La sfida scettica e come affrontarla
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La sfida scettica e come affrontarla

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La sfida scettica e come affrontarla

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Nei secoli gli scettici hanno sollevato dubbi su ogni argomento: il passato e il futuro, la validità dell’induzione, l’affidabilità dei sensi, la realtà del mondo esterno e delle altre menti, la credibilità delle comunicazioni sociali.
Molte le strategie messe in campo per resistere allo scetticismo: nell’antichità l’accusa di incoerenza e di inattuabilità pratica; nell’età moderna il cogito agostiniano e cartesiano, il fenomenismo, il trascendentalismo kantiano, l’idealismo; nell’ultimo secolo la “prova” di Moore, il principio di carità di Davidson, l’argomento semantico di Putnam, il trascendentalismo wittgensteiniano, l’esternismo, il contestualismo. Alcune di queste strategie però falliscono, altre confutano lo scetticismo solo nominalmente, altre salvano la conoscenza ordinaria, ma non quella filosofica.
Infatti le ipotesi scettiche sono sensate, e in linea di principio potrebbero essere vere. Ma prendendo spunto da Occam e Russell ci rendiamo conto che sono talmente improbabili da potersi tranquillamente considerare false. Lo scettico si può dunque vincere, pur di non voler stravincere, e intanto ci insegna che spesso la certezza assoluta è irraggiungibile; ma ciò non ci impedisce di conoscere, poiché il grado di probabilità può far tutta la differenza del mondo.

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Informazioni

Anno
2019
ISBN
9788838247965

1. Introduzione

Secondo Aristotele, “Tutti gli uomini per natura aspirano alla conoscenza”. [1] Dante ci dice (per bocca di Ulisse), “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”. [2] E il lettore che legge queste righe, per che motivo lo fa, se non per acquistare conoscenza? Ma uno scettico direbbe che è del tutto inutile: la conoscenza è impossibile, non possiamo sapere nulla.
Oggi siamo bombardati di notizie da ogni parte, ma molte fonti sono inaffidabili, e per lo più non abbiamo i mezzi per controllarne la verità. Perciò il dubbio si insinua: “L’ha detto la TV ... sarà vero?” “E’ scritto sul giornale ... sarà vero?” Recentemente si parla tanto anche di fake news, ma qualcuno a sua volta insinua che questo discorso sulle fake news sia esso stesso una bufala ... chi avrà ragione? Perciò si diffonde lo scetticismo, molti finiscono per non credere più a nulla. Dunque la società odierna vive nel quotidiano quello che per secoli è stato un problema molto più filosofico che pratico.
Vi sono stati filosofi scettici in tutte le epoche: Pirrone di Elide (360-275 a.C.) e i suoi discepoli, poi gli esponenti della Media Accademia, Arcesilao di Pitane (315 a.C.-241/240 a.C.) e Carneade di Cirene (214 a.C. –129 a.C.), poi i neoscettici Enesidemo di Cnosso (80 a.C. –10 a.C. circa), Agrippa (2 a metà del I secolo d.C.) e Sesto Empirico (160 d.C.–210 d.C. circa). Da quest’ultimo abbiamo gran parte delle notizie che possediamo sullo scetticismo antico. Nell’epoca moderna ricordiamo Montaigne (1533-1592), lo scetticismo “metodico” di Cartesio (1596–1650), e quello radicale di Hume (1711-1776). Molte e variegate sono anche le posizioni scettiche oggi, ed in più ci sono atteggiamenti scettici meno teorici, ma penetrati anche in certo sentire comune.
Storicamente il termine ‘scettico’ denota posizioni assai diverse tra loro, talune più radicali, altre meno. Ma il nostro interesse qui sarà più teoretico che storico; perciò, pur prendendo ampiamente spunto da specifici autori e testi, farò riferimento a una sorta di scettico ideal-tipico, del tipo più radicale, secondo il quale non potremo mai giustificare la pretesa di conoscere alcunché. Buona parte della filosofia della conoscenza nel corso dei secoli può esser letta come il tentativo di rispondere a questa sfida, perciò lo scetticismo ha avuto se non altro il merito di stimolare ricerca in gnoseologia. Inoltre il dibattito contemporaneo, ancora molto acceso, [3] dimostra che le questioni che esso pone sono tutt’altro che facili e lungi dall’esser definitivamente risolte.
Qui di seguito esaminerò brevemente la natura della conoscenza e la struttura dell’argomentazione scettica che la nega. Nel secondo capitolo esporrò una serie di dubbi scettici concernenti la conoscenza del futuro, del passato, del presente, delle altre menti e del mondo esterno, nonché l’affidabilità della sensazione e delle informazioni dei mass media. Nel terzo e nel quarto capitolo discuterò i principali tentativi di confutazione dello scetticismo fatti in epoca antica, moderna e contemporanea, concludendo che nessuno di essi risulta pienamente soddisfacente. Infine nel quinto capitolo suggerirò una strategia antiscettica di tipo esplicazionistico e probabilistico, con alcuni illustri precedenti storici, mostrando come con essa si possa rispondere ai dubbi scettici nei diversi settori. Semplice ed intuitiva, essa non è eccessivamente pretenziosa nei suoi obiettivi, ma sicuramente efficace. Inoltre, pur riaffermando la possibilità della conoscenza contro le argomentazioni scettiche, essa ci dà modo tuttavia di riconoscerne anche alcune importanti ragioni. Dopo tutto, se è così difficile confutare lo scetticismo, ci deve pur essere qualcosa di vero in esso, che lo rende almeno inizialmente o parzialmente plausibile. Non solo, ma vedremo che da questi elementi di verità dello scetticismo possiamo apprendere qualcosa di assai utile per una miglior comprensione della natura, della portata e dei metodi della conoscenza.



