La prima guerra mondiale
eBook - ePub

La prima guerra mondiale

Le cause, le conseguenze

  1. Italian
  2. ePUB (disponibile sull'app)
  3. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

La prima guerra mondiale

Le cause, le conseguenze

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Nel marzo del 1915, dopo pochi mesi dall'inizio della Prima guerra mondiale, e nel luglio del 1918, quasi al termine del conflitto, vengono pubblicati i due saggi di Vilfredo Pareto qui raccolti. Nel primo (La guerra ed i suoi principali fattori sociologici) l'autore mette in evidenza, con freddo disincanto, le cause del conflitto, distinguendole dai "pretesti" e dalle opinioni prevalenti, condizionate da sentimenti, inclinazioni e interessi di parte. Il secondo saggio, Dopo quattro anni di guerra, vuole considerare il quadro storico del 1918 una «grande esperienza sociologica» e cercare di «intravedere certi rapporti che si sono annodati tra i fatti». Queste pagine ci restituiscono due rigorose analisi, condotte da un maestro della sociologia fino a conclusioni sorprendenti per la capacità di lettura delle dinamiche storiche e di previsione degli sviluppi.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a La prima guerra mondiale di Vilfredo Pareto in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Storia e Prima guerra mondiale. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
La Scuola
Anno
2015
ISBN
9788835043065
Argomento
Storia

Vilfredo Pareto

La Prima guerra mondiale
Le cause, le conseguenze
La guerra e i suoi principali fattori sociologici (1915)

I

Chi scrive si propone di esporre considerazioni interamente oggettive, cioè fatti, relazioni di fatti, uniformità che se ne deducono; tralasciando ogni espressione di sentimenti propri, siano pure dei più naturali, doverosi, rispettabili. Egli ha sentimenti al pari di ogni altro uomo vivente, ma qui procura di metterli da parte; ragione per cui chi li cercasse in questo scritto facilmente lo intenderebbe a rovescio.
Una produzione intellettuale qualsiasi può essere considerata sotto vari aspetti, tra i quali notiamo i seguenti: 1) La sua corrispondenza colla verità sperimentale; 2) Il suo accordo coi sentimenti di determinate persone, di cui i maggiormente operanti sono quelli più vivi e di un più gran numero, e tali sono nel caso presente i sentimenti di patriottismo, di fede religiosa o di altra simile, di morale, di estetica, ecc. Ai sentimenti sono da aggiungersi gli interessi, che operano potentemente per spingere gli uomini all’azione; ma spesso essi si trasformano in sentimenti e sotto tal forma appaiono; 3) La sua utilità sociale.
Il sentimento confonde solitamente tali aspetti, ma in realtà stanno distinti. Ad esempio, nella Commedia di Dante, la corrispondenza colla realtà sperimentale, non solo del viaggio del poeta ma anche di parecchie delle sue teorie, è zero; l’accordo coi sentimenti degli Italiani, massimamente coi sentimenti estetici è grande; l’utilità sociale è ragguardevole, poiché il poema rafforzò e rafforza il sentimento della patria. Molte sono le leggende colle quali i Greci davano ragione dell’origine delle città loro, e ad esse assegnavano un fondatore. La corrispondenza colla realtà sperimentale era poca o niente, l’accordo coi sentimenti era grande, l’utilità sociale notevole, poiché erano così mantenuti e raffermati i vincoli che tenevano uniti i cittadini di ciascuna città. Viceversa, una produzione intellettuale può in qualche modo corrispondere alla realtà sperimentale, non accordarsi coi sentimenti di molte persone, non essere immediatamente di nessuna utilità sociale, anzi essere forse di danno, massimamente se tratta dal volgo fuori del retto senso. Di tal genere è il presente scritto.
Per giudicare qualsiasi asserzione, occorre un giudice. Questi è esclusivamente l’esperienza, per chi considera l’asserzione sotto l’aspetto sperimentale; trovasi nei gusti e nei sentimenti, per chi mira a soddisfarli; sta nei fatti che determinano l’utilità sociale, per chi a conseguirla pone l’ingegno. Qui ci sottoponiamo esclusivamente al giudizio dell’esperienza.

