La sinistra sociale. Storia, testimonianze, ereditità
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La rilettura della storia politica e culturale della sinistra sociale democristiana non è un'operazione nostalgica o datata. Soprattutto se la si affronta dall'angolatura del suo progetto politico, della sua rappresentanza sociale e della qualità della sua classe dirigente, nazionale e locale. E in questa pubblicazione, curata da Giorgio Merlo e Gianfranco Morgando, emerge come la sinistra sociale della De, in particolare quella di Forze Nuove e del suo leader storico Carlo Donat-Cattin, ha svolto un ruolo politico decisivo non solo nel partito di riferimento, ma nel tessuto vivo della società civile e nella stessa area cattolica italiana. Un ruolo riconosciuto in questo libro da molti protagonisti dell'epoca e che non provengono solo dalla sinistra della Dc ma anche, e soprattutto, dalla sinistra ex socialista ed ex comunista. Ne emerge, quindi, un quadro di particolare interesse che può essere utile anche per la politica contemporanea così dominata dalla personalizzazione dei leader e da un progressivo inaridimento dei partiti e delle rispettive classi dirigenti. Ma, ed è quel che più conta, emerge anche la necessità di rileggere oggi un patrimonio culturale, quello del cattolicesimo sociale con una forte attenzione alla politica, che non può essere semplicisticamente archiviato o storicizzato. Prefazione di Enzo Mazzi.

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Informazioni

La sinistra Dc in Piemonte, di Gianfranco Morgando


Ripercorrere le vicende della sinistra democristiana per chi non è uno storico di professione non può che avere un significato “militante”. Intendo con questo termine lo scavo delle motivazioni e la ricerca degli ideali di tanti uomini e donne che hanno dedicato la loro vita alla politica come “forma alta della carità”. Motivazioni ed ideali che hanno alimentato le generazioni, pur nelle forme mutate che ha assunto nel tempo la politica, ed ancora oggi sono un punto di riferimento per i credenti che intendono lavorare alla costruzione del bene comune.
Mi ispiro a questo criterio affrontando il tema con specifico riferimento alla esperienza piemontese. C’è ovviamente una ragione di “divisione del lavoro” alla radice di questa scelta di riferimento territoriale, ma c’è anche la convinzione che proprio in Piemonte si sono concretizzate condizioni particolari, che hanno contribuito a delineare tratti caratteristici della sinistra democristiana, ne hanno accentuato il carattere “sociale” e il radicamento nella coscienza democratica ed antifascista del paese. Proprio qui (anche se non soltanto qui, ovviamente) si forma una posizione che considera la politica espressione della società, delle forze che in essa si muovono, degli interessi concreti che devono essere rappresentati e difesi. Una posizione che elabora un ideale politico e sociale, ma lo incarna nella concretezza delle scelte economiche e programmatiche, confrontandosi con l’azione amministrativa e di governo.
Alle radici della sinistra democristiana piemontese
Le origini della sinistra democristiana in Piemonte sono strettamente legate alle vicende che hanno caratterizzato la vita della regione nel passaggio cruciale tra guerra e dopoguerra. La partecipazione alla Resistenza costituisce un punto di riferimento importante.
L’eredità della Resistenza non è certo specifica della sinistra democristiana. Esponenti della lotta antifascista si ritroveranno anche nelle altre componenti del partito. Tuttavia sarà la sinistra a sottolineare i legami con quella esperienza, ed a considerarla un fondamento della propria azione, mentre progressivamente le componenti moderate della Dc tendevano a rimuoverla. C’è stato un naturale ritrovarsi di sensibilità, un desiderio di confronto tra chi ha partecipato alle stesse vicende e coloro che si affacciano all’impegno politico con il medesimo ideale di giustizia.
