Alexander Langer. Costruttore di ponti
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La fi gura di Alexander Langer (1946-1995) è più attuale che mai. Per certi aspetti, anzi, nel dibattito sociale e politico Langer è oggi più conosciuto, e "riconosciuto", di quando era in vita e doveva subire anche amarezze e misconoscimenti. Marco Boato, che ha condiviso tante iniziative di Lange, ci presenta il ritratto di un autentico e coerente testimone del nostro tempo: le radici sudtirolesi, il rapporto con la Chiesa, la formazione, il Sessantotto, l'impegno politico e la "conversione ecologica", la nonviolenza, l'impegno per il dialogo interetnico. Come ricorda il cardinale Loris Capovilla nella presentazione, «anche Alex ha perseguito ostinatamente la pace, e, insieme, la custodia del creato. Ha inseguito con tenacia questi ideali. Ne ha fatto la sua passione e la sua vita». Completano il volume le testimonianze di Peter Kammerer, Adriano Sofri, Leonardo Zega, Edi Rabini.

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Informazioni

Editore
La Scuola
Anno
2015
ISBN
9788835043102
Marco Boato
Alexander Langer
Costruttore di ponti

1. Nemo propheta in patria sua

A venti anni dalla sua morte volontaria (Firenze, Pian de’ Giullari, 3 luglio 1995) la figura di Alexander Langer (“Alex” per gli amici, non sempre per i familiari) è più attuale che mai1; per certi aspetti, è più conosciuta e “riconosciuta” oggi che non quando era in vita, una vita durante la quale ha dovuto subire anche molte amarezze e misconoscimenti, a volte da persone e ambienti a lui vicini. Per questo parlo di lui come “testimone” (oltre che “protagonista”), ma anche come “profeta” del nostro tempo, sotto un duplice profilo. Un “profeta” a volte contestato e disconosciuto o ignorato, finché è stato in vita: nemo propheta acceptus est in patria sua, si potrebbe dire, riecheggiando la lezione evangelica. Un “profeta” che, inoltre, su molte questioni ha visto più lontano dei suoi contemporanei, ha anticipato i tempi in modo lungimirante, ma non ha potuto vedere in vita la “terra promessa”.
Per fare un esempio recente, quando il 23 marzo 2015 è stata inaugurata la scuola elementare bilingue intitolata ad Alexander Langer nel quartiere Firmian di Bolzano, il quotidiano «Alto Adige» ha riferito: «Commozione per la presenza della vedova Langer, Valeria Malcontenti, che ha speso parole di ammirazione per la bellezza dell’edificio: “Se l’avesse vista Alex…”. Ma ha anche aggiunto: “Se fosse ancora qui, questa scuola non ci sarebbe!”». E basterebbe ricordare come tematiche per lui essenziali – come la conversione ecologica e la convivenza – fossero ignorate o disconosciute durante la sua vita, mentre negli anni più recenti sono diventate ricorrenti, la prima nel dibattito ecologico e la seconda nelle riflessioni pubbliche sulle relazioni inter-etniche nel suo Alto Adige/Südtirol, e non solo.
A proposito di nemo propheta in patria sua, il giornalista Umberto Gandini ha ricordato con singolare efficacia:
Alex, nel mondo altoatesino diviso e tenuto intenzionalmente diviso per non compromettere le rendite di posizione politica e nazionalistica, era una bestia rara. Incontrare Langer, parlare con lui che protendeva la testa, il ciuffo biondo, il naso e gli occhiali sulla punta del naso verso l’interlocutore per essere ben sicuro che le sue argomentazioni fossero colte e apprezzate, era nell’Alto Adige di allora come andare allo zoo e vedere per la prima volta un armadillo2.

