In Piazza XX Settembre a Modena, il folto pubblico convenuto attendeva per ascoltare la lectio magistralis del noto filosofo Roberto Esposito su Il ritorno delle passioni, che delle voci avevano dato per disperse, perciò la trepidazione in piazza era tangibile, e tutti tendevano gli occhi verso il palco per vederle riapparire.
Ed ecco spuntare il dotto filosofo, che montò in cattedra salutato da entusiasti applausi, ma silenziato il pubblico con un flessuoso gesto di mano, e schiaritasi la voce con colpetti di tosse, l’Esposito iniziò a presentare le ritornanti passioni:
“[…] com’è la situazione emotiva del nostro tempo?, è calda, fredda, temperata, in ebollizione. […] nei paesi arabi le piazze ribollono […], ma anche in Europa e in America le passioni sembrano tutt’altro che spente, persino le borse oscillano nervosamente secondo le ansie, gli umori, le paure degli operatori, mentre la protesta sociale, giustamente, gonfia, non solo ad Atene e a Madrid, ma anche a New York, a Parigi, perfino a Roma. Basta che una scintilla si accenda in una qualsiasi parte del mondo, perché il fuoco si propaghi a tutta la zona circostante, anche oltre, superando ogni steccato. Il mondo globale, il mondo globalizzato si presta molto a questa diffusione, contagio delle idee, e anche delle emozioni. Una sorta di contaminazione che non conosce barriere.”[1]
E allora vediamo un po’ se “contagio delle idee e anche delle emozioni” si propaghi sempre ignorando ogni barriera, come raccontò il filosofo napoletano.
L’Italia è di certo in Europa, dove per Roberto Esposito “le passioni sembrano tutt’altro che spente”, nondimeno, mentre in Germania, a marzo 2011, “messo alle strette dallo scandalo della sua tesi di dottorato plagiata”, il “ministro della Difesa” si dimise,[2] nel nostro allegro Belpaese invece la contaminazione dell’idea e l’indignazione morale, le quali esigono che chi plagia debba scontare le pene del suo “peccato”, trovarono una dura e solida barriera a guisa di insormontabile cordone sanitario, che garantì un’efficace “immunità” al plagiatore Galimberti, che non solo seguitava a saltellare tra tv e palchi, ma fu chiamato pure nel 2013 al Festivalfilosofiaamare di Modena per ammaestrare gli italiani con la sua “autorevole voce”, e per diffondere così l’amore per quei “valori della cultura che fanno di noi una superpotenza mondiale”.
E siccome le sorprese non finiscono mai, mentre ad aprile 2012, si dimise “Pal Schmitt, il presidente ungherese travolto da uno scandalo di plagio, per aver copiato la sua tesi di dottorato vent’anni fa”,[3] nel Belpaese invece, il 10 maggio 2012, nell’Aula Magna di Ca’ Dolfin, dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, fu presentato Ritorno ad Atene. Studi in onore di Umberto Galimberti, e nella quarta di copertina l’impostore e plagiatore è celebrato dal dr. prof. Gianluigi Pasquale con questo pomposo e lunare elogio:
Umberto Galimberti non è soltanto un filosofo. Bensì è anche e soprattutto un pensatore. E di razza. Questo è il motivo per cui egli è assai conosciuto in Italia e all’estero. In Italia, anzi, è attualmente il filosofo.
Dunque, per il dr. prof. Gianluigi Pasquale, il ladrone Galimberti non solo è “attualmente il filosofo”, ma sarebbe “soprattutto un pensatore”, e mica uno di quei pensatori tot al chilo, no!, bensì uno di “razza”, pertanto in seguito si daranno eloquenti esempi sulle qualità stravolgenti del plagiatore-pensatore di “razza”.
