internazionale regolata dal diritto non è un obiettivo “remoto o astratto”, ma è «lo scopo finale dell’impero della legge entro cui la libertà e la pace saranno sicure».
All’Assemblea Generale dell’ONU (1960) Eisenhower conferma piena fiducia in quest’organizzazione per un progresso pacifico, come testimoniano i suoi interventi (Grecia, Corea, Libano, Suez, Congo); è urgente rafforzare il potenziale...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Storia della politica internazionale (1957-2017)
  3. Indice dei contenuti
  4. Prefazione
  5. I. L’evoluzione del “mondo libero”
  6. 1.1. Un dopoguerra difficile
  7. 1.2. La “nuova frontiera” e la “grande società”
  8. 1.3. Oneri e responsabilità comuni (1969-1977)
  9. 1.4. Gli Stati Uniti: idealismo e realismo (1977-1981)
  10. 1.5. “Sicurezza difensiva assoluta” per l’Occidente (1981-1989)
  11. 1.6. Una nuova leadership: USA, Occidente e comunità dei popoli liberi (1989-1993)
  12. 1.7. Gestire la globalizzazione per il bene dell’umanità (1993-2000)
  13. 1.8. Il “mondo civile” contro il terrorismo (2001-2009)
  14. 1.9. L’impegno per un’umanità più fraterna e solidale (2009-2017)
  15. 1.10. La rinascita degli Stati Uniti per il bene dell’Occidente e per la pace mondiale
  16. II. Dalle due Germanie alla riunificazione: il lungo dopoguerra tedesco (1945-1990)
  17. 2.1. L’era Adenauer
  18. 2.2. I socialdemocratici e i liberali alla guida della RF di Germania
  19. 2.3. La riunificazione tedesca
  20. 2.4. L’evoluzione della politica tedesca
  21. III. Il “sistema comunista” alla prova da un secolo (1917-2017)
  22. 3.1. Krusciov alla guida dell’URSS
  23. 3.2. La “lunga gestione” Brezˇnev”
  24. 3.3. Dall’URSS alla Federazione Russa. Gorbaciov: difficoltà e speranze. Progetti di cambiamento
  25. 3.4. Eltsin: la Federazione Russa e la Comunità degli Stati indipendenti (CSI)
  26. 3.5. La nuova politica russa. Putin-Medvedev-Putin. La conferma a “grande potenza” (ONU, BRICS, sicurezza, difesa)
  27. 3.6. Il risveglio dell’orso russo
  28. 3.7. Il “grande timoniere” cinese: Mao Tsè-tung. La rivoluzione comunista
  29. 3.8. La questione tibetana
  30. 3.9. Ortodossia, coerenza, primato del comunismo cinese
  31. 3.10. Sviluppi della politica estera cinese
  32. 3.11. Nuovi traguardi: crescita, sicurezza e presenza internazionale
  33. IV. Il Movimento dei Paesi non allineati (MNA). Il panafricanismo
  34. ​4.1. Le conferenze internazionali. La condanna del colonialismo e dei blocchi militari. Neutralismo e non allineamento: neocolonialismo e coesistenza pacifica. Paesi in via di sviluppo (PVS), “terzo e quarto mondo”. Nuovo ordine mondiale. La condanna del terrorismo: dialogo fra le diverse civiltà. La riforma del CDS. Cooperazione Sud-Sud
  35. 4.2. Dalle conferenze africane alla Carta dell’OUA (Addis Abeba,1963). Il non allineamento. Lo sviluppo economico del continente (ECOWAS, 1975; NEPAD, 2001). La carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli (1981)
  36. 4.3. La nascita dell’UA (Lomé, 2000). Obiettivi e organi. La Comunità economica africana e il Parlamento panafricano
  37. Bibliografia
  38. Appendice fotografica
  39. Indice dei nomi di persona
  40. Indice dei luoghi e degli Stati