Henry Patenson
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Henry Patenson

Il buffone di sir Thomas More

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Henry Patenson

Il buffone di sir Thomas More

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Chiunque abbia avuto un contatto, se pur superficiale con la vita di Thomas More, difficilmente si sarà lasciato sfuggire l'occasione di ammirare la figura e le gesta di Henry Patenson, nonché domandarsi come sia stato possibile che quest'uomo abbia potuto trovare un posto così importante nel cuore e nella vita del più illustre statista inglese del cinquecento? Come mai un uomo apparentemente così integro e severo abbia voluto per sé e per la sua famiglia un servo di così evidente insanità mentale che risiedesse stabilmente nella sua casa e che lo accompagnasse in viaggi ufficiali di rilevanza strategica per il regno d'Inghilterra? E soprattutto non si può evitare di chiedersi se l'attitudine all'allegria di More sia stata influenzata in qualche misura dall'uomo che storicamente sarà ricordato come il buffone di sir Thomas More, o viceversa se l'identità del buffone prenderà forma in Henry alla scuola dell'allegria del suo amato padrone?

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Informazioni

Anno
2018
ISBN
9788838247231
Argomento
Storia

1. Personaggi di genio e vivacità

Ma certamente non furono le presenze fugaci e saltuarie, per quanto illustri, a fare di quella casa un luogo di grande ammirazione. Nel corso della sua intera vita terrena More fu accompagnato da personaggi che contribuirono in un certo qual modo con la loro personalità ad alimentare il suo genio. Fra questi è facile indicare coloro che furono legati a lui da vincoli di sangue, meno scontata invece la presenza di uomini e donne ai quali More fu legato da profondo affetto e amicizia, personaggi della sua servitù per esempio, che gli mostrarono forse più fedeltà di alcuni a lui intimamente legati.
A guardare il ritratto di Holbein [1] , l’unica immagine che possediamo della famiglia, si ha l’impressione di stare davanti al ritratto di una comunità numerosa e vivace. I figli, la seconda moglie, il padre e lui stesso, che nel dipinto sembrano rappresentare l’intera famiglia, in realtà fanno pensare – anche perché la ricostruzione della sua vita e della sua grande casa ce lo consentono – ad una schiera di persone molto più numerosa che sta dietro le quinte dell’opera.
In essa risiedevano stabilmente il padre John More con una delle sue quattro mogli, Alice Middleton che dal 1511 prenderà con la figlia Alice Alington il posto di Jane Colt la prima moglie; le figlie Margaret, Cecily ed Elizabeth con i rispettivi mariti William Roper, Willam Dauncey e Giles Heron, il figlio maschio con la moglie Anne Cresacre, i nipotini, la figlia adottiva Margaret Giggs, il segretario John Harris con la moglie Dorothy Colley, e naturalmente i domestici. A tutti di casa, e non solo alle figlie, fece impartire la migliore educazione possibile per quei tempi, un’eccellente educazione umanistica, filosofica e scientifica, da ottimi maestri privati quali William Gonnell, John Clement, Nicholas Kratzer, Richard Hyrde e il signor Drew che circolavano liberamente in quella casa e a volte soggiornavano anche lunghi periodi.
Facevano parte della casa, pur senza risiedere in modo stabile, Master Alington, marito di Alice Middleton, figliastra di More e il suo dipendente Thomas Croxton, i Rastell: John (marito di Elizabeth, sorella di Thomas More), suo figlio William e i due fratelli maggiori di lui John e Joan; quest’ultima andò in sposa a John Heywood, il più grande drammaturgo dell’epoca che fece della casa di Thomas More un circolo di cultura e di arte teatrale.