Sarà proprio Carlo Donat-Cattin a rivendicare le radici resistenziali del pur composito impegno politico dei cattolici. In un intervento al ciclo di incontri organizzato a Torino dall’“Unione Culturale” nell’inverno del 1975 ripercorse il filo della sua esperienza personale di combattente nel Canavese, ricordò gli oltre 1200 dirigenti di Azione Cattolica caduti (emblematicamente rappresentati dall’eporediese Gino Pistoni), e tracciò un sintetico ma esauriente panorama della presenza cattolica nella Resistenza piemontese. La partecipazione così larga di militanti cattolici al movimento armato, sostenne Donat-Cattin, fu motivata dalla volontà di inserirsi nel processo di costruzione di una nuova democrazia progressiva, capace di rappresentare gli interessi dei ceti popolari, e di contribuire ad una stagione di libertà e di progresso, rifiutando la formazione di un blocco moderato nella vita del paese. Fu in questo filone che affondò una delle sue radici, nelle province del Piemonte, la sinistra democristiana, come vedremo nelle testimonianze che pubblichiamo in questo libro. Un filone che non è separabile dalla riflessione culturale sul nuovo ordine della comunità civile, che vedeva i giovani cattolici soprattutto attenti ai fermenti d’oltralpe, al personalismo francese di Mounier e di Maritain. Un’attenzione non limitata a ristretti circoli intellettuali, ma largamente diffusa soprattutto nelle strutture dell’Azione Cattolica, in particolare in Piemonte.
La seconda radice della sinistra dc della nostra regione fu indubbiamente nel sindacato.
All’indomani del 25 aprile del 1945, nel clima di ripresa dell’attività sindacale sulle linee unitarie stabilite dal Patto di Roma, i sindacalisti cattolici piemontesi parteciparono alla costituzione della Democrazia Cristiana, e si organizzarono quasi naturalmente intorno a due leader che avranno un peso significativo negli anni successivi: Giuseppe Rapelli a Torino e Giulio Pastore nel nord del Piemonte.
Fu soprattutto a Torino che i sindacalisti diedero vita ad una vera e propria corrente interna alla Dc, che possiamo considerare il primo nucleo della sinistra democristiana di radice sociale. I sindacalisti democristiani torinesi dettero vita ad un giornale («Il nuovo domani», eco nemmeno troppo lontana della testata «Per il domani», organo clandestino della Dc canavesana fondato da Donat-Cattin durante la Resistenza ad Ivrea) e si caratterizzarono per mettere al centro della propria azione una particolare attenzione alle questioni della grande industria ed alla condizione operaia, non di rado sostenendo posizioni radicali nel dibattito economico e sociale. Tuttavia il loro impegno venne quasi interamente assorbito dalle vicende del sindacato, in cui il gruppo torinese svolse un ruolo particolarmente significativo.
Rapelli e Donat-Cattin furono i protagonisti, nella seconda metà degli anni ’40, di una battaglia politico – sindacale che si oppose alla strategia di Pastore. Prima sulla decisione di porre fine all’esperienza della Cgil unitaria, poi sulla natura del nuovo sindacato in via di costituzione, e infine sulle modalità della rappresentanza dei lavoratori. Su tutti questi temi i torinesi furono sconfitti. Il raffreddamento dei rapporti tra Rapelli e Donat-Cattin (che aveva attenuato nel tempo la polemica con Pastore) giunse al culmine nel 1953, quando il vecchio sindacalista non sostenne la candidatura alle elezioni politiche di quello che era stato per anni il suo delfino. Il 1953 sarà uno spartiacque significativo nella vicenda della sinistra democristiana torinese: Donat-Cattin diede inizio ad una strategia più aperta, volta a cercare interlocutori anche al di fuori dello storico recinto dei sindacalisti, ed a organizzare una posizione caratterizzata dalla convergenza di quelle componenti del mondo democristiano interessate ad un cambiamento nella vita del partito.
La costituzione di una posizione di sinistra sindacale nel nord del Piemonte è meno caratterizzata rispetto alla vicenda torinese, ma segue percorsi analoghi. Si organizza intorno ad un leader come Giulio Pastore, come mettono bene in evidenza le testimonianze di Torelli e Brustia.
