Studium - Desideri, figli, gender
  1. Italian
  2. ePUB (disponibile sull'app)
  3. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub
Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

In un'epoca che soffre di eccesso di informazione, in larga misura omologata, la rivista segue in profondità filoni essenziali del pensiero, lo stretto rapporto tra scienza e filosofia, l'evoluzione della società, con sensibilità storica e aderenza a valori ideali perenni. Dà voce inoltre a momenti alti della letteratura e della spiritualità, ponendo in luce le ragioni della speranza nella complessità del nostro tempo.
Mario Belardinelli: 110° anniversario di Studium
Giuseppe Dalla Torre: Legalità
Desideri, figli, gender. A cura di Massimo Borghesi
Adriano Pessina: Il controverso figlio del desiderio. La de-generazione
Massimo Borghesi: Femminismo e utero in affitto. Due anime della sinistra a confronto
Laura Palazzani: I disturbi della differenziazione sessuale e l'intersessualità: una questione gender tra teoria e prassi
Giacomo Scanzi: Giorgio Rumi e il caso Brescia
Mario Belardinelli: Ricordo di Fausto Fonzi
Fabio Piemonte: L'aequitas come criterio di giustizia nel pensiero di san Tommaso d'Aquino
Sergio Novani: L'epistemologia della paura della morte
Giorgio Campanini: Dopo la cristianità. Gli ottant'anni di Umanesimo integrale
Claudia Villa: Il pastore "senza legge" e l'applicazione delle leggi canoniche in Inferno XIX
Osservatorio politico. A cura di Paolo Carusi
Antonio Scornajenghi: Il Papa e l'Italia. Da Pio IX a Francesco
Rassegna bibliografica-letteratura. A cura di Giuseppe Leonelli
Domenico Bilotti, Federico Zamengo, Gabriella Seveso, Stefano Zamagni: La Nostra Biblioteca

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Studium - Desideri, figli, gender di Domenico Bilotti, Laura Palazzani, Stefano Zamagni, Giacomo Scanzi, Giuseppe Dalla Torre, Claudia Villa, Mario Belardinelli, Massimo Borghesi, Giorgio Campanini, Sergio Novani, Adriano Pessina, Fabio Piemonte, Antonio Scornajenghi, Gabriella Seveso, Federico Zamengo in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Scienze sociali e Studi di genere. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2016
ISBN
9788838244797

GIACOMO SCANZI. Giorgio Rumi e il caso Brescia

C’è un filo rosso che lega i numerosi saggi storiografici che Giorgio Rumi ha dedicato a Brescia. Si potrebbe dire unitamente alla sua ponderosa ricerca che ha avuto Milano e la Lombardia quali protagoniste costanti, che buona parte della verifica scientifica del lavoro di Rumi, mai priva di passione personale, si è compiuta proprio a contatto con quelli che, con affetto e con una punta di ironia, chiamava «i bresciani». E questo filo rosso conduce al tema centrale della ricerca storiografica di Rumi: la piena cittadinanza dei cattolici dentro il nuovo Stato unitario.
Questi ultimi erano per lui innanzitutto i grandi padri del Movimento Cattolico, con l’avv. Giuseppe Tovini in testa, ma seguivano coloro che avevano saputo poi superare creativamente e con un’assunzione di responsabilità fuori dal comune la stagione della contestazione allo Stato liberale decretata dal Non expedit di Pio IX. Si trattava in primis di Giorgio Montini, giornalista e direttore di quel Cittadino che aveva sfidato l’intransigentismo più radicale, quello di don Giacomo Margotti e di don Davide Albertario, trovando con genialità non comune quella formula («preparazione nell’astensione»[1]) che avrebbe condotto Brescia sulle strade di una partecipazione attiva alla vita della società civile prima e all’esperienza politica poi. Fino alla personalità più affascinante e complessa della storia bresciana: quel Giovanni Battista Montini che, erede di una storia decennale, allontanatosi dalle radici familiari, percorreva su strade assai più ampie un itinerario che l’avrebbe portato al Soglio di Pietro.
