Paolo VI, un ritratto spirituale
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Quale radice spirituale ha alimentato la vita, la fede, il servizio alla Chiesa del beato Paolo VI? Il Ritratto spirituale cerca di rispondere a questo interrogativo ripercorrendo i testi montiniani di carattere più personale, oltre a quelli più noti del suo magistero. Vengono così in luce i temi fondamentali della sua spiritualità: la scoperta del- la vocazione, il legame con l'apostolo Paolo, i maestri spirituali che l'hanno ispirato, la direzione spirituale, l'educazione della coscienza, la fede, la preghiera liturgica, il ministero pastorale, la Chiesa e la povertà, la cultura, la forma cristiana e la meditazione sulla sua vita consegnata nel Pensiero alla morte. In quest'ultimo testo è lo stesso Paolo VI ad offrire una prospettiva spirituale sintetica sulla propria vita di uomo, di credente e di pastore, di cui i capitoli del volume intendono esplorare le dimensioni e la profondità.

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Informazioni

1. ORIGINE E SENSO DEL TESTO

Il Pensiero alla morte di Paolo VI, scritto probabilmente tra il marzo 1965 e il febbraio 1966 [1] , è uno dei testi più belli della letteratura di ogni tempo. Il titolo – scelto dall’autore – non deve, però, trarre in inganno. Il tema centrale, infatti, non è la morte. Essa ne è soltanto l’occasione [2] . Il testo non è uno scritto «sulla» morte ma «in vista della» morte, cioè nella prospettiva della sua imminenza e ineluttabilità, ed è una delle riflessioni più mature e affascinanti, scritte sino ad oggi, sul senso della vita.
La cura con la quale il Pensiero alla morte è steso non lascia dubbi sulla consapevolezza, forse persino sul desiderio dell’autore, che altri, dopo la sua morte, potessero leggerlo. Il suo obiettivo quindi non era solo quello di fissare per iscritto una meditazione personale svolta in un periodo di ritiro, ma – con la sensibilità tipica di un pastore – predisporre un testo che potesse aiutare lui, e molti altri, a comprendere meglio il senso della vita, a dare un fondamento più solido alla speranza e alla fede, a riaccendere il desiderio di lasciarsi ispirare, per il tempo ancora a disposizione, dall’amore di Cristo. Per questi motivi, Paolo VI, con la trepidazione ma anche con la lucidità e la libertà che di solito accompagnano la stesura di un testamento spirituale, offre una rilettura sintetica e sapiente della propria vita. Vi raccoglie, con la inconfondibile qualità letteraria dei propri scritti [3] , i frutti di una ricca e variegata esperienza umana, di una raffinata preparazione culturale e di una solida visione teologica. Ne nasce, così, un testo assolutamente unico. Un vero «portale d’ingresso» che consente di accedere al suo mondo interiore e al suo rapporto personale con Dio. È quindi uno dei documenti più importanti per individuare i tratti fondamentali della sua figura spirituale. Come il suo segretario personale, monsignor Pasquale Macchi, segnalava già, il 6 agosto 1979, nel primo anniversario della morte: «Incontriamo qui il suo messaggio ridotto all’essenziale che ci spinge a grandi desideri e a grandi propositi, e allarga il panorama delle nostre troppo spesso meschine visuali» [4] ; e come ribadiva, nel 2008, a trent’anni dalla morte, il cardinale Carlo Maria Martini, uno dei suoi successori sulla cattedra dei santi Ambrogio e Carlo: il Pensiero alla morte è «il più alto e il più nobile di tutti gli scritti montiniani» [5] .