[1] Aristotele, La metafisica, a cura di C.A. Viano, Utet, Torino 1974, libro I, cap. 1.
[2] Inferno, XXVI.
[3] Vedi A. Coliva, Scetticismo. Dubbio, paradosso e conoscenza , Laterza, Roma-Bari 2012.

2. Che cos’è la conoscenza?

Chiariamoci anzitutto su cosa sia la conoscenza, partendo da come usiamo la parola nel parlare quotidiano. Posso dire “So che il treno è alle 7 ma non credo che il treno sia alle 7”? Oppure “Giovanni sa che Rabat è la capitale del Marocco, ma non crede che Rabat sia la capitale del Marocco”? No! ciò dimostra che il credere è un prerequisito per il sapere. In altri termini, la credenza è una forma di credenza.
Inoltre, posso dire di venerdì: “Giovanni sa che domani è domenica”? o posso dire: “Lucia sa che Parigi è la capitale dell’Inghilterra”? Certamente no. Dovrò dire invece: “Giovanni crede che domani sia domenica” , e “Lucia crede che Parigi sia la capitale dell’Inghilterra”. In altre parole, si possono avere credenze false ma non conoscenze false: se una credenza è falsa, non è una conoscenza. Pertanto, la conoscenza è una credenza vera. [1]
Ma non tutte le credenze vere sono conoscenze. Infatti, è possibile che, in una stessa circostanza, Giovanni dica “ So che il treno è alle 7”, mentre Lucia dice “ Credo che il treno sia alle 7”, ed è possibile che entrambi stiano parlando correttamente. supponendo che il treno parta effettivamente alle 7,00, sia la credenza di Giovanni che quella di Lucia sono vere. perché allora il primo la qualifica come una conoscenza, e la seconda no? Che cosa distingue la loro condizione epistemica, cioè la loro posizione cognitiva? Perché Lucia non dice di sapere?
Platone nel Teeteto chiarisce con un esempio: supponiamo che in un processo l’accusato sia di fatto innocente. Il suo avvocato tuttavia lo difende con grande eloquenza, ma senza portare vere prove della sua innocenza. Un giudice superficiale si farebbe convincere dall’abilità abilità retorica dell’avvocato, formandosi dunque la credenza che l’imputato sia innocente. Ora, questa credenza sarebbe vera, ma non potremmo dire che si tratti di una conoscenza. Le mancherebbero quelle che Platone chiama “ragioni” (λόγοι), e oggi si chiama comunemente “giustificazione”. La credenza di quel giudice sarebbe cioè vera ma non giustificata, e per questo non sarebbe una conoscenza. Platone conclude dunque che la conoscenza è una credenza vera e giustificata. [2] Questa concezione è stata pacificamente accettata almeno fino a quando fu messa in dubbio dal famoso articolo di Edmund Gettier Is Justified True Belief Knowledge? [3] Ma nonostante tale articolo e le lunghe discussioni che ne sono seguite, [4] possiamo tranquillamente tenerla per buona per la nostra discussione.
Resta ora da chiarire cosa sia la giustificazione. Platone cerca di capirlo, ma nel seguito del dialogo non trova una risposta soddisfacente. Anche su questo oggi fioriscono varie concezioni e ferve la discussione, [5] ma sostanzialmente è qualcosa che ti dice che non ti stai sbagliando, che la tua credenza è vera. Può trattarsi di un’esperienza sensoriale, o di un’altra credenza che sostiene quella in oggetto. Ad esempio, se penso che il treno parta alle 7,00, la mia credenza è giustificata se ho guardato l’orario, o se me l’ha detto il capostazione, o se lo so per esperienza perché prendo quel treno ogni mattina, ecc. In tal caso, se vera, è anche conoscenza. Altrimenti, se si tratta solo di un vago ricordo o di un’impressione, potrebbe essere falsa, ed io posso solo dire che penso che parta alle 7,00. Allo stesso modo, per il giudice di Platone una giustificazione sarebbero state delle prove, che però l’avvocato non ha portato. Pertanto, nonostante la sua abile retorica, ciò di cui è riuscito a convincere il giudice (l’innocenza dell’imputato) potrebbe essere falso, e dunque il giudice crede, che l’imputato sia innocente, ma non sa che lo sia.






