Capitolo X
Orazione interiore
Chiamata all’Amore
Arrivare all’amore significa arrivare a Dio, essere come Lui e, per ottenere questo, occorre essere con Lui e in Lui. Il Signore chiama tutti all’amore, continuamente, anche dal Santuario interno dell’anima (dal nucleo) affinché essa si incammini per arrivare alla Sua presenza. Questa è la chiamata all’orazione. Come Maria che sempre pienamente raccolta in sé stava perennemente col suo Signore, e osannava «l’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore», così l’anima che ha compiuto il percorso che la conduce alla comunione con Dio (per cui è arrivata al nucleo) è già tutta salvata e vive di lode a Dio. Ma quando l’anima non ha fatto questo cammino (cioè quando è posizionata sulle orbite esterne), non riesce a godere di Dio. Vive fuori di sé anche se crede di vivere pienamente la sua vita nella sua casa tra gli affari del mondo e, allora, paradossalmente, l’anima non è più in casa (nell’atomo), ma, vive sulle orbite esterne. Il Signore, che è nel centro dell’anima (nel nucleo), è come se si trovasse fuori della casa, fuori dell’anima e pare che chiami l’anima dall’esterno, per portarla a Sé dove la vita è magnifica primavera, armonia di eterna felicità, lontana dalle paure del mondo dove è nascosta nei dirupi della solitudine. Ma Dio non si scoraggia mai e, sempre, chiama ogni anima a Lui con ogni dolcezza, eternamente innamorato e continuamente «Alzati, amica mia, mia bella, e vieni! Perché ecco l’inverno è passato, è cessata la pioggia, se n’è andata; i fiori sono apparsi nei campi, il tempo del canto è tornato e la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna. Il fico ha messo fuori i primi frutti e le viti fiorite spandono fragranza. Alzati, amica mia, mia bella, e vieni! O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia, nei nascondigli dei dirupi, mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave, il tuo viso è leggiadro» (Ct 2,10b-14).
L’Orazione
Il cammino di fede porta l’uomo a Dio e L’orazione è sempre determinata dalla struttura della fede cristiana nella quale risplende la verità stessa di Dio e della creatura. Per questo essa si configura come un dialogo personale, intimo e profondo, tra l’uomo e Dio. L’orazione è fede in atto: L’orazione senza fede diviene cieca, la fede senza orazione si disgrega.
L’orazione si sviluppa determinando la qualità e l’intensità della fede stessa, tende alla preghiera della santità, cioè a fare della nostra vita il capolavoro di Dio nell’adesione costante e perfetta alla sua volontà. Essa sorge dal cuore e illumina, trasfigurandola, l’intera nostra persona.
L’orazione, in sostanza, è un atto di amore a Dio
Quando noi amiamo Dio, Lo ascoltiamo e, Quando Lo ascoltiamo, Lo amiamo. La prima via dell’ascolto, com’è ovvio, è la “Parola di Dio”. Altra via dell’ascolto è la nostra coscienza, La terza via dell’ascolto sono gli avvenimenti.
Dall’ascolto nasce la nostra risposta a Dio, essa si concretizza nell’obbedienza e nell’azione fino a maturare delle decisioni profonde che donano all’esistenza il vero volto cristiano. L’orazione è Il vertice di un ascolto attento e maturato nel silenzio, è l’esercizio dell’ accoglienza della Parola, e della conformazione alle beatitudini.
L’orazione è il cammino che l’anima fa per andare dal guscio esterno al nucleo. Pertanto ci sono vari gradi di orazione che Dio concede ma che vanno anche conquistati anche con molto impegno, fatica, sacrificio e ferma volontà, e nello stesso tempo Dio concede grazia su grazia ad ogni livello raggiunto. È un cammino anche impervio e pieno di ostacoli, addirittura è possibile perdere i progressi ottenuti e ritrovarsi ai livelli precedenti. Se questo dovesse accadere sarebbe certamente per nostra mancanza perché Dio ha solo fervente desiderio che tutti progrediscano nel cammino dell’orazione. Santa Teresa D’Avila (come anche San Giovanni della Croce ed altri ancora) nelle sue opere descrive molto dettagliatamente come si fa l’orazione, i modi, i tempi, i gradi, le fasi e le difficoltà che si incontrano in essa, nonché i vantaggi che se ne ricavano nel praticarla.