[1] Per la datazione del testo sono due i punti di riferimento attualmente disponibili. Il primo è la testimonianza del segretario personale di Paolo VI, monsignor Pasquale Macchi, che colloca la redazione dello scritto a Castel Gandolfo, nell’estate 1965, nello stesso periodo in cui Giovanni Battista Montini scrisse anche il Testamento, che porta la data del 30 giugno 1965: «Queste poetiche pagine di amore e di speranza – scritte dal Papa a Castelgandolfo, forse dopo la stesura del Testamento, a conclusione di un ritiro spirituale [...]» (P. Macchi, Nota introduttiva, in Pensiero alla morte. Meditazione di Paolo VI, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1979, p. [8]). L’altro punto di riferimento è il notes sul quale il Pensiero alla morte è stato scritto, attualmente conservato, con la segnatura E.3.1.1, presso l’archivio dell’Istituto Paolo VI a Concesio (Brescia). Nel notes sono scritti, in ordine successivo, i seguenti testi: note personali per un ritiro spirituale, con la data 5 agosto 1963; appunti di esercizi spirituali, con la data 16 febbraio 1964 (svolti in Vaticano, con le meditazioni di p. Bernhard Häring, e terminati il 22 febbraio); appunti di esercizi spirituali, con la data 8-13 marzo 1965 (svolti in Vaticano, con le meditazioni di p. Ambrogio Maria Carré); il Pensiero alla morte (senza data); appunti di esercizi spirituali, con la data 27 febbraio-5 marzo 1966 (svolti in Vaticano, con le meditazioni di monsignor Giuseppe Carraro). In base alla successione degli scritti nel notes, la data di composizione del Pensiero alla morte potrebbe quindi essere collocata tra il 13 marzo 1965 e il 27 febbraio 1966.
[2] Secondo monsignor Pasquale Macchi «il pensiero della morte lo accompagnò lucidamente lungo tutta la sua vita», ma «lo stimolo a scrivere queste pagine [il Pensiero alla morte e il Testamento] proprio nel 1965 venne dalla malattia e dalla morte del suo grande amico, il Cardinale Giulio Bevilacqua, mancato il 6 maggio di quell’anno. Era stato per lui maestro, confidente, fratello e ispiratore» (P. Macchi, Paolo VI nella sua parola, Morcelliana, Brescia 2001, pp. 345, 344).
[3] Nel 1982, in occasione del quarto anniversario della morte di Paolo VI, il cardinale [ma all’epoca non lo era] Loris Francesco Capovilla ricorda che nel 1954 il patriarca di Venezia, il cardinale Angelo Giuseppe Roncalli, del quale egli era segretario personale, si era espresso con singolare efficacia, in occasione della nomina di Montini ad arcivescovo di Milano, sulle sua qualità, anche letterarie. Il cardinale Capovilla scrisse: «Una sua [di Roncalli] osservazione mi rimase impressa: “E adesso, dove troveranno uno che sappia redigere una lettera, un documento come sapeva fare lui?”» (L.F. Capovilla, Presentazione, in Giovanni e Paolo. Due Papi. Saggio di corrispondenza [1925-1962], a cura di L.F. Capovilla, Istituto Paolo VI-Edizioni Studium, Brescia-Roma 1982, p. 15).
[4] P. Macchi, Nota introduttiva, in Pensiero alla morte. Meditazione di Paolo VI, cit., p. [10].
[5] C.M. Martini, Affidamento totale a Dio. Rileggendo il «Pensiero alla morte» di Paolo VI, in Id., Pa olo VI «uomo spirituale». Discorsi e scritti (1983-2008), a cura di M. Vergottini, Istituto Paolo VI- Edizioni Studium, Brescia-Roma 2008 2, p. 171.

2. STRUTTURA E TEMI

È, allora, utile provare a ripercorrere il Pensiero alla morte [1] cercando d’individuarne la struttura e i temi fondamentali, per mettere in luce come Paolo VI ha vissuto e compreso l’esperienza cristiana.

2.1. «L’ora viene»

Il manoscritto si apre, dopo il titolo sottolineato, con tre citazioni bibliche. Secondo l’uso antico, le citazioni di apertura sembrano costituire quasi un titolo o, almeno, indicano il tema centrale dell’opera. Due versetti sono tratti dal Nuovo Testamento e uno dall’Antico Testamento:

« Pensiero alla morte
1 – Tempus resolutionis meae instat (2 Tim. 4, 6) [2]
Certus quod velox est depositio tabernaculi mei (2 Petr. 1, 14) [3]
Finis venit, venit finis (Ez. 2, 7) [4] ».
I tre versetti biblici mettono in luce due temi. La citazione del profeta Ezechiele richiama la venuta della «fine». I numeri del versetto, in realtà, sono errati. Andrebbero invertiti. Non si tratta di Ez 2, 7 ma di Ez 7, 2. Lo stesso errore si trova in una delle opere più classiche sul tema, l’ Apparecchio alla morte di sant’Alfonso Maria de Liguori (1696-1787), pubblicata nel 1758. Il titolo della seconda considerazione, tra le trentasei nelle quali l’opera è divisa, è infatti: «Considerazione II – Colla morte finisce tutto – “Finis venit, venit finis” ( Ezech. 2.7)» [5] . È possibile quindi che lo scritto di sant’Alfonso fosse tra quelli a disposizione di Paolo VI al momento della stesura del Pensiero alla morte.
L’altro tema, introdotto dalle due importanti citazioni del Nuovo Testamento, è quello della «vicinanza» della fine. Il primo versetto, quello che quindi apre l’intera riflessione, è tratto dalla seconda lettera a Timoteo. Per quanto oggi siano oggetto di discussione sia l’attribuzione della lettera a san Paolo sia il riferimento del versetto alla liberazione dalla prigionia anziché alla morte [6] , la citazione documenta l’importanza che san Paolo ebbe nell’esperienza e nella riflessione di Paolo VI. A conferma si può citare l’appunto che egli, un paio di anni prima, nell’agosto 1963, scrisse durante un ritiro spirituale: «E Paolo? meditazione immensa. Da fare continuamente» [7] . Nella stessa direzione si muove la citazione della seconda lettera di Pietro. Anche qui, al di là della effettiva possibilità di attribuire la lettera a san Pietro [8] , il riferimento testimonia l’attenzione di Paolo VI al «principe degli apostoli» e alla prospettiva, ormai imminente, della morte.
I temi con i quali si apre il Pensiero alla morte sono quindi la «fine» e la sua «vicinanza» o, come Paolo VI sintetizza qualche riga dopo, la consapevolezza che «l’ora viene». I punti di riferimento che egli privilegia per sviluppare la riflessione sono l’insegnamento biblico e il patrimonio della tradizione cristiana. Temi e riferimenti «classici». Questo non impedirà, però, a Paolo VI, di svolgere la propria riflessione con grande personalità e originalità.
Il manoscritto testimonia anche un tentativo di numerazione. Un numero «1» apre il testo. Non seguono altri numeri. Si può ipotizzare che l’autore avesse intenzione di dividere lo scritto in più paragrafi. Infatti, anche se non numerate, sono individuabili, nel Pensiero alla morte, alcune «sezioni» tematiche, in base alle quali proviamo a dividerlo e a organizzarne la lettura.

2.2. Un dialogo «estremamente» personale

Il testo prende l’avvio da tre «considerazioni». Termine che, come abbiamo già detto, richiama l’ Apparecchio alla morte di sant’Alfonso Maria de Liguori, diviso in trentasei «considerazioni», ciascuna delle quali, a sua volta, articolata in tre «punti». Paolo VI avvia il suo Pensiero con tre considerazioni. La prima prende spunto dalle citazioni bibliche iniziali e invita a non restare ciechi di fronte alla morte, perché l’«immancabile sorte» che essa dischiude è certamente una «disastrosa rovina», ma, sembra aggiungere l’autore, può rivelarsi come una «misteriosa metamorfosi» dell’«essere»:

