Carlo Benincasa
L’essenziale è
Prima Edizione Collana “Gli Emersi - Poesia”
Luglio 2014
ISBN 978-88-591-1914-2
Copyright © Altre Sembianze S.r.L.
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ISBN 978-88-591-2158-9
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* * *
A mio padre e mia madre
* * *
In fondo, l’essenziale è
prendersi per mano,
darsi una carezza,
guardarsi negli occhi
e non dimenticarsi mai di dire,
ti voglio bene.
IL SOLE
Il sole
le nuvole
le gocce di pioggia
che formano cristalli di zucchero
sul mio albero.
Per un momento
mi è sembrato
così dolce vivere e scrivere di ciò.
ECCOTI COSì
Eccoti così
improvvisamente donna,
vorrei fare all’amore con te
sconosciuta dea
dal turgido corpo.
M’è bastato guardarti
per sentire lo schiocco del mare
sulle tue labbra salate;
un sorriso,
i nostri occhi,
un rapido addio.
IL MALE
Il male è un bellissimo fiore
senza radici
del cui profumo rimane
un silenzio inqualificabile.
OGGI
Oggi è tutto così fermo
che le barche sul fiume
sembrano dipinte.
Solo un gabbiano
sferza il mio essere
precario in movimento.
FELICITà
Felicità mia amante perduta,
ti ho sfiorato e poi posseduta
così come si fa con le puttane,
ma del nostro amore
non è rimasto nulla
se non il prezzo della mia solitudine.
Felicità, mia felicità,
fa che il seme che ora non da frutti
possa albergare in un antro
di fertile attesa, così che, un giorno,
una goccia d’acqua
gli rammenti il suo nascere.
FOGLIE
Alcune foglie secche
scricchiolano sotto i miei piedi,
altre mulinano
in un vortice di silenzio
mentre alcune loro compagne
ticchettano un improbabile tip tap.
Dietro a me un ponte della ferrovia
attende desolato il suo treno
che, molto probabilmente, data l’ora, sarà vuoto.
Vuote sono anche le strade
di questa prima domenica di
Dicembre e ciò non mi dispiace affatto.
Non so in realtà se sarò disposto a far qualcosa,
tutt’al più mi concederò anche oggi alla vita.
DICEMBRE
Ed è in questi giorni di dicembre
in cui il primo freddo urge sulle mani,
che io son come le fresche rose
portate al vostro altare,
se non fosse che per strada
ho perduto il mio stelo
e così inspiegabilmente muoio
della stessa pazzia
per cui marciscono i fiori d’inverno.
PRATI DI BRINA
Prati di brina
brina sui prati
brina sui tetti e gli alberi quì intorno.
Cos’è questo, il nostro inverno?
O forse è l’inferno?
Inverno inferno
freddo caldo
due facce della stessa moneta,
a noi la scelta di tirarla
cosa capiterà?
non so, non voglio saperlo,
non cambia la sostanza delle cose,
sono un filo
un filo d’erba nascosto sotto la brina
e come me ce ne sono più d’uno,
cento? mille? chissà!
Ma quand’anche sia
il più nascosto tra i fili d’erba,
cercami per non morire.
LACRIME SPARSE
Lacrime sparse sul cuscino
lacrime deterse fra le dita,
quant’è feroce il tuo canto oh morte.
Donna nera e senza parole,
fiume oscuro alla foce e al mare,
tu cuci il gomitolo del mistero nella mia pancia
così che le mie parole
rimangano nel tuo alveo
che non da respiro.
Oh morte, maledetta morte
esonda ti prego
in mille rivoli così che
almeno uno di questi
porti la mia voce al cielo.
UNA PORTA SALOON
Una porta saloon
si apre e chiude rapidamente,
ha due grandi occhi
e due maniglie d’ottone
che sembrano eufoni che gracchiano
per dei cardini arrugginiti.
Il cameriere saluta un forestiero,
buona sera! si accomodi.
Un vecchio al solito angolo
in un anfratto buio del locale
schiocca le labbra
per poi esaltare ad alta voce
l’Est Est Est!
Un calice parla rosso rubino
tra marito e moglie che non l’ascoltano.
Il cameriere si accerta
che la cena sia stata di loro gradimento... biascicano un si.
Sconosciuti e conosciuti
si avvicendano nel mio circo
di anime spente
dove l’unico tavolo che esalta
la musica di un vecchio pianoforte
ha il colore della tua assenza.
IO SONO UNA SCARPA
Io sono una scarpa,
destra per la precisione.
Faccio il paio
con un’altra scarpa
che condividerà con me
il resto dei nostri giorni.
Sono nata presumibilmente
in un laboratorio artigiano,
me lo attesta una targa
con su scritto, fatto in Italia.
Faccio bella mostra di me
in una vetrina molto importante
di una strada importante,
me lo dicono gli sguardi
indagatori di persone che forse
non vedrò più, ma dall’aspetto
radical chic.
Accanto a me, sopra e sotto
altre scarpe, nere o marroni
come la mia pelle,
se di pelle può trattarsi.
Non so chi mi indosserà,
o meglio di chi indosserò il peso;
sicuramente sarà un uomo
e questo è forse meglio
vedendo l’arco inusuale
cui sono costrette
le scarpe da donna.
Sarà grasso, magro, bianco,
nero o giallo? non lo so,
non posso saperlo
finchè qualcuno mi si fermerà davanti
e pronuncerà un, mi piace.
E non so in verità
quanti passi farò, quali vie
del mondo percorrerò,
se camminerò al freddo, al caldo,
sotto la pioggia, vicino ad un fiume
o dove accidenti mi porterà il caso.
So soltanto che sarò costretta
a seguire per tutta la vita
il mio padrone, in silenzio,
senza troppe storie o scuse,
come un cane fedele.
Ma non conoscerò carezze,
sputi semmai e si cercherà
di pettinarmi con spazzole dure
sfregando il più possibile
perchè io resti lucida, nulla più.
Chi sarà il mio padrone?
non saprei dire,
forse un impiegato, ma anche un funzionario, se non un giudice
della corte di cassazione, ma anche un prelato.
Non so come sarà l...