In lui Rumi rintracciava la perfetta sintesi, il climax, che da Brescia conduceva a Roma, poi a Milano e infine al mondo. Non si trattava solo di estensioni geografiche coincidenti con le chiamate alla responsabilità che riguardavano via via il sacerdote bresciano. Rumi vi intravvedeva una visione, una personale interpretazione, in cui semi, rami e pianta partecipavano della medesima linfa. Non c’erano insomma iatture, separatezze, salti. Tutto era riconducibile ad un’unità che «i bresciani» avevano saputo bene interpretare. Da quest’animus intrinsecamente civile e insieme profondamente animato dalla fede, capace di attraversare generazioni diverse e sempre attivo e creativo, Rumi era affascinato. In quanto storico, ma soprattutto in quanto uomo.
Ma non sarebbe comprensibile la passione storiografica di Giorgio Rumi per Brescia senza tener conto dell’amicizia personale con il dott. Giuseppe Camadini e lo stretto legame con l’Istituto Paolo VI. Qui egli aveva trovato l’ambiente adatto e consono per dare corpo alla propria visione delle cose, ad una chiave interpretativa dell’esperienza bresciana nuova e per nulla provinciale. Ma soprattutto in Camadini rintracciava quei semi viventi e operanti, che per lo storico erano ben più di un paradigma storiografico. La storia si alimentava – per usare ancora una visione montiniana – di un’amicizia che diveniva, oltre il legame personale, il continuum di un’esperienza, il segno di una delicata ma fervida militanza.


1. I luoghi sono la storia

In un breve editoriale dal titolo Perché la storia pubblicato dalla rivista Civiltà Ambrosiana[2], Rumioffriva in forma sintetica e appassionata la propria visione delle cose, le ragioni di una passione storiografica che l’avevano condotto sulle strade della ricerca e – direi – soprattutto dell’insegnamento, fino a costituire, sotto le arcate del Filarete, sede dell’Università Statale di Milano, una vera e propria scuola che ha formato generazioni di storici. Non è casuale che il contributo forse più personale di Giorgio Rumi sia apparso sulla rivista dalla copertina blu che aveva la sua sede, come la casa editrice ned (Nuove Edizioni Duomo), in piazza Fontana, guidate entrambe dalla straordinaria personalità di mons. Angelo Majo[3]. Rumi era di casa nell’ufficio posto al piano intermedio del grande scalone dell’arcivescovado e l’amicizia con mons. Majo era profonda. La rivista ha ospitato numerosi saggi, sintesi delle tesi di laurea discusse in Statale da Giorgio Rumi, e la ned ha pubblicato e premiato tante ricerche di giovani studenti divenute poi contributi significativi della cultura religiosa e civile della diocesi milanese tra Otto e Novecento.
In quel breve contributo Rumi sottolineava come «l’opinione contemporanea è assillata da due interrogativi che non possono essere accantonati o rimossi senza gravi traumi sulla coscienza collettiva. Chi siamo e dove siamo sono i pilastri che reggono le fondamentali consapevolezze di identità e di appartenenza, due requisiti indispensabili per evitare la dissoluzione della società civile ed il suo degrado in disperato individualismo, in tribalismo egoistico. Giovani contro vecchi, ricchi contro poveri, bianchi contro colorati, fondamentalisti contro consumisti»[4].
Tempo e luogo erano per Giorgio Rumi lo scenario umano, visibile e invisibile, in cui uomini e spiriti (questi ultimi erano l’oggetto misterioso della memoria e, dunque, la materia prima della storia) operavano insieme, in un’armonica – almeno così è stato per moltissimo tempo – e dialogica relazione infinita.