E mentre in Germania “per il caso Guttenberg […] centinaia di rettori, docenti universitari e accademici avevano scritto e pubblicato una lettera di protesta indirizzata alla cancelliera” Merkel, in cui, come riportò Tarquini, c’era scritto che “una simile leggerezza in un caso di plagio in una tesi è inaccettabile, ne va del rispetto e della reputazione del mondo scientifico”,[4] nel Belpaese invece, dopo la celebrazione veneziana del noto plagiatore da parte di docenti e amici, il “24 maggio 2012 al Centro francescano culturale Rosetum di Milano”, altri docenti e amici lo festeggiarono nuovamente “in occasione del 70° genetliaco del Prof. Umberto Galimberti”, e in quel gioioso convegno fu “presentata la Miscellanea di Studi offerta in suo onore”.
E la cosa davvero straordinaria, nonché tutta di “razza” italica, è che tra quelli che hanno offerto uno “studio in onore” di Galimberti, ci sono pure docenti che Galimberti ha plagiato, e da noi già documentati in dettaglio, come, per esempio, il prof. Romano Màdera: un derubato che ha reso omaggio al suo ladro.
E poiché in Germania “il ministro” che “aveva sistematicamente copiato e plagiato nella scrittura della sua tesi di dottorato. Senza citare le fonti” fu costretto a dimettersi, pur avendo rinunciato al “titolo di dottore”, dinanzi a questo dato di fatto, il perspicace Tarquini, giornalista de La Repubblica, osservò che “in Italia, a fronte degli scandali di casa”, il caso del “ministro della Difesa, barone Karl Theodor zu Guttenberg […] farebbe ridere. Ma in Germania certi peccati, come la truffa o l’inganno, sono presi molto sul serio. Specie se si sospetta che siano i politici d’alto rango a commetterli.”[5]
Dunque, in Italia il “caso Guttenberg […] farebbe ridere”. E difatti, nonostante il monito di Qoèlet: il riso abbonda sulla bocca degli stolti, il Belpaese non si stanca di ridere di tutti quelli che intanto seguitano a infilare le mani nelle loro tasche, come si dice in volgare, nonché a tributare “studi in onore” a chi, come il filosofo “d’alto rango” Galimberti, ha fabbricato la carriera universitaria, nonché la fama di pubblico moralista fustigatore dei malcostumi italici, con imposture e plagi continuati e sistematici delle opere altrui, quindi con “truffe e inganni”.
E del resto non stupisce neppure che ad accampare un simile paragone tra la “Germania”, che non tollera “certi peccati, come la truffa o l’inganno”, e l’Italia, che invece non solo li digerisce, ma ne ride persino a crepapelle, sia il ridanciano giornalista de La Repubblica Andrea Tarquini, che di sicuro ne parla per tangibile esperienza diretta, perché, mentre in Germania “i media chiamano il barone ‘ex dottore’”,[6] nel Belpaese il plagiatore Galimberti è al contrario spacciato ancora, nonché celebrato, non solo come una “grande firma” di Repubblica, ma seguita indisturbato a tenere prediche nell’agorà de La Repubblica delle Donne, in spregio al Codice etico, e chiamato altresì a destra e a manca ad ammaestrare le folle sulla “condizione giovanile” nell’odierno Belpaese.
Difatti, proprio nel giorno della festa della donna, e tante sono anche le donne derubate dalla “grande firma”, sempre troneggiando nell’agorà de La Repubblica delle Donne, alla lettera di “una studentessa che ha conseguito la laurea triennale in Scienze Politiche alla Luiss”, il plagiatore Galimberti rispose in chiusa:
“Spero che il futuro che l’attende non la deluda e non la deprima rubricando il suo lavoro, come spesso avviene, in una pratica burocratica che si deve assolvere per laurearsi. Perché proprio nel trascurare o nel non accorgersi del livello di eccellenza raggiunto da alcuni giovani ravviso una delle cause della decadenza del nostro Paese e lo spegnersi della speranza.”[7]
Tuttavia, se a predicare di “decadenza del nostro Paese e lo spegnersi della speranza” è ancora il notorio ladrone e impostore Galimberti, il futuro che attende in Italia la dolce Antonia da Trapani non potrà che deluderla e deprimerla.