Studium - Marino Gentile
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Una sezione monografica di grande interesse dedicata a Marino Gentile (1906-1991), filosofo e pedagogo italiano del '900, con interventi di Enrico Berti, Francesco Lioce, Massimo Naro, Gabriele De Anna, Carla Xodo, Mirca Benetton, Maria Cristina Bartolomei, Giorgio Alessandrini, Fabio Pierangeli.

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Informazioni

Anno
2016
ISBN
9788838245046
Argomento
Filosofia

MASSIMO NARO. Una vita di Cristo: «biografia di me e di tanti altri»

La cristologia proesistenziale di Luigi Santucci

«E Cristo è stato
colui che ci ha redenti
incitandoci a vivere,
facendosi la punta
del nostro pensare».
(L. Santucci, A Cristo Gesù)




1. Déplacement cristologico


Stando al parere di alcuni accreditati commentatori, la “vita di Cristo” pubblicata per i tipi Mondadori nel 1969 da Luigi Santucci rimane un libro non classificabile o, più precisamente, non etichettabile. «Volete andarvene anche voi? è opera originale [...]: non riducibile a nulla di quanto si potrebbe pensare. Non è una storia né una vita di Cristo, anche se, nel sottotitolo, si presenta impropriamente come Una vita di Cristo; tanto meno è uno studio storico-critico sul testo evangelico. [...] L’opera di Santucci non ubbidisce a nulla di prestabilito: senza simmetrie, senza proporzioni di parti, senza preoccupazioni esegetiche o storiche»: così, per esempio, annotava Ferdinando Castelli, che a Santucci dedicò un capitolo nel primo volume del suo corposo studio sui Volti di Gesù nella letteratura moderna[1].
Eppure, questa controversa prova narrativa di Santucci rappresenta per molti suoi lettori il suo capolavoro e, in ogni caso, la sua opera più conosciuta. Forse, per indovinarne il genere letterario, è utile registrare lo slittamento che questo libro segna all’interno della produzione letteraria dello stesso Santucci, finendo per sancire una radicale metamorfosi della narrativa biografica dedicata alla figura di Gesù lungo tutto l’arco della modernità.
Sappiamo, difatti, che il personaggio più biografato dal Seicento in poi è proprio il Maestro di Nazaret: aveva iniziato Pascal con il suo Abrégé de la vie de Jésus-Christ, appunto niente di più che un veloce “compendio”, molto rapsodico, una sorta di “concordanza” tra i diversi racconti evangelici, consistente in una serie di sottolineature che disegnano il profilo del Cristo con cui il grande pensatore sapeva di avere a che fare nell’orizzonte della propria vicenda spirituale[2]. Prima che le vite di Gesù diventassero un esplicito genere letterario nel XIX secolo con Renan, già nel corso del XVIII secolo autori come Reimarus e Lessing (che riprese gli inediti di Reimarus nei suoi Frammenti dell’Anonimo di Wolfenbüttel) e poi Hobbes (nel suo Leviatano) e Locke (in Ragionevolezza del cristianesimo) si erano misurati con la figura di Cristo facendone un “personaggio”, cioè caricandola delle loro personali interpretazioni, chiamandola in causa a partire da un loro punto di vista, spesso contestando la comprensione custodita dalla tradizione ecclesiale. E, ancora più a monte, nel XVII secolo, questo era avvenuto persino negli scritti di pensatori culturalmente e intellettualmente collocati oltre i