III. Il Trio n. 1 op. 8
III. 1 Genesi dell’opera
ostakovič compone il primo dei due trii con pianoforte nell’autunno del 1923, dedicandolo a Tatjana Glivenko. Il giovane compositore, appena sedicenne, attraversa un momento difficile: dopo la morte del padre nel 1922 è costretto a mantenere la famiglia lavorando come pianista accompagnatore in un cinema. Nel 1923 trascorre l’estate in un sanatorio a Koreinz in Crimea per curare la tubercolosi. È allora che incontra la coetanea Tatjana Glivenko, figlia di un noto filologo di Mosca. Glazunov, direttore del Conservatorio di San Pietroburgo, aveva organizzato il soggiorno di ostakovič nel sanatorio, mentre il padre di Tatjana, che rivestiva un’importante carica ufficiale nell’ambito del controllo delle case di cura, aveva organizzato una vacanza estiva per le sue due figlie nello stesso luogo. La relazione fra il compositore e Tatjana Glivenko, con tutta l’intensità del primo amore, prosegue durante gli anni successivi nonostante i due giovani vivano lontani, ostakovič a Leningrado e Tatjana a Mosca. Si incontrano sporadicamente a Mosca e nel 1925 riescono a trascorrere l’intera estate insieme. Nel 1929 Tatjana si sposa, ma anche dopo il matrimonio sembra esserci la possibilità che lasci il marito per andare a vivere con ostakovič, nonostante la relazione che sta nascendo tra il compositore e Nina Vasiljevna Varzar, che ostakovič sposa subito dopo la nascita del primo figlio di Tatjana. Il Trio per violino, violoncello e pianoforte n. 1 in do minore op. 8 è sicuramente un’opera di tutto rispetto, considerando che si tratta del lavoro di un giovane studente. Il brano, in cui è già riconoscibile il linguaggio musicale di ostakovič, è pervaso da un’atmosfera intensamente romantica. Nel 1924 il giovane Dmitrij pensa di trasferirsi da Leningrado al Conservatorio di Mosca e presenta il Trio come brano obbligatorio per l’ammissione, ottenendo il consenso entusiasta di Mjaskovskij, disposto ad accoglierlo come studente nella sua classe di composizione libera. Nell’occasione dell’esame scrive alla madre: “[…] ieri al Conservatorio mi hanno fatto una specie di esame. Tra i professori c’erano Mjaskovskij, Vasilenko, G. Konjus, il prorettore Brjusova ecc. Ho suonato tre cose per violoncello e il Trio. Le cose per violoncello le ho suonate da solo, nel Trio hanno suonato Vlasov al violino e Klevenskij al violoncello. Hanno suonato disgustosamente…ma il risultato è stato assolutamente inatteso. Non me lo sarei mai immaginato. Hanno considerato il mio Trio come una forma di sonata e subito mi hanno accettato nella classe di composizione libera. È andata proprio bene. Konjus, un vecchietto con un’aria molto formale, si è accostato a Mjaskovskij e gli ha chiesto: «Lei lo accetta in classe?». Mjaskovskij: «Non se ne parla neanche». Konjus: «Lo vuole iscrivere nella classe delle forme?». (Ciò che in realtà ho studiato quest’anno con Ovësyč). Mjaskovskij: «Perché nelle forme, se ha una perfetta padronanza delle forme? Direttamente nella classe di composizione libera. Quello che ci ha suonato adesso sia considerato prova d’esame per la classe della forma di sonata». Konjus: «Ma sì, naturalmente. Io stesso la pensavo così». Io, sentendo questo dialogo, sono arrossito di piacere. […] A Leningrado non mi avrebbero considerato il Trio come una forma di sonata. Stupidi formalisti. Visto che ho scritto il Trio, senza frequentare la classe delle forme, non avrebbero potuto calcolarlo come prova d’esame.” L’intervento della madre, che non condivide il trasferimento a Mosca anche a causa della salute cagionevole del giovane, convince il compositore a proseguire gli studi di composizione a Leningrado, dove il genero di Rimskij-Korsakov, Maksimilian tejnberg, mentre loda ed incoraggia le qualità di ostakovič, si oppone all’uso dell’elemento grottesco, già presente nel Trio op. 8, che sta diventando una caratteristica distintiva dello stile compositivo del giovane. Il Trio in do minore era stato originariamente composto