Pirandello tra Leopardi e Roma
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Pirandello tra Leopardi e Roma

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Pirandello tra Leopardi e Roma

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Il volume raccoglie cinque saggi dedicati all'opera di Luigi Pirandello.
Questi sono preceduti da una brevissima riflessione su alcuni snodi della sua visione del mondo e della letteratura.
Due saggi sono dedicati al rapporto di Pirandello con la scrittura di Giacomo Leopardi. In particolare si offre alla lettura un saggio che ha avuto sempre scarsa circolazione in cui Luigi riflette sullo Zibaldone che Carducci stava editando per la prima volta alla fine del XIX secolo.
Quindi si esamina la presenza delle Operette morali non solo nella trama della scrittura pirandelliana ma nelle pieghe della sua
antropologia e della sua filosofia (quella che Croce, in maniera certamente deformata, definiva "da marciapiede").
Gli ultimi tre capitoli sono dedicati alla presenza della città di Roma nella vita dello scrittore agrigentino; nei testi delle sue novelle e nei testi dei romanzi.
Pirandello dimostra di conoscere a fondo la topografia e la toponomastica della città in cui ha scelto di vivere ma il segno
distintivo della sua Roma è dato dal tono costantemente antiretorico con cui racconta non solo le strade e i palazzi ma i grandi
monumenti della romanità.
Sempre egli riesce a parlare di quella realtà romana ammantata di gloria rendendo normale (potremmo dire "borghese") ciò che è stato tramandato come eroico o addirittura epico.

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Informazioni

Anno
2018
ISBN
9788838247446

1. Essere / apparire

Ormai più di sei decenni fa, Leonardo Sciascia aveva scoperto lo straordinario nesso ideologico, ma anche l’infinita distanza fra la riflessione pirandelliana e la letteratura raffinatissima dello scrittore ucraino di Sorocˇincy, quando scriveva:
Un secolo prima, Nicola Gogol avvertiva: «non è colpa dello specchio se i vostri nasi sono storti». E invece sì è colpa dello specchio: Nicola Gogol non lo sapeva, non poteva saperlo, non sapeva di Girgenti, lui. La colpa è di quello specchio che sono gli altri [1] .
Verso dove s’indirizza, infatti, Gegè Moscarda, per avere una conferma o una smentita alla rivelazione fattagli dalla moglie circa il suo stato e, in particolare dello stato del suo naso? Non certo verso lo specchio, come ci si sarebbe aspettati, ma piuttosto si rivolge ad un amico incontrato per caso.
La conferma che crede di ricevere da uno sguardo incredulo e derisorio del suo primo interlocutore, rappresenta «il germe del male» che s’impadronirà totalmente del suo «spirito» e che costituisce il tema dominante dell’ultimo romanzo dello scrittore di Girgenti: Uno nessuno, centomila. Il cruccio e la malattia di Moscarda si riassumono nella consapevolezza di non essere mai stato, di non essere e di non poter essere per gli altri, quello che, dentro di sé, aveva sempre ritenuto di essere.
Tante volte questo tema della corrispondenza fra la propria immagine fisica e/o morale, così come è vissuta nella scrittura letteraria, rispetto a quella che appare agli altri e che determina poi la vera sostanza di ciascuno, si ritrova già nella coscienza dei personaggi più tormentati e lucidi del repertorio narrativo pirandelliano. Si legga una battuta di Flaminio Salvo de I vecchi e i giovani:
Invecchio, sì; perdo il gusto di comandare. Me lo fa perdere la servilità che scopro in tutti. Uomini, vorrei uomini! Ma vedo attorno automi, fantocci che devono atteggiare così e così, e che mi restano davanti, quasi a farmi dispetto [2] , nell’atteggiamento che ho dato loro, finché non lo cambio con una manata. Soltanto di fuori però, capisci? Si lasciano atteggiare! Dentro…eh, dentro, restano duri, coi loro pensieri coperti, nemici, vivi solamente per loro [...] ho assegnato la parte a questo e a quello, a tanti che non hanno mai saputo vedere altro in me che la parte che rappresento per loro. E di tant’altra vita, vita d’affetti e di idee che mi s’agita dentro, nessuno ch’abbia mai avuto il più lontano sospetto…. Con chi vuoi parlarne? Sono fuori della parte che devo rappresentare [3] .
Qui siamo nell’universo della maschera, nel quale domina la contraddittorietà e l’ambiguità, insieme alla consapevolezza della differenza fra l’essere e l’apparire ed è l’unico universo nel quale è ipotizzabile una possibilità di incontro “civile” (fondato proprio sui principi della finzione e della repressione degli istinti), di commercio fra gli uomini che, non a caso, tante volte, lungo il percorso delle loro auto-riflessioni, hanno usato parlare del mondo come teatro [4] .
Molti anni prima del romanzo di Vitangelo Moscarda, dunque, è espressa con chiarezza l’idea che la sostanza reale dell’individuo sta tutta e solo nella parte che gli altri gli attribuiscono e gli impongono di sostenere. Ancora nello stesso romanzo del 1896 ( I vecchi e i giovani), del personaggio di Francesco D’Atri si dice che
Da un pezzo [...] non aveva più la guida di sé, né più lui soltanto comandava in sé a se stesso. Non eran più suoi gli occhi con cui si guardava; eran d’un altro Francesco D’Atri che dallo specchio gli si faceva incontro ogni mattina con aria rabbuffata e di sdegnoso avvilimento nel vedergli gonfie e ammaccate le borse delle palpebre, e tutte quelle rughe e quel bianco attorno alla faccia... Era ormai un povero vecchio che volentieri si sarebbe rannicchiato in un cantuccio per non muoversene più; ma tanti altri lui spietati che gli sopravvivevano dentro approfittando di quel suo smarrimento, non volevano lasciarlo in pace [5] .
Dove le diverse e tutte possibili incarnazioni dell’io, si pongono a confronto in un solo personaggio, in un caleidoscopio di volontà altre e alienate che lo avevano costretto a comportamenti involontari e disconosciuti: mentire, sorridere, pararsi, tingersi la barba, prender moglie, amare una figlia non sua. I centomila sé, in questo caso di disintegrazione e di disgregazione del soggetto, ormai non sembrano più il risultato dei tanti antichi perentori messaggi ricevuti dagli altri ma ormai introitati dalla coscienza per sempre ed ai quali è impossibile disubbidire o sottrarsi.