Chi non vuole entrare nell’orazione, temendo l’impegno, la fatica o perché non crede al suo valore, alla Parola del Signore, fa come gli Israeliti che rifiutarono di entrare nella Terra Promessa: «Rifiutarono un Paese di delizie, non credettero alla sua parola. Mormorarono nelle loro tende, non ascoltarono la voce del Signore»(Sal 106,24-25). Rifiutare l’orazione è rifiutare di entrare nel cuore del Signore, è rifiutare l’unione intima con Lui, è rifiutare di essere la sua sposa.
Entrare nell’orazione significa entrare nella terra promessa e, chi intraprende l’orazione, va alla conquista della terra promessa dove scorre il latte e il miele della Grazia del Signore. Ha un lungo cammino da percorrere, pieno di ostacoli e tranelli come accadde agli Israeliti quando poi vi entrarono. Nella terra conquistata bisognava combattere, assoggettare i popoli, non contaminarsi con i loro usi e costumi e liberarsi dai loro riti sacrificali con cui immolavano i loro figli versando sangue innocente. Nell’orazione bisogna combattere i popoli dei vizi del mondo, i regni dell’empietà che ci portiamo dietro; occorre distaccarsi dagli idoli, liberarsi dalle catene dell’iniquità e dalla schiavitù di tutte le scelleratezze, perché ne siamo contaminati. « Dio mi chiamava da una parte, e io seguivo il mondo dall’altra. Le cose di Dio mi davano piacere, e non sapevo svincolarmi da quelle del mondo. Insomma, pareva che volessi conciliare questi due nemici, tanti fra loro contrari: la vita dello spirito con i gusti e i passatempi dei sensi. L’ora di orazione mi era divenuta un tormento, perché, facendola io consistere nel raccogliermi nel mio interno, ed avendo lo spirito non più padrone ma schiavo, non potevo rientrare in me stessa senza portare con me tutto il cumolo delle mie miserie». (Vita di S. Teresa di Gesù, postulazione generale O.C.D., cap. 7,17)
E seppure non dovessimo riuscire a portare avanti questa lotta «non sterminarono i popoli come aveva ordinato il Signore, ma si mescolarono con le nazioni e impararono le opere loro». (Sal 106,34-35), non dobbiamo temere o lasciarci vincere dalla sfiducia o dall’angoscia, infatti: «Pure, egli guardò alla loro angoscia […], si mosse a pietà per il suo grande amore. […] Salvaci, Signore Dio nostro, e raccoglici di mezzo ai popoli, perché proclamiamo il tuo santo nome e ci gloriamo della tua lode» (Sal 106,44-45.47).
Coraggio non sei solo a camminare nell’orazione, Egli è con te a darti tutto l’aiuto necessario perché conosce le tue difficoltà, la tua inesperienza e la tua debolezza «Egli lo trovò in terra deserta, in una landa di ululati solitari. Lo circondò, lo allevò, lo custodì come pupilla del suo occhio. Come un’aquila che veglia la sua nidiata, che vola sopra i suoi nati, egli spiegò le ali e lo prese, lo sollevò sulle sue ali. Il Signore lo guidò da solo» (Dt 32,10-12). Infatti, S. Teresa d’Avila così incoraggia chi incomincia a fare orazione: «Il motivo per cui tanto insisto su questo punto è quello, ripeto, di far conoscere la misericordia di Dio, la mia ingratitudine, e il gran bene che il Signore fa a un’anima quando la dispone ad applicarsi con buona volontà all’orazione, purché vi perseveri con coraggio, nonostante le tentazioni, i peccati e ogni sorta di ricadute in cui la precipiti il demonio, tenga per certo che Dio la condurrà al porto di salute, come mi pare abbia condotto me. – Piaccia a Sua Maestà che io non torni a perdermi! […]. Chi ha cominciato a fere orazione, non pensi più di tralasciarla, malgrado i peccati in cui gli avvenga di cadere. Con l’orazione potrà presto rialzarsi, ma senza di essa sarà molto difficile. Non si faccia tentare dal demonio a lasciarla per umiltà, come ho fatto io, e si persuada che la parola di Dio non può mancare. Se il nostro pentimento è sincero e proponiamo di non più offenderlo, Egli ci accoglie nell’amicizia di prima, ci fa le medesime grazie di prima, e alle volte più grandi, se la sincerità del pentimento lo merita. Quanto a coloro che non hanno ancora cominciato io li scongiuro, per amore di Dio, di non privarsi di un tanto bene. Qui non vi è nulla da temere, ma tutto da desiderare. Anche se non facessero progressi, né si sforzassero di essere così perfetti da meritare i favori e le delizie che Dio riserva agli altri, guadagnerebbero sempre con imparare il cammino del cielo; e perseverando essi in questo santo esercizio, ho molta fiducia nella misericordia di quel Dio che nessuno ha mai preso invano per amico, giacché l’orazione mentale non è altro, per me, che un intimo rapporto di amicizia, un frequente intrattenimento da solo a solo con Colui da cui sappiamo d’essere amati.
