Trentuno poesie

Irene Grazi

• Editore: Aletti Editore
• Anno: 2017
• ISBN:
  9788859144571
• Argomento: Letteratura
• Categoria: Poesia

Irene Grazi nasce a Ferrara il 14 dicembre 1975. Nel 1994 ha conseguito il Diploma di Arti Applicate presso l'Istituto d'Arte Dosso Dossi di Ferrara. Nel 2000 si diploma all'Accademia di Belle Arti di Bologna e successivamente ottiene l'abilitazione all'insegnamento di Discipline Pittoriche nei licei artistici e istituti d'arte. Si interessa di arte contemporanea e fotografia e ha esposto in diverse mostre collettive e personali dal 1996 a oggi. Ha inoltre pubblicato: LAB: A.A.V.V. AMORE, I grandi temi della poesia, Giulio Perrone Editore, raccolta di poesia di autori vari. Prima edizione febbraio 2008. LAB: A.A.V.V. TEMPO, I grandi temi della poesia, Giulio Perrone Editore, raccolta di poesia di autori vari. Prima edizione febbraio 2008. "Dal mio corpo", collana "Domna nuove voci", Edizioni Il Filo nel marzo 2008. "Pronto soccorso", Collana "Gli emersi-Narrativa", Aletti Editore nel novembre 2009. "Visione e tempo, la metamorfosi e il tempo nell'arte", saggio del giugno 2013 pubblicato con la Casa Editrice Galassia Arte.

1

Mi custodisci ancora un po’

mentre inevitabilmente mi soffermo a guardarti le mani

così semplici e forti. Così fresche.

Gelido rumore

accompagnata dai miei passi, la vita ancora va lenta

mentre venti impetuosi muovono cose e cieli.

Io me ne sto alla larga.

Non voglio dir niente e sapere niente,

non ci sono discorsi giusti né discorsi sbagliati.

Gironzolo tra un pensiero e l’altro in cerca del mio

non ancora formato.

Ma mi muovo non sto mai ferma.

Inarrestabile anche di fronte al male che non si osa dire.

Schiaffi in faccia all’avvenire e al giusto.

Al significato nel niente del niente.

Si soffre sempre un po’

anche quando non c’è da soffrire.

2

È andata così quel giorno, me lo ricordo bene,

non ho che gocce nella testa.

Le gocce del sangue che ho sparso in giro quella notte,

mentre avevo in testa visioni di panni bianchi,

come lenzuola o fiori da mettere sopra per ornare la vita.

Me la ricordo così quella notte. Che spavento.

Ancora però non vedo bene cosa successe, quale fu il motivo per cui

il grido delle nostre anime divenne insistente,

tanto da non sentire più altro.

Occhi chiusi verso il basso.

Tra foglie e odore di pioggia, camminavo tra i rami e quegli alberi che, sono sicura,

avrebbero voluto strangolarmi tra i loro rami.

Non ho nessun ricordo particolare solo questo.

I miei occhi verso il basso a guardarmi le scarpe fradice e io stanca, stanca.

Nell’ombra alla fine non c’era niente. Solo il fantasma di non so chi.

3

Non ho mai smesso eppure ancora non so.

Vorrei chiederti ma le tue parole a volte ingannano

tanto ma tanto da fare davvero male.

Non chiudo occhi certe notti,

e ascolto il soffio del cuore che lento

tradisce se stesso.

Non hai mai visto balenarti di fronte la stella più importante delle stelle che potresti mai vedere?

Ti è mai capitato?

Io non so mai cosa dire in certe circostanze.

Ma so che giusto o no, prendo tutto e vado via,

senza allontanarmi

solo per vedere l’effetto di qualcosa che rasserena un po’.

 

4

Se non per il fatto che sono ancora viva

ammiro le spalle sorrette che mi hanno fatto potente

e ingenuamente continuo a sbagliare sbadigliando mattina e sera

come vuole il pipistrello al mio balcone,

la notte,

tra le due e le quattro,

quando volontariamente ci schiviamo.

Giallo non è un colore è una presenza....

Indice dei contenuti

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