[1] L. Sciascia, Pirandello e il pirandellismo, Salvatore Sciascia, Caltanisetta 1953, p. 79. Sul tema dello specchio mi permetto di richiamare le mie poche pagine intitolate Frammenti di un discorso sullo specchio in N. Longo, Letture novecentesche, Bulzoni, Roma 2001, pp. 167-179.
[2] Fin qui potrebbero essere le parole di uno specchio parlante che vede innanzi a sé tanti uomini meccanici riflessi in sagome vuote, immagini mute d’una specie vivente priva d’interiorità, d’intelligenza, di anima; puri simulacri, insomma.
[3] L. Pirandello, I vecchi e i giovani, in Id., Tutti i romanzi, II, Mondadori, Milano 1956, pp. 11-433: 221-222. In seguito citato come Tutti i romanzi.
[4] Ho qui adoperato i termini di simulacro e di maschera nell’accezione argomentata da Giulio Ferroni nel saggio Fantasma, maschera, simulacro, contenuto nel volume Ambiguità del comico, a cura di G. Ferroni, Sellerio, Palermo 1983, pp. 56-60. Il riferimento al teatro del mondo mi obbliga a rinviare ad uno studio fondamentale sul tema, sia pure focalizzato su di un periodo diverso cronologicamente quale è quello del Manierismo, di un critico che tanto lavoro ha dedicato a Pirandello: si veda M. Costanzo, Il gran theatro del mondo: schede per lo studio dell’iconografia letteraria nell’età del Manierismo , V. Scheiwiller, Milano 1964; a proposito di questo testo si vedano le riflessioni che si leggono in R. Scrivano, La norma e lo scarto, Bonacci, Roma 1980, pp. 212-214.
[5] I vecchi e i giovani, in Tutti i romanzi, p. 237.

