Verità e bugie nella politica internazionale
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Mezze verità, tremende falsità, allarmismi e omissioni. È la cassetta degli attrezzi del leader politico, che dosa sapientemente verità e bugie in base alla circostanza o all'interlocutore che ha di fronte. Ma quanto conta mentire nella politica internazionale? E perché appare quasi indispensabile saperlo fare? Crisi internazionali, guerre e rivolte sono state provocate mentendo deliberatamente o sventate grazie a una verità parziale ben orchestrata?
Una piccola guida per trovare l'equilibrio sullo scivoloso terreno del vero e del falso. Una teoria politica della bugia piena di sorprese – tutte rigorosamente vere.

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Informazioni

Anno
2018
ISBN
9788861053502

Capitolo 1

Che cosa significa mentire?
Prima di definire i termini “bugia”, “manipolazione” e “omissione”, è opportuno stabilire che cos’è un “inganno”, la categoria generale a cui appartengono questi tre comportamenti, come pure cosa significa “dire la verità”, che è l’esatto contrario di “ingannare”.
Una persona dice la verità quando fa del suo meglio per esporre i fatti e raccontare una storia in modo diretto e onesto.
Ciascuno possiede immancabilmente una conoscenza limitata dei dettagli di una situazione, oltre a dei pregiudizi. Anche i ricordi possono essere imprecisi, e quando si racconta una storia è impossibile riportare tutti i fatti di cui si è a conoscenza. Il punto fondamentale, tuttavia, è che chi dice la verità si impegna fortemente a superare eventuali pregiudizi o interessi personali nella faccenda e a riportare i fatti pertinenti nel modo più imparziale possibile. L’inganno, al contrario, avviene quando un individuo prende di proposito delle iniziative per impedire agli altri di conoscere la verità nella sua interezza – quella verità che l’individuo stesso riconosce come tale – su una determinata questione. In altre parole, l’obiettivo deliberato è quello di non fornire una descrizione dei fatti chiara ed esaustiva.
Una persona dice una bugia quando fa un’affermazione che sa o sospetta essere falsa nella speranza che altri la credano vera. La bugia è un’azione concreta con lo scopo di ingannare il pubblico a cui è destinata. Mentire può significare inventare dei fatti che si sanno essere falsi o negarne degli altri che si sanno essere veri. Ma non si mente solo sulla veridicità di un fatto in particolare. Si può mentire anche fornendo una rappresentazione distorta dei fatti per raccontare una versione falsa della storia. Nello specifico, una persona mente quando utilizza dei fatti – persino fatti reali – per insinuare che qualcosa sia vero mentre in realtà sa che non lo è.1 In questo caso chi mente sta deliberatamente portando l’ascoltatore a una conclusione sbagliata senza presentare in maniera esplicita quella stessa conclusione.
Naturalmente c’è sempre la possibilità che una persona che pensa di stare raccontando una bugia non sia correttamente informata sui fatti e stia involontariamente dicendo la verità. Potrebbe essere vero anche il contrario: una persona che crede di stare dicendo la verità potrebbe ingannarsi sui fatti. Tuttavia questo problema non è pertinente allo scopo della mia analisi, dato che mi interessa stabilire se una persona è sincera quando espone dei fatti o racconta una storia che crede vera, non se alla fine si rivela essere nel giusto o in errore. Detto in parole povere, ciò che mi interessa è l’onestà, non la verità.2
Manipolare è diverso dal mentire, anche se in alcuni casi non c’è una netta differenza. Parliamo di manipolazione quando, nel raccontare una storia, una persona mette in risalto certi fatti e li collega fra di loro in modo da trarne vantaggio, mentre allo stesso tempo minimizza o ignora fatti scomodi. La manipolazione consiste nell’interpretazione dei fatti già noti in modo che chi li manipola riesca a raccontare una storia che giochi a suo favore, sottolineando e minimizzando elementi specifici per apparire sotto una buona luce. Quando si manipola una storia non si tenta affatto di fornire un resoconto totalmente fedele degli avvenimenti. La storia di base viene distorta, ma i fatti non sono messi insieme in modo da raccontarne una falsa, che sarebbe una bugia. Manipolare è esagerare o distorcere, non mistificare. Tiger Woods colse l’essenza della manipolazione quando nel 2000 dichiarò in un’intervista a Sports Illustrated: “Ho imparato che si può sempre dire la verità, ma non necessariamente tutta la verità”.3