confini della tradizione cristiana, come per esempio Baruch Spinoza. Ciò che aveva accomunato questi esperimenti, sospesi sul crinale tra relativismo psicologico e obiettività scientifica, che nel Novecento sarebbero maturati in importanti reintepretazioni storico-teologiche dei Vangeli – come nel caso di Albert Schweitzer e, in Italia, di Giuseppe Ricciotti e di Alberto Vaccari –, oppure in fascinose riscritture letterarie – come quella di François Mauriac –, era stato l’interesse degli autori sempre concentrato su Gesù, sulla sua identità divina e/o umana, sulla portata storica della sua avventura messianica[3].
Il punto sorgivo di questa letteratura, spesso ibridata fra le ragioni scientifiche della ricerca storico-critica e le preoccupazioni credenti del ripensamento teologico o anche solo del coinvolgimento esistenziale, si può incontrare nell’interrogativo rivolto dal Maestro ai suoi discepoli nei pressi di Cesarea di Filippo: «Voi chi dite che io sia?» (Mt 16,15). Anche Santucci si era inserito in questo orizzonte, pubblicando nel 1953 – assieme ad Angelo Romanò e sempre per i tipi Mondadori – un commento ai Vangeli, significativamente intitolato Chi è costui che viene?, rispetto al quale il successivo Volete andarvene anche voi? sarà – secondo Ferdinando Castelli – «un rifacimento e uno sviluppo»[4]. Ma proprio in questo crocevia tra rifacimento e sviluppo, a mio parere, possiamo cogliere l’interessante déplacement cristologico avvenuto nell’opera di Santucci in termini talmente inauditi – più che semplicemente inediti – da imporsi a mo’ di eccentrico paradigma, come tale non frequentemente coniugato nella letteratura contemporanea e nel Novecento italiano reinterpretato con originalità solo da autori della statura di Mario Pomilio e Diego Fabbri. C’è, infatti, uno scarto evidente fra il titolo del 1953 (Chi è costui che viene?) e il titolo del 1969 (Volete andarvene anche voi?). Rimane il timbro consapevolmente interrogativo e, quindi, il tenore convintamene problematico, che promette in entrambi i casi una trattazione sottratta all’ovvietà, capace di valorizzare le mille inevidenze del racconto evangelico trasfigurandole in sporgenze ermeneutiche, in urgenze di senso. Ma c’è pure uno spostamento – voluto, studiato, ponderato – dalla posizione del Cristo in sé (o anche secondo noi, oggi) alla posizione dei suoi discepoli (di ieri e di oggi). Lo slittamento è dal focus concettuale a quello relazionale: non si tratta più di pensare Cristo in sé o secondo noi, ma di prendere posizione nei suoi confronti, di fare una scelta riguardo a lui e, cioè, di decidere se restare o meno in rapporto con lui. Si tratta, insomma, non di ripensare il Cristo, ma di ripensarsi in relazione a lui. Per questo la scrittura letteraria che ne sortisce si smarca da preoccupazioni dottrinali o da intenzioni storico-critiche e si impregna di motivazioni esistenziali.
Questo spostamento non è, perciò, anti-cristologico: non consiste cioè nel distogliersi dal Cristo, nel distrarsi da lui. L’attenzione rivolta dallo scrittore ai discepoli non aliena questi ultimi – e con loro l’autore stesso e i suoi lettori – da Cristo, ma li mantiene dentro un arco relazionale che continua ad avere la figura del Maestro come termine a quo e ad quem.



