Come si ragiona in filosofia
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Il volume si articola in una serie di argomentazioni tese ad individuare, sulla scia del razionalismo critico, precisi criteri per la valutazione e la scelta di teorie filosofiche razionali che non si perdano nel mare della soggettività.
In questo orizzonte nascono anche utili considerazioni su come e perché insegnare storia della filosofia.

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Informazioni

Editore
La Scuola
Anno
2013
ISBN
9788835035732
Note
Capitolo primo
1 K.R. Popper, Logica della scoperta scientifica, tr. it., Einaudi, Torino 1970, p. 14.
2 Si veda, sempre di K.R. Popper, La demarcazione tra scienza e metafisica (saggio scritto nel gennaio 1955 per il volume The Philosophy of Rudolf Carnap, pubblicato successivamente nel 1964; rist. come cap. II in Id., Congetture e confutazioni, tr. it., il Mulino, Bologna, 1972, da cui cito: p. 432): «La mia tesi, in poche parole, è questa. I ripetuti tentativi compiuti da Rudolf Carnap per mostrare che la demarcazione fra scienza e metafisica corrisponde alla distinzione fra senso e non-senso, sono falliti. La ragione è che il concetto positivistico di “significato” o “senso” (oppure di verificabilità, o confermabilità induttiva ecc.) non si presta al conseguimento di tale demarcazione – per il semplice fatto che la metafisica, pur non essendo scienza, non deve perciò essere priva di significato».
3 Id., Logica della scoperta scientifica, cit., p. 307.
4 Ibi, p. 40. Sull’argomento si veda, sempre di K.R. Popper, Miseria dello storicismo, tr. it., Feltrinelli, Milano, 1975, p. 37.
5 Id., Logica della scoperta scientifica, cit., p. 40.
6 Ibi, pp. 45-46. «Il principio di causalità – scrive Popper – è l’asserzione che un qualsiasi evento può essere spiegato causalmente: può essere predetto sulla base di una deduzione. L’asserzione sarà tautologica (analitica) o verterà sulla realtà (sarà sintetica) secondo il modo in cui, in quest’asserzione, si interpreterà la parola “può”. Infatti, se “può” significa che è sempre logicamente possibile costruire una spiegazione causale, allora l’asserzione è tautologica, perché, data una qualsiasi predizione, possiamo sempre trovare asserzioni e condizioni iniziali dalle quali è possibile derivare la predizione. (Se queste asserzioni universali siano state controllate e corroborate in altri casi è naturalmente tutt’altra questione). Se però si intende che “può” significhi che il mondo è governato da leggi rigorose, ed è costruito in modo che ogni evento specifico rappresenti il caso particolare di una regolarità, o di una legge universale, allora l’asserzione è chiaramente sintetica. Ma in questo caso [...] non è falsificabile. Pertanto non adotterò né respingerò il “principio di causalità”, accontentandomi semplicemente di escluderlo dalla sfera della scienza come “metafisico”. In ogni modo, proporrò una regola metodologica che corrisponde così strettamente al “principio di causalità” che quest’ultimo potrebbe essere considerato come la versione metafisica di detta regola. Si tratta della semplice regola secondo la quale non dobbiamo abbandonare la ricerca di leggi universali e di sistemi coerenti di teorie, né dobbiamo rinunciare ai nostri tentativi di spiegare causalmente qualunque tipo di evento che siamo in grado di descrivere. Questa regola guida il lavoro del ricercatore scientifico». Cfr. anche a p. 271:«La credenza nella causalità è metafisica. Non è nient’altro che una tipica ipostatizzazione metafisica di una regola metodologica ben giustificata: la decisione dello scienziato di non abbandonare mai la ricerca delle leggi».