Rumi cercava insomma di ricostruire, nella sua qualità di storico, e di mantenere viva, nella sua laicissima spiritualità, quella che Giovanni Battista Montini aveva descritto come la «lotta per conservare alla nostra trasformata società i tesori della tradizione cristiana», ponendo all’attenzione dei credenti la «coscienza d’essere di tale tradizione e eredi, e custodi, e promotori, quasi anelli dell’aurea catena che da Cristo arriva ai tempi nostri e ai venturi si tende»[5]. Con la consapevolezza chiara che «il tempo ed il luogo sono sfruttati, anzi rapinati dalle nostre urgenze immediate», senza alcuna responsabile preoccupazione «di consegnare ai successori beni di ogni natura, se possibile accresciuti e migliorati». In altre parole, all’uomo contemporaneo, caratterizzato da un “nomadismo eclettico”, prima ancora antropologico e spirituale che spazio-temporale, un nomadismo che coinvolgeva e colpiva la Chiesa stessa, andava detto con chiarezza – spiegava Rumi – che «il luogo non è uno scenario di cartapesta»[6], ma un sedimento di storia, di vite, di anime da ascoltare, da conservare, da trasmettere. Nessuno poteva sentirsene proprietario, ma semmai ciascuno doveva avere la consapevolezza di esserne «labile» utente.
Così i luoghi divenivano l’alfabeto storiografico di Giorgio Rumi. Assurgevano, nel rigore metodologico della ricerca e soprattutto nell’ampio spazio di una cultura storica e letteraria che aveva radici nei (suoi) grandi maestri del pensiero storico del Novecento, da Rosario Romeo a Ettore Passerin d’Entrèves, passando per la grande scuola civile e culturale di Raffaele Mattioli, a modelli interpretativi universali, capaci di spiegare le grandi dinamiche sociali, politiche e perfino religiose che avevano trasformato il Paese negli anni cruciali dell’Otto e del Novecento. Così, mentre tanta piccola storiografia riscopriva i luoghi come minuscole patrie da esaltare, prima ancora che da comprendere, e dava spazio ad un localismo assai provinciale, la storiografia di Giorgio Rumi ricuciva destini e storie, spiegava dinamiche care alla «grande storia» recuperando nei territori i segni di un vissuto per nulla estraneo ai destini alti della nazione, anzi, precorritore dei tempi e soprattutto portatore di significati e di senso, oltre che incubatori di personalità straordinarie capaci di cambiare il mondo. E tuttavia, questi piccoli eroi divenivano comprensibili – meglio comprensibili – proprio a partire dalla radice umana e spirituale che li aveva generati.
Lombardia, Milano, Brescia, Bergamo, Como, Sondrio...[7] Per Giorgio Rumi questi non erano solo nomi o, al più, realtà definite da confini e dialetti, meccanismi economici e caratteristiche sociali. Vi era da comprendere lo spiritus loci e insieme il complesso rapporto tra particolare e generale, e quale apporto quel particolare aveva offerto al destino comune della Nazione. Solo così, con la paziente riscoperta del genius civile e religioso dei luoghi si sarebbe capita meglio la storia e le articolazioni di un Paese complesso come il nostro. Così si poteva comprendere come ogni luogo (l’esempio nella fattispecie era dedicato a Milano) «si fa grande non per sé, ma per gli altri e anche la cultura storica serve a rinverdire la lezione evangelica dei talenti»[8].
Tra i luoghi la Chiesa, nella sua dimensione locale, per Giorgio Rumi aveva un ruolo importantissimo. Ma innanzitutto occorre comprendere il significato che lo storico affidava al termine Chiesa. Essa, pur senza tralasciare le importanti dinamiche gerarchiche e istituzionali, era innanzitutto, almeno fino al pieno compimento della modernità nella sua accezione vagamente utopistica e delnociana[9], luogo alto dell’esperienza umana, fatta di carne e di spirito. Di più: fatta dell’intima e indissolubile unità di carne e di spirito.
