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“Vuoi venire con me
oggi ho tanta paura
questo mondo è selvaggio,
un po’ contronatura.
Sole spaccami gli occhi,
notte fammi del male
se son stato felice
certo era illegale.
Passerò col vento,
passerà il momento
passerai per sempre,
passerà la gente
portami ovunque ma che sia
lontano, lontano da casa mia
dove obbedire è lecito,
ribellarsi è cortesia.
La musica ti salva,
ti riduce in miseria
la musica ti uccide
la musica non è una cosa seria;
a volte sogno il contrario
spesso ho nostalgia
un bel giorno che piove
vieni e portami via!”
(Lo Stato Sociale – La musica non è una cosa seria)
* * *
Ed è proprio con la musica che si inizia la storia e, nel nostro caso, si continua e finisce pure. Una musica senza la quale non potresti vivere, perché in ogni momento sa sempre cosa dirti: è la migliore delle amiche, ti capisce, coccola e accudisce come la più amorevole delle madri.
È per questo che ogni capitolo inizierà con un piccolo estratto di testo di una canzone, al quale è ricollegato un evento rilevante della mia vita finora, o per meglio dire un sentimento: paura, rabbia, gioia e a volte persino una totale indifferenza verso il mondo o una assoluta voglia di lasciarsi andare e non provarci nemmeno più, a ottenere un risultato decente. Per fortuna tutto passa…
La musica che preferisco deve essere leggera, una folata di vento che ti entra nelle orecchie, e per quanto ci provi non ti abbandona. Deve appunto “non essere una cosa seria”, e portarti via dove non esiste divieto: tu sei il padrone. In altre parole, deve veramente farti sognare, trasportarti fino a che non ti sentirai in perfetta simbiosi con il tuo essere, triste o felice che sia in quel momento.
È per questo che la uso persino per conoscere le parti di me stesso che ancora non conosco, e mi getto sempre alla ricerca di nuove melodie, gruppi, e (concedetemi il termine) persino sapori, perché niente ti lascia un buon gusto in bocca come la canzone che parla della tua vita. Girovagando con le orecchie ho conosciuto le band da cui prenderò tutte le citazioni di inizio capitolo: alcuni li conoscerete sicuramente, anche se magari non apprezzerete, di altri vi chiederete proprio da quale cilindro li abbia fatti saltare fuori, ma in fondo sarebbe troppo facile se vi gettassi addosso citazioni di gruppi come i Pink Floyd (che tra l’altro non fanno musica, ma molto di più).
Quando ascolti attentamente, c’è solo un momento in cui la pace ti abbandona per lasciare posto a una sfrenata voglia di dare sempre di più: i concerti. Lì è tutto peggiore: la qualità, prendi gli spintoni, ti rompi le costole contro le transenne per difendere la prima fila… in una parola: è magnifico. Perché nonostante tutto sei faccia a faccia con chi sembra capirti senza conoscerti e puoi urlare, urlare come un indemoniato fino a che dopo due canzoni già non hai la voce, ma nonostante tutto continui a farti sentire, perché in fondo gli artisti hanno bisogno di noi per avere la possibilità di dare il loro messaggio al mondo. E allora perché non aiutarli? Se poi sei fortunato, dopo il che hanno finito di strimpellare scendono e parlano con te, ti chiedono cosa ne pensi, ti autografano i cd, ti raccontano delle storie divertenti sul mondo della musica che ai semplici ascoltatori sono precluse. Ho conosciuto tantissima gente in questo modo, mangiato migliaia di chilometri con i miei fidi compagni per andare a fare del casino. Trasferte che rompono le ossa, veramente, alla fine non capisci niente. Ma non ci si stanca mai…
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A 16 anni le opzioni sono due
visto che o diventi pugile
o diventi come me
che sono debole,
che non ho regole,
che ho roba demodé,
che detesto il cliché
dell’uomo che non deve chiedere mai,
dato che se non chiedi non sai,
dato che adoro Wharol e Wilde,
dato che se mi cerchi
mi troverai nel viavai di un gay pride,
ma sappi che se mi provocherai sono guai,
Dottor Jekill diventa Mr Hide
e ti ammazza stecchito col Raid.
Cari professori miei, io vorrei
che in giro ci fossero meno bulli del cazzo e più gay,
più dreadlock e meno monclair,
più Stratocaster e meno DJ,
chiama la strega di Blair
c...