7 Ibi, p. 293.
8 K.R. Popper, La ricerca non ha fine, tr. it., Armando, Roma 19973, p. 24. Tale espressione, soggiunge Popper, «non passò nei miei scritti pubblicati prima del 1958, benché sia l’argomento principale dell’ultimo capitolo del Postscript (in bozze incolonnate fin dal 1957). Io – dice ancora Popper – misi il Postscript a disposizione dei miei colleghi e il professor Lakatos riconosce che quelli che egli chiama “programmi di ricerca scientifici” sono nella tradizione di quelli che io descrivevo come “programmi di ricerca metafisici” (“metafisici” perché “non-falsificabili”)» (Ibi, p. 242). E programmi di ricerca invece che, più semplicemente, teorie, per la ragione che «incorporano, insieme a una visione dei problemi più urgenti, un’idea generale di quella che potrebbe apparire una soluzione soddisfacente ad essi. Essi possono venire descritti come fisica speculativa, o forse come anticipazioni speculative di teorie fisiche controllabili» (K.R. Popper, Poscritto alla logica della scoperta scientifica. III: La teoria dei quanti e lo scisma nella fisica, tr. it., il Saggiatore, Milano 1984, p. 169). L’universo blocco di Parmenide; l’atomismo; la teoria del mondo come meccanismo ad orologeria (Hobbes, Descartes, Boyle); i campi di forze (Faraday, Maxwell); la teoria del campo unificato (Riemann, Einstein, Schrödinger); l’interpretazione statistica della teoria dei quanti (Born): sono questi alcuni esempi di programmi di ricerca metafisici addotti da Popper nell’Epilogo metafisico del terzo volume del Poscritto (Ibi, pp. 169-172). Cfr., sull’argomento, ancora K.R. Popper: a) Logica della scoperta scientifica, cit., pp. 307-308; b) Poscritto alla logica della scoperta scientifica, I, cit., pp. 205-209; c) La ricerca non ha fine, cit., pp. 165-168; e pp. 184-198 – dove è il darwinismo a venir considerato da Popper come un programma di ricerca metafisico.
9 Id., La ricerca non ha fine, cit., p. 139.
10 Cfr. ibidem.
11 Ibidem. Di seguito: «Così fece anche il povero Segretario, come risulta dalle minute in cui riferisce sull’incidente, aggiungendo in calce alla pagina: “Questa è la formula d’invito al Club”».
12 Ibi, pp. 139-140. Cfr. anche Id., Società aperta, universo aperto, tr. it., Borla, Roma 1984, pp. 49-51.
13 Id., La ricerca non ha fine, cit., p. 140. T.E. Burke contesta l’idea di una troppo marcata differenza tra la concezione della filosofia sostenuta da Popper e l’idea di filosofia sostenuta da Wittgenstein. Cfr. T.E. Burke, The Philosophy of Popper, Manchester University Press, Manchester 1983, pp. 23-36. Sulla influenza non positiva che la filosofia del secondo Wittgenstein avrebbe avuto sui critici di Popper – come Kuhn e Feyerabend – si consulti G. Radnitzky, Entre Wittgenstein et Popper, Vrin, Paris 1987, p. 168 ss.
14 K.R. Popper, La ricerca non ha fine, cit., p. 140.
15 Ibidem.
16 Ibidem.
17 Ibidem.
18 Cfr. D. Edmonds - J. Eidinow, La lite di Cambridge, tr. it., Garzanti, Milano 2002.
19 Ibi, p. 190.
20 Ibi, p. 195.
21 Ibi, p. 216.
22 Ibi, pp. 216-217.
23 Ibi, p. 218.
24 Ibi, pp. 218-219.
25 Ibi, p. 220.
26 Ibidem.
27 Ibidem.
28 Ibi, p. 221. E a p. 224: dopo che Wittgenstein ebbe abbandonato la sala, si sviluppò un “dibattito esplorativo” fra Popper e i discepoli di Wittgenstein: «Peter Geach, per esempio, cercò di incastrare Popper chiedendogli se gli esperimenti condotti da sir Henry Cavendish potessero essere a ragione definiti scienza. Cavendish, famoso soprattutto per essere lo scopritore dell’idrogeno e di altri gas, era un ricercatore talmente incline alla segretezza che in casa aveva fatto costruire una seconda scala per la servitù, in modo da poter evitare ogni contatto. Si dice che in vita sua abbia pronunciato meno parole di un monaco trappista. Popper sosteneva che una teoria si potesse definire scientifica soltanto se falsificabile e aperta all’esame. Alla domanda di Geach, la risposta di Popper fu semplicemente: “No”».
29 B. Russell, La mia vita in filosofia, tr. it., Longanesi, Milano 1962, p. 304.
30 Id., Ritratti a memoria, tr. it., Longanesi, Milano 1958, p. 207.
31 Cfr. ibi...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Colophon
  3. Introduzione: Perché e come studiare storia della filosofia
  4. La logica del ragionamento filosofico
  5. Teorie filosofiche criticabili e criticate
  6. Indice dei nomi
  7. Sommario
  8. Note