Il valsesiano Giulio Pastore inizia giovanissimo l’attività sindacale nella sua città, Varallo, e diventa assai presto uno dei dirigenti della Confederazione Italiana del Lavoro, il sindacato cattolico legato al Ppi. Lavora con Achille Grandi, che nel 1922 succede a Gronchi alla segreteria della Cil, e di Achille Grandi sarà il principale collaboratore. Dopo lo scioglimento della Cil rientra a Novara, e si impegna nelle organizzazioni di Azione Cattolica a livello diocesano, concentrando la sua attenzione sull’attività di organizzazione e di formazione. Nel 1935 si trasferisce a Roma, chiamato a lavorare nelle strutture centrali di Azione Cattolica. Anche qui si occupa di organizzazione e di attività editoriale. Sono gli anni del consenso popolare al regime fascista, e Pastore pensa che sia il tempo di “alimentare la fiamma”, come ha scritto in uno degli ultimi articoli pubblicati, studiando e preparandosi per le responsabilità future. Da Roma non perde d’occhio la realtà da cui proviene, e quando si creano le condizioni per la preparazione dell’azione inizia a tessere una rete di rapporti ed a sollecitare la ripresa di una organizzazione politica e sindacale. Si costituisce in questo modo nel nord del Piemonte una rete di rapporti che ha Giulio Pastore come punto di riferimento, e da cui nascerà prima il nuovo sindacato, e poi la presenza politica. Alle elezioni amministrative del maggio 1951 Mario Manfredda, l’esponente più significativo della Cisl novarese, entra in Consiglio comunale. In provincia di Vercelli Pastore è il punto di riferimento del nuovo gruppo dirigente del partito che si costituisce intorno al prof. Luigi Corradino, prima segretario della Dc e poi presidente della provincia.
Il progressivo allontanamento tra Rapelli e Donat-Cattin, ma soprattutto l’assunzione da parte di quest’ultimo di ruoli politici sempre più rilevanti (alle elezioni del 1951 viene eletto sia al Consiglio comunale di Torino che a quello provinciale) determinano un cambiamento nella fisionomia del gruppo dei sindacalisti attivi nella Dc torinese, che matura la necessità di incidere nell’azione del partito, andando oltre la dimensione puramente sindacale. I protagonisti di questa strategia sono due leader che ritroveremo molte volte nella vicenda della sinistra democristiana piemontese: Carlo Donat-Cattin e Armando Sabatini.
Donat-Cattin e Sabatini sono i firmatari dell’invito al convegno di Miradolo, presso Pinerolo, del 10 e 11 ottobre 1953. L’iniziativa nasce dalla volontà di aggregare, per una azione politica nella Dc, persone con provenienze ed esperienze diverse, andando oltre il mondo sindacale. L’obiettivo del convegno è duplice: da un lato fondare filosoficamente e culturalmente l’impegno politico; dall’altro definire una linea d’azione capace di affrontare gli sviluppi della situazione locale e nazionale. Il programma prevede infatti che le due giornate vengano introdotte da una meditazione di don Natalino Bussi, sacerdote albese ed illustre filosofo e teologo molto noto in Piemonte. Il dibattito sarà poi aperto da due relazioni, la prima dedicata alla situazione locale, e la seconda alla situazione nazionale. La partecipazione all’incontro, rigorosamente ad inviti, è eterogenea, e rivela lo sforzo di fare appello alle persone più sensibili per orientare in senso progressivo l’azione della Dc. Nell’elenco dei partecipanti troviamo persone che hanno fatto la resistenza (Valdo Fusi, Giuseppe Sibille), che percorreranno nella Dc strade diverse da quella della sinistra (Gian Aldo Arnaud, Elio Borgogno), che militeranno nella corrente e nel sindacato (Aurelio Curti, Lauro Morra, Michele Genisio, Andrea Prele, Carlo Borra, Alfredo Suppo, Giacomo Bardesono, Abramo Dall’oro, Bruno Fantino, Luigi Gervino, e tanti altri).