come colonna sonora di un film, e ostakovič lo esegue infatti la prima volta proprio al cinema con il violinista Vejamin Sher ed il violoncellista Grigorij Pekker. La prima esecuzione pubblica in concerto risale invece al 20 marzo 1925 nella sala piccola del Conservatorio Čajkovskij di Mosca con Lev Oborin al pianoforte, N. Fedorov al violino e A. Egorov al violoncello. Nonostante il notevole successo delle prime esecuzioni, il brano viene in seguito dimenticato e riappare solo nel 1983 grazie all’interesse di Boris Tiščenko, vecchio allievo di ostakovič, che s’incarica di far pubblicare la partitura dopo aver ricostruito le ultime battute della parte del pianoforte che mancavano nel manoscritto. Influenzato dal punto di vista dei colori dai romantici tedeschi, in particolare Brahms e Schumann, il Trio op. 8, in un solo movimento, è scritto in forma sonata costruita su un primo tema pieno di energia ed un secondo tema più delicato, ma conserva un carattere rapsodico. Lo sviluppo si distingue per la varietà delle atmosfere e la libertà del discorso, e la conclusione è costituita da una coda eclatante in cui il pianoforte riveste un ruolo di primo piano. Un lavoro immaturo forse, ma non ingenuo, di particolare interesse poiché testimonia come già a sedici anni ostakovič propendesse per forme cicliche, con insistenti ritorni tematici a conclusione del brano.
III. 2 Analisi
Il Trio op. 8, strutturalmente costruito su un unico movimento, esordisce con una figurazione di accompagnamento pianistico scritta con libero procedimento armonico, quindi senza un centro tonale di riferimento. Tuttavia, come per maggior parte della produzione del compositore, si evincono sonorità accordali di chiaro sapore neoclassico.
Il profilo melodico esposto inizialmente dal violoncello, e proseguito immediatamente dopo dal violino, è costituito da un procedimento discendente di semitono. È interessante notare che la linea del basso pianistico segue lo stesso movimento cromatico descritto dagli archi con maggiore regolarità ritmica.
All’interno dell’idea tematica poc’anzi descritta sono presenti variazioni di conduzione melodica che acquistano rilevanza dal punto di vista strutturale; la prima modifica avviene già da battuta 3: il violino amplia il profilo armonico inserendo, tra il primo e il secondo quarto della battuta in questione, un salto di settima diminuita. Successivamente tale salto sarà commutato in settima minore (b. 8) ed ottava (b. 10). Ritmicamente, sul profilo melodico vengono effettuate variazioni rilevanti a battuta 4: vengono utilizzate figure ritmiche in ottavi che diventano elemento di sviluppo a battuta 10. Il disegno qui generato comprende ampi salti di ottava di stretta derivazione dai salti compiuti precedentemente; a livello ritmico si instaura, fino a battuta 16 un incessante ritmo dattilico (con partenza in levare). Da battuta 14 tale ritmo viene presentato all’interno di un disegno che, come precedentemente avvenuto, si dispone, a livello pianistico, nell’ambito di due ottave. L’oscillazione parzialmente cromatica di tale disegno genera una nuova figurazione melodica a battuta 17 costituita da un chiaro disegno sinusoidale (tale figurazione verrà ripetuta a battuta 21). La particolarità di quest’ultimo evento musicale è di avere un disegno costituito interamente da ottavi. A battuta 22 (comprendendo anche metà movimento, in levare, di battuta 21) il disegno in ottavi viene sviluppato interamente dal violino. Inizialmente detto strumento espone il disegno ondulato con distanze intervallari non più di semitono bensì di tono; ciò crea una diversità con l’originaria natura cromatica dello stesso disegno. In pratica, il compositore si serve della qualità ritmica dell’idea appena esposta, ma modifica il tono decisamente cromatico per avviare un profilo melodico nuovo quasi interamente modale.
Il violino, dunque, espone il nuovo disegno che, da battuta 22 fino a battuta 25, comprende salti di quinta e di sesta all’interno delle quartine esp...