«Questa ovvia considerazione sulla precarietà della vita temporale e sull’avvicinarsi inevitabile e sempr...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. PAOLO VI
  3. Indice dei contenuti
  4. INTRODUZIONE
  5. DORA CASTENETTO
  6. VOCAZIONE: DONO E MISTERO
  7. IL DIVENIRE DELLA VOCAZIONE
  8. NEL TOTALE ABBANDONO LA RICERCA DELLA VOLONTÀ DI DIO
  9. I PASSI DEL CAMMINO
  10. ARCIVESCOVO DI MILANO
  11. PAPA PAOLO VI
  12. A MODO DI SINTESI: LE PIETRE MILIARI DI UN ITINERARIO SPIRITUALE
  13. ANGELO MAFFEIS
  14. CONOSCERE DIO
  15. VIVERE IN CRISTO
  16. LO SPIRITO FORMA IN NOI L’IMMAGINE DI CRISTO
  17. IL CORPO ECCLESIALE
  18. IL MINISTERO APOSTOLICO
  19. CONCLUSIONE
  20. EZIO BOLIS
  21. SANT’AGOSTINO, MAESTRO NELLA RICERCA DI DIO
  22. SAN BENEDETTO, MAESTRO DI VITA INTERIORE E DI PREGHIERA LITURGICA
  23. SAN FILIPPO NERI E LA LETIZIA SPIRITUALE APPRESA NELL’ORATORIO FILIPPINO
  24. SANT’AMBROGIO, MAESTRO ESEMPLARE NEL SERVIZIO EPISCOPALE
  25. SAN FRANCESCO DI SALES, MAESTRO DI VITA CRISTIANA
  26. CONCLUSIONE
  27. CRISTIANO PASSONI
  28. LA DOMANDA ESSENZIALE
  29. AFFIORAMENTI
  30. L’ESTASI E IL TERRORE D’ESSERE SCELTO
  31. LETTERE DI «AMICIZIA SPIRITUALE»
  32. «IERI – OGGI – DOMANI»: RITRATTO DI UNA VITA
  33. LUCIANO CAIMI
  34. UN RICCO (E PRIVILEGIATO) ITINERARIO FORMATIVO
  35. PER UNA «COSCIENZA UNIVERSITARIA» CRISTIANA
  36. DALLA SEGRETERIA DI STATO ALLA CATTEDRA DI SANT’AMBROGIO E SAN CARLO
  37. PER UNA COSCIENZA CRISTIANA MATURA: INVITI E RICHIAMI DI PAOLO VI
  38. CONCLUSIONE
  39. GIUSEPPE ANGELINI
  40. ANTONIO MONTANARI
  41. «ERO COME IN ESTASI». IL FASCINO DELLA LITURGIA BENEDETTINA
  42. CHIESA E LITURGIA NELLA FORMAZIONE DEL GIOVANE MONTINI
  43. NELLA VICENDA LITURGICA SI RIFLETTE LA VITA
  44. LA LITURGIA RISPONDE ALLE ESIGENZE SPIRITUALI DELL’UOMO MODERNO
  45. L’IMPORTANZA DELLA FORMAZIONE LITURGICA NELLA VITA DEL CRISTIANO
  46. BRUNO SEVESO
  47. IL FILO ROSSO
  48. INDICATORI DI PERCORSO
  49. SNODI NEVRALGICI
  50. CESARE VAIANI
  51. TESTI SULLA POVERTÀ NEGLI ANNI GIOVANILI
  52. TESTI SULLA POVERTÀ DURANTE L’EPISCOPATO MILANESE
  53. TESTI SULLA POVERTÀ DURANTE IL PONTIFICATO
  54. LA POVERTÀ PERSONALE DI GIOVANNI BATTISTA MONTINI
  55. CONCLUSIONE
  56. GIACOMO CANOBBIO
  57. GLI ANNI DELLA FORMAZIONE
  58. ATTIVITÀ INTELLETTUALE E CARITÀ
  59. L’UNIVERSITÀ «LUOGO SIMBOLICO» DELLA FORMAZIONE
  60. DALLA CULTURA ALLE CULTURE
  61. DIRE IL VANGELO NELLE CULTURE
  62. EVANGELIZZAZIONE DELLE CULTURE
  63. CONCLUSIONE
  64. PIERANGELO SEQUERI
  65. IL PASSAGGIO FRA LE OMBRE DELLA LUCE CREATURALE
  66. LA BELLEZZA PERDUTA DELL’IMMANENZA: PURIFICAZIONE
  67. L’ARTE E IL RISCATTO SPIRITUALE DELLA CREATURA DEI
  68. L’EREDITÀ SPIRITUALE DELLA POETICA CRISTIANA DI PAOLO VI
  69. CLAUDIO STERCAL
  70. 1. ORIGINE E SENSO DEL TESTO
  71. 2. STRUTTURA E TEMI
  72. 3. UNO SGUARDO SINTETICO
  73. INDICE DEI NOMI