Nasce Forze Sociali


L’iniziativa politico-culturale impostata con il convegno di Miradolo si avvia tuttavia rapidamente a darsi un’organizzazione. Nel dicembre del 1955, in un incontro accuratamente preparato, viene data una struttura alla corrente di “Forze Sociali”, che si era presentata con una propria mozione al congresso di Napoli dell’anno precedente. L’iniziativa assume un carattere regionale: ci sono le altre province del Piemonte (2 partecipanti da Asti, 2 da Vercelli, 2 da Novara e 5 da Cuneo), viene confermato un rapporto privilegiato con gli ambienti giovanili cattolici (10 partecipanti provengono dalla Giac, e tra di essi c’è Carlo Carretto), si dedica una cura particolare alla provincia di Torino (da cui provengono 13 partecipanti, mentre 28 sono della città). In un appunto organizzativo appare tuttavia evidente che il nucleo fondante, lo zoccolo duro della nuova corrente è ancora sindacale: si prevede infatti di contattare i membri dei comitati direttivi delle federazioni sindacali di categoria (e di supplire con attivisti dove non sono costituiti), i membri dei comitati direttivi delle zone sindacali e delle leghe di categoria zonali, i membri di commissione interna ed i delegati aziendali.
Il convegno di Ceresole Reale dell’agosto 1956 mette tuttavia al centro una riflessione politica. Nella sua relazione Donat-Cattin affronta il problema della crisi della politica centrista, che sta sopravvivendo a se stessa in attesa che maturino soluzioni nuove, ed indica tre possibili esiti per la Dc: l’arroccamento sulla destra, schierando i cattolici a difesa degli interessi conservatori; l’isolamento, che porterà all’insignificanza; la ricerca di un contatto e di una collaborazione con il mondo socialista. A favore di questa scelta Donat-Cattin porta i segnali di differenziazione del Psi rispetto al Pci (che esploderanno nell’autunno dello stesso anno in concomitanza con i fatti di Ungheria), le aperture al confronto con “le masse cattoliche” e il riconoscimento della Dc come loro legittima rappresentante emerse al congresso di Torino del Psi, l’autonoma decisione dei socialisti di votare a favore di importanti provvedimenti governativi. Si precisa così la caratterizzazione politica della sinistra dc piemontese: la battaglia per il centro sinistra. Non solo sul piano della politica nazionale, ma anche nelle amministrazioni locali. Il primo comune importante ad inaugurare la collaborazione amministrativa tra la Dc e i Socialisti sarà la città di Arona, guidata da Carlo Torelli, di cui ci occuperemo diffusamente.
La discussione piemontese sulla prospettiva di centro sinistra era ovviamente legata alle posizioni che la sinistra democristiana aveva assunto a livello nazionale. Dopo le elezioni amministrative del maggio 1956, infatti, Base e Forze Sociali avevano sostenuto in Consiglio Nazionale l’apertura ai socialisti nella formazione delle nuove giunte. Giulio Pastore, più cautamente, aveva sottolineato la necessità di non scoraggiare i fermenti autonomisti che si stavano affermando nel Psi. Donat-Cattin, più netto politicamente, aveva messo in evidenza i risultati elettorali positivi dei due partiti socialisti, evidenziando come in questo modo si ponessero le premesse per la costituzione di una forte area socialista autonoma dal Pci, che era la condizione per un allargamento della base democratica della maggioranza. Il dibattito del Consiglio nazionale si concluse con la riproposizione della politica centrista, in un documento su cui i rappresentanti della Base e di Forze Sociali espressero voto contrario. La scelta centrista venne ribadita, anche se in modo più sfumato, dal Congresso del partito, che si svolse a Trento nel luglio del 1956. Nel successivo Consiglio Nazionale, che confermò Fanfani alla segreteria, la sinistre votarono scheda bianca. Bisogna arrivare al Consiglio Nazionale della Dc di Vallombrosa (luglio 1957) per assistere ad uno scongelamento dei rapporti interni: gli interventi dei rappresentanti delle sinistre sono di apprezzamento nei confronti della posizione di apertura espressa dal segretario politico, che ha esplicitamente indicato la legislatura che si aprirà l’anno successivo come quella destinata ad allargare alle forze socialiste lo spazio politico democratico e di governo.