2. Le radici sudtirolesi e la “voce dal pozzo”

Alexander Langer era nato il 22 febbraio 1946 a Sterzing/Vipiteno ed è morto la sera di lunedì 3 luglio 1995, impiccandosi ad un albero di albicocco. Il suo corpo è stato ritrovato il giorno successivo. Ha vissuto meno di 50 anni (49 per l’esattezza), una vita breve, durante la quale ha tuttavia attraversato in modo originale quasi l’intera seconda metà del Novecento, il “secolo breve” secondo lo storico britannico Eric J. Hobsbawm. Le sue radici personali e familiari erano nel cuore dell’area alpina, di cui ha affrontato tutte le principali problematiche3, ma la sua figura e la sua storia politico-culturale hanno superato e attraversato tutti i confini: geografici, etnico-linguistici, culturali, religiosi, politici.
Di madrelingua tedesca, le sue origini familiari (il padre Artur, medico, ebreo di origine viennese, rifugiatosi a Firenze durante la persecuzione razziale, e la madre Elisabeth Kofler, cattolica, farmacista) e le sue radici sudtirolesi (luogo di diversità linguistica e, all’epoca, di forte contrapposizione etnica) non saranno mai da lui rinnegate nel corso della sua esistenza, fino alla scelta finale, negli ultimi mesi della sua vita, di candidarsi, con una lista civica inter-etnica, “Cittadini/Bürger”, a sindaco di Bolzano. Scelta resa impossibile da una assurda interpretazione, illegittimamente restrittiva, della legge, rispetto al suo essersi dichiarato “obiettore etnico” ancora nel censimento/schedatura etnica del 1991, dopo averlo già fatto nel 1981. Sul piano giuridico sarebbe bastata una sua semplice dichiarazione ad hoc, come aveva già fatto per le elezioni regionali/provinciali in Alto Adige/Südtirol del 1983 e del 1988, quando si era candidato ed era stato eletto. Ed invece la sua candidatura a sindaco di Bolzano fu dichiarata inammissibile.
E Langer, in uno dei suoi ultimi scritti4, intitolato Le elezioni a Bolzano: una voce dal pozzo, aveva riecheggiato dapprima la vicenda biblica di Giuseppe:
Il biblico Giuseppe dell’Antico Testamento dai suoi fratelli fu gettato nel pozzo, cadendo così nella schiavitù degli egiziani ai quali fu venduto. Una volta che i fratelli se ne erano disfatti, pensavano di poter meglio gestire e spartirsi l’azienda familiare. Ma quando, più tardi, capitò loro una feroce carestia, ricevettero il consiglio: “Andate da Giuseppe, vi saprà aiutare”; ricercarono in Egitto il fratello estromesso, ne furono accolti fraternamente e generosamente aiutati.
E aveva aggiunto amaramente:
Chissà se un giorno i personaggi ed i partiti che, attraverso una puntigliosa legislazione etnica, hanno escluso dal voto a Bolzano un candidato sindaco, con la lista inter-etnica che lo sosteneva, reo di non aver compilato la dichiarazione etnica nel censimento 1991, sentiranno il bisogno di ricorrere alle risorse di innovazione civile e politica che tale proposta avrebbe comportato.
E aveva infine concluso:
Perché non pensare che, dopo qualche peripezia e carestia, questi fratelli possano ritrovare i loro altri fratelli oggi gettati nel pozzo da una legislazione etnica non ancora entrata nella fase del necessario disarmo, e dare vita insieme a quella rinascita civile e sociale, ambientale e culturale, alpina ed europea, locale ed al tempo stesso solidale col resto dell’umanità, che Bolzano potrebbe degnamente irradiare?
Queste parole, di “disperata speranza”, sono state scritte da Langer esattamente un mese prima della sua scelta estrema.

