Poche parole
Si potrebbe disquisire all’infinito su cosa sia poesia e chi sia il poeta!
Io amo attenermi a quanto riportato su qualsiasi vocabolario: “Arte di esprimere emozioni” – “Capacità di commuovere” questo, in sintesi, è quello che si richiede ad una poesia e ad un poeta: “trasmettere emozioni”.
Ma chi è un poeta, come è fatto?
È una persona qualunque, a volte un po’ triste; una persona però in cui tutti i mali del mondo vengono recepiti come suoi; basta un fiore, una foglia morta, un tramonto, il sorriso d’un bimbo ed ecco che scatta quell’impulso, irrefrenabile, che ti dice “scrivi”, ed il poeta scrive il suo male (o gioia) interiore.
Questo è quello che fa Maurizio Stasi!
Sono esperienze vissute le sue? Racconti vissuti da amici e conoscenti? Sensazioni suscitate dal comune sentire? O sono semplicemente fantasie?
Non lo sapremo mai!
Non c’è un momento preciso che lo spinge ad eternizzare il suo sentire momentaneo.
La sua poesia è un attimo!
La coglie in ogni dove! Per strada, sui giornali, guardando in volto una persona, osservando un cane, sì proprio così, la poesia può essere generata anche da un cane che percorre una via assolata!
È l’infanzia che ci portiamo dentro, le sensazioni suscitate dai racconti della Nonna, attimi che vengono da sé, quasi che la poesia sia fuori di noi, in attesa di essere colta, ed ecco che, all’improvviso, ci tocca, entra in noi, nel poeta che diviene il tramite tra Creato e creato.
Reminiscenze di un passato, sempre presente? Forse si!
In ogni sua composizione possiamo cogliere il sottile filo che lega un componimento all’altro, come fossero emozioni adolescenziali delle sue amiche dei suoi amici che, forse, l’hanno ferito.
Sono poesie che riflettono le ceneri di un passato, pervase da una struggente malinconia per quel qualcosa che si è perduto per sempre.
L’amore provato e perduto (Quale cielo si dovrà aprire, per ridare alla mia vita, la luce delle stelle? Te ne sei andata ed or sol nebbia, pioggia e vento, han spento la luce del mio sole!)
Il rimpianto di quelle sensazioni svanite nell’ombra del ricordo (Tutto quel ch’è mancato allora ancor oggi è il mio tormento! La gaia speranza d’esserti amante, è ancor viva illusione per me! Speranza che nel tuo giardino, tra i più riposti segreti possa, un domani germogliare amore.)
La tragica presa di coscienza di una ineluttabile verità (Quello ch’è stato non si dimentica,
rivive nelle piccole cose del quotidiano. Un quotidiano che mi assilla nel disperato desiderio di te. Io, assetato d’ebrezza e d’amore, in cerca di ricordi perduti, più non oso guardare al domani!)
Il cercare una consolazione nello stesso ricordo che ti ha ferito (Vorrei ogn’ora perdermi nel tuo sguardo, esser vivo nei tuoi pensieri, ma così non è. Disilluso ormai, ritrovo un poco di pace, solo quando ti vedo e così mi accontento, ché dirti ti amo, non oso!)
Sino alla consapevolezza di se stesso (Tu, linfa vitale a colmare il mio vuoto di tutto ciò che mi manca! Inutilmente cerco il tuo viso, i tuoi occhi, le tue parole. Questa tua lontananza mi uccide ed il buio si riaffaccia nel mio cuore ora che non sei più vicino a me!)
E dell’incontrovertibilità di ciò ch’è stato (Stanno fiorendo, prima del tempo, le mimose e tu te ne vai, lasciando solo il ricordo di tempi felici in cui l’illusione rendeva viva la mia speranza. Ti prego, non portar via tutto, non cancellare quel che poteva esser e non è stato.)
Sono poesie spesso tristi, quelle dell’autore, perfino crude, che pur conservano un anelito di speranza che a tratti, però, si dissolve tosto nella consapevolezza della sua irrealizzabilità.
Sono squarci di dolore i suoi, quando parla a se stesso (È stato bello incontrarti per caso. Tu, lo so, non eri lì per me. E l’invidia per quell’altro, mi ha fatto soffrire!)
Parole quasi sussurrate (Un tuo sorriso sarebbe stato chiederti troppo?)
Cupi pensieri in cui traspare tutta la sua solitudine (L’ho sempre saputo, che tu eri stata creata per farmi soffrire! Aspettarti, sempre, inutilmente, era il mio destino! Eppur, anche se sarà vano, comunque, io ti aspetterò)
Ed il suo bisogno d’avere una mano amica cui appoggiarsi (Parlerò di te, stasera, soltanto alla luna, ché ti porti il mio amore, cullato dal vento, a lei affiderò un mio bacio ché con un suo raggio di candida, perlacea, luce posandosi sulle tue labbra ti sussurri, ti amo!)
Il bisogno di un qualcuno “sognato” che la possa prendere per mano ed accompagnare su una via condivisa (Vorrei prenderti per mano e condurti ove i desideri divengono realtà. Nel mio giardino di giada, offrirti i miei sogni, di cui parlo solo alla luna.)
Sono emozioni che percepiamo nel costante disincanto di un’amarezza vissuta, di una sofferenza di una vita trascorsa, (Aspettarti è diventato il mio destino. Desiderio incontrollabile il mio di far parte dei tuoi riposti sogni. Lo so, rifuggi da tutto questo tu! Ma che amore sarebbe il mio se non sognassi di esser parte di te! Inutilmente vivo di speranza, aspettando solo una tua parola, un tuo sorriso; tutto il resto è solo nebbia che mi circonda!)
E non rimane che la consepovelezza del proprio essere (Questo mare contempla altre vite, ma è lo stesso mare a cui grido il mio amore! Inutile nascondere a me stesso, quel che stava accadendo tra noi! Questo tuo silenzio mi uccide! Parlami! Ti prego!)
Sono constatazioni amare di chi ha tentato, invano, di ribellarsi (Tanti i pensieri diversi, che distanza e gelo freddan nell’anima! Non ti dimenticherò mai! E sempre ti attenderò, illudendomi ancor che novella aurora possa ...