[1] Platone, Teeteto, Rizzoli, Milano 2011, 187b.
[2] Ibi, 208b.
[3] E. L. Gettier , Is Justified True Belief Knowledge? «Analysis» 23 ( 1963), pp. 121-123. Tr. it. in A. Bottani e C. Penco (a cura di) S ignificato e teorie del linguaggio, Angeli, Milano 2013, 2ed.
[4] Vedi T. Piazza, Che cos’è la conoscenza, Carocci, Roma 2017, cap.3, 4; N. Vassallo, Teoria della conoscenza, Laterza, Roma-Bari 2003, II.2. M. Alai, Conoscenza in Platone e giustificazione oggi. Spunti teoretici e didattici dal paradosso di Gettier, in M. Mengozzi, F. Strocchi (a cura di) Il Liceo e la città 199/95 – 2004/05, Stilgraf, Cesena, 2005, pp. 99-117. M. Alai, Subjective and Objective Justification in the Solution of Gettier’s Problem, in Selected Proceedings of the SILFS 2010 International Congress, edited by S.R. Arpaia, «L&PS - Logic and Philosophy of Science», IX, 1 (2011), pp. 493-501. M. Alai, Conoscenza, verità, giustificazione epistemica, in La certezza della verità. Il sistema della logica aletica e il procedimento della giustificazione epistemica («Sensus Communis. International Yearbook for Studies on Alethic Logic», 18), a cura di A. Livi, Editrice Leonardo da Vinci, Roma 2013, pp. 31-46. M. Alai, Regimenting the Ordinary Notions of Knowledge and Justification after Gettier, in M. L. Bianca, P. Piccari (eds.) Epistemology of Ordinary Knowledge, Cambridge Scholars, Newcastle upon Tyne 2015, pp. 247-261.
[5] Vedi T. Piazza, Che cos’è la conoscenza, cit., cap. 2.3; N. Vassallo, Teoria della conoscenza, cit., II,3.

3. La logica del dubbio scettico

Quando gli scettici negano che si possa conoscere alcunché ovviamente non negano che si possano avere credenze, e nemmeno che tali credenze possano esser vere: piuttosto negano che possiamo mai possedere giustificazioni sufficienti per le nostre credenze, che dunque non potranno mai considerarsi conoscenze.
Essi poi sembrano aver un metodo infallibile per metter in crisi la nostra fiducia in quel che crediamo e dunque nella possibilità di conoscere: ogni volta che affermiamo qualcosa, lo scettico domanda: “come fai a sapere che è proprio così?” Ci chiede dunque di indicare una giustificazione per la nostra credenza. Al ché normalmente noi daremo una giustificazione: “Lo so perché ...” (e qui indicheremo le nostre ragioni). A questo punto, però lo scettico ci chiederà di giustificare anche queste ragioni: “Come fai a sapere che questa giustificazione è vera?” e se proviamo a rispondere rilancerà con la stessa domanda. [1]
Sembrerebbe che non ci fosse bisogno di portare questo regresso all’infinito, perché a un certo punto potremmo essere in grado di fornire delle giustificazioni conclusive, per e...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. La sfida scettica e come affrontarla
  3. Indice dei contenuti
  4. I. LO SCETTICISMO
  5. 1. Introduzione
  6. 2. Che cos’è la conoscenza?
  7. 3. La logica del dubbio scettico
  8. 4. Il futuro e l’induzione
  9. 5. Il passato
  10. 6. Il presente
  11. 7. I sensi
  12. 8. Le altre menti
  13. 9. Il mondo esterno
  14. 10. I complotti
  15. II. ARGOMENTI ANTISCETTICI
  16. 1. Lo scetticismo è incoerente?
  17. 2. L'obiezione pratica
  18. 3. La certezza dei dati di senso
  19. 4. Il “cogito”
  20. 5. L’idealismo
  21. 6. Il kantismo
  22. 7. La “prova” di Moore
  23. 8. L’esternismo
  24. 9. Le alternative rilevanti
  25. 10. Il contestualismo
  26. 11. Il trascendentalismo
  27. 12. L’impossibilità dell'errore pervasivo
  28. 13. Un tentativo di confutazione semantica
  29. III. IMPLAUSIBILITÀ E IMPROBABILITÀ DELLE IPOTESI SCETTICHE
  30. 1. Un primo bilancio. Realismo e scetticismo
  31. 2. Il rasoio di Occam e l’inferenza alla miglior spiegazione
  32. 3, L’esistenza del mondo esterno e l’improbabilità delle coincidenze miracolose
  33. 4. L’errore del creazionismo
  34. 5. Il calcolo delle probabilità e l’errore del complottismo
  35. 6. La giustificazione dell’induzione
  36. 7. Come risolvere il nuovo enigma dell’induzione
  37. 8. Conoscere il futuro
  38. 9. Conoscere il passato
  39. 10. L’affidabilità dei sensi
  40. 11. L’esistenza di altre menti
  41. CONCLUSIONE
  42. Bibliografia