2. Riflessione / azione

Ancora un altro personaggio di questo romanzo, tutt’altro che semplicemente l’ultimo prodotto della letteratura romantico-risorgimentale, porta in sé i segni d’un’angoscia epocale: l’insoddisfazione radicale e profonda dell’impossibilità di superare il baratro fra riflessione ed azione; la certezza umbratile della mancanza di senso in ogni atto del vivere; la falsità intrinseca di ogni forma che tentasse di fermare «il flusso continuo della vita» nell’illusione di bloccarlo e farlo proprio attraverso la comprensione intellettuale (pensiero e parola). Si tratta del “giovane” Lando Laurentano, aristocratico, intellettuale, romantico e socialista a suo modo, che, proprio al culmine delle riflessioni intorno alla propria crisi esistenziale, giunge, con la mente, davanti allo spettacolo del proprio corpo, forma determinante ma ancora mobile nel «flusso della vita» appunto!, eppure destinato all’immobilità e rigidità della morte.
Ebbene, certi giorni, arrivava a sentire per il suo stesso corpo, così alto e smilzo, per il suo volto bruno pallido, dalla fronte troppo ampia, dalla barba nera, quadra, dal naso imperioso in contrasto con gli occhi da arabo sonnolento e voluttuoso, una strana antipatia. Se li guardava nello specchio come se fossero di un estraneo [1] .



[1] Ibid., p. 265.

3. Vedersi vivere senza specchio

Vediamo ora una scena brevissima sempre de I vecchi e i giovani , che forse ci tornerà utile nella lettura di Uno nessuno centomila . Il personaggio è quello di Donna Giannetta Montalto, moglie dell’Onorevole Ministro Francesco D’Atri e amate di Corrado Selmi. Così lei riflette sulla sua “esperienza” da poco conclusa:
Ma via! Non le aveva detto anche or ora il vecchio, che non trovava nulla da ridire? Perché dunque avrebbe dovuto farsene un rimorso? Oh non si era davvero divertita in quell’anno della sua relazione col Selmi. Che voleva da lei, ora, il marito? Donna Giannetta crollò le spalle, e subito vide quel suo gesto, come se l’avesse fatto un’altra davanti a lei. Aveva spiccatissima la facolt...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. PIRANDELLO TRA LEOPARDI E ROMA
  3. Indice dei contenuti
  4. Nota al testo
  5. Premessa
  6. ESERCIZIO DI LETTURA: SU PIRANDELLO
  7. 1. Essere / apparire
  8. 2. Riflessione / azione
  9. 3. Vedersi vivere senza specchio
  10. 4. Pirandellismo e critica letteraria
  11. 5. Riconquista della tradizione: il leopardismo
  12. 6. L’Autore e i personaggi
  13. 7. Bruttezza / vecchiaia – bellezza / gioventù
  14. 8. La vecchia signora
  15. I. LEOPARDISMO PIRANDELLIANO, UN ARTICOLO DIMENTICATO
  16. II. LE OPERETTE MORALI NELLA SCRITTURA DI LUIGI PIRANDELLO
  17. 1. Del pirandellismo
  18. 2. Dell’operettismo
  19. 3. Citazioni incrociate
  20. 4. L’uomo copernicano
  21. 5. Della vita e della morte
  22. III. ROMA, NELLA VITA DI PIRANDELLO E IN QUELLA DEI SUOI PERSONAGGI
  23. 1. Intorno a Piazza del popolo
  24. 2. I caffè
  25. 3. Le abitazioni della famiglia Pirandello
  26. 4. L’asse di Via Nomentana
  27. IV. ROMA NELLE NOVELLE PIRANDELLIANE
  28. 1. Prati di Castello, il fiume e la morte
  29. 2. La Sapienza
  30. 3. Fuori di Porta Pia
  31. V. ROMA NEI ROMANZI PIRANDELLIANI
  32. Premessa
  33. 1. Mattia Pascal: Roma col cuore frantumato
  34. 2. Un pezzo di Roma sparita
  35. 3. A Roma: un groviglio di rissanti
  36. 4. Passeggiate romane
  37. 5. Suo marito: l’arroganza dei provinciali inurbati
  38. 6. Tumulto popolare
  39. 7. La tragica solennità delle rovine
  40. 8. Un’altra terra desolata
  41. 9. I vecchi e i giovani: il Risorgimento tradito
  42. 10. Mauro Mortara: Roma, la città del sogno risorgimentale
  43. 11. La Roma antieroica dei Quaderni di Serafino Gubbio operatore
  44. 12. Notturni romani
  45. Indice dei luoghi
  46. Indice dei nomi*