E’ difficile, se non impossibile dare una definizione univoca di bellezza. Per Seneca, la bellezza risiede nelle proporzioni, nell’armonia, per cui una donna è bella quando il suo aspetto complessivo è tale da toglierci la possibilità di ammirare le singole parti. Per molti scrittori essa è qualcosa di fugace e passeggero, per altri, essa non riguarda soltanto il corpo, ma anche l’interiorità e lo spirito. Quello che è certo è che la bellezza non è qualcosa di assoluto, ma è definita e modellata dalla cultura del momento. Il corpo non può essere considerato solo nella sua dimensione biologica, ma è il risultato di una costruzione sociale: l’idea di bellezza femminile varia a seconda delle epoche e delle culture.
Ciò che non è mai cambiato è che l’ideale corporeo in tutto il corso della storia è stato difficile da raggiungere per cui le donne si sono dovute spesso sacrificare per provare a raggiungerlo.
Da sempre la donna è considerata l’incarnazione della bellezza. Nelle epoche più remote i canoni della bellezza femminile erano improntati decisamente alla rotondità. Dal paleolitico si diffondono delle sculture antropomorfe rappresentanti figure femminili dette “Veneri Paleolitiche”. Tali immagini presentano caratteristiche comuni che esemplificano con chiarezza l’ideale estetico degli uomini primitivi: il viso, le braccia e le gambe sono appena abbozzati, mentre sono molto marcate le forme tipiche della femminilità, seno, ventre e fianchi. L’ideale della bellezza femminile era chiaramente legato all’abbondanza e alla fecondità: la donna doveva essere prima di tutto una procreatrice.
Con la civiltà egizia si inizia a sviluppare un vero e proprio culto per la bellezza femminile. Le donne danno molta importanza alla cura del proprio corpo, usano cosmetici e gioielli per valorizzarlo. Relativamente al corpo, le rappresentazioni arrivate fino a noi ci mostrano donne snelle ma dalle curve morbide.
All’idea di bellezza gli antichi Greci associano i concetti di misura, proporzione, equilibrio: un corpo è bello quando c’è simmetria ed armonia tra tutte le sue parti e tra ciascuna di esse e la figura intera. La Venere di Milo è nota come la migliore rappresentazione di bellezza femminile che esprime la teoria estetica elaborata nei secoli a Policleto, Fidia e Mirone. Per quanto riguarda l’uomo è l’atleta il soggetto preferito dagli scultori classici. Egli rappresenta il modello per rappresentare anche le divinità poiché in lui si racchiudono anche importanti qualità morali come l’equilibrio interiore, la volontà, il coraggio che concorrono a renderlo un ideale con cui confrontarsi.
Le matrone dell’impero romano erano opulente nelle forme, ma anche nel modo di vestire. Erano cariche di trucco e gioielli, anche a dimostrazione della generosità e della ricchezza dei loro mariti. All’epoca esistevano anche manuali di bellezza in cui si consigliavano i mezzi per sembrare più belle e nascondere i difetti.
Nel medioevo vi è un cambiamento radicale nel modo di vedere la figura femminile. I nuovi canoni estetici esigono un corpo femminile acerbo ed esile, dai fianchi stretti il seno piccolo e il ventre prominente. La pelle candida contribuisce a rappresentarne la castità e la purezza. La donna è svuotata di qualsiasi caratteristica sensuale, considerata simbolo del male.
Durante il Rinascimento ritornano in auge i canoni greci e le donne dalle forme morbide e l’incarnato pallido. La donna ideale ha il viso tondo e le guance rosse, la bocca piccola e il naso dritto, capelli lunghi e biondi. I fianchi sono larghi e il seno prosperoso, collo e mani lunghe e sottili, piedi piccoli. La pelle deve essere rigorosamente bianca.