II

Scrive Polibio (III, 6) «Taluni degli storici dei fatti di Annibale, volendo a noi esporre le cause per le quali tra i Romani ed i Cartaginesi vi fu la guerra che abbiamo rammentata, pongono come prima l’espugnazione di Sagonta per parte dei Cartaginesi, per seconda l’avere essi, contro i trattati, passato il fiume che dagli indigeni è detto Ebro. Io dirò bene che tal fosse il principio della guerra, ma non concederò mai che ne fosse la cagione». Seguita citando casi analoghi ed aggiunge: «Queste asserzioni sono da uomini, che non distinguono come e quanto differisca il principio dalla causa e dal pretesto». Sono trascorsi oramai più di duemila anni dacché lo storico greco esprimeva tali concetti, e le sue osservazioni si possono ripetere appuntino pei giudizi che oggi si dànno della guerra europea. Diremo forse perciò che oggi, dopo tanto progredire delle scienze e della storia, gli uomini ancora non sappiano distinguere il principio, la causa, il pretesto? O non sarà meglio dire che non fanno tale distinzione per altre cause che non sono l’ignoranza?
Agevolmente troveremo queste cause se le cercheremo nei sentimenti, nelle inclinazioni e negli interessi. Da prima vedremo che tali discorsi si confanno alle inclinazioni, lusingando sentimenti di benevolenza pei nostri amici, di avversione pei nostri nemici e che mirano, col dare la «colpa» della guerra al nemico, a procurarci il favore delle molte persone che patiscono i mali del conflitto; e poiché tali sentimenti, inclinazioni ed intenti, dal tempo di Polibio al nostro, stanno e rimangono negli uomini, non è meraviglia che stiano pure e rimangano gli effetti che da essi traggono origine. Poscia apparirà l’utilità sociale che c’è, per una nazione, a rafforzare per tal modo l’amore della patria, l’odio del nemico. la brama di vincerlo, per tòrre di mezzo la «causa» dei nostri mali.
Notisi che tali ragionamenti non possono mettere capo a conclusione alcuna se non si fermano a qualche principio sentimentale, metafisico o teologico, il quale è accettato da alcuni, rifiutato da altri, e che quindi, pel solito, persuadono solo chi è già persuaso, d’altri nessuno. Sono un mezzo per stuzzicare certi sentimenti preesistenti, non per farne nascere. Quindi si può agevolmente prevedere da chi, tolte poche eccezioni, saranno accolti, e da chi respinti, quando siano noti tali sentimenti, gli intenti e gli interessi che manifestano, ed è questo il caso nelle contese tra nazioni, o tra credenti di religioni diverse.
Tale regola generale vale per la presente guerra europea. Ad esempio, gli avversari dell’Austria dicono che la guerra ha avuto per cagione l’ultimatum dell’Austria alla Serbia; rispondono gli amici che l’ultimatum è la conseguenza dell’ostilità della Serbia contro l’Austria; osservano i primi che tale ostilità ha origine dalle male arti usate dall’Austria contro la Serbia; ribattono i secondi che le dette «male arti» sono solo giusta resistenza al mal volere dell’Austria, all’opere sue invadenti; così si può seguitare indefinitamente, e chi sì ferma è solo mosso da sentimenti di benevolenza per una delle parti, di malevolenza per l’altra. Una delle tentate «giustificazioni» della violazione della neutralità belga sta nel dire che la Germania, aggredita da due parti dalla Francia e dalla Russia, era in «stato di necessità» il quale pure si ammette nel diritto privato. Al che si risponde che la Germania si era posta da sé in questo stato di necessità, muovendo guerra alla Francia ed alla Russia.
Non pertanto si quietano gli amici della Germania, e oppongono che la Germania ha dovuto in tal modo operare perché la Russia preparava le armi e la Francia dichiarava di volerla aiutare. Così si può continuare all’infinito, e chi si ferma sarà spinto a ciò solamente perché fa propri i sentimenti di una delle parti contendenti. Talvolta più breve è la catena di tali pseudo-ragionamenti. Ad esempio, si dice che la guerra è seguìta perché le Potenze europee vollero intromettersi tra l’Austria e la Serbia, il che dalla Germania non poteva essere consentito.
E basta. Rimane verità assiomatica che alla Germania era lecito, alle altre Potenze illecito il difendere una delle parti contendenti. Ma tale verità assiomatica è accolta solo da chi potrebbe anche farne senza per dare il proprio giudizio.
Non troviamo più sodo il terreno nel campo del «diritto internazionale»: sia perché incerti ne sono i principii, incertissime le interpretazioni, sia perché le sue sanzioni, stando solo nei sentimenti degli uomini, sono in piena balia di questi sentimenti, i quali preesistono ed operano, coprendosi solo di ragionamenti attinenti al diritto. Gli Inglesi avevano promesso di sgomberare l’Egitto, e non l’hanno sgomberato, né paiono avere la menoma intenzione di ciò fare. Lo Zar erasi impegnato a mantenere l’autonomia della Finlandia, e tale autonomia è sparita. La Prussia aveva garantito la neutralità del Belgio e quella del Lussemburgo, e le ha violate, cercando, dopo il fatto, ragioni o pretesti per giustificare il proprio operato, Se si suppongono date la fede patriottica, la religiosa, o la politica di certi individui, si può, con grandissima probabilità, prevedere quali di queste trasgressioni agli impegni assunti saranno da questi individui assolte, quali condannate; di quali discorreranno, di quali taceranno.
Dicono gli Inglesi che mossero guerra alla Germania per difendere il principio del rispetto ai trattati, violato dalla Germania, che aggredì il Belgio, ma non fanno conoscere perché l’identico fatto, in identiche condizioni, del compiuto a danno del Lussemburgo, non li aveva scossi in nessun modo. Rispondono i Tedeschi, con una delle tante spiegazioni immaginate dopo il fatto, che violarono la neutralità del Belgio perché questo già l’aveva ferita accordandosi coll’Inghilterra per difenderla, ma tacciono opportunamente e prudentemente del Lussemburgo, pel quale tale motivo non vale.
La prima giustificazione data dal Cancelliere tedesco era, sotto l’aspetto della logica formale, un poco meno vana. Diceva egli, in sostanza, che necessità non ha legge, che posta nel bivio o di perire, o di violare la neutralità del Belgio, la Germania si atteneva al secondo partito; e tale motivo aveva il pregio di valere tanto pel Belgio come pel Lussemburgo.
Per motivi identici, od anche solo analoghi, quel singolare magistrato che fu detto «il buon giudice», mandava assolti individui che, senza il menomo dubbio, avevano trasgredito la legge. Le stesse persone che approvavano allora che del diritto privato non si tenesse alcun conto, acremente biasimano ora le trasgressioni al diritto internazionale, facendo così palese che non astratto amore del diritto le muove, bensì sentimenti di simpatia per certe persone, di antipatia per altre.
Sogliono i popoli europei «giustificare» le loro conquiste in Asia ed in Africa invocando i «diritti» delle razze «superiori» di fronte alle «inferiori»; senza che, per dire il vero, si possa capire il senso preciso di questi bei termini; ed osservando che «superiori» ed «inferiori» paiono essere semplici pleonasmi per significare più forti e meno forti nelle arti belliche; poiché i Giapponesi che, in altri tempi, stavano coi Cinesi tra le razze «inferiori», ora, dopo e mercé solo la vittoriosa guerra contro i Russi, hanno posto tra le razze «superiori». I fautori di questa teoria si sdegnano quando la Germania vuole volgerla a «giustificare» le imprese per acquistare il dominio su gli altri popoli europei, da essa stimati «inferiori» con quello stesso identico criterio che è della teoria generale di cui si valgono, quando a loro fa comodo, gli altri Stati di Europa. In molti casi le declamazioni di coloro che si immaginano di far parte di una «razza superiore» non hanno maggior fondamento nella realtà di quanto ne avesse il gloriarsi di parecchi fra gli antichi Greci, di un’origine divina.
Ragione di spazio ci vieta il proseguire quest’analisi, ma il sin qui detto basta per fare palese la vanità sperimentale di tali ragionamenti; lasciamoli dunque da parte e volgiamoci ad indagare la sostanza che da questa veste è ricoperta.