Quello che succede comunemente in America nelle aule di tribunale è un buon esempio per illustrare la differenza fra bugia e manipolazione. Quando un testimone è chiamato alla sbarra deve giurare di dire “la verità, tutta la verità e nient’altro che la verità” e poi gli viene rivolta una serie di domande a cui è chiamato a rispondere sinceramente. La parte in causa potrebbe mentire, ma il punto fondamentale è che la legge le impone di dire quello che pensa sia la verità. Dall’altro lato, l’interesse principale di avvocati difensori e di parte civile è quello di vincere la causa per i loro clienti, non di stabilire tutta la verità su quello che è accaduto nella vertenza in questione. Di conseguenza, ciascuno fa un discorso di apertura e un’arringa finale in cui manipola i fatti in modo da presentare il proprio cliente sotto la migliore luce possibile. Gli avvocati rivali raccontano inevitabilmente due versioni diverse della storia, ma a nessuno dei due è permesso mentire. L’American Bar Association, per esempio, stabilisce nelle sue norme di comportamento che “un avvocato non può scientemente mentire su un dato di fatto o di legge davanti a una corte”.4 Manipolare i fatti, tuttavia, non soltanto è ammesso, ma è quello che gli avvocati fanno di consueto per i loro clienti.
Il terzo tipo di inganno è l’omissione, ossia l’atto di nascondere informazioni in grado di danneggiare o indebolire la posizione di qualcuno. In casi di questo tipo una persona si limita a tacere sulla prova in questione perché vuole nasconderla agli altri. Naturalmente, se le viene rivolta una domanda sulla questione e la persona mente per nascondere l’informazione, quel comportamento rientra nella mia definizione di bugia. Un ottimo esempio di omissione è la decisione da parte dell’amministrazione Bush di non rivelare al pubblico, prima che nel marzo del 2003 iniziasse la guerra in Iraq, che in interrogatori separati due figure-chiave di Al Qaeda – Khalid Shaykh Muhammad e Abu Zubaydah – avevano raccontato agli americani che inizialmente Osama bin Laden voleva chiedere a Saddam Hussein di allearsi con lui contro gli Stati Uniti, ma che poi ci aveva ripensato.5 Se questi fatti fossero stati resi noti avrebbero screditato le affermazioni dell’amministrazione Bush secondo cui bin Laden e Saddam stavano collaborando, un elemento decisivo per conquistare l’appoggio del pubblico e del Congresso in vista della guerra. Questo comportamento è stato senz’altro ingannevole ma non era una bugia, almeno non secondo la mia definizione, perché non prevedeva un’azione concreta per ingannare qualcuno.6 In breve, quando una persona manipola una storia oppure omette dei fatti non sta mentendo, ma neppure è completamente onesta.
Come è stato sottolineato, di solito mentire è considerato un comportamento deplorevole, mentre la maggior parte delle persone sembra ritenere accettabili manipolazione e omissione, nonostante entrambe abbiano lo scopo di trarre in inganno. Una ragione possibile che spieghi questa differenza sta nel fatto che, rispetto a una manipolazione o a un’omissione, è più difficile individuare una bugia o proteggersi da essa. I bugiardi affermano il falso in un modo studiato apposta per non sollevare dubbi sulla veridicità delle loro affermazioni. I bravi bugiardi pronunciano asserzioni false con una convinzione per cui il pubblico fatica particolarmente a intuire di essere vittima di un inganno.
Nel caso delle manipolazioni, tuttavia, è più probabile che gli ascoltatori riescano a capire di non avere un quadro completo ed esatto della situazione e possano ovviare al problema mettendo gli altri tasselli della storia al loro posto. Nello specifico, il pubblico può confrontare il movente del manipolatore con il modo in cui questi assembla la sua storia, quindi capire cosa potrebbe aver tralasciato, quello su cui ha posto l’accento e cosa ha minimizzato. Se ci sono dei buoni motivi per sospettare della versione del manipolatore, gli ascoltatori possono chiedergli ulteriori informazioni, documentarsi indipendentemente o ascoltare contro-manipolatori, che di solito non scarseggiano quando si tratta di politica estera.
Il pubblico dovrebbe anche sapersi difendere piuttosto bene dalle omissioni. In particolare può sempre chiedere se ci sono informazioni disponibili su determinati aspetti dell’argomento in questione, esigendo che gli venga detta la verità. Con questo non si vuole negare, tuttavia, che le persone potrebbero non conoscere tutte le linee di indagine pertinenti. Dopotutto a volte non si sa cosa si ignora e non si sa quindi neanche quali domande porre.
