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Mentre si impegnava strenuamente contro i tagli alla scala mobile, il duopolio televisivo o la Guerra del Golfo, Paolo Volponi, dirigente olivettiano, eletto in Parlamento nel 1983, scriveva, sulle stesse carte del Senato, appunti, poesie, intere sequenze di romanzi. Tra queste carte si trovano i materiali di un romanzo «su Palazzo Madama», concepito da Volponi in dialogo con il senatore del Pci Edoardo Perna. Il testo, inedito, a forte connotazione grottesca e parodica, è incentrato sulle misteriose apparizioni di un «Senatore segreto» che ha sempre abitato come uno spettro le quinte del Parlamento, riuscendo a votare a favore dei trasformismi e delle maggioranze più vili e corrotte. Volponi ci attesta così come un'altra Italia sarebbe stata possibile se solo avessero trovato ascolto l'onestà culturale e le tensioni ideali di cui la sua molteplice esperienza industriale, politica e letteraria è il più prezioso documento.

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Informazioni

IL SENATORE SEGRETO
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Introduzione
Una parodia problematica:
l’indagine irrisolta de Il Senatore Segreto
di Sofia Pellegrin
O Verità tu sei sparita dalla faccia della terra per sempre,
nel momento che gli uomini incominciarono a cercarti.
(G. Leopardi, Zibaldone, 4208)
Tra le carte conservate nella casa urbinate di Volponi il rinvenimento di un abbozzo di «romanzo parlamentare» risalente agli anni dell’impegno politico in Senato pare poterci confermare l’insistenza (ancora in questa fase) di quel «sopra-pensiero»1 vastamente poetico e inventivo che sempre si è accompagnato all’attività concreta dell’autore trasformandola in occasione di analisi e in tensione progettuale. Tuttavia pur restando fermo il dato, unanimemente riconosciuto dalla critica, di una scrittura organicamente parte della realtà esistenziale (e quindi professionale, sociale, politica) del suo autore, il tentativo svolto con questo romanzo imperniato sull’ambigua figura di un Senatore Segreto, partecipa di una dinamica, che è poi quella tipica dell’ultima parte della produzione volponiana, scomposta e frammentaria, che pur restando sicura delle proprie premesse critico utopiche si rivela spesso incerta sulla possibilità di un loro compimento effettivo e dunque narrativo.
Apertisi sotto il segno della complessa elaborazione delle Mosche del capitale2, gli anni ottanta sono infatti caratterizzati da una proliferazione entropica di progetti mai realizzati3, per alcuni dei quali è indubbia una diretta filiazione dallo stesso avantesto del grande romanzo-grimaldello sull’industria italiana. Risulta allora chiaro come l’incompiuto progetto di un romanzo parlamentare la cui stesura è databile tra il 1985 e il 1986 risenta fortemente della coeva ricerca, in specie linguistica e formale, messa in opera per la costruzione del romanzo maggiore, e altresì come si ponga in reciproca tensione rispetto ad altri progetti paralleli4 di cui significativamente si ritrovano scalette, appunti preparatori, addirittura stralci, nelle stesse carte relative alle Mosche5. Non stupisce perciò scoprire sotto il profilo delle forme l’azione di una logica generale comune a entrambi i testi che, oltre l’evidenza dell’impostazione dichiarata, spinge verso soluzioni affatto simili: nonostante infatti la dimensione epistolare/autobiografica scelta per raccontare la vicenda senatoriale possa apparire quanto mai lontana dal preponderante carattere corale6 delle Mosche, la direzione è sempre quella di un’erosione interna della canonicità dei generi nella prospettiva tensiva di una formulazione di significato che non solo porta a una vera e propria implosione7 narrativa, ma arriva, qui, a segnare il passo.
