Costruirsi nel dialogo
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La proposta educativa di Edda Ducci

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La proposta educativa di Edda Ducci

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«L'interlocutore, nel dialogo, non è un nemico da vincere. Non è neanche un ingenuo da persuadere, né un ignorante da istruire, e nemmeno un adulatore di cui si sia andati alla ricerca. È il compagno di strada con cui si impara a sincronizzare il passo, giorno dopo giorno, verso la meta che l'uno fa intravedere all'altro. Con cui si cerca pazientemente un punto in comune, solido, che tenga, che consenta l'abbandono del solipsismo e la mutua comprensione. Che è un cercante, una persona reale, colta e avvicinata nella sua realtà. È colui mediante il quale la nostra vita interiore si illumina e si fa vera, per cui il nostro agire, e primamente quello interiore, attinge vigore e si dispiega. Questo richiede anzitutto che si impari ad essere attivi interiormente, che si restringa lo spazio della passività, indicato dal ricevere da fuori, dallo sperimentare quello che il diverso da noi ci invia, e che noi avvertiamo come un nostro mutamento provocato. Diventare attivi portando (o riportando) al vivo le fibre del proprio essere, vinta l'innata pigrizia, e vinta anche la paura di quell'irrepetibilità scritta in queste stesse fibre» (E. Ducci, Approdi dell'umano. Il dialogare minore)