Per avvalorare la tesi secondo cui una bugia è ritenuta vergognosa perché molto difficile da individuare, consideriamo uno dei pochi àmbiti della quotidianità in cui mentire è accettabile: le trattative commerciali in cui compratori e venditori cercano di accordarsi sul prezzo. Si prenda in considerazione, per esempio, il caso in cui due individui stiano trattando sul prezzo di un’automobile o di una casa. A ciascuno è concesso mentire sul proprio “prezzo di riserva”, cioè il prezzo sopra o sotto il quale non si è disposti ad accordarsi. Sia il compratore che il venditore sanno che mentire – l’eufemismo è “bluffare” – fa parte del gioco; così nessuna delle due parti guadagna un ingiusto margine di vantaggio quando mente sul prezzo di vendita o di acquisto. In sostanza, si tratta di uno scontro equo in cui nessuno può sostenere di essere stato raggirato illecitamente dall’altro.
Non stupisce che le bugie sul prezzo di riserva nelle trattative d’affari non vengano affatto stigmatizzate. Anzi, si potrebbe affermare che questo tipo di bluff non equivale a mentire, perché, per citare lo statista britannico Henry Taylor, una “falsità cessa di essere tale quando è chiaro a tutte le parti coinvolte che non ci si può aspettare la verità”.7 Tuttavia respingo questo ragionamento, perché sia il compratore che il venditore pronunciano delle falsità con l’obiettivo di ingannare l’altra parte, e questo è l’essenza del mentire.
In breve, mentire, manipolare e celare informazioni sono tutte forme di inganno, e a tutte e tre si può contrapporre la verità. L’analisi seguente si concentra su come le bugie vengono usate per ingannare gli altri in politica estera. Ma nella pratica, strategie fondate sull’inganno prevedono inevitabilmente l’uso di manipolazioni e omissioni oltre alle menzogne. Infatti, data l’ignominia che accompagna la maggior parte dei tipi di bugia, i capi di Stato che pensano di avere un buon motivo per ingannare un’altra nazione o il loro stesso pubblico di solito preferiscono la manipolazione e l’omissione alle bugie. A nessuno piace essere chiamato bugiardo, nemmeno per una buona causa. Contribuisce a questa preferenza il fatto che spesso è difficile mentire senza essere colti in flagrante. Naturalmente a volte i capi di Stato pensano che mentire per i loro Paesi sia l’unica scelta possibile, e che le circostanze lo consentano. In generale, comunque, mentire resta l’ultima risorsa a cui ricorrono i capi di Stato per ingannare un altro Paese.
Analizziamo ora i vari tipi di bugie dette in politica internazionale.
1. Questo ragionamento emerge chiaramente nell’articolo 1001 del titolo 18 dello United States Code, la legge che condanna la falsa testimonianza. Nello specifico: “Ai sensi dell’articolo 1001, si dichiara il falso anche se l’affermazione è vera in senso ‘letterale’ ma induce in errore gli agenti federali”. Vedi J.J. Kim, “False Statements”, American Criminal Law Review, primavera 2003, vol. 40, n. 2, p. 515.
2. Harry G. Frankfurt ha scritto un libro molto apprezzato, Stronzate: un saggio filosofico (Rizzoli, Milano 2005), che sembra fare al caso di questa opera, ma in realtà non è così per due motivi. Innanzitutto, come l’autore spiega molto bene, dire stronzate differisce sostanzialmente dal mentire. Chi dice stronzate non si chiede quasi mai se stia dicendo la verità oppure no. “La veridicità delle sue affermazioni non gli interessa particolarmente […] La sua intenzione non è né quella di riportare una verità né quella di nasconderla” (p. 55). Mentre racconta la sua storia – di solito una storia “panoramica” – il tipo in questione potrebbe fare affermazioni false, ma non starebbe mentendo perché mancherebbe l’intenzione di dire qualcosa sapendo che è una falsità. (P. 52). “Non guarda per niente ai fatti” (p. 56). I bugiardi, al contrario, prestano parecchia attenzione ai fatti, nonostante non raccontino la verità su di essi. Il bugiardo “cerca di allontanarci da una corretta valutazione della realtà” (pp. 54-55). In secondo luogo, in politica internazionale non ci sono molte tracce di “stronzate”, probabilmente perché queste, di solito, sono più facili da riconoscere e pertanto ci sono meno possibilità di trarne vantaggio. Come osserva Frankfurt: “La maggior parte della gente ha una certa fiducia nella propria abilità di riconoscere una stronzata e non lasciarsene gabbare. Pertanto il fenomeno non suscita vere e proprie preoccupazioni né invoglia a condurre un’indagine approfondita” (p. 1). Frankfurt osserva anche che le stronzate sono molto comuni soprattutto perché la gente spesso si sente in dovere di “discutere dettagliatamente su questioni di cui in realtà è parzialmente ignorante” (p. 63). Statist...

Indice dei contenuti

  1. Verità e bugie nella politica internazionale
  2. Indice
  3. Prefazione
  4. Introduzione
  5. Capitolo 1. Che cosa significa mentire?
  6. Capitolo 2. L’inventario delle bugie internazionali
  7. Capitolo 3. Bugie fra Stati
  8. Capitolo 4. Allarmismo
  9. Capitolo 5. Insabbiamenti strategici
  10. Capitolo 6. Miti nazionalisti
  11. Capitolo 7. Bugie liberali
  12. Capitolo 8. Il lato negativo delle bugie internazionali
  13. Capitolo 9. Conclusione