Per capire come ciò avvenga sarà forse utile partire delineando per sommi capi gli elementi che costituiscono la breve trama del nostro abbozzo: in un’ambigua oscillazione finzionale i senatori (reali, storici) Paolo Volponi ed Edoardo Perna, protagonisti della vicenda, a seguito di alcuni fatti, anch’essi oscillanti tra finzione e realtà, incresciosi (l’inseguimento del Presidente Craxi a Goria e Ciampi, il «Venerdì nero» della lira8) e inspiegabili (la presenza di voti dall’origine oscura, la sparizione, o furto, di vari indumenti, come calosce e gambaletti felpati nell’autunno del ’59, e di oggetti più o meno utili sottratti ad ambasciatori e ministri durante visite ufficiali come orologi, calcolatrici, microradio, ecc.) decidono di iniziare un’indagine che chiarisca i moventi nascosti di quegli avvenimenti, valutando con particolare attenzione l’ipotesi che essi siano in qualche modo legati alla presenza, percepita e testimoniata da più parti, di un Senatore Segreto, sulla cui effettiva entità non possono che congetturare. Infatti, pur rincorrendosi molte voci su di un misterioso abitatore di Palazzo Madama che fin dai tempi del regno umbertino si aggirerebbe furtivo tra i locali attigui al Senato, non è dato sapere chi o che cosa sia questa sorta di «fantasma senatoriale», a cui nel corso degli anni è stata attribuita la responsabilità dei più disparati e strani fenomeni: dalla voce che nel ’37, levatasi improvvisa, accusò apertamente il Duce di tradire la Monarchia e con essa la stabilità del Senato, agli imprevedibili e continui spostamenti dei busti di marmo nello spiazzaletto interno del Palazzo. La gestione di questa indagine subisce, forte, l’attrazione di una componente divertita e divertente che tuttavia, se pure dona al testo un indubbio motivo di leggerezza, non va sottovalutata in quanto complice di un disegno ironico smascherante, e che, proprio per questo, non muta mai in divertissement ludico fine a se stesso. In un primo momento, la ricerca che i protagonisti si dicono intenzionati a portare avanti sembra potersi e volersi riferire a consolidate categorie dei generi letterari, e di più ad alcuni specifici moduli della letteratura d’intrattenimento, tipici del romanzo giallo e poliziesco. In questo senso la dichiarazione programmatica posta a conclusione della Lettera prima («cogliere indizi, scoprire tracce. Inserirle in un percorso, abitudine, ora, necessità»9), dà all’inchiesta senatoriale il riconoscibilissimo gusto di una detective story. Insieme alla conferma però l’attenzione viene colpita anche dalla complicazione apportata da alcuni elementi estranei, in tutto o in parte, a quegli schemi consueti. In primo luogo, la cornice dello scambio epistolare, più legata alla tradizione del moralismo settecentesco (ossia a un’istanza di critica del costume e della società) che all’orizzonte del romanzo a enigma, crea una zona di sovrapposizione di istanze diverse che facilmente rivela la presenza di un’intenzione tutt’altro che disimpegnata. Se dunque il movente di fondo è quello di una critica del costume politico l’autore non potrà aver trascurato la considerazione di alcune opere, diffusesi nel panorama letterario italiano già pochi anni dopo la costituzione dell’Unità d’Italia e poi cristallizzatesi nello specifico filone del «romanzo parlamentare», dal carattere fortemente polemico nei confronti della classe dirigente alla guida del paese, e dei meccanismi spesso autoreferenziali del potere. Che esista una vera e propria tensione in questo senso ce lo rivela il piano dell’opera10 steso a quattro mani da Volponi e Perna in una fase preparatoria del progetto, dove emerge chiaramente come la stessa idea di un’indagine su di un senatore segreto fosse inserita in una vicenda fortemente strutturata secondo moduli ascrivibili a quella linea: la messa in luce dell’assenza di un’idealità forte a guida dell’azione politica, della miseria morale, del cinismo calcolatore dei personaggi e la rappresentazione di ambienti spesso asfittici e chiusi come il potere che contengono. Ma ancora più significativa è l’evidente11 volontà di richiamarsi a un testo specifico, I vecchi e i giovani di Luigi Pirandello, che, se da un lato è forse il più illustre rappresentante di quel genere, dall’altro, coinvolgendo la tematica del confronto generazionale e partecipando di un afflato storico analitico e circostanziato, ne offre un esempio di complessità inconsueta. Se, dunque, lo spettro di influenze da cui il testo risulta sollecitato è certamente ampio e articolato, altrettanto la convivenza di queste spinte, sempre radicate in una concreta necessità espressiva, è informata a un criterio di problematicità che nell’utilizzarle le ridiscute ogni volta, risignificandole. Questo oscillare da un genere all’altro è allora messa a punto di una nuova organizzazione di significato come proprio di un’idea di letteratura che:
fa parte della cultura più viva, direi della cultura politica di un paese. Fa parte delle capacità che un paese ha. Non è a lato, non è evasiva, descrittiva, indulgente, divertente, ecc. No! È dentro la forza culturale che un paese ha nel fare il suo progetto di novità, nel saper allestire12.