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Informazioni

Anno
2018
ISBN
9788838247477
Argomento
Education

1. Gli anni della gioventù, della “scelta” e delle ispirazioni

Edda Ducci nasce il 5 gennaio del 1929 a Talla, piccolo paese del casentino. Di origini familiari benestanti, il padre Giovanni fu impiegato comunale mentre la madre Vera Cariaggi fu sarta, e prima di quattro fratelli: Vittorio, Carlo e Cesira, sin da piccola Edda visse in un ambiente familiare «onesto, incline alla creatività e al senso del religioso» [1] . Delle tendenze artistiche e religiose familiari, che tanto stimolarono la formazione della nostra Edda, ci giungono testimonianze indirette dai nonni paterni e materni, il primo maestro di musica e il secondo capo fabbro ferraio, da due zie paterne, Imelda e Clara, entrambe suore domenicane dedite alla pittura ed al ricamo, e dallo zio Girolamo Ducci, frate domenicano e stimato uomo di lettere. E non può mancare la famiglia del dottor Sacchi, medico condotto di Talla e vicino di casa della famiglia Ducci, con cui la piccola Edda trascorreva gran parte del suo tempo intenta ad apprendere poesie ed a comprendere l’operato di un medico che attraverso il suo mestiere già la proiettava in quella che fu la ricerca di tutta una vita: capire l’uomo nel suo «enigma» e nel suo «mistero» [2] .
Prossimi alla guerra, nel suo paesello d’origine, Edda inizia a frequentare la scuola elementare dimostrando da subito una memoria prodigiosa oltre che una forte predisposizione allo studio; tanto che quando si pose il problema dell’impossibilità di recarsi ad Arezzo per frequentare la scuola media, «unica in tutto il casentino e raggiungibile da Talla per mezzo di una corriera con orari alquanto limitati: si partiva al mattino presto e si rientrava la sera tardi», grazie ai consigli di zio Girolamo, fu mandata a studiare a Gubbio [3] . Il collegio era la norma e nel collegio trascorse alcuni anni contraddistinti da una profonda e viva riflessione che alla fine la portarono ad una “vocazione”, o per meglio dire, secondo il suo stoico pensare, ad una «scelta di fondo» in grado di segnare tutta la sua vita. Così, all’età di circa diciotto anni, la giovane Edda entra nella stessa Congregazione [4] che l’accolse per favorire i suoi studi al fine di svolgere il suo noviziato.
Nel 1950 con il trasferimento della casa generalizia a Roma anche Edda si sposta nella capitale, dove, indirizzata da Madre Luigia Tincani e dal carisma della propria Congregazione [5] , decide di iscriversi alla Facoltà di Filosofia dell’Università La Sapienza. Gli esami universitari li supera tutti brillantemente tanto che ormai vicina alla tesi di laurea la sua predilezione per la filosofia teoretica la porta ad accostarsi ad Ugo Spirito, all’epoca uno dei filosofi più importanti dell’ateneo romano. Ma le intenzioni intellettuali della giovane studentessa erano altre rispetto a quelle di Spirito: scandagliare e sondare il pensiero di un autore quale fu quello di San Tommaso, a cui nel corso dei suoi studi oltre che della sua vita si era avvicinata e appassionata tanto da tradurre nel 1992 l’undicesima delle Quaestiones disputatae de Veritate e costruire sul pensiero del filosofo tutto il suo futuro concetto di educabilità. Di fronte a tali propositi Ugo Spirito non sarebbe stato il giusto relatore. Così, attratta da un’«ontologia spiritualistica» ricondotta ad una tradizione antica e scolastica, verso la fine del 1954 Edda decide di trasferirsi a Genova dove sceglie come relatore il professore Carlo Mazzantini la cui riflessione si muoveva tra la dimensione del «sentimento», inteso come problema metafisico della realtà [6] , e la dimensione della «temporalità», intesa come intuizione istantanea di un’evidenza che apre al Vero [7] . Edda Ducci si laurea con il massimo dei voti in Filosofia il primo luglio del 1956 con una tesi dal titolo Realismo immediato in San Tommaso e realismo mediato nel Mercier.
Dopo il conseguimento della laurea e un anno di insegnamento di religione presso alcuni Ginnasi e Istituti Tecnici di Taranto, nel 1957, vista la nomina ad assistente presso l’Istituto Superiore Pareggiato di Magistero Maria SS Assunta [8] , la nostra autrice torna a Roma. L’assistentato coincideva con la collaborazione volontaria alla cattedra di Pedagogia del professore Gino Corallo, dove Ducci orientava e seguiva le giovani studentesse sia intellettualmente che spiritualmente. Fu durante tale periodo che, grazie alla partecipazione ad alcuni campi scuola organizzati a La Verna, Ducci poté introdursi nel mondo delle guide scout in qualità di Capo Squadriglie Bibbia e Liturgia [9] , e soprattutto poté nutrire possibilità e convinzioni importanti sì per l’intelletto ma anche per quella formazione umana che nel corso degli anni contraddistinse la sua persona. Ciò fu possibile anche e grazie all’ incontro avuto con Mons. Piero Rossano, futuro Vescovo ausiliare per la pastorale universitaria e Magnifico Rettore della Pontificia Università Lateranense, che nel contesto scout tenne due importanti lezioni di Sacra Scrittura rappresentanti l’inizio di una lunga e profonda amicizia e di «un fruttuoso lavoro in sinergia segnato dall’interesse per il dialogo in tutte le sue sfaccettature (umano, culturale, spirituale)» [10] . Tutto il percorso della nostra autrice, unito a quello di Rossano, è stato un ricco e fecondo accostamento alla cultura che le permise di aprire l’attenzione ad autori quali Ferdinand Ebner e Martin Buber, necessari non solo per il suo percorso accademico ma anche per la propria vita che sempre intese come «dialogo vivo». Ducci su Rossano in un articolo del 1993 dal titolo Iniziazione all’educativo scrive: «Monsignor Piero Rossano – mi sembra di poter dare testimonianza – aveva il senso per l’educativo. Era un iniziatore» [11] .