III

Rechiamo ancora una citazione di Polibio. Discorrendo della prima guerra punica, egli osserva (I, 64, 5) come Roma e Cartagine fossero pari «massimamente nell’animoso contendere per la dominazione». Per tal modo si risale ad una delle cagioni profonde delle guerre puniche, di fronte alla quale appaiono secondarie e spesso insignificanti le cagioni più prossime di cui ci è stata tramandata la memoria.
Tra le secondarie sono degne di nota alcune che operano spesso indirettamente, ad esempio, le differenze di nazioni1, di istituzioni politiche, di religione, gli interessi economici.
Possono, è vero, talvolta recare direttamente a rompere guerra, ma più spesso operano indirettamente, accrescendo i sentimenti di rivalità tra i popoli. Così operarono gli interessi dei mercatores romani e dei negozianti cartaginesi. Il più antico trattato tra Roma e Cartagine, rammentato da Polibio, risolve appunto uno di questi conflitti di interessi; ma sarebbe errato il credere che le guerre puniche furono preparate, deliberatamente volute, imposte dai negozianti romani e dai Cartaginesi; essi operarono massimamente sui sentimenti, e, dal conflitto di questi, divampò la guerra. Similmente sarebbe errore il credere che la presente guerra europea è conseguenza diretta di contrasti economici, ne è bensì, in parte piccola o grande, conseguenza indiretta, per l’azione che ebbero tali contrasti sui sentimenti.
Quando accade che popoli bramosi di estendere il proprio dominio s’incontrano, il conflitto fra essi diventa se non inevitabile almeno probabil...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Colophon
  4. Sommario
  5. Giovanni Busino: Introduzione
  6. Vilfredo Pareto: La Prima guerra mondiale – Le cause, le conseguenze