Ma voi direte che ancora non lo amate.
Sì, perché l’amore sia vero e l’amicizia durevole, occorrono parità di condizioni, e invece sappiamo che mentre nostro Signore non può avere nessun difetto, noi siamo viziosi, sensuali ed ingrati, per cui non lo possiamo amare quanto Egli merita. Tuttavia, considerando quanto vi sia vantaggioso averlo per amico e quanto Egli vi ami, sopportate pure la pena di stare a lungo con uno che sentite così diverso da voi. Sì, o bontà infinita del mio Dio, vedo chi siete Voi e chi sono io; e nel vedervi da me diverso, o delizia degli angeli, vorrei consumarmi tutta in amarvi! Oh, come sopportate chi vi permette di stargli vicino! Che buon amico dimostrate di essergli, Signore! Come lo favorite, e con quanta pazienza sopportate la sua condizione aspettando che si conformi alla vostra! Tenete in conto ogni istante ch’egli trascorre in amarvi, e per un attimo di pentimento dimenticate le offese che vi ha fatto. Questo io so per esperienza, e non capisco, o mio Creatore, perché il mondo non corra tutto ai vostri piedi per intrecciare con Voi questa particolare amicizia». (Vita di S. Teresa di Gesù, cap. 8,4-5)
L’Orazione fa vivere con Cristo
Il cammino verso l’interno dell’anima (dell’atomo) comporta la conquista del dominio di sé, e della signoria sulla propria vita; è imparare a regnare con Cristo e per Cristo. La signoria del cuore è la stessa signoria di Cristo che regna sul trono della croce e domina con l’Amore verso tutti. I suoi sudditi sono tutti quelli che sono amati da Lui e pertanto sono grati al loro Re; chiunque si sentirà amato, si sentirà forte, libero e re anche lui perché vorrà essere simile al proprio Re. La corona del Re Signore non è la corona dei re della terra, ma, è la corona di spine che indica il suo vero potere: quello di prendere su di se il male e donare perdono, pietà, misericordia, amore; è la più bella corona che si possa desiderare per essere come Lui, vero Re dell’Amore.
Il suo potere è il potere del cuore e dell’anima, agisce trasformando il cuore dell’uomo rendendolo libero e capace di amare; e allora l’uomo comincia a conformarsi a Cristo. La corona di spine rappresenta la regalità di Nostro Signore che, presente nel nostro cuore (nel nucleo), ci dona, ci offre il suo cuore, ci attira e ci lega a sé «Perciò la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore» (Os 2,16). Questo è il legame dell’orazione, la sua opera e la sua azione. L’orazione è il rito d’amore che si svolge nel deserto, cioè nell’intimo dell’anima e lontano da tutto e da tutti, con il Signore, a solo a solo, a cuore a cuore. È un colloquio che unisce le intimità, le consolida e le rafforza; è un rito sacro, profondo e indescrivibile, è la vita del Cielo! L’orazione è un tripudio a Dio, un canto fatto con la cetra del cuore, un guadagno e una ricchezza dell’anima che contagia e coinvolge chiunque. L’orazione ci permette di accostarci al Dio della nostra gioia, al Signore del nostro giubilo, alla sua Santa Dimora.