3. La Chiesa e i vescovi Capovilla e Egger

Le ceneri di Langer, dopo la cremazione, sono state inumate nel piccolo cimitero di Telfes/Telves, nella tomba stessa dei suoi genitori, dopo tre funerali religiosi: giovedì 6 luglio 1995 a Firenze, nella Badia Fiesolana (padre Angelo Chiaroni concelebrante con molti altri sacerdoti, di fronte a migliaia di persone accorse sgomente da tutta Italia); venerdì 7 luglio a Bolzano, nella chiesa dei Francescani (celebrante il vescovo Wilhelm Egger, con una partecipazione enorme, in massima parte diversa da quella di Firenze); e infine lunedì 10 luglio, dopo la cremazione, nella chiesetta di Telfes/Telves, vicino a Sterzing/Vipiteno (parroco don Gottfried Gruber, alla presenza dei familiari e degli amici più stretti). Quanto erano lontani i tempi, pre-conciliari, quando un suicida non aveva diritto al funerale religioso e le sue spoglie venivano tumulate al di fuori del recinto sacro del cimitero!
L’allora arcivescovo (oggi cardinale centenario) Loris Capovilla, già segretario di papa Giovanni XXIII, ha scritto, alla notizia della sua morte, alla moglie Valeria Malcontenti Langer:
Per chi lo ha amato, questa è l’ora del silenzio. Per chi dissentiva dalle sue scelte, è l’ora del discernimento. Per chi crede possibile muoversi verso una convivenza più umana, è l’ora della gratitudine. Alex ha studiato, operato, servito proprio per questo. Mi inchino dinanzi a lui. Chiedo a Dio di accoglierlo nella sua Casa e di collocarlo, a nostro conforto, come una stella nel firmamento. Alex appartiene alla schiera degli eletti che non muoiono. Sono certo di re-incontrarlo5.
L’allora vescovo di Bolzano Wilhelm Egger aveva avuto un rapporto di amicizia personale con Langer. Appena appresa la notizia della sua morte, aveva scritto sul settimanale diocesano «Il Segno» (datato 8 luglio 1995):
La morte di Alexander Langer mi ha colpito dolorosamente anche sul piano personale. In numerosi colloqui ho avuto infatti modo di conoscerlo personalmente e di comprendere il suo ideale […]. Mi ha insegnato molto circa il rispetto per il creato e ho ammirato il suo grande slancio ideale per la Bosnia-Erzegovina, anche nell’ultimo colloquio che ho avuto con lui e con il sindaco di Tuzla.
E infine:
Il modo della sua morte è particolarmente doloroso. Il cuore dell’uomo è un mistero. Alexander Langer aveva grandi sogni e desideri. Qualcuno l’ha realizzato, altri invece no; egli ha vissuto come pochi di noi la grande tragedia della Bosnia-Erzegovina. Alexander Langer deve aver fatto un’esperienza di solitudine e di limite straordinariamente dolorosa. Come credenti in Cristo sappiamo che la sua vita è custodita in Dio.
Parole simili aveva detto lo stesso vescovo Egger nell’omelia (pronunciata parte in tedesco e parte in italiano) durante la cerimonia funebre del 7 luglio nella chiesa dei Francescani, ricordando:
Conoscevo Langer da tempo e spesso avevo contatti epistolari con lui […]. La morte di Langer suscita, nella nostra terra e fuori, tante domande che mi sento costretto a cercare una risposta anche dal punto di vista della fede. Come possiamo avere forza per vivere ed agire in questo mondo imperfetto, se non chiudiamo gli occhi di fronte alle sofferenze del mondo? Perché i popoli e la gente soffrono?
Nella parte finale dell’omelia, il vescovo Egger aveva aggiunto, a proposito della scelta di Langer: «Questo è il mistero del cuore umano. Però sappiamo che Dio è più grande del cuore umano». E aveva ricordato anche l’amicizia di Langer con il vescovo Tonino Bello, «grande figura di impegno per la pace e per l’umanità», di cui da poco gli aveva scritto «vedendo le sofferenze della malattia di questo vescovo, che sta per morire, ma anche l’impegno e la gioia»6.