«A ben vedere – scriveva Rumi – infatti, la Chiesa locale, e specificamente la diocesi, è proprio il contrario di utopia. La prima per definizione comprende un preciso ambito territoriale: un luogo, una porzione di spazio su cui è radicata, in un rapporto che si distende per un lungo arco di secoli. Invece delle illusioni, il territorio; invece dei sogni, disincarnati e non di rado antiumani, la concretezza di un popolo, nei suoi dolori, fatiche e speranze. Come dovrebbe essere palese a tutti, la diocesi non è in nessun modo una circoscrizione burocratica e il vescovo non è un gestore di poteri, o peggio il feudatario di un satrapo lontano. La divaricazione della gnosi può continuare a lungo: invece dell’entusiasmo, il legittimo carisma; invece della separatezza, la comunione con Roma; invece dell’orgoglio, la fedeltà creativa. Viene così naturale ristabilire, nella pienezza della verità, un autentico legame col vissuto religioso di chi ci ha preceduti e che di quella esperienza ci ha lasciato innumerevoli tracce e significativi ammaestramenti»[10].
In questa chiave anche l’attenzione di Giorgio Rumi alla terra bresciana, si rivolgeva innanzitutto a quel tessuto religioso e civile che tra Otto e Novecento era divenuto il cuore di un’esperienza di santità sociale[11].
Tale lettura si collocava all’interno di una consapevolezza: che vi fosse un «discrimine tra il mondo antico e il mondo moderno»[12] e che la radice di tale Weltanschauung favorevole alla santificazione della vita stava nella naturale accettazione del rischio del vivere. Il passaggio ad un’esistenza apparentemente garantita aveva come dissolto un ambiente in cui accettazione della vita, capacità di farvi fronte e soprattutto appartenenza ad una rete di solidarietà familiare e comunitaria aveva permesso, anche nei luoghi più lontani dalla cosiddetta civiltà, il for...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Desideri, figli, gender
  3. Indice dei contenuti
  4. MARIO BELARDINELLI. 110° anniversario di Studium
  5. Incominciando
  6. IL PUNTO
  7. GIUSEPPE DALLA TORRE. Legalità
  8. Desideri, figli, gender. A cura di Massimo Borghesi
  9. ADRIANO PESSINA. Il controverso figlio del desiderio. La de-generazione
  10. MASSIMO BORGHESI. Femminismo e utero in affitto. Due anime della sinistra a confronto
  11. LAURA PALAZZANI. I disturbi della differenziazione sessuale e l'intersessualità: una questione gender tra teoria e prassi
  12. STORIA
  13. GIACOMO SCANZI. Giorgio Rumi e il caso Brescia
  14. MARIO BELARDINELLI. Ricordo di Fausto Fonzi
  15. FILOSOFIA
  16. FABIO PIEMONTE. L'aequitas come criterio di giustizia nel pensiero di san Tommaso d'Aquino
  17. SERGIO NOVANI. L'epistemologia della paura della morte
  18. ANNIVERSARI
  19. GIORGIO CAMPANINI. Dopo la cristianità. Gli ottant'anni di Umanesimo integrale
  20. LECTURAE DANTIS VERSO IL 7° CENTENARIO DELLA MORTE
  21. CALUDIA VILLA. Il pastore "senza legge" e l'applicazione delle leggi canoniche in Inferno XIX
  22. OSSERVATORIO POLITICO. A cura di Paolo Carusi
  23. ANTONIO SCORNAJENGHI. Il papa e l'Italia. Da Pio IX a Francesco
  24. RASSEGNA BIBLIOGRAFICA-LETTERATURA. A cura di Giuseppe Leonelli
  25. LA NOSTRA BIBLIOTECA
  26. Domenico Bilotti
  27. Federico Zamengo
  28. Gabriella Seveso
  29. Stefano Zamagni