2. Composición letteraria


In mezzo ai personaggi evangelici si colloca – difatti – lo stesso autore, che scrivendo del Maestro, ricordandone le parabole e contemplandone i miracoli, si sente a sua volta interpellato da quelle parole e dai quei gesti, avvertiti ormai come destinati anche a lui, ai suoi conoscenti, agli uomini e alle donne del tempo in cui vive. Parole e gesti – potremmo dire – sospinti in avanti nel solco delle comuni vicende umane, dotati di efficacia pasquale, vale a dire di una qualità meta-storica che non li districa dalla trama epocale in cui essi sono effettivamente accaduti, circa venti secoli fa, nelle contrade palestinesi, e non li disincarna dal vissuto di Gesù e dei suoi interlocutori di allora, benché li proietti pure nella vita di tante altre generazioni successive, sino a quella cui – ai nostri giorni – Santucci sa di appartenere.
Teoria della «scomposizione del tempo» la chiama lui stesso[5], rimandando al suggerimento che Monsieur des Oiseaux dà al protagonista di Orfeo in paradiso tra le guglie del duomo milanese: «Si butti “in direzione tempo” [...]. Provvederò io a convertire in anni lo spazio»[6]. «A noi tocca scavalcare la storia», chiosa Santucci nella pagina dedicata alla nascita di Gesù: «Andiamo a vederlo. Percorriamo all’indietro questa lontananza che pare immensa, scendiamo questa torre di millenovecentossessantanove Natali fra noi e lui». E continua: «Vado a vederlo. Il viaggio dura quasi duemila anni; mi arruolo volontario in questa storia morta, in questi secoli di cenere, solo per incontrarlo. M’incarno in tanti corpi quanti sono necessari per avere il corpo d’uno di quei pastori, le sue orecchie accaldate dal fuoco, il vento di Galilea fra i capelli, il crocchiare della steppa sotto i suoi piedi, la cubatura delle sue spalle nello spazio angusto della capanna, quel suo adesso tumultuoso nelle pareti del cuore dove è straripato il mistero»[7].
Perciò la «storia di Cristo – scrive Santucci – è insieme in controluce la mia storia, un’occasione di biografia di me e di tanti altri»[8]. L’incipit del libro, rievocando l’interrogativo rivolto da Gesù ai suoi primi amici, scelto come titolo, annuncia questa prospettiva pendolare: «Quella domanda di Cristo [...] batte a una certa ora per ogni uomo [...]. E giova allora rispondere, in sincerità di parole e di passioni verso di lui e verso noi stessi»[9].
A fare da sfondo per questa trasposizione fra storia del Cristo e storia dell’autore è la tendenza autobiografica che connota ormai da tempo la cultura moderna, in tante sue espressioni, dall’invenzione letteraria alla riflessione teologica, dalla ricerca filosofica alla divulgazione scientifica. Dacché è risuonato il cartesiano cogito ergo sum, la scrittura autobiografica è diventata per l’“io” opportunità di far emergere dal pensarsi la certezza d’esserci, per rimarcare i contorni (che sono, al contempo, confini e limiti) della propria identità: il soggetto narrante si accorge di sé, si rende conto che c’è e di com’è, persino si crogiola nel mettersi al centro d’ogni attenzione e nel catalizzare ogni interesse. Dietro questa svolta soggettuale, non per niente, può farsi trovare il soggettivismo. Vale a dire la tendenza a considerarsi esclusivamente a partire da sé e in vista di sé, misconoscendo l...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. MARINO GENTILE
  3. Indice dei contenuti
  4. VINCENZO CAPPELLETTI. La pace come finalità.
  5. IL PUNTO
  6. GIUSEPPE DALLA TORRE. Referendum
  7. Marino Gentile. A cura di Elvio Ancona
  8. ENRICO BERTI. Marino Gentile e il Motore immoto
  9. MARIA CRISTINA BARTOLOMEI. La potenza del domandare
  10. GABRIELE DE ANNA. Marino Gentile e la normatività dell’azione umana
  11. CARLA XODO E MIRCA BENETTON. Sviluppi pedagogici nel pensiero di Marino Gentile
  12. LETTERATURA
  13. GABRIEL VALLE. Le lingue della filosofia: una guida per la diaspora
  14. FRANCESCO LIOCE. Montale da ‘Flashes’ e dediche a Botta e risposta I
  15. MASSIMO NARO. Una vita di Cristo: «biografia di me e di tanti altri»
  16. TESTIMONIANZE
  17. GIORGIO ALESSANDRINI. Tardini Montini Ottaviani
  18. LECTURAE DANTIS VERSO IL 7° CENTENARIO DELLA MORTE
  19. CLAUDIA VILLA. Letture Classensi 2016: Dante e i miti
  20. OSSERVATORIO POLITICO. A cura di Paolo Carusi
  21. ALDO MORO. Concezione cristiana del lavoro
  22. RASSEGNA BIBLIOGRAFICA - LETTERATURA
  23. FABIO PIERANGELI. La letteratura e l’esperienza dei luoghi
  24. LA NOSTRA BIBLIOTECA
  25. Federico Creatini
  26. Nunzio Bombaci