4. La formazione giovanile e la metafora del “ponte”

La sua formazione giovanile aveva avuto una forte impronta religiosa, per propria scelta. Aveva frequentato dal 1956-57 la Scuola media e il Liceo francescano a Bolzano (facendo il pendolare con Sterzing/Vipiteno). Questa sua formazione “francescana” aveva fortemente inciso nella sua maturazione adolescenziale e giovanile e aveva per sempre lasciato tracce profonde sulla sua personalità anche di adulto. Aveva fatto parte anche della “Congregazione mariana” e la sua prima rivista giovanile (da lui promossa), su cui scriveva già da quindicenne e oltre, si intitolava «Offenes Wort» («Parola aperta»). Impressionante, quanto scriveva già nel 1961, in lingua tedesca, in un articolo intitolato Per la vittoria del regno di Dio, con uno slancio altruistico che poi lo caratterizzerà per tutta la vita:
Vorremmo esistere per tutti, essere di aiuto ed entrare in contatto con tutti. Il nostro aiuto è aperto a tutti, così come per tutti vale la nostra preghiera. Venite a noi, e vi aiuteremo con tutte le nostre forze. Ma che cosa ci spinge a farlo? L’amore per il prossimo. Dobbiamo prendere sul serio la tanto declamata carità cristiana, senza mezze misure.
E davvero «senza mezze misure» poi Alexander Langer si è speso “per tutti”, per tutta la sua vita, fino all’esaurimento delle proprie forze ed a quell’estremo lamento di quel disperato 3 luglio 1995: «Non ce la faccio più».
Sulla rivista «Offenes Wort» continuerà a scrivere ancora fino al 1964, spesso usando lo pseudonimo di “miles”. Nel novembre 1962, a sedici anni e mezzo, pubblica un articolo intitolato Il cristianesimo rivoluzionario, nel quale scrive:
Quanti pensano che l’essenza del cristianesimo consista nell’andare a messa la domenica ed eventualmente nel fare un po’ di elemosina! Ma ciò che Cristo esige da noi non sono certo questi sacrifici apparenti, bensì la nostra vita e la nostra personalità. Cristo non chiede buone maniere e bigotteria, ma azione e decisione. Penso che se esponessimo questa concezione del cristianesimo a molti che conosciamo, sarebbero allibiti dalla portata del messaggio cristiano, Ma, se vogliamo essere cristiani, dobbiamo esserlo fino in fondo!7
Nel 1964 scrisse, sia in italiano che in tedesco, anche sulla rivista «Bi-Zeta 58», periodico della gioventù studentesca di lingua italiana, che cominciò con Langer a pubblicare anche articoli in lingua tedesca. Nel dicembre 1964, in italiano scrisse Conoscersi, in un’epoca di totale separatezza etnico-linguistica nell’Alto Adige/Südtirol. Nel paragrafo “Comprendersi” così iniziava, lui di madrelingua tedesca, a rivolgersi ai suoi giovani amici di madrelingua italiana:
Comprendersi è un fatto essenziale per la situazione in cui viviamo. Due gruppi linguistici (ed un terzo nelle Valli ladine) vivono insieme, ma non presentano una vera vita comunitaria, anzi si ignorano reciprocamente o sboccano in atteggiamenti ostili. Io vorrei indicare in questo articolo delle premesse a mio avviso necessarie appunto per comprendersi a vicenda e sfruttare positivamente questa nostra realtà.
E, in tedesco, scrisse contestualmente l’articolo Cari studenti tedeschi: qualcuno ci chiamerà perfino traditori, che si apriva con queste considerazioni, all’epoca del tutto inusuali:
Sono veramente lieto che Bi-Zeta possa ospitare anche articoli scritti in lingua tedesca. Si tratta di una conquista per la quale molti qui in Sudtirolo si sono battuti per anni, ma che non è mai stata raggiunta prima […]. Abbiamo paura della cosiddetta “snazionalizzazione” (Entnationalisierung). Dico “cosiddetta” perché si tratta di un’espressione che non mi piace, senza voler a...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Colophon
  4. Sommario
  5. Un uomo in piedi (di Loris Capovilla)
  6. Alexander Langer: Costruttore di ponti
  7. Testimonianze