Se la letteratura è una strategia di costruzione (e ricostruzione) intellettuale del senso entro un contesto, allora questa sua vocazione conoscitiva trova una trasparente trasfusione nella ricerca di una definizione dell’identità del Senatore Segreto svolta, appunto, come una detective story. L’approccio investigativo, d’altro canto, è come continuamente aggredito dall’autoriflessione su se stesso: mentre cerca di stabilire i fondamenti della propria legittimità e le modalità della propria azione13 infatti, non riesce a evitare l’ironia implicita di questo pensarsi che, così, assume i toni corrosivi di un’autoparodia14. La postura parodiante rispetto a una quieta aspettativa giallistica è segnalata peraltro da numerose espressioni-spia, comicamente dissacranti la credibilità dell’argomentazione. Si consideri a esempio, nella Lettera seconda, in cosa si so-stanzi e con quali termini venga descritto il primo dei piani per smascherare il Senatore Segreto:
Le cattive trame scolastiche di Catilina mi hanno dato uno spunto criminale che può anche essere applicato. Drogare la bottiglia del Marsala stravecchio sistemato nel secondo piano dello scaffale dietro il bancone del bar. Potrei avvicinarmi a quell’angolo del bancone accosto allo scaffale, fingendo di scegliere una mozzarella dentro la grande scodella del bancone accanto. Oppure di cercare un tovagliolo o una posata. O di scegliere tra le tavolette e le scatole di cioccolata. Cogliere l’ora adatta: intorno alle quindici di un giorno senza obblighi, magari vigilia di una festa. Ordinare al commesso una posizione che lo costringa ad attingere al retro di servizio. Afferrare decisamente la bottiglia e versarci dentro una esagerata dose purgativa. Rimettere la bottiglia al suo posto osservandone con scrupolo l’etichetta. Pescare una mozzarella e metterla sul bancone principale. Afferrare il bicchiere o la tazza con la pozione straordinaria. Mescolare a lungo. Gettare la mozzarella nel vaso di rifiuti come non finita. Bere un sorso della pozione. Rovesciarne quanto contenibile nel piattino. Versarne due o tre cucchiaini nell’acquaio come per rinfrescare questa posatina brillante. Sorbire due sorsi della pozione e trangugiarli in una sola volta. Ma se il giorno dopo è festivo potrò scoprire l’effetto del purgante? Dovrò agire in un giorno non di vigilia. Il giorno dopo dovrò appartarmi sul pianerottolo dell’ascensore, al terzo piano presidenze, prima che aprano le finestre. La puzza dovrebbe guidarmi. Se quel posto risultasse inodore dovrei subito spostarmi all’incrocio tra i corridoi del quarto piano di Palazzo Madama e dell’attico che immette nell’Archivio. Da lì scendere vano per vano. Trovare a un certo punto una traccia di merda e seguirla fino a sorprendere sotto un divano riparato il Senatore Segreto con una mano sul ventre e l’altra sulla cintura dei calzoni tirata intorno ai ginocchi15.
«La puzza dovrebbe guidarmi» o «Trovare a un certo ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Colophon
  3. Indice
  4. Prefazione
  5. Il Senatore Segreto
  6. Discorsi parlamentari
  7. Note