Vallombrosa è anche l’occasione per una apertura di Fanfani nei confronti delle sinistre interne. Luigi Granelli in rappresentanza della Base, e Mario Toros per Forze Sociali entrano nella Direzione della Dc, fino ad allora composta soltanto da esponenti della maggioranza.
È proprio a Vallombrosa che si avvia un rapporto privilegiato tra Fanfani e il gruppo della Base, ed emergono differenze di valutazione e di impostazione politica tra le sinistre democristiane che vengono riprese nel nuovo giornale dei basisti pubblicato nell’ottobre del 1957. Nell’editoriale del numero 0 di «Stato Democratico» si sottolineano i «limiti obiettivi di certe esperienze di sinistra democratico-cristiana», caratterizzate dalla «parzialità della loro impostazione e delle loro prospettive». Non si tratta propriamente di una polemica nei confronti dei sindacalisti di Forze Sociali, ma certo è il segnale che la battaglia politica si sta spostando dalla rappresentanza degli interessi alla definizione delle condizioni per la riforma dello Stato.
I piemontesi non sono affatto estranei a questo dibattito. Il 14 giugno del 1958 si riuniscono “gli amici torinesi di Forze Sociali”, che redigono e rendono pubblico un documento in cui, dopo aver giudicato positivamente la svolta determinata dal governo Fanfani (siamo immediatamente all’indomani delle elezioni politiche del 1958), aprono la discussione sul partito. La Dc, a loro giudizio, è caratterizzata da un quadro di generica unanimità attorno alla corrente di Iniziativa Democratica, e le correnti di minoranza che propugnano il rinnovamento non svolgono alcun ruolo. Forze Sociali, riconosce il documento, rischia di essere caratterizzata soltanto dalla rappresentanza di un pezzo di società, senza essere in grado di farsi carico di una più complessiva strategia politica. La soluzione non può che essere una evoluzione della corrente: bisogna che Forze Sociali, le Acli e i gruppi di giovani e intellettuali che si sono avvicinati al partito diano vita ad un nuovo soggetto politico, che sostenga una linea complessiva di rinnovamento. Per raggiungere questo obiettivo, il documento propone la convocazione di un convegno di fondazione di una nuova realtà politica. Si affaccia così la seconda stagione nella storia della sinistra Dc di radice sociale in Piemonte: la fase di “Rinnovamento Democratico”.

Rinnovamento Democratico


Il convegno si tiene nel mese di agosto. Possiamo considerarlo a tutti gli effetti il convegno fondativo di “Rinnovamento democratico” in Piemonte. L’azione dei torinesi si inserisce nell’impegnativo lavoro di costruzione della corrente che Donat-Cattin, nel frattempo diventato deputato, intraprende secondo uno schema che caratterizzerà tutta la sua azione futura: predisposizione di un “programma” scritto che riassuma le posizioni politiche e di merito del gruppo, diffusione di una “traccia” di orientamento per rendere omogenee le posizioni nelle diverse realtà locali, convegni nazionali e locali per approfondire le posizioni, rivista nazionale. Il protagonismo di Donat-Cattin nell’avvio di “Rinnovamento democratico”, e nella sua caratterizzazione, corrisponde anche ad una progressiva affermazione della sua leadership, e ad un offuscamento di quella di Giulio Pastore.
Al Congresso della Dc di Firenze (ottobre 1959) Rinnovamento stipula un accordo politico con Fanfani. Nel suo intervento Donat-Cattin propone una convergenza di tutti coloro che «vogliono dare alla Democrazia Cristiana un indirizzo in grado di costruire uno Stato nel quale i lavoratori abbiano una parte integrante».