Il cammino che l’anima può compiere in sé stessa con l’ascolto della Parola e con l’orazione, ha dunque, un funzione indispensabile: permette a Dio di regnare in noi, di agire «Facciamo frutti nello Spirito, perché Dio possa dimorare in noi come in un paradiso spirituale. Regni in noi Cristo assiso alla destra di quella potenza spirituale che pure noi desideriamo ricevere. Rimanga finché tutti i suoi nemici, che si trovano in noi, diventino sgabello dei suoi piedi» (Sal 98,5). Così sia allontanato da noi ogni loro dominio, potere ed influsso. Tutto ciò può avvenire in ognuno di noi. Allora, alla fine, «ultima nemica sarà distrutta la morte» (1 Cor 15,26). Allora Cristo potrà dire anche dentro di noi «Dov’è o morte il tuo pungiglione? Dov’è o morte la tua vittoria?» (1Cor 15,55). Fin d’ora perciò il nostro «corpo corruttibile» si rivesta di santità e di «incorruttibilità; e ciò che è mortale cacci via la morte, si ricopra dell’immortalità» del Padre (1 Cor 15,54). Così regnando Dio in noi, possiamo già godere dei beni della rigenerazione e della risurrezione (Origene, “La preghiera”, cap. 25, 498-499).
«Tu invece, nella tua vita, ti sei macchiato di molte colpe. Quanta negligenza nell’osservanza della divina legge, quanti precetti trasgrediti, quanti doveri trascurati! Vedi quale aspra lotta si combatte in te stesso, come i sensi si ribellano alla ragione, e la carne allo spirito. Quante volte hai reso infruttuoso il dono prezioso della grazia. Da tanto tempo il Signore ti ripete il desiderio ardente che ha della tua salvezza, e tu contraddici ai suoi voleri, rigetti le sue ispirazioni, resisti alla sua grazia. E se talvolta ne assecondi gli inviti, non corrispondi però ai fini altissimi della sua Provvidenza. Tutto ciò proviene dalla mancanza di spirito di orazione . Anche da parte degli ecclesiastici si studia Dio, si predica Dio, s’insegna Dio, si discute di Dio; nei Vangeli, nelle Scritture si legge di Dio; eppure lo spirito rimane arido, senza devozione. Molta scienza e niente orazione; tutto il nutrimento è per l’intelletto, niente per la volontà.
Rifletti che la tua dipendenza dal Signore è essenziale, assoluta, continua. Perché, dunque, non tieni lo sguardo rivolto al cielo per lodare, benedire e glorificare la divina Bontà? Se tu indirizzassi ogni cosa a Dio, ti faresti santo. Orsù, rettifica le tue intenzioni, opera il bene, ama il bene, ma unicamente per Dio, Dio solo. Studiati d’imitare la perfettissima e Immacolata Vergine Maria, sempre “aspirando ai carismi più grandi” ». (S. Francesco Fasani dalle « Meditazioni»).
Fusione fredda spirituale
Chi entra profondamente in se stesso, nella fede profonda, solida e liberante, passa alla vita nello Spirito e arriva ad una visione nuova del mondo, vede la vanità della vita nella carne, la sua inutilità e il suo danno «Tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose, e le considero come spazzatura» (Fil 3,8). Entrare in sé e posizionarsi nel Nucleo cioè nel centro dell’anima, porre là la dimora dell’io, è metterla nella Fusione Fredda Spirituale con Cristo, è vivere nella Fede in Lui, conoscere Lui e la potenza della Sua Risurrezione (cfr. Fil 3,10). E, pur essendo nel mondo, non si è più del mondo,
l’orazione è l’ombrello che mette al riparo dalle angosce della vita e dai pericoli del mondo. Nel nucleo arde la materia Divina che è fondamento del nostro spirito, arde il cuore di Dio, arde quel “roveto ardente” che, come il Sole Divino, emana luce e calore, quella luce che illumina ogni uomo. Ecco cosa ci dice S. Agostino «Stimolato a rientrare in me stesso, sotto la tua guida, entrai nell’intimità del mio cuore, e lo potei fare perché tu ti sei fatto mio aiuto. Entrai e vidi con l’occhio dell’anima mia, qualunque esso potesse essere, una luce inalterabile sopra il mio stesso sguardo interiore e sopra la mia intelligenza. Non era la luce terrena e visibile che splende dinanzi allo sgua...