Ma gli anni dello scoutismo furono anche contrassegnati da alcune pubblicazioni ancora di carattere non accademico e quindi anche molto lontani dai suoi cari auctores. Infatti, tra il 1958 e il 1962, sulla rivista per le capo dell’Agi: Il trifoglio, Ducci pubblica Pedagogia di Gesù; Simboli di Resurrezione; Maria: personalità di eccezione riuscita ed esemplare; Simbolismo delle tre Messe di Natale; La nostra partecipazione al Concilio Ecumenico; Oggi Cristo è nato; Natale: incontro con il Dio della gioia. Eccetto il primo, in cui attraverso la «parabola del seminatore» può rilevarsi qualche fragile traccia di spirito pedagogico [12] , tutti gli altri articoli appena citati sono basati su temi strettamente teologici che non possono annoverarsi tra la produzione accademica dell’autrice perché ancora non lasciano intravedere la vera linea direttiva del suo pensiero.
Nel frattempo mentre in Vaticano continuavano le dispute conciliari tra tradizionalisti e modernisti e si puntava l’accento sul valore della persona e del suo essere, la nostra autrice consegue l’abilitazione per l’insegnamento di Storia e Filosofia e, presso il “Maria Assunta”, diviene assistente volontaria alla cattedra di Filosofia Teoretica tenuta da Cornelio Fabro che dell’Istituto era stato direttore dal 1954 al 1956. «Autorevolezza» e «ritorno al fondamento» sono i termini che maggiormente definiscono il rapporto tra il filosofo stimmatino e l’autrice casentinese. Legata a Fabro sia intellettualmente che emotivamente [13] , qualche anno dopo è la stessa Ducci che ci tramanda “nostalgicamente” le sensazioni provate alla scuola del filosofo: «L’esser maestro si radicava, per Fabro, primamente e solidamente nella sua natura di filosofo. [...]. Il suo dire, concettualmente limpido e altissimo, intrideva la durezza del rigore logico con l’amabilità di immagini, metafore, simboli. E sortiva un’efficacia singolare, ma rifuggiva ogni metodologismo» [14] . E fu forse grazie a tale “autorevolezza” che gli anni alla scuola di Fabro si contraddistinsero anche per le «entusiasmanti e raffinate» esercitazioni svolte dalla nostra Edda «con lodevole diligenza e intelligenza, con dedizione e assiduità» [15] . Già d’allora un’ermeneusi dei testi caratterizzava il suo modo di insegnare oltre che la sua predilezione per autori quali Aristotele, Tommaso e Kierkegaard. Autori a cui Ducci fu introdotta dal maestro, grazie ai quali poté comprendere che si torna al “fondamento” non per la svalutazione del « qui ora, ma piuttosto per l’insoddisfazione di fronte alla pretesa del qui ora di autogiustificarsi, di rendere insignificante qualsiasi forma di rimando, di rivendicare una impoverente immanenza» [16] . Come per Fabro, questa era una delle operazioni più care all’autrice, intrapresa e portata a termine con tutta naturalezza durante le sue lezioni. Per l’autrice tornare al “fondamento” era quasi un movimento scontato, una situazione preziosa per celebrare la vera libertà del pensare. E il compierlo non era la conseguenza di un proposito ma un adempimento lineare. Tutto ciò grazie anche ad una sua costante consapevolezza: la propensione a far di tutto per l’altro mediante un’operazione silenziosa e nascosta, tanto da segnarlo e fargli provare, forse come Fabro fece con lei, la sensazione di sentir nascere e crescere in sé il bisogno di scrutarsi nella sua “primitività”, facendogli accarezzare l’illusione che il traguardo raggiunto fosse tutta opera sua. Un principio oscuro, quasi inaudito per gli “intrusi” dell’educativo ma ben chiaro a Ducci, per la quale il maestro, il maieuta, considera l’evento, presagisce la solitudine e insieme pregusta un’esperienza tragica e magnifica: arrecare anche a uno solo il beneficio immenso di renderlo libero, senza che questo gli debba niente.
Ma il periodo dell’assistentato a Fabro si caratterizza anche per i primi articoli accademici della nostra autrice. Difatti, grazie all’aiuto del frate domenicano Clemente Vansteenkiste, ispiratore del suo iniziale ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Costruirsi nel dialogo
  3. Indice dei contenuti
  4. I. INTRODUZIONE VERSO UNA LIBERTÀ LIBERATA. LA VITA E L’OPERA DI EDDA DUCCI
  5. 1. Gli anni della gioventù, della “scelta” e delle ispirazioni
  6. 2. Dall’impegno culturale alle esperienze sociali
  7. 3. Dagli impegni istituzionali alle amate lezioni
  8. Conclusione
  9. II. TESTI ANTOLOGICI
  10. 1. RILEGGERE IL RAPPORTO PEDAGOGIA-FILOSOFIA
  11. 2. INDIVIDUARE L’INTERIORITÀ NEL SINGOLO
  12. a) La soggettività reale
  13. b) La soggettività è il compito
  14. c) Gli Pseudonimi nella dialettica della soggettività
  15. 3. RITORNARE ALLA PAIDEIA
  16. 4. PENSARE LA PERSONA COME RELAZIONE E COMUNICAZIONE
  17. 4.1 La relazione
  18. 4.2 La relazione rivelatrice di essere e di limite
  19. 4.3 Morfologia della relazione
  20. 4.4 La espressione della relazione
  21. 4.5 Educazione e intersoggettività
  22. 5. INTENDERE IL MISTERO DELL’UOMO
  23. 5.1 La densità ontologica dell’io
  24. 5.2 Lo spazio personale
  25. 5.3 L’esigenza etica originaria
  26. 5.4 La misura umana
  27. 6. RIPENSARE LE FONTI
  28. 7. COMPRENDERE IL POTENZIALE
  29. III. BIBLIOGRAFIA RAGIONATA
  30. IV. POSTFAZIONE. LA PAROLA COME LECTIO EDUCATIONIS