Nel 700, epoca di corti e dame, i canoni estetici si modificano molto. Un esempio di bellezza dell’epoca è quello della regina a Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena: viso bianchissimo ricoperto da uno strato di biacca spesso, bocca e guance rosse, sopracciglia disegnate e acconciatura molto elaborata. Fondamentale è avere il vitino da vespa cui è di gran moda il bustino, stretto al punto da diventare dannoso per la salute. Le donne del ‘700 utilizzavano anche nei posticci, considerati molto sensuali, e acconciature estremamente vistose e complesse.
Nella prima metà dell’800 si afferma l’ideale di bellezza tratto dal romanzo gotico. Viene preferita la donna diafana, dai grandi occhi e dalle labbra rosse la cui espressione sofferta mette in luce tutti i suoi dolori interiori. Nello stesso secolo si afferma la borghesia, che porta nuovi modelli e nuovi stili di vita. La ricca signora borghese ha forme morbide, simbolo di benessere sociale e prosperità ed ha la pelle bianchissima, che si distingue nettamente da quella delle donne di campagna.
Tra la fine dell’800 e i primi del 900 si assiste a un cambiamento a causa delle spinte di emancipazione che arrivano in Europa e in Nord America con la nascita del movimento femminista. Le donne iniziano ad indossare giacca e pantaloni, nascondere il seno, accorciare i capelli e fumare sigarette. Le nuove icone di bellezza sono magre, senza curve, androgine e mascoline.
Durante la seconda guerra mondiale, gli ideali si modificano ancora una volta a causa delle necessità. Gli uomini erano in guerra e le donne lavoravano per cui di nuovo erano apprezzate quelle forti e abili fisicamente.
Dopo la seconda guerra mondiale, tornati a casa gli uomini, nuovamente si enfatizzano gli ideali della famiglia e del patriarcato, con la donna a disposizione dei bisogni dell’uomo. Di nuovo negli armadi compaiono abiti e gonne e si privilegiano le donne fertili, morbide e ricche di curve.
Dagli anni sessanta riprende la lotta per l’emancipazione femminile e di conseguenza cambiano nuovamente le loro rappresentazioni. Le donne non vogliono più vedersi unicamente nei ruoli di casalinga, moglie e madre e diventarono protagoniste di un dibattito politico e sociale Nasce in questo periodo e si afferma in Europa e Nord America l’ideale della snellezza, rappresentato dall’emancipata supermodella Twiggy, mentre in Italia resiste per più tempo l’ideale di bellezza rappresentato dalle “maggiorate”.
Con il passare del tempo è molto cambiata l’idea della bellezza femminile la cui figura, soprattutto negli ultimi decenni, si è sempre più assottigliata. Questo progressivo snellimento dell’ideale di bellezza femminile è stato analizzato in diversi studi che hanno analizzato le copertine delle riviste. È ampiamente dimostrato che il modello di prototipo femminile che figura nei layout di moda e pubblicità su riviste femminili negli ultimi 20-25 anni è giovane, alto, gambe lunghe e molto sottili, pancia piatta.
L’ideale della magrezza, sviluppatosi anche il Italia più tardivamente rispetto all’Inghilterra e agli Stati Uniti, ha radici in significati che vanno ben al di là del semplice piacere estetico: simboleggia l’allontanamento dal ruolo sessuale di oggetti del desiderio dell’uomo, da quello di sole madri e casalinghe, simboleggia l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro da cui l’adesione a determinati valori maschili quali l’autocontrollo, la disciplina e l’efficienza; la snellezza inoltre è l’espressione di un se perfettamente gestito e che riesce a regolarsi all’interno di una cultura consumistica nella quale è difficile gestire gli stimoli di fame e sazietà. Il contesto sociale e culturale gioca perciò un ruolo fondamentale nella costruzione dei principali modelli di bellezza di riferimento a cui si ispira la maggior parte delle persone per regolare il proprio comportamento alimentare ma anche per valutare se stessa.
I mass media mostrano sempre più spesso immagini di ragazze ideali, apparentemente perfette, le quali in realtà...