I fatti politici nazionali degli anni successivi sono drammatici, ed accompagnano la difficile gestazione del Centro Sinistra attraverso le vicende del luglio 1960, il secondo governo Fanfani, il convegno di S. Pellegrino ed il Congresso di Napoli del gennaio 1962. Soprattutto il convegno di S. Pellegrino analizza i cambiamenti sociali e culturali della società italiana e, pur non raggiungendo l’obiettivo di dare una nuova fondazione ideologica all’azione della Dc, apre la stagione morotea dell’attenzione ai cambiamenti della società e della definizione di una politica capace di assecondarli e guidarli. È in questo contesto che appare evidente l’insufficienza dell’azione della sinistra democristiana, coinvolta dai fermenti di autonomia dalla politica che si stanno diffondendo nei suoi tradizionali ambienti di riferimento, le Acli e la Cisl. Il 5 aprile del 1962, in una riunione del coordinamento politico di “Rinnovamento”, si incomincia a discutere di unificazione delle sinistre democristiane.
Nel 1963, a Sestriere in val di Susa, si tiene l’annuale convegno piemontese di Rinnovamento Democratico. Il tema al centro dei lavori è quello della intesa, e possibilmente dell’unità delle sinistre democristiane della regione. Viene approvato un documento che elenca i “Temi per un incontro tra le sinistre piemontesi”: problemi attuali delle zone di industrializzazione; problemi operai dei centri urbani; problemi delle città minori; problemi dei ceti professionali; rapporti tra la metropoli torinese e il territorio regionale; sviluppo equilibrato delle province. Vengo...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. La Sinistra Sociale
  3. Indice dei contenuti
  4. PREFAZIONE DI ANTONIO MAZZI
  5. PARTE PRIMA - LA SINISTRA SOCIALE TRA STORIA ED EREDITÀ
  6. Forze Nuove nella Dc e nella società, diGiorgio Merlo
  7. La sinistra Dc in Piemonte, di Gianfranco Morgando
  8. PARTE SECONDA - LA SINISTRA SOCIALE E LA POLITICA. I PROTAGONISTI
  9. Gennaro Acquaviva - Donat-Cattin e Forze Nuove, la forza della cultura politica
  10. Emerenzio Barbieri - Forze Nuove, una classe dirigente di qualità
  11. Fabrizio Cicchitto - Donat-Cattin, un democristiano protagonista e anticonformista
  12. Sergio d’Antoni - Forze Nuove, l'anima sociale della Dc. Un ruolo indispensabile
  13. Mino Giachino - Con Donat-Cattin e Forze Nuove la Dc era un vero partito
  14. Giusy La Ganga - L’anomalia diForze Nuove e di Donat-Cattin nella Dc
  15. Enanuele Macaluso - La “questione sociale” univa le forze popolari
  16. Franco Marini - Sinistra sociale, un'esperienza politica irripetibile
  17. Lidia Menapace - I limiti di Forze Nuove
  18. Osvaldo Napoli - Forze Nuove, un grande laboratorio di idee
  19. Diego Novelli - Donat-Cattin, un anticomunista che difendeva i ceti popolari
  20. Ruggero Orfei - Sinistra Dc, una fucina di idee e di classe dirigente
  21. Mario Toros - La sinistra sociale, una ricchezza per la Dc e i cattolici
  22. PARTE TERZA - ALLE ORIGINI DELLA SINISTRA SOCIALE L’ESPERIENZA PIEMONTESE
  23. Giorgio Aimetti - La sinistra sociale nella “Provincia Granda”
  24. Gianfranco Astori - Dal Movimento giovanile alla Sinistra Dc. Un percorso tra Milano, Roma eil Piemonte
  25. Mons. Luigi Bettazzi - Politica e Bene Comune: un impegno per la sinistra Dc
  26. Guido Bordato - La sinistra sociale nella storia della Dc tra Roma e il Piemonte
  27. Adelmo Brustia e Antonio Torelli - La sinistra Dc e la “specificità” novarese
  28. Piero Genovese - Una sinistra unita per la Dc alessandrina
  29. Giovanni Ginella, Stefano Accornero, Mario Vercelli e Luigi Rescinito - Dalla fabbrica alla politica. Il percorso della sinistra sociale in provincia di Asti.ASTI
  30. Don Cesare Massa - Alle origini la cultura francese
  31. Fabrizio Palenzona - Forze Nuove: una sinistra "diversa"
  32. Riccardo Triglia - La sinistra Dc a Casale: laboratorio di un nuovo modo di amministrare