Accanto a queste figure di primo piano vi erano poi gli uomini della servitù, per nulla secondari nel cuore di Thomas More. Una bella figura della casa, che non si vede nel ritratto, ma che avrebbe certamente meritato uno spazio, era il suo domestico personale John à Wood che aveva l’incarico di badare che i suoi vestiti e tutto il resto fossero sempre in ordine. Uno dei biografi di More riporta con molta simpatia il ricordo di quella volta che il suo segretario John Harris lo rimproverò amichevolmente perchè era uscito con le scarpe rotte. Moro gli rispose: « Di al mio tutore che me ne comperi un altro paio» [2] , riferendosi al caro John à Wood che lo servirà anche durante la prigionia, suscitando l’invidia della figlia Margaret che desiderava trovarsi in carcere al posto del servo [3] . La moglie infatti, come sappiamo da una lettera di perorazione inviata a Thomas Cromwell, pagava 15 scellini a settimana per il mantenimento del marito e del servo [4] . Si tratta indubbiamente dell’uomo che più di tutti gli altri ebbe modo di stare accanto a More quasi tutto il tempo della prigionia, mise in salvo molti dei suoi scritti di quel periodo e con molta verosimiglianza la cappa che More vestì il giorno del martirio era sua [5] . Chissà quale e quanta ricchezza di impressioni e descrizioni John ci avrebbe trasmesso se avesse avuto la possibilità di raccontare la vita del suo padrone nei quindici mesi di detenzione alla Torre di Londra.
Veniamo a conoscenza poi di figure della sua servitù apparentemente più in ombra nell’universo moreano documentato dai biografi e dallo stesso More, ma non per questo meno importanti nel suo cuore. In due lettere di Erasmo, del 5 marzo e del 23 aprile 1518, si parla di un certo John, non più di un ragazzo, che diventerà poi uno dei servitori di casa Moro.
Era stato inviato da Erasmo in Inghilterra per recuperare delle lettere di una certa importanza che More custodiva, e anche un cavallo che gli era stato promesso da Christopher Urswick, un notabile del luogo, ma che da questi non avrà mai. Sarà Thomas a fargli dono del cavallo e affidarlo al ragazzo che lo perderà durante il tragitto. Evidentemente nei pochi giorni che fu ospite di More il giovane era riuscito a far breccia nel cuore del padrone di casa se Erasmo scriverà: “Il mio John mi ha raccontato che lo hai accolto tra la tua servitù. Se è vero, me ne rallegro: la sua mammina, infatti, non pensa che il figlio possa salvarsi lontano dall’Inghilterra. È comunque progredito nelle lettere, sebbene non vi sia nato, ma non c’è niente di più schietto, niente di più caro della sua inclinazione. So che ti preoccuperai, per quanto dipende da te, che stia lontano dalla frequentazione dei depravati, e non ti rincrescere che una parte dei miei doveri verso di lui passino a te” [6] .
Di un altro John suo servitore, anch’egli un ragazzo, veniamo a conoscenza in occasione della difesa che More fece di se stesso, in uno dei suoi ultimi scritti, contro le false accuse di persecuzione degli eretici mosse dai suoi nemici.
More racconta di un giovane che suo padre aveva allevato nell’eresia prima che andasse da lui, e l’aveva messo a servizio di George Jay o Gee, chiamato anche Clerk, un prete che aveva abbandonato il suo ministero. «Questo George Jay insegnò al ragazzo la sua empia eresia contro il SS. Sacramento dell’altare, ed il ragazzo, venuto al mio servizio, incominciò ad insegnarla ad un altro giovane, in casa mia, che lo disse. Per cui io ordinai ad un mio servitore di batterlo come si conveniva ad un ragazzo, per punizione e per esempio, davanti a tutti i miei famigliari» [7] .
Troviamo ancora tra i suoi servitori figure di grande simpatia come quella di Davy l’olandese che sarà protagonista e fonte di non pochi problemi per il suo padrone. Walter Smith, un discreto letterato che divenne poi – presentato da More stesso – sword-bearer del Lord Mayor di Londra, e appena accennata da uno dei più importanti biografi, una povera vedova, di nome Paola, che aveva speso tutto quanto possedeva in un processo e che More si portò in famiglia, impiegandola come era normale che fosse, tra i membri della sua servitù.
In tale contesto antropologico così variegato spicca, in tutto il suo fulgore e nella piena accettazione e considerazione di tutti i membri della casa, la figura di Henry Patenson, colui che passerà alla storia, forse impropriamente, come il buffone di Sir Thomas More.









[1] Per la ricostruzione dell’opera di Holbein in riferimento alla figura di Patenson vedi il capitolo Il ritratto di un re.
[2] T. Stapleton , Tres Thomae, seu de S. Thomae Apostoli rebus gestis. De S. Thoma Archiepiscopo Cantuariensi et Martyre. De T. Mori Angliae quondam Cancellarii vita, Douai: Ex officina Ioannis Bogardi, 1588, p. 227 (in seguito si citerà Vita Thomae Mori).
[3] E. F. Rogers, The Correspondence of Sir Thomas More, Princeton University Press, 1947, 203, p. 511 (in seguito si citerà Rogers).
[4] Rogers, 215, pp. 554-555.
[5] Thomas Stapleton racconta che More aveva deciso di recarsi al patibolo con la bella cappa che l’amico italiano Antonio Bonvisi gli aveva donato mentre si trovava in prigione, «sia per piacere all’amico, sia per poterla donare al suo giustiziere. Ma per l’avarizia e la cattiveria del suo carceriere, egli, già così grande e stimato, e che aveva ricoperto una carica così elevata, uscì vestito con la cappa del suo servitore, fatta con il materiale più spregevole, che noi chiamiamo ratine» ( Vita Thomae Mori, p. 340).
[6] Opus epistolarum Des. Erasmi Roterodami, ed. P. S. Allen, 12 vols. Oxford, Clarendon, 1906-1958, III, 829, p. 295 (In seguito si citerà Allen); Erasmo da Rotterdam e Thomas More, “ Più di metà dell’anima mia”. Corrispondenza, a cura di Giuseppe Gangale, trad. it. di Angelo Fracchia e Bruno Fortunato, Edizioni Studium, Roma 2016, p. 109 (in seguito si citerà Corrispondenza Erasmo-More).
[7] The Complete Works of Thomas More, Apology, vol. 9, Yale University Press, New Haven & London, 1979, pp. 117-118 (in seguito si citerà CW seguito dal numero del volume e nome del libro).

2. La “notorietà” di Mastro Henry

Sarebbe interessante ai fini della stessa biografia moreana sapere come More sia venuto a conoscenza di Mastro Henry, sebbene dalle fonti risulta impossibile ricostruire questo dato a causa dell’assoluta mancanza di indizi che possano anche soltanto alludere all’incontro tra i due.
In realtà i pochi episodi e le poche notizie che riguardano Henry lo dipingono in azioni che dimostrano quanto fosse consolidata la sua presenza accanto a More e nella sua casa. E, inoltre, non essendoci fonti autonome di un certo spessore su di lui non è possibile tracciare alcun collegamento tra queste e quelle moreane.
Pertanto se non è possibile ricostruire il tempo, il luogo e l’occasione che hanno permesso a More e Patenson di conoscersi, cosa che è sempre lecita immaginare, è possibile invece ricostruire, grazie ad una minuscola traccia riscontrabile nella bibliografia moreana, il perchè More ne sia venuto a conoscenza, vale a dire il contesto antropologico di riferimento che ha permesso loro di incontrarsi.
Si tratta, in altre parole, di dare un senso e un valore alla cosiddetta “notorietà” di Mastro Henry. More ne parla in riferimento ad un altro ospite della sua casa, un certo Cliff che aveva, appunto, come dice More, la stessa reputazione di Patenson e che viene ricordato quale protagonista di un episodio molto divertente.

Questo Cliff era stato pazzo per molti anni, ma l’età lo aveva reso libero dalla rabbia, al punto che stava ammodo tra la gente come una persona malleabile e innocua. Nella testa folle di Cliff vi arrivavano talvolta tali immaginazioni contro le immagini sacre simili a quelle che gli eretici producono nella loro tristezza. Così come per piacere alcuni di loro (che dopo aver compiuto il gesto sono fuggiti e corsi via e altri si sono abbassati fino al furto e sono stati catturati) di recente hanno buttato giù dal ponte di Londra l’immagine del beato martire san Tommaso, allo stesso modo Cliff, una volta, sullo stesso ponte si scaraventò a parole contro un’immagine della Beata Vergine, e poi dopo simili bestemmie che il diavolo mise nella sua bocca (che oggigiorno soffiano dalla bocca di molti eretici – i quali sembra che siano talora così tristi e ancora più pazzi di lui) mise la mano sul bambino in braccio alla Madre e vi ruppe il collo. Dopodichè le brave persone, che si trovavano sul ponte vennero a casa mia e accusarono Cliff davanti a me chiedendogli perchè avesse rotto il collo del bambino in braccio alla Nostra Signora – quando Cliff, li ebbe ascoltati- volse lo sguardo intensamente su di loro e, come un uomo triste e serio, domandò: “Ditemi una cosa, non avete pensato tra voi di fissare di nuovo la testa del bambino? “No, dissero,”non possiamo”. “No?” Disse Cliff, “per la messa, è una grande vergogna per voi. Perché mi raccontate questo allora? [1] .

Se Cliff aveva la stessa notorietà di Mastro Henry è...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Henry Patenson
  3. Indice dei contenuti
  4. Introduzione
  5. I. Una casa fuori del comune
  6. 1. Personaggi di genio e vivacità
  7. 2. La “notorietà” di Mastro Henry
  8. 3. La salute e i beni di John Shaw
  9. 4. La custodia di John Moreton
  10. 5. I pazzi di Bedlam
  11. 6. La correzione del matto
  12. 7. Simpatia e carità per i pazzi
  13. II. L'allegria alla "corte" di Sir Thomas More
  14. 1. La “sobria allegria”
  15. 2. Una spassosissima favola
  16. 3. Sui piacevoli campi della modestia
  17. 4. Una lezione di umorismo
  18. 5. Il dialogo sulla felicità
  19. 6. L’allegra casa di North Mymms
  20. 7. Il teatro domestico moreano
  21. 8. I Cento racconti allegri
  22. 9. La scena di Patenson
  23. 10. Il pazzo del signor Moro
  24. 11. Alla tavola di More
  25. III. I giullari d'Inghilterra
  26. 1. Idioti, artisti e altro ancora
  27. 2. Il fool nell’isola di Utopia
  28. 3. L’intelligenza del pazzo
  29. 4. Il mestiere di far ridere
  30. 5. La derisione del potere
  31. 6. La leggerezza al governo
  32. IV. Il compagno dell'ambasciatore
  33. 1. Uno spiacevole ufficio
  34. 2. Una casa in viaggio
  35. 3. Una missione piuttosto politica
  36. 4. Il proclama di Henry Patenson a Bruges
  37. 5. La follia di Henry contro la follia di Barnes
  38. 6. Davy l’olandese
  39. 7. Al servizio di servi e amici
  40. V. Il ritratto di un re
  41. 1. Il dittico di Quentyn Metsys
  42. 2. Holbein in Inghilterra*
  43. 3. Il ritratto della famiglia
  44. 4. Erasmo rivede l'intera famiglia
  45. 5. Il ritratto di un re o di un pazzo
  46. 6. Le annotazioni sullo schizzo a penna
  47. 7. Thomae mori morio
  48. 8. Erasmo e Patenson
  49. 9. L'idea del ritratto
  50. VI. Il congedo
  51. 1. La notizia di Stapleton
  52. 2. I tempi dell’indigenza
  53. 3. "Lo diede a suo padre"
  54. 4. "Lo allontanò dalla sua tavola"
  55. 5. Un bene all'anima
  56. 6. L'allegria sul patibolo*
  57. VII. Patenson dopo More
  58. 1. Una nuova casa per Henry
  59. 2. Patenson nel Chamberlain’s account
  60. 3. La notizia della sepoltura
  61. 4. Le copie dell’Holbein
  62. 5. La diffusione della memoria
  63. 6. Patenson nella miniatura
  64. 7. Il caso Ireland
  65. 8. Il sonetto di William Henry Ireland
  66. 9. William discepolo di Patenson
  67. 10. L’inginocchiatoio di Chelsea
  68. 11. La tentazione della “follia”
  69. Indice dei nomi